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giovedì 21 novembre 2024

LA DONNA NEL POZZO di Piergiorgio Pulixi [ RECENSIONE ]



Quando una maestra, che conduce una vita tranquilla in un paesino della Sardegna, viene ritrovata senza vita in un pozzo, si pensa subito ad un suicidio.
Ma in quel pozzo, anni prima, fu rinvenuto un altro cadavere femminile.
C'è un legame che unisce le due donne?
A cercare la verità c'è un giovane ghostwriter alla ricerca della storia giusta per un nuovo romanzo.



LA DONNA NEL POZZO
di Piergiorgio Pulixi



Ed. Feltrinelli
304 pp
Cristina Mandas è una maestra apprezzata, una brava mamma e una buona moglie.
Anche se di recente non sente di essere stata esattamente una buona moglie: come ha potuto dimenticare il compleanno del marito?
Quella che potrebbe apparire come una semplice svista è, invece, il segnale che qualcosa ha cominciato a scricchiolare nella sua vita.
L'affacciarsi nel presente, e da un giorno all'altro, di una persona appartenente ad una fase precedente della sua esistenza, di cui lei credeva di essersi liberata, è sufficiente a mandarla in crisi, a far sì che si chiuda, spaventata, in sé stessa.
In pochi, attorno a lei, sembrano dar peso al suo comportamento strano, eppure, nell'ombra, c'è qualcuno che la sta osservando e che non ha mai smesso di tenerla d'occhio.

Perché Cristina non si chiama così, in realtà.
Ella è stata costretta a cambiare identità per una serie di fatti drammatici accaduti diversi anni prima e di cui è a conoscenza; fatti che coinvolgono ragazze innocenti e individui senza scrupoli, i quali hanno tutte le ragioni perché il velo non si alzi sulle loro attività deprecabili e, per farlo, sono disposti ad eliminare tutti i testimoni scomodi.

A Roma, il trentenne Ermes Calvino lavora nella casa editrice di Arturo Panzirolli, un ex galeotto conosciuto in carcere e di cui Ermes è stato l'insegnante.
Ermes è un bravo ragazzo, di sani principi e gran lavoratore; abbandonato dal padre quand'era un ragazzino (abbandono che gli ha provocato un dolore che ancora fa male, anche adesso che è adulto), si è sempre dato da fare per aiutare la mamma e la sorella minore, Noemi, che purtroppo è venuta su un po' scapestrata, nonostante sia mamma di una bambina dolcissima e tanto affezionata allo zio, il quale stravede per la nipotina.

Pur di portare a casa lo stipendio e di togliere dai guai l'irresponsabile sorella, Ermes accetta a malincuore di scrivere romanzi a nome di qualcun altro.
Questo qualcun altro è Lorenzo Roccaforte, che è stato uno degli scrittore osannato dalla critica e finanche vincitore di uno Strega grazie ad un romanzo che ha venduto un gran numero di copie.
Purtroppo, per ragioni personali, a un certo punto la vena creativa ha abbandonato Lorenzo e, di conseguenza, il successo è volato via lasciando dietro di sé un uomo  demotivato, trattato e allontanato come un appestato, considerato da tutti come uno scrittore ormai fallito di cui a malapena ci si ricorda.

Ma la fortuna non ha smesso di sorridergli e Roccaforte si ritrova a fare affari con l'esuberante Panzarolli, grazie al quale pubblica un thriller di successo, che permette allo scrittore di tornare sotto le luci della ribalta e di essere nuovamente ammirato e vezzeggiato da critica e fans.
Peccato che a scrivere i suoi libri e i testi dei podcast true crime non sia davvero Lorenzo, bensì il povero e timido Ermes Calvino, che deve subire i capricci e le battutine sprezzanti del datore di lavoro e dello scrittore. 

Sempre in cerca di nuove idee da far convergere in una nuova intrigante pubblicazione, Panzarolli ordina ad Ermes di cercare, tra le tante lettere che giungono in redazione, quelle che offrano degli spunti per un'eventuale storia su cui costruire un romanzo.

L'ispirazione arriva dalla Sardegna e ha a che vedere proprio col presunto suicidio di Cristina Mandas e con un misterioso delitto avvenuto trent’anni prima, che sconvolse l’isola. 

Ermes e Lorenzo volano immediatamente in Sardegna e, mentre inizialmente Roccaforte cerca di godersi quei giorni sull'isola come se stesse in vacanza, Ermes - nelle cui vene scorre "sangue noir" e ha un fiuto da investigatore - si mette subito sulle tracce di Cristina e di tutte quelle persone che, in qualche modo, hanno (avuto) a che fare con la sua doppia vita (quella di oggi, in cui si chiamava Cristina, appunto, e quella di ieri, in cui era Teresa).

Ben presto, anche Lorenzo si appassiona alla torbida e cupa storia che man mano emerge dalla raccolta di informazioni da parte del ghostwriter ed entrambi si ritrovano a far domande e a ragionare su fatti e persone coinvolte in crimini nuovi e vecchi: persone potenti, che hanno saputo ricattare e costringere altre a mantenere il silenzio sui propri misfatti, ma la verità si sta facendo strada per uscire ed Ermes e Lorenzo sono intenzionati a dare giustizia alle vittime.


