venerdì 30 giugno 2023

♣ RECENSIONE ♣ PERFECT DAY di Romy Hausmann



Nove bambine sono scomparse in poco più di un decennio; di loro si sono trovati solo i cadaveri, abbandonati nei boschi e "segnalati" da dei nastri rossi legati agli alberi.
Ma finalmente pare abbiano trovato il killer: è lui, un antropologo e filosofo famoso e stimato, ribattezzato "Professor Morte".
È davvero l'assassino?
La sua unica figlia conosce l'amato padre che l'ha cresciuta al meglio delle proprie possibilità, non facendole mai mancare il proprio sostegno nemmeno nei momenti più difficili, e sa che mai egli sarebbe capace di macchiarsi degli atroci delitti dei quali è accusato.
Ed è disposta a tutto per dimostrarne l'innocenza.


PERFECT DAY 
di Romy Hausmann



Ed. Giunti
trad. A. Daniele
384 pp


Ann Lesniak ha ventiquattro anni quando la sua vita viene sconvolta da un evento tanto improvviso quanto tragico: in una sera come le altre, mentre si apprestano a cenare, la polizia irrompe dentro casa - dove lei abita col padre, Walter - e arresta quest'ultimo, per poi perquisire a fondo l'abitazione.
Il motivo dell'arresto è assurdo, oltre che drammatico e grave: il professore Walter Lesniak, filosofo di fama mondiale, è accusato di essere nientemeno che il "serial killer dei nastri rossi", vale a dire il feroce assassino che da anni sta angosciando Berlino con i suoi crimini: a partire dal 2004 fino al 2017, dieci bambine sono state prima rapite e poi trovate morte nei boschi attorno alla capitale - in vecchie rimesse, in cantieri abbandonati... -, senza che si fosse mai riusciti ad arrivare a individuare la mano assassina.

Fino a quel momento: è lui, il “Professor Morte” - docente universitario berlinese e noto antropologo, il papà della scioccata Ann - il criminale.
Jana, Kati, Olivia, Laetitia, Hayet, Jenny, Saskia, Alina e Sophie: è lui che ha ammazzato queste povere bambine (tra i sei e i dieci anni), lasciandole morire dissanguate e appendendo una serie di fiocchi rossi ai rami degli alberi come "guida" fino al luogo in cui giacevano i cadaveri.
Alle nove piccole vittime si aggiunge il sospetto di una decima, presumibilmente la prima di tutte, Larissa, scomparsa (e ritrovata morta) nel 2003.
 
Finalmente, dopo quattordici lunghi anni dal primo omicidio, la polizia stringe il cerchio intorno al presunto colpevole: Walter Lesniak, il quale, però, né smentisce le accuse né si dichiara colpevole.

Il suo amico e avvocato, Ludwig, non sa che pesci prendere e chiede aiuto addirittura ad Ann, affinché convinca il padre a parlare e a provare a scagionarsi, se è innocente.

Perché è innocente, vero?
Ann ne è straconvinta: suo padre, un uomo colto, gentile, studioso, appassionato di temi esistenziali e psicologici, una persona sensibile e comprensiva, un padre sempre presente... come fa ad essere un killer e per di più di bambine? Ma è assurdo, è fuori da ogni logica e Ludwig non può davvero credere alle accuse, perché anch'egli sa chi e com'è Walter!

E proprio perché nessuno le crede, decide di cominciare a indagare per conto proprio per dimostrare l'innocenza del padre; là fuori c'è il vero colpevole e va consegnato alla giustizia, affinché smetta di far del male e per dare un po' di sollievo alle famiglie cui sono state brutalmente strappate delle figlie.

Ad aiutarla nelle sue personalissime ricerche si succedono due amici di Ann: la prima è un'amica di vecchia data (nonché vicina di casa), Eva, la quale si presta ad aiutare Ann nella sua folle impresa, ma purtroppo il suo contributo avrà vita breve a causa di un tragico imprevisto; il secondo collaboratore sarà Jacob, un amico simpatico e disponibile che però si rivela essere anch'egli interessato al caso del "serial killer dei nastri rossi" per ragioni personali, ed infatti la sua amicizia con Ann ha sempre avuto un fine ben preciso, per lui.

Il primo tassello da posizionare le viene offerto da una collega di lavoro, Michelle, una donna dolce e materna che, Ann scopre, è la mamma proprio della piccola Larissa, la prima vittima del killer!

A partire da questo indizio Ann - prima con Eva e poi con Jacob - comincerà a seguire qualsiasi traccia possa condurre a un possibile indiziato, ed in effetti un nome sospetto sbuca dal passato della povera Larissa e su di lui Ann convergerà ogni pensiero e risorsa.

La sua ossessione per la verità la porta a Schergel, nella Foresta Bavarese, perché pare che lì ci sia un nuovo caso di scomparsa, il che - ovviamente! - accende le speranze di Ann: se suo padre è in prigione e il killer dei nastri rossi è ancora attivo e colpisce, ciò significa solo una cosa: il professor Lesniak è innocente, in carcere c'è l'uomo sbagliato!!

Finalmente si sta avvicinando l'occasione che Ann cercava: far vedere a tutti chi è l'uomo che l'ha tirata su egregiamente e senza la figura materna (la mamma di Ann è morta quando lei era piccola), mostrarlo per ciò che è - un'anima affabile, serena, istruita - e togliergli l'onta terribile che gli è stata gettata addosso.
Che ne sanno le persone di com'è stato il professor Lesniak nel suo privato? Nessuna di esse sa quanto lui sia sempre stato vicino alla sua complicata figliola, che soprattutto da adolescente ha avuto un temperamento molto ribelle; Ann ricorda alla perfezione le conversazioni a tema filosofico con il padre, i loro discorsi profondi infarciti di citazioni di illustri pensatori (Kant, Cartesio, Pascal...), la disponibilità del genitore di trascorrere del tempo con lei senza mai trascurarla ma mettendo la "sua Coccinella" sempre al centro della propria vita.

Ann è una giovane donna che - dal giorno dell'arresto - ha sentito che qualcosa dentro le si è spezzato per sempre e il marchio infamante sulla reputazione del padre ha colpito anche lei, come un pugno in pieno viso, facendola barcollare.
E, soprattutto, facendola sentire terribilmente sola.
Senza Walter, Ann è sola al mondo.
Un tempo c'è stata la sua Zoe e il loro amore, ma poi lei se n'è andata.
Pure l'amica del cuore, Eva, l'ha lasciata, anche se adesso è ritornata.

Non le resta che combattere perché la verità trionfi.
Certo, per quanto il suo cuore rifiuti di contemplare anche soltanto la minima possibilità che il padre possa essere il vero colpevole, la ragione le dice di stare all'erta.

"Chi vorrei – cosa rimarrebbe di me – se tutto quello che sono stata finora si rivelasse una menzogna?"

"Comprendere è doloroso, Ann. Forse la cosa più dolorosa in assoluto."

Seguiamo Ann mentre cerca, frenetica e determinata, di scagionare suo padre; il suo è un viaggio complicato, che non è solo costellato di piste da seguire, dettagli cui far caso, sospettati da tener d'occhio, ma è ancor prima un viaggio psicologico, che conduce Ann dentro sé stessa e anche dentro la mente di altre persone, in qualche modo coinvolte.

È un percorso difficile, da affrontare con coraggio, consapevolezza, che imbocca le strade buie del dubbio e degli interrogativi scomodi e dolorosi, ed Ann deve stare attenta perché rischia di prendere troppi abbagli e di perdersi tra cumuli di false verità che, in fondo, lei stessa si sta costruendo:


"mi ero composta il mio puzzle, avevo distorto i pezzi e incastrato a forza gli angoli che non combaciavano. Avevo creato collegamenti dove non ce n'erano, trasformate le coincidenze in prove, semplicemente riscritto la storia."