"La donna nel pozzo" è un romanzo (che non ho letto ma ascoltato dalla voce di Roberto Fedele, la cui lettura mi è piaciuta moltissimo: espressivo e trascinante) che mi ha coinvolta da subito perché  Piergiorgio Pulixi ha saputo costruire una trama sufficientemente intrigante mescolando gli elementi del thriller e del noir con altri dai toni più leggeri e ironici; Ermes e Lorenzo - caratterialmente e fisicamente agli antipodi - insieme compongono un simpatico duo che personalmente vedrei bene quali protagonisti di altre storie crime.

Ermes Calvino fa simpatia perché è un buono, forse anche troppo perché accetta di ingoiare tanti rospi pur di portare i soldi a casa; le sue interazioni con il cinico e arrogante Roccaforte (quest'ultimo ha il suo personale vissuto, che conosceremo e che ci farà capire perché è diventato lo stron*o che è) e il vivace Panzirolli danno vita a momenti decisamente simpatici. 

Per quanto riguarda la parte squisitamente noir, il quadro che si va delineando vede su due fronti uomini senza morale che credono di poter disporre di giovani donne come fossero oggetti, il che fa ancora più rabbia se si considera che essi siano anche minorenni e, quindi, più vulnerabili.

Pur non avendo trattenuto il fiato o provato quella tensione che solitamente mi accompagna nella lettura dei crime di Pulixi, anche questo libro mi ha comunque convinta e si è rivelato  oltremodo piacevole (da ascoltare, nel mio caso).

lunedì 18 novembre 2024

LE RAGAZZE DELLA GRANDE GUERRA di Freda Lightfoot [ RECENSIONE ]



Siamo in pieno conflitto mondiale e Cecily, assieme alla sorella e alla madre, parte per la Francia per portare sollievo con le sue canzoni alle truppe inglesi.
Sullo sfondo della grande guerra, seguiamo le vicende personali e famigliari di una giovane donna alle prese con l'amore, con il legame contraddittorio con la madre e quello più simbiotico con la sorella minore, e soprattutto con le speranze in un futuro ricco di incertezze.


LE RAGAZZE DELLA GRANDE GUERRA
di Freda Lightfoot




AmazonCrossing
trad. V. Ballardini
410 pp
Il sogno d'amore della dolce Cecily Hanson si infrange davanti alla tragedia della guerra: è il 1917 e il suo devoto fidanzato Ewan viene arruolato nell'esercito inglese e perde la vita combattendo in mare.

Addolorata e smarrita, Cecily trova nell'arte e nella musica il suo scopo e la sua àncora di salvezza per non lasciarsi andare alla disperazione.
La giovane, infatti, ha delle doti canore apprezzabili e comincia a tenere concerti nei teatri, accompagnata dalla madre Queenie e dalla sorella minore Merryn.

Sua madre è già una cantante affermata e ben pagata, anche se purtroppo il vizietto di alzare il gomito, ultimamente, l'ha portata a fare delle figuracce davanti al pubblico, cosa che ha destato non poca preoccupazione nelle due figlie.

Cecily ha un rapporto complicato con la madre: quest'ultima ha sempre mostrato in modo palese di preferire la figlia minore, trattando invece la maggiore con durezza, come se la sopportasse a malapena.
Con Merryn, Cecily ha un ottimo rapporto e le due si confidano l'un l'altra, si vogliono bene e si sostengono, facendo anche fronte comune rispetto ai vizi e ai capricci della loro estrosa e invadente genitrice.
A rendere ulteriormente difficili i rapporti fra le tre donne si aggiunge la strana e immotivata segretezza che Queenie ha sempre avuto in merito al proprio marito e padre delle sue figlie: non ha mai spiegato loro perché il matrimonio è naufragato e che n'è stato del genitore.

Intanto, la guerra incombe e Cecily, in memoria del povero Ewan, morto per la patria, decide di dare anch'ella il proprio contributo: con la sua famiglia, parte per la Francia dove andranno a cantare e tenere spettacoli per le truppe.

"La guerra può lasciare gli uomini piuttosto sconvolti, pieni di paure e di dolore. Ce ne sono alcuni che, dopo lo scoppio di una granata, impazziscono. Quel che offri a noi soldati ci fa bene alla mente e allo spirito, alleggerisce un po' la tensione".

Ad accompagnarle c'è un giovanotto scanzonato e con il vizio di fare il cascamorto con tutte: Johnny, che sa suonare la batteria.

Mentre sono al fronte, tutto si complica, non solo a causa dei bombardamenti e dei pericoli ad essi legati, ma anche perchè a Cecily verrà proposto di collaborare in segreto per aiutare i prigionieri di guerra a fuggire, situazione che le farà rischiare di finire nelle mani nemiche. 

Il periodo trascorso sul fronte francese è forse la parte della storia che si fa apprezzare un po' di più perché la guerra rende precarie le esistenze della nostra cantante e dei suoi cari e il lettore non può che vivere con loro ogni giorno sperando che il conflitto finisca presto ed esse ne escano sane e salve.

Cecily ha modo di conoscere molti militari e di instaurare una sincera e affettuosa amicizia con uno di essi in particolare: forse questo soldato potrà riempire il vuoto lasciato dalla morte di Ewan?

La guerra fortunatamente non dura per sempre ma questo non elimina, con un colpo di spugna, tutti i problemi che si presentano anche dopo la fine del conflitto.

Cecily è una donna molto impegnata nel movimento femminista delle suffragette e cerca in tutti i modi di sensibilizzare la gente attorno a lei sulla necessità che alle donne vengano riconosciuti gli stessi diritti degli uomini, ad es. nei posti di lavoro, soprattutto tenendo conto del fatto che, durante la guerra, quando gli uomini era impegnati a combattere - tanti sono tornati mutilati e altrettanti sono morti -, sono state le donne a sostituire i mariti/padri/figli/fratelli in ogni situazione, facendo il loro lavoro.
E adesso cosa succede? Che i maschi rivogliono le proprie posizioni e alla donne non resta che tornare zitte e buone al focolare domestico.

A donne come Cecily questo non sta bene: ella è convinta che ogni donna sia una risorsa fondamentale e imprescindibile nella società e che vada rispettata e considerata come merita.

Il problema è che troppo spesso la donna è vittima di tanti uomini prepotenti e maschilisti, che vogliono relegarle al solo ruolo di madre, moglie e schiava della casa.

È ciò che succede alla sorella, Merryn: ancora molto giovane, si infila in un matrimonio che da subito si rivela essere una gabbia, un amore tossico e malato, fatto di umiliazioni e privazione di libertà; anche Queenie darà non pochi grattacapi a Cecily, a causa di quel passato che ancora la tormenta e su cui lei non si è mai aperta con le figlie.

Cecily è determinata più che mai a scavare nella storia della madre: quale verità tiene nascosta? E perché?
A darle coraggio e supporto - proprio in un periodo della vita in cui i rapporti con la mamma e la sorellina si fanno problematici - ci sarà un uomo gentile e premuroso, che le offrirà la propria genuina amicizia... e forse qualcos'altro di più profondo.


Allora, lo dico subito: non mi ha fatto impazzire questo romanzo.

All'inizio mi stava piacendo perché c'erano dei buoni presupposti:

- la cornice della guerra;
- la musica come strumento per portare attimi di serenità e allegria ai soldati che ogni giorno rischiavano la vita;
- la personalità della protagonista, che mi sembrava dolce e al contempo caparbia, decisa;
- il passato difficile di Queenie e il mistero attorno al padre di Cecily.

Interessanti anche, come anticipavo qualche riga più su, le dinamiche che si verificano mentre le tre donne sono negli accampamenti dell'esercito, con Cecily impegnata in missioni che nulla hanno a che fare con il canto e la recitazione.

La discesa inizia quando la ragazza torna in Inghilterra a fine conflitto: già il ritmo narrativo comincia a rallentare quando si narra delle giornate nelle tende, ma quando si torna alla vita "normale", si peggiora vistosamente.
Tutto diventa noioso, soporifero e poco approfondito, fatta eccezione per il legame amoroso tra Merryn e il marito, un fannullone dongiovanni e dalla mentalità patriarcale, rispetto al quale Merryn è completamente soggiogata e sottomessa.

A peggiorare è pure Cecily: ok l'affetto per mamma e sorella, ma il suo diventa un atteggiamento esageratamente accondiscendente, anche verso il cognato.
Come puoi pensare di combattere per i diritti delle donne sui luoghi di lavoro se non riesci a farti rispettare neanche dentro casa?

Per non parlare della soluzione del passato di Queenie e del misterioso marito: ecco, leggendo, mi sembrava di essere in un romanzetto sentimentale (con tutto il rispetto per il genere) banalotto in cui i personaggi principali femminili non fanno, onestamente, una gran bella figura, in quanto troppo docili e sottomessi anche quando avrebbero tutte le ragioni per farsi valere.

Insomma, le aspettative sono state disattese e, sinceramente, non lo consiglierei...

lunedì 11 novembre 2024

AQUA E TERA di Dario Franceschini [ RECENSIONE ]

 

Negli anni tra il primo e il secondo conflitto mondiale, tra fermenti politici e sociali, che vedono contrapposti socialismo e fascismo, nasce un amore tanto genuino e profondo quanto proibito e ostacolato.


AQUA E TERA
di Dario Franceschini


La Nave di Teseo
160 pp
17€

Callegari e Barilari: due famiglie appartenenti a ceti differenti e che, soprattutto, hanno sposato ideologie sociali e politiche opposte.

Socialisti i primi, fascisti i secondi.

Due famiglie che, similmente ai celebri Montecchi e Capuleti, faranno di tutto per ostacolare l'amore proibito e fonte di infamia 
tra le loro figlie, Lucia Callegari e Tina Barilari. 

Siamo nel ferrarese, negli anni successivi alla fine del primo conflitto mondiale, e nelle campagne ferraresi i braccianti, da sempre sfruttati da decenni nei lavori di bonifica delle valli infestate dalla malaria, cominciano a ribellarsi. 

Anche perché operai e contadini erano andati in guerra con la speranza che venissero date loro le terre ma la promessa fu disattesa e andò ad alimentare la rabbia dei tanti lavoratori che si spaccavano la schiena ogni giorno per ritrovarsi sempre poveri e schiavi dei padroni.