"Perfect day" è un thriller psicologico ben costruito, coinvolgente, che dà al lettore il modo di addentrarsi in quell'intricato dedalo che è la mente umana, con i suoi lati oscuri, le sue ossessioni, le paure, le fragilità, i meccanismi di difesa, i traumi che mandano il cervello "in tilt", gli impulsi non sempre controllabili; la narrazione è, in larga parte, affidata ad Ann, ma alla sua prospettiva si alternano le registrazioni delle conversazioni tra il colpevole e il suo interlocutore - psicologo? poliziotto? giornalista? (entrambe le identità vengono, ovviamente, rivelate verso la fine) - e il racconto di un "noi" in cui una "voce" racconta del rapporto con una bambina, chiamata principessa, e che va amata e protetta.

Mi è piaciuta l'attenzione posta alla parte psicologica ed emotiva, e anzi le emozioni sono fondamentali in questa storia e la stessa Ann è stata educata ad essere introspettiva, a guardarsi dentro, individuando le proprie emozioni e cercando di spiegarle e comprenderle al meglio.
Il finale ci sta e lo trovo coerente con tutto.

Consigliato, dategli una possibilità, è un buon libro; è il secondo che leggo di quest'autrice tedesca e la sto apprezzando.

Vi lascio con la canzone preferita di Ann e che dà il titolo al romanzo.


(Lou Reed)

Just a perfect day
you made me forget myself
I thought I was someone else
someone good

Oh, it’s such a perfect day
I’m glad I spent it with you
Oh, such a perfect day
You just keep me hanging on
you just keep me hanging on

You’re going to reap just what you sow



CITAZIONI

«Comunque è importante avere una speranza, anche solo per combattere la paura. Qualcosa a cui aggrapparsi finché non arriva l'oscurità del nulla.»
«I ricordi sono belli solo se c'è speranza» continua. «Altrimenti ti distruggono.»

"tutto può diventare un incentivo per agire, anche l'odio."

"La vita va avanti per la sua strada. Si insinua nelle crepe più piccole per sbucare di nuovo in superficie, persino nelle condizioni più sfavorevoli, come una piantina in mezzo all'asfalto. Una risata che all'inizio quasi pizzica, perché da tempo non muovi più i muscoli necessari, che suona lieve e trattenuta e forse anche po' artefatta. E poi un bel giorno ridi di nuovo, a voce alta e scrosciante e così forte che ti fa male lo stomaco. Allora la felicità si impone, senza chiedersi cosa sia giusto o sbagliato. La felicità è cieca e sorda, e va bene così."

"L'amore non ci lascia scegliere. Non siamo noi a deciderlo – è lui a cercarci e a trovarci. Si annida nel profondo del nostro animo diventando il nucleo del nostro essere. Tutto ciò che proviamo germoglia dall'amore. Speranza e fede, fiducia e determinazione. Ma anche odio e paura e rabbia e tutte le emozioni negative che ci rendono creature viventi. In fondo derivano anch'esse dall'amore deluso e ferito. L'amore è la cosa più fragile ma anche la più forte in noi esseri umani. Ed è sempre presente. A volte è grande e variopinto e chiassoso e splendente come i colori dell'estate. Altre appena percettibile, solo un alito o un sussurro. Solo una lucina rossa, che però è visibile anche nella notte più nera e profonda. E anche quando non rimane più nulla di noi, l'amore è la nostra ultima preghiera. Il nostro ultimo respiro.
"

giovedì 29 giugno 2023

29 giugno 1798

 

Se anche non ne fossimo degli estimatori, è Google in persona a ricordarcelo: il 29 giugno 1798 nasceva, a Recanati, il poeta Giacomo Leopardi.

Personalmente, posso dire di avere avuto, sin dalla preadolescenza, una certa simpatia per Giacomino, per cui oggi voglio ricordarlo con voi postando, semplicemente, alcune delle sue poesie che hanno un posto speciale nel mio cuore e, sono certissima, non solo nel mio.

Buona (ri)lettura... e buon compleanno, Giacomo! 





A SILVIA


Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all’opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D’in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Né teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell’età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.




IL PASSERO SOLITARIO


D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.

Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.

Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.


mercoledì 28 giugno 2023

READING CHALLENGE 2023 - obiettivi di luglio -

 

Buon mercoledì, lettori!

Ieri ho appreso quali saranno gli obiettivi di luglio della Reading Challenge e li condivido con voi.


CLASSICO: come potete leggere, nella sezione CLASSICI mi aspetterebbe il maestro del poliziesco, Arthur Conan Doyle, di cui - fatta eccezione per qualche stralcio di racconto studiato in "Antologia" alle superiori - non ho mai letto nulla.
Sarei tentata, è vero, se non fosse che c'è l'autrice della prossima sezione che mi strizza l'occhio...

CONTEMPORANEO STRANIERO: eccallà!!!
Kate Morton, scrittrice australiana che amo e di cui aspetto che pubblichino in Italia il suo ultimo romanzo (Homecoming); ho letto quasi tutti i suoi libri tradotti in italiano, mi manca solo uno e credo che alla fine sarà la mia scelta: L'OMBRA DEL SILENZIO.




RECENSIONI

IL GIARDINO DEI SEGRETI
I SEGRETI DELLA CASA SUL LAGO
RITORNO A RIVERTON MANOR


ALTRI POST CORRELATI



CONTEMPORANEO ITALIANO: Alessandro Baricco, di cui ho letto (solo) "Oceano mare" e "Seta"; diciamo che non è in cima alla wishlist :-D

LIBRO SPECIAL (scelto dall'organizzatrice): Le affinità elettive di Goethe, che ho letto diversi anni fa e, se anche volessi rileggerlo, comunque le riletture non valgono.


E VOI, COSA SCEGLIERESTE
AL POSTO MIO?

lunedì 26 giugno 2023

[[ RECENSIONE ]] LA PIAZZA DI NESSUNO di Mariangela Rosato




Ambientato in una piazza del sud della Puglia, in Salento, nel mese di agosto, "La Piazza di Nessuno"  è un romanzo dallo stile particolare che, trascinando il lettore in una spirale di ricordi e aneddoti personali e famigliari, lo introduce in una dimensione quasi magica, dove le lancette del tempo sembrano aver rallentato la loro inesorabile corsa.


LA PIAZZA DI NESSUNO
di Mariangela Rosato



La Mongolfiera Ed.
224 pp
18 euro
Aprile 2023
LINK
"consapevoli che in quella piazza il tempo fosse perpetuo e immortale. Perpetuo, perché la vita scorreva senza che nessuno se ne accorgesse sul serio e facesse qualcosa per acchiappare il fluire dei secondi. Immortale, perché si era perso il conto del tempo in cui tutti erano lì. Mangiavano, bevevano,  sfogliavano fascicoletti, giocavano a carte, imprecavano contro i santi, le madonne e i mammini; tuttavia, non sempre si rendevano conto che quelle loro azioni sarebbero destinate, un giorno o l‟altro, a finire.

Tutti i ricordi, quindi, vivevano nel presente, anche perché sulla piazza niente nasceva, né moriva davvero, ma ogni cosa si rigenerava".


Il mago dei fascicoletti di cruciverba ed esteta della "piazza di nessuno", l'uomo cittu cittu, la figlia furbetta, la donna con la voce squillante...: sono soltanto alcuni degli estrosi personaggi che animano questo romanzo e che transitano nella piazza del paese, questo luogo che nel tempo è sempre rimasto "intatto, invincibile alle intemperie, immobile"

L'autrice ha costruito un tipo di narrazione che non segue un'unica e lineare trama né una sequenza cronologica dei fatti, bensì è un susseguirsi di impressioni, fantasticherie e pensieri dei personaggi, e delle loro vicende, in quanto singoli individui e membri di una famiglia e di una comunità paesana. 