In un clima ricco di agitazione e tensioni politiche, i Callegari - famiglia di scariolanti e lavandaie -  sono tra coloro che non si limitano a far da spettatori agli eventi storici: gli uomini sono socialisti attivi e combattivi, le donne - come Ginisca, nonna di Lucia - sono forse ancora più guerriere dei maschi, parlano anch'esse di sfruttamento e padroni, aderiscono alle leghe femminili, si incoraggiano a studiare, a leggere, "per non rimpicciolire il cervello e il cuore".


“Aqua e tera. Questo abbiamo noi nelle vene, dicevano i nonni Callegari a Lucia. E tu hai lo stesso sangue, figlia mia.”


In questo universo fatto di miseria e idealismo, di acqua e terra, la provincia di Ferrara del dopoguerra si trova sotto il dominio incontrastato delle leghe rosse per poi essere travolta dalla nascita e dalla diffusione dello squadrismo delle camicie nere: odio e violenza imperano ed è in questo fermento che Lucia cresce, allevata da nonna Ginisca, rivoluzionaria nel cuore e nella mente, che le insegna come le donne non abbiano bisogno del principe per salvarsi, ma esse stesse sono in grado di uccidere il drago; la donna porta con sé la nipotina alle riunioni della lega femminile e le fa addirittura trascrivere i verbali di quelle assemblee. 

Quando, per ragioni di sicurezza (legate all'attività politica del padre, Milvano Callegari), Lucia viene mandata a Ferrara, presso la casa dell'avvocato Fortini (che difende i socialisti) in qualità di domestica della moglie, che è incinta, conosce la coetanea Tina Barilari, appassionata di fotografie e cineprese, e tra le due nasce un sentimento d'amicizia che, ben presto, si apre all'amore.

Le due ragazze si innamorano l'una dell'altra e per diverso tempo vivono questa relazione in segreto, ritagliandosi - di nascosto da occhi indiscreti - momenti preziosi di dolcezza e tenerezza, azzardandosi a sognare un futuro insieme.

Se già il rapporto d'amicizia tra le due viene disapprovato in quanto il padre di Tina è un agrario fascista, figuriamoci la loro relazione amorosa, considerata - tanto da una parte quanto dall'altra - una vergogna, un'onta, uno scandalo.

Cosa ne sarà del loro amore proibito, mentre attorno ad esse infuriano le violenze e il terrore?

Il romanzo di Dario Franceschini ci regala una storia d’amore tenera, forte e osteggiata in quanto omosessuale (le donne lesbiche vengono chiamate con disprezzo "invertite" dalla gente attorno a loro), e la colloca nella terra di Balbo, Matteotti e don Minzoni, in un periodo storico ricco di tensioni sociali e politiche; mi è piaciuta la penna dell'ex-ministro, che ha piena contezza del contesto, degli avvenimenti e dei personaggi storici citati, cosa che gli ha permesso di creare una cornice storicamente accurata, realistica, in cui finzione e realtà si mescolano in modo credibile e appassionante, dando vita ad una storia popolata da uomini e donne le cui vicende personali e famigliari sono quelle dei nonni e bisnonni di tanti lettori; in particolare, ovviamente, ci si sofferma sulla zona del ferrarese, in cui è nato e cresciuto l'autore.

Ho apprezzato molto le figure femminili, da Ginisca a Tina, da Lucia a sua figlia: donne combattenti, dallo spirito libero e indipendente, che non si sottomettono docili a una mentalità che le vuole semplicemente e per forza mogli, madri, figlie devote e silenziose ma, anzi, esse vogliono porsi accanto ai propri uomini per combattere per una società più giusta ed egualitaria, in cui finalmente nessun uomo debba sentirsi "...autorizzato a imporre limitazioni all’altro, allo stesso modo che una classe non può imporle ad un’altra".

In conclusione, è stata una piacevole sorpresa; è un libro che si legge con molta scorrevolezza, interessante per il periodo di riferimento, ricco di avvenimenti importanti per la storia del nostro Paese, in cui si muovono personaggi ben tratteggiati e con al centro una storia d'amore delicata e commovente.

Consigliato.





sabato 2 novembre 2024

IL TEMPO DELLA CLEMENZA di John Grisham [ RECENSIONE ]

 

Un adolescente uccide il compagno della madre, poliziotto stimato e noto in città.
Per il reato c'è la pena di morte ma l'avvocato Jake Brigance farà di tutto per salvarlo.


IL TEMPO DELLA CLEMENZA
di John Grisham




Mondadori
trad. S. Prencipe,
L.Fusari
528 pp
È il 1990 e a Clanton, nel Mississippi, cinque anni prima si è svolto il processo a Carl Lee Hailey (Il momento di uccidere), difeso da un agguerrito Jake Brigance, che era riuscito ad ottenere l'assoluzione per il proprio cliente nonostante il clima di forte razzismo e di  estrema violenza.

Adesso Jake viene nominato suo malgrado dal giudice Noose per la difesa di un sedicenne, Drew Gamble, accusato di aver ucciso, a colpi d'arma da fuoco, Stuart Kofer, vicesceriffo della Ford County.

Jake non ha nessuna voglia di sobbarcarsi un caso come questo, e per diverse ragioni.
C'è di mezzo la polizia, nel senso che la vittima era un poliziotto, ben voluto dai colleghi e dai concittadini; difendere colui che l'ha ammazzato significa mettersi contro l'intero corpo di polizia e Brigance non ha alcuna voglia di attirarsi addosso le ire di gente con cui di solito è in buoni rapporti.

Senza considerare che il suo studio naviga in bruttissime acque; accettare un caso controverso come questo, sicuramente farà calare la clientela e, per di più, lui non si beccherà neppure un compenso dignitoso.

Non ultimo, questo caso prevede di essere lungo perché non è detto che sarà facile trovare un'intera giura disposta a mandare nella camera a gas un assassino che è poco più di un ragazzino.

Quando incontra per la prima volta Drew, infatti, Jake resta impressionato nel constatare come il suo cliente sia gracile, timido, taciturno e molto confuso e smarrito, tanto da non ricordare neanche quello che è accaduto in quella maledetta notte in cui ha premuto il grilletto.

Che sia stato a lui a uccidere Kofer mentre questi era ubriaco fradicio e disteso sul proprio letto, non ci sono dubbi; lui non nega affatto di aver preso la pistola e a testimoniarlo c'è Keira, la sorella 14enne che era con lui quella notte.

Ma cosa è successo e perché questo ragazzo così silenzioso e impaurito ha impugnato un'arma e l'ha puntata alla tempia   della vittima?

Drew, sua sorella Keria e la loro madre, Josie, vivono da un anno in casa di Stuart Kofer, fidanzato di Josie; l'uomo, però, nonostante l'ottima reputazione sul lavoro, in casa e con gli amici era un bevitore incallito e l'alcool lo rendeva estremamente violento.
A farne le spese era in particolare Josie, ma anche i suoi figli, che subivano angherie, botte e soprusi fisici, verbale e psicologici da Stuart, che mal sopportava la loro presenza in casa propria.

In quella notte fatale, qualcosa di grave e irreparabile è accaduto e ha indotto Drew a premere il grilletto.

Jake sa bene di trovarsi davanti a un caso apparentemente semplice e lineare: l'imputato ha preso la pistola di Kofer, svenuto sul letto per la bevuta esagerata, e l'ha ucciso.
Per aver ammazzato un agente di polizia, in Mississippi, Drew rischia la pena di morte.
Chiaro come la luce del sole.

Ma Jake, pur cercando inizialmente di farsi sostituire da qualcun altro, prende a cuore le sorti di questa misera e infelice famigliola e comincia, supportato dal suo team - l'assistente Portia, giovane ed efficiente; l'esuberante collega e amico Harry Rex e il suo mentore, l'avvocato Lucien Wilbanks -, a scavare sempre più in profondità nella vita di Kofer e di Josie e figli.

Cosa accadeva tra le mura di quella casa, ogni giorno? 
Come si è potuti arrivare ad un omicidio a sangue freddo?

Il clima si fa sempre più infuocato man mano che si avvicina la data del processo; come in precedenza, anche questa volta Jake comincia a ricevere minacce, telefonate anonime a casa e altri "dispetti", ma non demorde: sebbene a Clanton in tanti invochino la pena di morte (in primis, la famiglia dell'assassinio), lui sa che l'unica strada da prendere - e che potrebbe spaccare la giuria - è descrivere con accuratezza e senza veli il contesto sociale in cui l'omicidio è avvenuto.

E se Drew avesse ucciso perché vedeva Stuart come una minaccia all'incolumità propria, della madre e della sorella?

Jake porterà la giuria a guardare dentro casa Kofer, per mettersi nei panni delle tre persone che subivano le angherie quotidiane del poliziotto.

Ce la farà a salvare il suo cliente dal braccio della morte?


"Il tempo della clemenza" è un legal thriller che scorre sotto gli occhi del lettore a un ritmo cinematografico; la narrazione non procede a perdifiato ma con la calma di chi si gode ogni scena; l'autore ci induce a seguire Jake nel suo immergersi in toto in un caso facile e cristallino eppure reso complicato dal background delle persone coinvolte.

Chi è la vera vittima?
Certo, è oggettivo che ci sia un cadavere (un giovane uomo poco più che trentenne cui è stata strappata la vita...), ma anche gli altri tre chiamati in causa (l'assassino, sua madre e la sorella) sono state vittime di una continua violenza domestica, e la loro storia diventa un elemento fondamentale nella costruzione della linea difensiva.
Brigance è l'avvocato che tutti vorremmo se ci trovassimo in serie difficoltà: caparbio, empatico, lucido, testardo, temerario, non si tira indietro dal prendere casi complessi anche quando non gli frutteranno una parcella dignitosa, la sua reputazione potrebbe venirne intaccata e la sua famiglia subire disagi.

A me è piaciuto perché amo leggere (e guardare) processi e godermi i vivaci scambi di botte e risposte tra avvocati e giudici; Grisham è uno splendido narratore - scorrevole, dettagliato e appassionante.

Consigliato in particolare a chi ama il genere.

martedì 29 ottobre 2024

LETTERE GIALLE di Miriam Meza [ RECENSIONE ]



Thomas è innamorato della sua compagna di scuola Liv, e i due - nonostante le non poche differenze caratteriali - stanno insieme, sognano un futuro via dal posto in cui vivono e al quale son legati ricordi e trascorsi per nulla piacevoli.
Il loro legame viene messo alla prova da una serie di misteriose e pericolose circostanze, che rischiano di separarli e distruggere il loro amore.