Tutto ruota attorno alla piazza, muto teatro che accoglie l'esistenza di questa piccola fetta di umanità, popolata da personaggi bizzarri, un po' folli, stravaganti, le cui esistenze sembrano contrapporsi proprio a quella stessa piazza così centrale per loro, in quanto essa appare sempre la stessa - immobile ed eterna - a fronte della mutevolezza e dell'imprevedibilità del vivere umano.

Tra pagine e pagine di cruciverba, articoli sull'estetismo, il design, la filosofia, si intervallano storie di legami famigliari, di amori, di uomini e donne spesso identificati a partire da una peculiarità fisica o caratteriale; sono persone spontanee e schiette, divise tra un senso di devozione forte verso santi e madonne e il bisogno di imprecare e bestemmiare per sfogarsi.

La vivacità dei personaggi e delle loro vicissitudini è attraversata da una vena malinconica e nostalgica, legata a un mondo semplice e passato a cui si ritorna con la memoria per poterlo raccontare affinché non vada dimenticato e perduto per sempre, perché nonostante in quella piazza pare che il tempo si sia fermato, in realtà esso segue passo passo le persone e le loro esperienze, gli incontri fatti, le azioni compiute, la disperazione, il dolore, la solitudine.

La narrazione, quindi, è un continuo fluire dal presente al passato attraverso frammenti di vita e di ricordi, e le persone che ne sono al centro possono, così, continuare a vivere, ad esistere, nella memoria.

"Perché un giorno, di chissà quale tempo, quale lontana realtà da me e da tutti, non ci sarà più anima viva, tutto trasformato, rimodellato, ridefinito.
Ciò che rimarrà, invece, sempre uguale ovunque nel mondo è la presenza di tanti, tantissimi sguardi innocui, mediocri, inutili e di pochi, pochissimi sguardi pieni di bellezza."

La piazza diventa allora simbolo di appartenenza ad un mondo, a un luogo, e trae il suo significato e la sua centralità dalle storie di vita degli abitanti, ciascuno protagonista di vicende degne di essere raccontate e di divenire, così, anch'esse immortali, sfuggendo all'usura del tempo che passa.

Il libro di Mariangela Rosato è un romanzo particolare per stile, contenuti e per una narrazione che, se pur non lineare dal punto di vista cronologico, contiene elementi ricorrenti e grazie ai quali i personaggi acquisiscono familiarità, così che il lettore impara presto a riconoscerli, individuandone modi di essere, di atteggiarsi, vezzi e bizzarrie; la scelta del registro linguistico  - compresa la presenza di espressioni dialettali salentine - è coerente con il genere di personaggi e di storie raccontate, comunicando al lettore  l'insospettabile profondità e la genuinità che si nascondono dietro tutte le stranezze, le abitudini e i difetti di uomini, donne, vecchi, mogli, mariti e figli che, come noi, hanno varcato e attraversato con semplicità la soglia di questa terra.

mercoledì 21 giugno 2023

Versi d'estate

 


In estate

D'estate
mi stendo sulla riva
e penso a te
Se avessi detto al mare
quello che provavo per te,
avrebbe lasciato le sue rive,
le sue conchiglie,
i suoi pesci,
e mi avrebbe seguito.
(Nizar Qabbani)





,
Caldo

Il sole da sopra si sporge di sotto
Il mondo si toglie il cappotto
L’estate rovescia colore arancione
Il mondo si toglie il maglione
Il caldo stordisce la pietra e la serpe
Il mondo si toglie le scarpe
E cammina scalza nel corpo che suda
La vita che è nuda.
(Bruno Tognolini)



Io non ti perderò mai 

Nessun cielo di una notte d’estate senza respiro 
giunge così profondo nell’eternità, 
nessun lago, quando le nebbie si diradano, 
riflette una calma simile 
come l’attimo – 
quando i confini della solitudine si cancellano 
e gli occhi diventano trasparenti 
e le voci diventano semplici come venti 
e niente c’è più da nascondere. 
Come posso ora aver paura? 
Io non ti perderò mai.
(Karin Boye)


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domenica 18 giugno 2023

# RECENSIONE # PANE COSE E CAPPUCCINO DAL FORNAIO DI ELMWOOD SPRINGS di Fannie Flagg



Il successo professionale è il fulcro dell'esistenza della bella Dena Nordstrom, regina del network, signora delle interviste e promettente giornalista televisiva. Eppure, dietro quel castello luccicante, fatto di fama, soldi, complimenti, fans, party e alcool, si nascondono infelicità, insoddisfazione, insicurezze, mancanza di affetti sinceri e stabili.
Dietro quella facciata dorata che tutti, da fuori, invidiano, c'è una donna che s'è smarrita, che non sa più come tornare a casa perché le sembra di non averla mai avuta davvero, una casa.
Solo il coraggio di andare indietro nel passato, conoscerlo affrontarlo, può darle l'occasione preziosa di ritrovarsi e, magari, di fermarsi proprio lì, in quella sonnolenta cittadina del Missouri in cui ha trascorso i primissimi anni della propria infanzia e in cui è stata felice.


PANE COSE E CAPPUCCINO 
DAL FORNAIO DI ELMWOOD SPRINGS 
di Fannie Flagg



Ed. Sonzogno
trad. O. Crosio
464 pp
Dena Nordstrom è una donna attorno ai trent'anni che - negli anni Settanta - è all'apice della propria carriera di giornalista televisiva in quel di New York; tutti la vogliono, la cercano e sono disposti a pagarla non poco per averla nella propria squadra.

Alta, bionda e bellissima, con un alto senso pratico, efficiente e professionale: Dena è quasi una divinità nel suo ambiente e addirittura il suo capo, il burbero e cinico Ira Wallace, non sempre riesce a dirle no e finisce per assecondarla pur di averla alle proprie dipendenze.

La realtà lavorativa in cui è immersa Dena è un oceano di squali che mangiano i pesci piccoli, c'è moltissima competizione, tra colleghi si respira rivalità e c'è sempre da stare attenti a qualcuno che "vuol farti le scarpe" e prendersi i riflettori tutti per sé.

Insomma, per resistere bisogna essere aggressivi e non mansueti, predatori e mai prede, lasciandosi guidare da quel pizzico di cinismo e sangue freddo necessari per accaparrarsi le news (oggi diremmo "il gossip") più appetitose, i segreti più piccanti, le interviste esclusive con i personaggi più quotati: non c'è posto per la mollezza, per i sentimentalismi, per l'empatia e la compassione!

E Dena rischia di farsi condizionare da un mondo così, pur di continuare a splendere: è davvero possibile restare integri e retti in una realtà lavorativa senza scrupoli o è necessario anche arrivare a calpestare qualcuno pur di ritagliarsi e conservare un posto tra le stelle del giornalismo?

Dena non è una cattiva persona; è vero, vive solo per il lavoro e questo la fa apparire superficiale verso i rapporti umani, ma ha una sua etica e mantiene una propria rettitudine, che non è disposta a svendere pur di compiacere Wallace, da cui non è affatto intimorita e al quale parla molto francamente, quando non condivide la sua linea di condotta e la sua assenza di morale.

Del resto, la fermezza di carattere e la dignità sono un retaggio di sua madre e ad essi la Nordstrom non vuol rinunciare.