LETTERE GIALLE
di Miriam Meza



trad. Margaret Barbi
181 pp
2024
Link Amazon 


Ci sono pensieri, sentimenti, stati d'animo, paure, desideri... che non sempre riusciamo ad esprimere a voce, soprattutto quando ci sentiamo sopraffatti dalle emozioni.
Soprattutto quando la persona alla quale vorremmo dire tante cose è la stessa che ci fa battere il cuore, che non ci fa chiudere occhio di notte, che è l'oggetto costante dei nostri pensieri e il desiderio di  trascorrere del tempo con lei è sempre più forte, tanto da togliere il fiato e, al contempo, da dare senso e colore alle nostre giornate.

Questo è ciò che prova Thomas al cospetto di Olivia Martin, per gli amici Liv.
Liv è una sua coetanea e compagna di scuola ed è una ragazza bella, popolare, allegra, circondata da molti amici.
È quasi una chimera agli occhi di Thomas, qualcosa di inaccessibile, su cui lui può solo fantasticare, timido e riservato com'è; senza considerare che Liv è sempre attorniata da ragazzi e avvicinarla non è affatto semplice per lui che, purtroppo, è oggetto di bullismo da parte degli studenti più prepotenti e aggressivi.

Thomas è uno degli ultimi arrivati e deve ancora ambientarsi nel nuovo istituto; il ragazzo, infatti, si è da poco trasferito a Shoreham insieme ai genitori, in fuga da eventi dolorosi del passato, le cui conseguenze, però, si fanno sentire ancora dentro casa, dove regna un clima di tensione e tristezza opprimente.

Procedendo nella lettura apprendiamo che qualcosa di drammatico è accaduto nella famiglia di Thomas e che riguarda suo fratello Erick; Thomas parla dell'amato fratello come se fosse morto e questa perdita ha comprensibilmente cambiato tutti loro.

Il problema è che Thomas si sente responsabile di ciò che è successo ad Erick ed è convinto che i suoi genitori ce l'abbiano con lui e che siano rattristati non solo per aver perso un figlio, ma per aver perso quello che amavano di più.

Questo convincimento porta Thomas ad essere molto chiuso con i suoi e a soffrire, a sua volta, dell'eccessiva ritrosia dei genitori verso di lui.

Insomma, i tre condividono la stessa casa ma comunicano poco, ognuno rinchiuso nella propria gabbia di dolore e sensi di colpa.

Quando Liv entra nelle sue giornate piatte (fatte di casa, scuola e il lavoro di cameriere in un ristorante) come un fulmine che rischiara la notte buia, la vita di Thomas riceve una sterzata e una scossa di vitalità che gli mette addosso la voglia di non arenarsi lì dov'è ma di provare a prendere in mano il proprio destino e ad essere felice.

Il legame tra i due giovani nasce inizialmente a suon di lettere e biglietti inviati reciprocamente, in cui essi cominciano pian piano ad aprire il cuore l'uno all'altra, imparando così a conoscersi; la conoscenza si intensifica e li porta a passare del tempo insieme e a fantasticare anche di un futuro insieme.

Attraverso continui flashback passiamo dal presente al passato e scopriamo che è accaduto qualcosa di terribile: Liv è scomparsa, qualcuno l'ha rapita e la sua vita è in pericolo.

Chi ha fatto questo e perché?

La polizia sta indagando e Thomas è tra i principali sospettati, perché è il suo ragazzo e perché i due passavano molto tempo insieme.

Ma il giovane sa bene di non aver fatto del male a Liv (come potrebbe?!), anche se ultimamente è tormentato da incubi e pensieri strani, che lo spaventano e gli fanno dubitare della propria percezione di ciò che accade nel presente e, soprattutto, di ciò che è successo nel passato.

Ben presto, Thomas e i suoi genitori diventano bersaglio di qualcuno (di cui ignorano l'identità) che li ha presi di mira, facendoli sentire costantemente minacciati.

Questo è collegato alla sparizione di Liv?

Il mondo di Thomas è completamente sottosopra; non c'è un solo posto in cui lui e la polizia non  abbiano cercato la ragazza ma nessuno sembra sapere dove sia. 
È come se si fosse dileguata senza lasciare traccia e ogni sospetto converge sul povero Thomas.
Perché, secondo tutti (polizia, famiglia e amici di Liv, abitanti di Shoreham...), nessuno conosce Liv meglio di Thomas.

E lui farà di tutto per ritrovarla, per salvarla prima che sia troppo tardi; comprenderà presto che che salvare lei, in realtà, equivale a salvare sé stesso da una persona del passato sbucata improvvisamente e a posta per fargli del male, per attentare alla sua felicità.

Non solo, ma Thomas dovrà fare i conti anche con un'altra triste verità: la sua vita finora è stata un cumulo di menzogne e segreti.

"Tutte le persone custodiscono dei segreti. Alcuni sono innocui; un'omissione diventa una bugia, fino ad avere un certo peso nella coscienza, trasformandosi in qualcosa di più. Altri segreti sono più oscuri, contorti e pericolosi. Non so ancora in quale categoria collocare lei, suppongo però che non dovrei nemmeno biasimarla. Dopotutto, Liv non è stata l'unica a nascondere delle cose. Anch'io l’ho fatto."

Quali sono questi segreti?

Non vi resta che leggere questo young adult dalle atmosfere misteriose, piene di suspense, per scoprirlo.


Lettere Gialle si è rivelata una lettura davvero molto piacevole, fluida e con un bel ritmo, coinvolgente nello sviluppo delle dinamiche e molto interessante nella caratterizzazione psicologica dei personaggi; i flashback e i cambi di prospettiva (la narrazione è affidata a Thomas e a Liv) rendono la trama vivace, permettono di entrare nella dimensione emotiva  dei protagonisti, di conoscerne pensieri, ricordi, insicurezze.
Si affrontano temi propri della realtà giovanile, come amore, bullismo, problemi famigliari.

Lo consiglio, è un bel romanzo e si lascia leggere con piacere.

venerdì 25 ottobre 2024

BAMBINI LUPO di Vera Buck [ RECENSIONE ]



In un piccolo villaggio tedesco, su in montagna, lontano dal centro abitato, vive un gruppo di persone accomunate, si dice, dalla medesima confessione di fede. Sono uomini, donne e bambini isolati da tutto e tutti, distanti da ogni forma di modernità e progresso, schive, solitarie, dedite ai lavori manuali, a loro agio più con gli animali che con i propri simili.
Ma tra quelle persone, apparentemente tranquille e semplici, si celano segreti e misteri, e la verità è sepolta sotto cumuli di bugie.
E, forse, non sono solo le verità ad essere sepolte.


BAMBINI LUPO
di Vera Buck


Giunti
trad. G. Bartolesi
444 pp
17.90 euro
Jesse ha sedici anni e vive con i genitori nel piccolo insediamento di Jakobsleiter, nei pressi della cittadina di Almenen; ogni giorno, lui e la sua amica e coetanea Rebekka scendono lungo gli aspri sentieri montuosi per raggiungere la scuola del paese, unico contatto con quel modo di vivere - moderno, cittadino - da cui si devono ben guardare perché cattivo e pieno di insidie.

E del resto, i compagni di scuola sono un esempio di quanto possa essere ostile la gente di città, che osserva di sottecchi e con diffidenza tutti coloro che vivono a Jakobsleiter, come se fossero dei delinquenti o dei matti.
Jesse è un ragazzo sveglio, curioso, intelligente ed è portato per gli studi; se ne accorge subito la nuova insegnante, la signorina Laura Bender, giunta da poco ad Almenen; la docente è attenta agli alunni, crede nel proprio lavoro e lo svolge con passione, tanto da arrivare a prendere la decisione di recarsi da sola, in un pomeriggio che promette pioggia, nel villaggio su in montagna per cercare di parlare con i genitori di Jesse e pregarli di investire negli studi del figlio, in quanto è davvero bravo.

Non sarà una buona idea.
Non verrà accolta con gentilezza da nessuno degli abitanti di Jakobsleiter, compresi il padre di Jesse e lo stesso pastore-guida di quel gruppetto di gente chiusa e inospitale.

Quella sera Laura scomparirà misteriosamente e non sarà un caso isolato: anche la giovanissima Rebekka farà perdere le proprie tracce proprio in quegli stessi giorni: forse la ragazza sta cercando un modo per lasciare il villaggio una volta per tutte e farsi una vita "normale", lontana da quell'ambiente chiuso e soffocante, da una madre alcolizzata e da un pastore delirante e prepotente?

Laura e Rebekka, purtroppo, non sono le uniche donne ad essere sparite: negli ultimi anni altre ragazze sembrano svanite nel nulla e di esse non si sa a quale destino siano andate incontro.

Tante di loro sono dei cold case che la polizia neanche più ci pensa a riaprire, in mancanza di novità e aggiornamenti.

Ma c'è qualcuno che è ossessionato dalla scomparsa queste donne e non desidera altro che svelarne il mistero, arrivare a individuare il colpevole (perché deve esserci per forza un rapitore, forse un serial killer) che ha fatto loro del male.

In particolare, dieci anni prima scomparve Juli, una diciassettenne che era assieme all'amica del cuore, Smilla, a fare una sorta di piccolo campeggio in due, per divertirsi tra ragazze.

Ebbene, una sera, senza che Smilla abbia mai capito come e perché, Juli è sparita.
Logorata dal dolore, dai sensi di colpa e di impotenza, Smilla è rimasta sconvolta da quel fatto, non ha mai smesso di pensare alla sua amica Juli, chiedendosi che ne è stato di lei.

E adesso che è sparita pure questa insegnante, la signorina Bender, forse le acque potrebbero smuoversi e finalmente la polizia potrebbe rimettersi a cercare il colpevole, che - Smilla ne è convinta - sarà lo stesso che ha rapito e fatto del male a Juli. 

Ben presto si diffondono voci che fanno ricadere i sospetti sugli abitanti della isolata comunità montana.

Ed effettivamente, degli inquietanti misteri si celano dietro Jakobsleiter, i cui bizzarri e appartati abitanti sono da sempre sotto l'ala protettiva del sindaco, il signor Hofer, che è l'unico ad avere atteggiamenti amichevoli verso quella gente, cosa che spinge Jesse a fidarsi di lui, raccontandogli di come Rebekka sia assente da casa da giorni.