Fatto sta che, però, il lavoro l'assorbe troppo, la sta comunque rendendo una persona vuota, senza legami famigliari, amicali, relazioni sentimentali vere e il suo corpo comincia a mandarle forti segnali di malessere: è sotto pressione, stressata, esaurita e questo le si riversa a livello fisico, attraverso forti mal di stomaco e altri problemi che sono dei campanelli d'allarme da non trascurare: Dena deve rallentare i ritmi se non vuole stare male davvero e definitivamente; deve fermarsi per un po'!

Testarda com'è, lei prova a tener duro ma un grave tracollo fisico finisce per costringerla a una vacanza  obbligata, che la riporta ad Elmwood Springs, la piccola e sonnolenta cittadina in cui è cresciuta. 




La storia del presente di Dena è intervallata dal racconto di altre vicende accadute in diversi momenti del passato e che vedono protagonista sia Dena stessa (da ragazzina o all'inizio della carriera) sia persone a lei vicine e/o imparentate.

Nei capitoli ambientati nel 1948, ad es., incontriamo Dorothy e il suo allegro programma radiofonico, così amato dagli abitanti della cittadina di Elmwood Springs, dove tutti si conoscono e si aiutano, e dove sembra di vivere in un luogo lontano dal caos e dalla frenesia del mondo e dei suoi cambiamenti: un angolo di paradiso, in cui regnano serenità e armonia, dalle cui case provengono deliziosi profumi di dolci casalinghi, canti cristiani e sermoni di chiesa.
Un posticino in cui il tempo sembra scorrere più lentamente e con più clemenza.

E qui vivono i parenti (paterni) di Dena, tra cui la simpaticissima coppia composta da Norma e Macky e la saggia e cara zia Elner.

Nel corso della narrazione, vediamo Dena cambiare atteggiamento verso questi famigliari di cui lei non ha alcuna memoria: dapprima li snobba, li considera dei sempliciotti un po' rumorosi e appiccicosi, ma i problemi di salute e tutto il turbinio di domande e insicurezze che essi innescheranno, l'aiuteranno a guardarli con occhi diversi, ad apprezzarli e amarli perché... sono la sua famiglia, ed essi le vogliono bene, si preoccupano per lei e si fanno in quattro per ospitarla e aiutarla a riprendersi!

Grazie (anche) a loro, Dena comincia a capire che c'è qualcosa di profondamente irrisolto nella sua vita perché ci sono informazioni che le mancano sulla propria madre e sulla storia della sua famiglia; Dena deve venire a patti con la verità circa sua madre per poter individuare l'origine reale dei suoi malesseri fisici, che sono l'esternazione di quelli emotivi di cui lei non è ancora a conoscenza.

Un altro contributo fondamentale per arrivare a riconoscere la causa di tutto arriva dalle sedute con la psichiatra che la prende "in cura" e le dà un suggerimento importante, a partire da una domanda di per sé semplice ma alla quale Dena non sa rispondere: chi sei, Dena Nordstrom? 

"Chi sei? Allora pensava di saperlo, ma adesso non ne aveva idea. Si era persa da qualche parte lungo la strada.
Si sentiva vuota come una casa abbandonata".

Dena ha problemi di identità personale, per lei è difficile pensarsi in relazione agli altri e reca nella propria anima i segni di un trauma da rifiuto legato all'infanzia e alla figura materna.
Durante l'infanzia e la preadolescenza, la mamma di Dena (Marion) ha trascinato la figlia di luogo in luogo, senza mai fermarsi troppo tempo in un posto; pur amando la figlia, Marion non è stata una madre capace di esternare il proprio affetto, è sempre stata sfuggente, quasi impaurita e la figlia si era convinta che ella nascondesse qualcosa..., forse un segreto.
Ma che genere di segreto? E perché non si è confidata con la figlia invece di abbandonarla il giorno di Natale di tanti anni prima?

Comincia per Dena il viaggio necessario verso un passato che la riguarda e che sembra nascondere qualcosa che potrebbe condizionare il suo futuro. 
Uno per volta, i segreti sulla sua famiglia sfuggono dallo scrigno in cui erano gelosamente custoditi rivelando un’insospettabile verità.

Se è vero che certi segreti, se svelati, possono uccidere, far del male, rovinare un'esistenza, è altrettanto vero che ce ne sono alcuni che vanno conosciuti per colmare delle lacune, dei vuoti dolorosi, così da poter comprendere meglio sé stessi.

Prenditi cura di te, Dena. Torna a casa.

È di questo che, alla fin fine, ha bisogno la protagonista: tornare a casa, donarsi del tempo per stare bene, per ritrovarsi, per mettere ordine tra le priorità della vita, fare pace col passato, con la propria storia personale e con quella di sua madre, segreti compresi.

I temi affrontati da Fanny Flagg in questo romanzo sono diversi: l'importanza dei legami familiari, l'identità personale, il legame con le proprie radici, la discriminazione razziale, l'amicizia, l'etica professionale, il rapporto con il lavoro e quanto esso diventa così centrale da fagocitarci; non mancano i riferimenti alla fede.

Come già mi è accaduto con gli altri due libri (IN PIEDI SULL'ARCOBALENO - POMODORI VERDI FRITTI al Caffè di Whistle Stop) di quest'autrice letti in passato, anche questo l'ho trovato delizioso, una coccola letteraria che fa bene al cuore, pregna di sentimenti buoni, che contrappone la frenesia di tempi sempre più veloci e stressanti a un tipo di esistenza semplice, rassicurante, confortante.
Dolcemente ironica, diretta, semplice nello stile ma profonda nei contenuti, Flagg per me fa centro anche stavolta con una storia che "fa bene" al cuore e accarezza l'anima del lettore.


".. Poveri piccoli esseri umani. Si ritrovano scaraventati in questo mondo senza sapere minimamente da dove arrivano e che cosa devono fare, o per quanto tempo dovranno restarci. O Dove andranno a finire dopo. Eppure che il cielo gli abbia in gloria La maggior parte di loro si sveglia al mattino e passa la giornata cercando di dare un senso a tutto questo. E allora non si può fare a meno di amarli. Non è così?"

venerdì 16 giugno 2023

RECENSIONE ❤ PER AMORE DI BENEDICT di Tess Thompson



Dopo Sensale si diventa - il prequel della serie Il sensale misterioso di Ella Pointe, in cui abbiamo conosciuto la famiglia Tutheridge e il dramma vissuto per anni a causa del capo-famiglia, il defunto Roland, pessimo marito e ancor peggio come padre - in questo primo volume della romantica serie dell'autrice Tess Thompson, conosciamo meglio il primogenito, Benedict, e colei che i sensali hanno pensato di mandare su Whale Island per "salvarlo".


PER AMORE DI BENEDICT
di Tess Thompson



Self publishing
vol. 2
trad. Isabella Nanni
320 pp
4.99 euro (ebook)
Gratis (Kindle Unlimited)

È una giornata di primavera del 1910 e la 23enne Amelia Young, di Boston, si appresta a vivere un'altra giornata di lavoro, come segretaria, alle dipendenze del terribile signor Pitts, che non fa che umiliarla e trattarla come un'inetta.
A causa di un errore sciocco, l'uomo la licenzia ma quella che potrebbe costituire una tragedia, si rivelerà essere una benedizione!
Proprio nel momento in cui sta lasciando l'ufficio di Pitts - con in mano lo stipendio dell'ultima settimana -, una irritata e sconfortata Amelia nota un'inserzione di lavoro riportata su un giornale: “Famiglia benestante ha bisogno di una segretaria a Whale Island. Deve avere amare i libri.” 

La ragazza non ci pensa neppure un secondo e risponde all'annuncio, nonostante l'occupazione (se dovessero assumerla) sia nello stato di Washington e, nello specifico, su un'isoletta.
Ma a lei non pesa la prospettiva di cambiare vita, anzi, trova sia un'occasione per lasciarsi alle spalle Boston e con esso tutta la povertà, la solitudine e la tristezza ad essa associate.
Dopotutto lei non ha nessuno lì: la sua dolce e affettuosa madre è morta e lei è praticamente sola al mondo (il padre non l'ha mai conosciuto), con uno stipendio da fame e una povertà che viene fuori in modo evidente dal suo cappotto liso, dagli abiti troppo semplici... e dallo stomaco che brontola continuamente!

Ed è così che varca la soglia dell'ufficio della bella e raffinata signora Mantle (l'indirizzo cui rivolgersi fa capo a lei) fiduciosa, seppure un po' intimidita.
Desidera quel posto e... lo ottiene!
Amelia è su di giri: non esita a mettere le sue poche cose in valigia e a partire per lo stato di Washington. Sa che dovrà fare da segretaria al giovane Benedict Tutheridge, figlio maggiore del signor Roland, morto da poco, e nominato responsabile della gestione dell'azienda di famiglia.
Purtroppo, il ragazzo ha qualche non meglio specificato problema (alla vista, forse?) che gli impedisce di leggere e scrivere correttamente, cosa che lo ha sempre fatto sembrare stupido e poco intelligente,  quando invece egli è un giovane sveglio, pratico, preciso e, soprattutto, con un buon cuore. Ama anche i libri ma, ahilui, non riesce a leggerli, motivo per cui tra i requisiti dell'eventuale segretaria figura anche l'amore per la lettura.

Ad Amelia sembra il lavoro perfetto; ciò che non sa - il lettore sì, ovviamente - è che quello tra lei e Benedict è un incontro organizzato dalla signora Tutheridge con l'aiuto del barista di Ella Pointe, Matthew - e la sensale di professione, Aubrey Mantle. 

Amelia viene, quindi, inviata sull'isola perché - almeno in teoria - ha le caratteristiche giuste per affiancare il buon Benedict!
Poi, se lavorando assieme, i due dovesse piacersi e addirittura innamorarsi, ben venga, la missione sarebbe stata compiuta in toto!

Per quanto riguarda Benedict Tutheridge, egli è consapevole di come in effetti abbia bisogno di aiuto nello svolgimento del proprio lavoro, ma non ha la minima idea di cosa stia architettando sua madre, altrimenti le si opporrebbe con tutte le sue forze.

Lui, il figlio maggiore di Roland Tutheridge - l'uomo assassinato che, sull'isola, nessuno piange e rimpiange - è sempre stato lo scemo di casa, il disadattato, colui che non riesce a leggere, scrivere e far di conto, neppure dopo anni di scuola, di aspri rimproveri, di sarcastiche e sprezzanti prese in giro e di botte e punizioni crudeli da parte di quel padre severo e perfido, che ha sempre tiranneggiato su di lui e su tutti i membri della famiglia.
  
Benedict è convinto di non meritare altro che biasimo e pietà; sarà capace di dirigere l'azienda, eredità paterna che lui mai e poi mai avrebbe voluto?
Tutto gli rema contro, fino a quando non si vede arrivare in casa una donnina minuta, bella, gentile e allegra, con una cascata di capelli rossi e un'adorabile spruzzata di lentiggini.
E questa donna è la sua segretaria (lui si era convinto che si trattasse di un uomo e sua madre s'è ben guardata dal precisarne l'identità)! La persona con cui lavorerà fianco a fianco nei prossimi giorni, settimane...

Entrambi restano affascinati l'un dall'altra: non conoscendosi,  la loro mente e il loro cuore sono sgombri da pregiudizi.

"Giuro che in quel momento le vidi l’anima. Tutta la magnificenza del suo carattere, la forza del suo cuore. Offerti a me! Poteva essere la medicina di cui avevo avuto bisogno per tutta la vita? Un faro in una notte di tempesta che mi avrebbe guidato fino a casa?"

Benedict è convinto di valere meno di niente perché è ciò che gli ha sempre detto e ripetuto suo padre e la sua maledetta voce ancora gli rimbomba in testa rammentandogli che per uno come lui non c'è posto per l'amore di una donna bella e in gamba come Amelia.

La donna, dal canto suo, sa di essere di bassa estrazione sociale, di essere sola in un contesto famigliare molto unito, al quale lei non appartiene.

"Benedict Tutheridge aveva cambiato ogni singolo aspetto della mia vita. Era diventato il mio sogno e il mio desiderio più profondo. Era tutto ciò che volevo ora. Mi avrebbe spezzato il cuore? Non potevo saperlo. In ogni caso, non ero una codarda. Se l’amore richiedeva coraggio, allora eccomi qua, ad alzarmi in piedi a chiedere ciò che volevo."


Eppure, Amelia e Benedict sono da subito in sintonia, si capiscono al volo, sentono le guance in fiamme e il cuore battere all'impazzata quando sono vicini, lavorano benissimo insieme e la presenza dell'uno fa bene all'altra e viceversa.
Diversi ma fortemente affini.

E la cosa bella è che i Tutheridge accolgono Amelia col sorriso e con calore!
La buona e malinconica madre è dolce e pacata, soddisfatta di come la propria idea si stia rivelando positiva e di beneficio per il suo primogenito; il fratello minore, Briggs (l'estroso artista, il giovanotto bello, seducente e rubacuori), è entusiasta e fa anche un po' il latin lover con la segretaria; l'unica sorella, Ella, è simpatica e accogliente; pure il maggiordomo (Dexter) è educatissimo e premuroso.
Certo, non mancano i "dissidenti": Bebe, la figlie seienne del secondogenito (Hudson), capricciosa e testarda, all'inizio si comporta male con Amelia, ma è pur vero che la bimba è ingestibile per tutti, zii e nonna compresi.
Per non parlare del padre: Hudson non sa che fare con quella figlia monella e viziata, che pretende, urla, scalcia come un animaletto selvatico, non ubbidisce..., insomma fa impazzire tutti! Molto dipende dal fatto che non ha una madre: la morte della povera Rosemary ha sconvolto tutti, soprattutto Hudson, che si è ritrovato senza di lei e con una bimba piccola da crescere.
Il dolore l'ha fatto chiudere in sé stesso e l'ha reso scontroso, burbero, solitario e poco cortese, e Amelia ne farà le spese...

Mentre Benedict e Amelia approfondiscono i rapporti, cullando l'acerbo sentimento che comincia a sorgere nei loro cuori affamati d'amore, il mistero dell'omicidio di Roland Tutheridge continua ad aleggiare su Whale Island e ad appassionare la stessa Amelia, che s'improvvisa Sherlock Holmes in gonnella.

Chi ha ucciso il capostipite? 
Le ragioni per essere odiato c'erano tanto in famiglia che tra i conoscenti, ma se è vero che tutti possono essere dei papabili sospettati, è altrettanto vero che fino a quel momento lo sceriffo non ha scoperto granché, quindi ogni pista è aperta.
Verso la fine del romanzo, un piccolo indizio viene fuori e getta un'ombra proprio sulla famiglia Tutheridge.

Questo historical romance ha la piacevolezza del prequel, con in più un'alta dose di sano romanticismo, di quello dolce, intriso di buoni sentimenti e che fa sognare un po' ad occhi aperti; mi è piaciuta molto l'attenzione posta all'aspetto caratteriale e psicologico dei personaggi, non solo di Benedict e Amelia (che sono i protagonisti), ma anche degli altri.
Al centro vi è una situazione famigliare disfunzionale, contrassegnata da anni di cattiverie, punizioni inaudite, violenza domestica, insomma tutti i membri della famiglia hanno le proprie tristi ferite, che siano emotive o fisiche (o entrambe). Esperienze di questo genere, alla mercé di un genitore incapace di amare, di infondere stima e fiducia, segnano, formano il carattere (o forse è più giusto dire che lo deformano), innescano spirali di disistima, rancori, rabbia, amarezza, scarsa fiducia in sé stessi e nel prossimo. Imparare a credere che sia possibile essere amati e felici non è semplice, è un percorso complesso che può essere affrontato con successo un po' con la forza di volontà e un po' grazie alla presenza di qualcuno che ci accetti e ci ami per come siamo.
Ed è ciò che accade tra Benedict e Amelia.

Un romanzo pieno di amore romantico, inserito in una cornice famigliare complicata e in una comunità piccola ma unita, con un pizzico di mistero che dà sale alla storia.

Consigliato alle lettrici romantiche!!

mercoledì 14 giugno 2023

# RECENSIONE # OMICIDIO FUORI STAGIONE di Arwin J. Seaman

 

Sull'isola di Liten (Svezia) non accade praticamente mai nulla di eccitante: la vita scorre fin troppo placida e sempre uguale, i bar e i luoghi di ritrovo è più facile che chiudano invece di aprire e i giovani non sanno cosa inventarsi per divertirsi (o almeno così credono gli adulti). 
Fino a quando non viene rinvenuto il cadavere di una ragazzina e, improvvisamente, la vita a Liten viene investita da una ventata di eccitazione mista a preoccupazione, tensione. E pericolo.
Su Liten funziona così: esisti davvero... se muori.



OMICIDIO FUORI STAGIONE
La prima indagine sull'isola di Liten
di Arwin J. Seaman



Piemme Ed.
483 pp
Un corpo nudo viene ritrovato nel lago di Okänd; le gambe e le braccia sono state legate a formare una sorta di stella e su di esso non ci sono tracce visibili di violenza.
A trovarlo è un uomo, un abitante dell’isola, Theo Andersson, che ha notato qualcosa che galleggiava sulle acque e ha dato l'allarme,  chiamando la polizia.

La vittima è una sedicenne di nome Erika Lundström e, quando la notizia del suo ritrovamento fa il giro dell'isola, tutti ne restano  ovviamente sconvolti.

Mai a Liten è successa una tragedia tale! E nessuno avrebbe mai creduto possibile che accadesse.
Ovunque ma non lì, su un'isola così bella e incantevole, dove tutti si conoscono, si vogliono bene, si aiutano, dove i ragazzi crescono come fratelli e sorelle...
Chi ha potuto fare una cosa del genere a una brava e tranquilla ragazza come Erika?
Perché è certo che si tratti di un brutale omicidio!

Owe Dahlberg è il capo della polizia di Liten e non saprebbe da dove partire per avviare un'indagine, così viene supportato da un aiuto esterno che giunge da Malmö, essendo a Liten piuttosto "sforniti" di personale competente, anche perché non c'è mai stato bisogno di chissà quale dispiegamento di forze di polizia.

Oltre alla professionale e seria presenza dell'agente Annelie Lidhal, sul caso lavora Henning Olsson, ispettore della scientifica di Malmö: determinato, pratico, intelligente e arguto, l'uomo sa dosare bene la sua razionalità con quel lato intuitivo che lo aiuta a notare particolari che nessuno nota, a seguire sempre nuove piste e a fare le domande giuste. 
Un elemento, quindi, più che valido e che può dare un forte contributo nella ricerca della verità; a fianco a lui c'è il suo giovanissimo assistente, il poliziotto Kaj, gran chiacchierone, curioso oltre ogni dire e bersaglio inevitabile, ahilui, delle sgridate e del brutto carattere del capo Olsson, che è di poche parole e mal tollera che qualcuno lo riempia di chiacchiere inutili.

Apprendiamo, attraverso flashback, come il giovane ispettore conoscesse già l'isola di Liten, in quanto per diverso tempo ha fatto su e giù da Malmö per frequentare l'allora fidanzata, Annelie.

I due si sono lasciati da un po' ma Henning non ha mai superato del tutto la loro separazione, soprattutto perché ritiene la ragazza responsabile della rottura: i problemi di coppia sono cominciati (o, per meglio dire, si sono palesati in modo chiaro) quando lei, di punto in bianco, ha deciso di lasciare Malmö (dando così un brutto colpo alla loro relazione e uno stop alla promettente carriera della donna) per andare a fare la poliziotta in quel pezzo sperduto e grigio di mondo, Liten, decisione che l'ha resa inspiegabilmente sempre più lontana da lui, il quale a un certo punto s'è stufato e di fare il pendolare e di tenere in vita un rapporto che si stava logorando sempre più sotto gli occhi di entrambi.

Insomma, rivedersi e sapere di dover lavorare spalla a spalla non fa fare i salti di gioia né a Henning né alla stessa Annelie.

Fortunatamente, per il burbero e scontroso ispettore c'è una presenza amica su quella maledetta isola: il medico legale Carola Norgren, con cui ha un sereno e filiale rapporto d'amicizia.

La donna cerca di fare da "ponte" tra l'efficiente ispettore e la comunità di Liten, in quanto la diffidenza è decisamente reciproca: Henning non stima per nulla Owe, lo ritiene un incompetente e un apatico privo della giusta adrenalina per fare quel mestiere (lo stesso vale per il di lui collega, Pälsson); inoltre, sin dai primi momenti, intuisce che l'intera comunità isolana gli è ostile, lo guarda come uno straniero saccente che vuol mettere il naso nelle tranquille esistenze di tutti gli abitanti per cercare l'assassino- nientemeno! che follia!! - nelle loro limpide e innocenti case.
E in effetti questa sensazione è vera: Liten non sopporta né Olsson né tutto quello che egli ha in mente  di mettere in pratica per cercare di gettare luce su ciò che è accaduto alla povera Erika.

Erika.
Non ci si può dimenticare della povera vittima di questa storia, colei che qualcuno - con premeditazione e crudeltà - ha ucciso, legato, buttato in acqua.

Che razza di omicidio è? Rituale, forse (considerando la posizione del corpo)? Erika è morta per mano di un assassino che l'ha scelta "a caso" o volutamente e per una ragione precisa?
C'è il rischio che l'assassino prenda di mira altre persone dell'isola? E con quale criterio, eventualmente?

Per cominciare a cercare risposte illuminanti, Olsson e Annelie sanno di dover scavare nelle vite di tutti, e non solo in quella di Erika e della sua famiglia.
Le persone coinvolte saranno tante e questo è inevitabile perché, come dicevamo, la comunità è quella e i membri si conoscono, hanno rapporti tra loro da sempre - fatta eccezione per un numeroso nucleo famigliare che vive un po' più isolato e per i fatti suoi (gli Andersson) -.

Forse bisogna cercare tra gli amici della giovanissima vittima?

Malin (figlia di Owe), Evelina, Meja, Jari...: i primi nomi spuntano fuori e, assieme ad essi, emerge quella che è la considerazione che gli adolescenti hanno di Liten, della gente e delle loro esistenze.

In particolare, ad offrire una strada da intraprendere per capirci qualcosa è la più "tosta" e intraprendente del gruppo di giovanissimi: Malin, una ragazza dal caratterino ribelle, che ama fare video in cui "sparla" dell'isola, denunciandone la "chiusura" su tutti i fronti, il fatto che la vita lì è un inferno perché non offre alternative, speranze, progetti...: niente.
Ci voleva la morte di Erika perché i riflettori puntassero finalmente su Liten!

Come il resto degli abitanti, anche Malin è ostile alle indagini, in particolare a Henning ed Annelie, che vede come degli stranieri incapaci di capire cosa voglia dire nascere, vivere e morire su quell'isola.

Andando in profondità e, purtroppo, dovendo gestire le conseguenze terribili di altri delitti - che di lì a poco sporcheranno di sangue il meraviglioso paesaggio isolano e innescheranno paura e agitazione tra gli abitanti (genitori in primis) -, l'ispettore (cui è stata formalmente affidata l'indagine) e Annelie dovranno fare i conti con una realtà umana complessa, fatta di adulti diffidenti, restii ad aprirsi e a fidarsi, e di ragazzi che fingono di farsi andar bene quella vita... ma che in realtà sono insofferenti e infelici.
Si tratta di adolescenti insoddisfatti alla ricerca di svago e trasgressione per dare movimento a un'esistenza altrimenti noiosa, piatta, immobile, sempre uguale a se stessa.

Olsson dovrà fare i conti con la realtà secondo cui

"Quella gente non voleva la soluzione del caso, voleva solo riaddormentarsi nella propria apatia e dimenticare."

Liten era tanto amata e difesa dalle persone che ci vivevano ma, a ben guardare, essa sembrava avere un effetto tossico sulla gente! 

O forse è vero il contrario: che era Liten a soffrire perché qualcuno stava cercando di danneggiarne l'immagine, calcandone i difetti e facendola apparire come un posto terribile?

Seguiamo passo passo le indagini, le "chiacchierate" tra la polizia e gli abitanti, le piste seguite, i tentativi di abbozzare ipotesi, di cercare indizi sul territorio, per poi però rendersi conto che la mente dietro gli omicidi è così furba da "preconfezionare" per loro degli indizi... per depistare chi indaga!

Tra piccoli e apparenti successi ed evidenti fallimenti, tra cadaveri, silenzi, lacrime e brutte sorprese, pian piano il quadro comincia a delinearsi e ogni nodo verrà drammaticamente sciolto.

È un giallo/thriller leggero (con una spruzzata di rosa qua e là) che ricorda, ad es., la Läckberg; si legge senza fretta, senza grosse palpitazioni in quanto non ha un ritmo serrato e incalzante, e non si respira suspense né si sta col fiato sospeso (se non verso la fine); pulito e scritto bene, induce il lettore a soffermarsi più sul contesto in cui maturano le morti che su queste.

Mi sono piaciuti: l'ambientazione dell'isola nordica, quale contesto chiuso, protettivo, immobile e (per assurdo, ma non troppo) pericoloso proprio per queste caratteristiche; le tematiche relative al disagio giovanile e alle difficoltà degli adolescenti nel vivere e sopravvivere in un luogo come l'isola, privo di svaghi e divertimenti adatti alla loro età e alle loro normalissime esigenze; il pericolo della trasgressione proprio in virtù di questa infelicità dovuta a un'esistenza isolana noiosa e piatta; l'importanza della comunità nel bene e nel male, il suo voler proteggere ogni membro e, al contempo, anche la reputazione dell'intera isola e, per contro, i pericoli insiti in questo atteggiamento di eccessiva chiusura e di difensiva verso chiunque venga da fuori, polizia compresa; la galleria di personaggi che vivono su Liten, quasi tutti così sempliciotti e genuini da essere i sospettati ideali; lo stile della scrittura molto accurato, preciso, lineare e chiaro. 

Non ho amato molto né il protagonista né la sua ex ed entrambi mi hanno dato i nervi più di una volta.

Lettura piacevole, grazie a una trama ben articolata e particolareggiata che, nel complesso, riesce a reggere il numero di pagine, nonostante un po' di  "lentezza" nel ritmo. 

domenica 11 giugno 2023

❌ RECENSIONE ❌ COME AGNELLI IN MEZZO AI LUPI di Diego Pitea



Un omicidio efferato si abbatte su Roma e chiama ad agire l'Unità Anti Crimini Violenti: quando il burbero commissario Marani si trova davanti ad una una scena del crimine agghiacciante e sinistra, intuisce che la nuova indagine cui dovrà dedicarsi sarà bella complicata; non gli resta che coinvolgere l'amico e psicologo Richard Dale, confidando nella sua perspicacia, nella sua mente contorta e intelligente, nel suo sesto senso e nella sua straordinaria capacità di vedere ciò che nessun altro vede e di scovare anche l'assassino più scaltro. 


COME AGNELLI IN MEZZO AI LUPI 
di Diego Pitea



AltreVoci Ed.
413 pp
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Il commissario Marani è di cattivo umore e questa non è una novità; non per nulla è stato soprannominato l'Orso per i suoi modi di fare non proprio affabili, ma da quando ha ricevuto una promozione - con destinazione Sicilia -, il malumore è aumentato, perché il commissario non ha alcuna voglia di lasciare Roma e cambiare vita; ad incupirlo ancora di più ci si mette la notizia del ritrovamento di un cadavere a Villa Borghese.
Marani non ha idea di che genere di scenario gli si sta per profilare davanti agli occhi.
E come questo si rivelerà essere soltanto l'inizio di un vero e proprio incubo.

La scena, di quello che è palesemente un atroce delitto, vede il corpo senza vita di un povero disgraziato che giace incastrato all’interno di un’anfora; sulla sua fronte sono stati incisi tre simboli. 

L'esperienza suggerisce immediatamente all'Orso come quello non sia un omicidio qualunque, idea che viene suffragata immediatamente dal fatto che all’UACV era giunto uno strano messaggio, purtroppo ignorato: un individuo che si fa chiamare Nemesis aveva mandato, infatti, pochi giorni prima un biglietto con su scritto che avrebbe ammazzato la sua prima vittima (Alfa), alla quale ne seguiranno altre: cinque vittime in cinque giorni.
A turbare il commissario, il fedele agente Adrian e tutta la squadra (della quale fa parte, anche se non ufficialmente, la profiler Doriana Guerrera), è la presenza di un dettaglio che, in teoria, avrebbe dovuto essere loro d'aiuto: c'è una foto allegata che ritrae un particolare del luogo scelto da Nemesis per il delitto. 
Che strano assassino: manda biglietti per preannunciare il suo prossimo omicidio e, con esso, un dettaglio del luogo del crimine.
Perché lo fa? Sarebbe ingenuo pensare che egli voglia dare realmente un aiutino alla polizia così da facilitarla nel catturarlo! O è vero, semmai, che l'assassino si sente così sicuro di sé, della propria intelligenza, da sfidare la polizia a trovarlo, fornendole degli indizi quasi a voler prendere in giro?

È il caso di chiamare il caro Richard Dale, il cui contributo nel risolvere il precedente caso dell'Escissore è stato determinante: Marani è affezionato allo psicologo, anche se si guarda bene dal dimostrarlo troppo palesemente, e sa che lui e Monica sono usciti devastati (più di tutti gli altri coinvolti) da quella bruttissima e atroce storia criminale.
Ma la necessità di acchiappare e fermare questo assassino, che potrebbe essere tanto un folle occasionale quanto un serial killer furbissimo, è troppo forte, per cui Dale viene chiamato a rapporto.

Egli è restio, da una parte, ad essere coinvolto, proprio a motivo di tutto il dolore e il pericolo passati l'ultima volta, ma dall'altra c'è una parte di lui che... non vede l'ora di tuffarsi in questa nuova "avventura"!!
Non c'è solo la voglia di fermare un assassino ma anche quella di raccogliere la sfida lanciata da Nemesis.

Quest'ultimo, infatti, sfida apertamente Dale e continua a mandare messaggi per annunciare gli altri quattro assassinii; lo schema è sempre lo stesso e ogni volta il bigliettino è corredato di una foto che riprende un dettaglio del posto in cui avverrà il delitto.

Ma purtroppo non è così semplice riconoscere il posto da un particolare al quale quasi sicuramente nessuno ha mai dato troppa attenzione; per indovinare il posto Richard ricorre a tutte le risorse che gli vengono in mente, come l'amico studioso, il professor Meunier (che ha una vasta biblioteca personale, una gran memoria e una notevole conoscenza) e addirittura il figlio, Samuele.

Samuele è un po' come il padre: è particolare, intelligente ma hai dei modi di fare che non di rado lasciano perplessi gli adulti che gli sono vicini, come per esempio il fatto di avere comportamenti estranianti, ripetitivi, ma è anche un bimbo curioso, fa un sacco di domande e, soprattutto, ha una formidabile memoria visiva, è una "macchina fotografica umana" capace di registrare, anche con una sola occhiata, i dettagli di un luogo e di ricordarli a distanza di tempo.
Caratteristica, questa, che in almeno un omicidio di Nemesis, risulterà utile a Dale.

Richard mette tutto sé stesso nella ricerca del killer, sfruttando al massimo saperi e conoscenze (non solo psicologiche, criminologiche, ma anche matematiche - ha un debole per i numeri e le formule), l'esperienza accumulata e la sua abilità nel fare ipotesi, ragionamenti, deduzioni... cercando di pensare come penserebbe il nemico; comprende di essere in presenza di un tipo particolare di edonista, cioè serial killer che "provano piacere nel compiere l’atto omicida e amano dimostrare, con i messaggi, la loro superiorità nei confronti della vittima e degli inquirenti. Si tratta di individui molto organizzati, con un quoziente intellettivo superiore alla media. I più pericolosi di tutti."

Per Dale, la sequenza di omicidi forma una sorta di quadro, di opera d’arte, che ha tutti gli elementi per affascinare e far riflettere ed egli è quasi rapito dalla mente del serial killer cui sta dando la caccia, perché nel suo comportamento vede intelligenza, lucidità; c'è un disegno ben preciso dietro quelle morti, e il modo in cui sono "organizzate", i luoghi scelti, le incisioni, gli indovinelli e gli indizi inviati alla polizia lo dimostrano: non è un pazzo che agisce in modo scriteriato e a caso, tutt'altro!
Nemesis sa benissimo cosa sta facendo, dove vuole arrivare, e le persone coinvolte - che egli uccide con voluta efferatezza - sono frutto di una scelta e di una volontà ben definite.

Forse, pensa Richard, il nocciolo della questione sta proprio nelle vittime: chi sono, cosa le lega? si conoscevano tra di loro? E Nemesis come le conosceva e perché ha interesse a farle fuori?
Rispondere a queste domande è la chiave di volta che permette di dare un senso ai messaggi criptati e, soprattutto, a tutto il sangue versato.

Purtroppo, nonostante l'entusiasmo e l'impegno da parte di tutti, la corsa verso la cattura del killer subisce i suoi rallentamenti a causa di alcuni imprevisti.

Succede, ad esempio, che a un certo punto viene meno il contributo di Doriana all'indagine, a causa di un brutto "incidente" che la vede coinvolta in prima persona; ma la ragazza ha un fibra forte e la voglia di aiutare il suo Orso buono e burbero, unita ai sentimenti che prova segretamente per Dale, faranno sì che possa dare un input in grado di accendere una lampadina nel turbine di pensieri di Richard.

Lo psicologo deve anche combattere contro il nervosismo (legittimo) della moglie Monica (che non gradisce il suo coinvolgimento in casi come questo) e contro le idee di Marani, che pare non vedere più in là del proprio naso e la cui frenesia di chiudere il caso rischia di fargli prendere un grosso abbaglio.

Dale deve sudare non poche camicie per far capire al commissario che Nemesis non è uno stupido né un matto psicopatico: lui ha un movente, anche perché non esistono omicidi senza movente, e per catturarlo è fondamentale prevedere le sue intenzioni.

Fortunatamente, accanto a loro due ci sono presenze preziose e utili, come l'agente Adrian (insospettabilmente sveglio e arguto) e Valeria Sabbatani, la responsabile del Sistema per l’Analisi della Scena del Crimine, che è una donna razionale, pratica e con molto sangue freddo.

L’indagine si fa via via sempre più ingarbugliata, complicata, arricchendosi di biglietti criptici e foto enigmatiche; la cosa che più innervosisce Dale è che questi omicidi non sono irrisolvibili in quanto essi hanno degli elementi su cui indagare: per assurdo, è proprio il ricercato a darglieli, a dire alla polizia come, dove, quando e, nonostante questo, ottenere risultati sembra un'illusione.

C'è qualcosa che sta facendo inceppare il meccanismo che impedisce a Dale di vedere, di assumere gli occhi dello scaltro Nemesis e carpirne il modo di ragionare, di arrivare al cuore del dilemma: perché sta uccidendo quelle persone? Cosa lo spinge?
 
Quella tra Richard e la mente geniale del killer è una vera e propria sfida intellettuale, che richiede da entrambi un incredibile sangue freddo, seppur per scopi diametralmente opposti: se Nemesis deve restare lucido per portare avanti la propria sanguinosa missione, Dale deve chiamare all'appello tutto il proprio intelletto e una buona dose di coraggio per infilarsi in più di un labirinto, da quelli "fisici" a quelli mentali: la soluzione del "caso Nemesis" passa per strade buie, che faranno venire a galla terribili verità e azioni deprecabili che hanno causato dolore; passa per un nome che contiene in sé già un dettaglio imprescindibile per capire: Nemesi, che nella mitologia greca era la dea della giustizia, della vendetta.


Anche questo thriller di Diego Pitea mi ha convinta appieno; oltre ad essere scritto molto bene, ha tutti i requisiti per appassionare i lettori: la trama ha una struttura complessa ma assolutamente coerente, in cui ogni dettaglio è ben inserito e collegato con gli altri, senza buchi o domande lasciate senza risposte; il lettore viene portato sulle scene dei crimini e segue passo passo le fasi dell'indagine, si pone gli interrogativi di Dale, ne rincorre i pensieri, i dubbi, le ipotesi, lo vede scoraggiarsi ma anche riprendere slancio e motivazione, cerca assieme a lui gli indizi che facciano capire l'identità del serial killer e i motivi che lo hanno spinto ad architettare quel tipo di omicidi, con enigmi annessi; la narrazione è sostenuta da un ritmo incalzante (trovare l'assassino è una corsa contro il tempo) e da un'accuratezza nel racconto - di ambienti, scene, dialoghi, personaggi - che permette di sentirsi coinvolti e immersi nella lettura.

Il protagonista è un soggetto particolare, consapevole della propria difficoltà nell'esternare emozioni ("mancanza" che ovviamente non è voluta, ma è riconducibile alla Sindrome di Asperger*, di cui è affetto) ma non per questo freddo o privo di sentimenti; lo si ammira e fa simpatia per la sua passione per la matematica e la logica, per la risoluzione di ogni tipo di rompicapo, per la sua risolutezza nel voler vincere le sfide con le proprie forze.

Un libro che consiglio agli amanti dei thriller perché merita di essere letto e apprezzato, come del resto anche gli altri romanzi dell'autore.




*  È una condizione inserita nel 1994 nel DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) dell’American Psychiatric Association come sottocategoria dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Il DSM-5 non prevede più diagnosi di Sindrome di Asperger, in quanto essa (insieme al Disturbo Autistico e al Disturbo Pervasivo Non Altrimenti Specificato) rientrano all’interno di un’unica categoria diagnostica definita "Disturbi dello Spettro Autistico" (fonte).




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