Chi sono davvero gli abitanti di Jakobsleiter? Si tratta realmente di ciò che resta di una comunità anabattista che molti anni prima subì la persecuzione per motivi religiosi?
E cosa lega le diverse sparizioni tra loro? 
Può una bugia, una volta raccontata, diventare la verità? 

Jesse cerca la sua amica Rebekka.
Rebekka è prigioniera di qualcuno o è fuggita volontariamente, legittimamente alla ricerca di un altro tipo di vita?

Anche Laura Bender sparisce una notte, da casa propria, proprio in quel giorno in cui era salita a Jakobsleiter.

E nel suo andare di qua e di là per Almenen e per i percorsi boscosi e di montagna alla ricerca della verità su Juli, Smilla si imbatte in una bambina strana, accompagnata da un lupo, del quale sembra imitare la natura selvaggia e aggressiva.
Una bimba che non parla ma che ha uno sguardo vispo, vigile, scaltro. Uno sguardo e un viso che a Smilla ricordano tanto la sua cara Juli.

Forse la verità è più vicina di quanto lo sia mai stata? Ed è magari proprio in quelle gole profonde, tra quelle rocce, in quel fitto e buio bosco che delimita l'oscuro villaggio?


Bambini lupo è un thriller che mi è sufficientemente piaciuto, in particolare per:
  •  l'ambientazione di montagna, che ha sempre il suo fascino e ben si presta a scenari e dinamiche sinistre, che mettono inquietudine, tensione, perché non sai mai chi può comparirti alle spalle mentre ti aggiri da solo tra rocce, discese e fitta vegetazione;
  •  la presenza di una comunità (religiosa? o la religione è una scusa?) chiusa al progresso, in cui c'è inevitabilmente un leader fanatico e perfido, che gioca a fare il pastore ma che in realtà manipola le proprie pecorelle sempliciotte e ottuse;
  •  i casi di scomparsa hanno facilmente presa su di me, soprattutto quando avvengono nel corso del tempo e coinvolgono (si suppone) il medesimo colpevole, che riesce ad agire indisturbato per molto tempo e a farsi beffe della polizia.

Non ho amato molto la narrazione corale; vi sono troppi punti di vista da cui i fatti sono narrati e almeno un paio li ho trovati praticamente inutili; inoltre, fin troppo presto si intuisce chi è l'individuo "sospetto", il che un po' mi ha delusa, in quanto avrei preferito qualche colpo di scena e maggiore suspense; nondimeno, ho apprezzato le scene più movimentate verso la fine, che regalano attimi di tensione narrativa.
Il ritmo, quindi, l'ho trovato incostante; ci sono stati momenti, nel corso della lettura, in cui mi sono sentita un tantino distratta, anche a motivo dei continui cambi di prospettiva (che, se non sono eccessivi, mi vanno pure bene, solitamente)

Nel complesso, è un libro che si lascia apprezzare per l’atmosfera cupa e per la presenza di  oscuri segreti che si nascondono in un angolo di mondo isolato e selvatico, tra foreste e pendii scoscesi, tra labirintici passaggi e grotte millenarie.

Semi promosso, ecco.

martedì 22 ottobre 2024

NINFA DORMIENTE di Ilaria Tuti [ RECENSIONE ]

 

Il nuovo caso, che vede impegnata il commissario Teresa Battaglia, parte con il ritrovamento di un quadro davvero particolare ed inquietante, in quanto dipinto col sangue; siamo in Val Resia, una zona in cui vive un popolo dalle antiche origini, e per risolvere il mistero legato alla donna ritratta nel quadro, bisognerà scavare in vicende accadute durante la seconda guerra mondiale.


NINFA DORMIENTE
di Ilaria Tuti



Tea Ed.
478 pp



Quando Teresa e l'ispettore Massimo Marini vengono chiamati per visionare un quadro risalente al 1945 e attribuito al pittore Alessio Andrian, non hanno la minima idea del ginepraio in cui stanno per infilarsi.

Teresa è perplessa: perché dovrebbe interessarle indagare su un quadro? Vi è forse un morto, un omicidio collegato ad esso?

Effettivamente del sangue è stato versato e molto probabilmente è stato anche lo strumento scelto dall'artista per realizzare il ritratto di una donna, tanto bella quanto ovviamente misteriosa: chi è? il sangue è quindi suo? E dov'è il corpo? Se è stata uccisa (e il quadro fa pensare che sia così), chi è il colpevole e qual è il movente?

L'artista è un uomo ormai anziano che è stato partigiano durante la guerra e che fu ritrovato, in quegli anni, in una zona del Friuli, in condizioni terribili, con il quadro (denominato "Ninfa dormiente") stretto al petto e in uno stato di muta follia.
L'uomo, anche dopo essere tornato a casa, tra i suoi famigliari, non ha mai più parlato, non è più tornato in sé e da ormai oltre settant'anni vegeta su una sedia, senza muoversi né parlare; non fa che stare davanti alla finestra a fissare, con sguardo vuoto, i boschi.
Quei boschi in cui evidentemente sono sepolti i suoi segreti, il suo dolore, i suoi silenzi.
Forse anche il suo amore, forse quel corpo cui appartiene il volto bellissimo e giovane della Ninfa dormiente.

Quale storia di sangue si cela dietro il muro di doloroso silenzio dietro cui si è barricato il pittore?
Forse l'uomo è annientato dal senso di colpa per aver ucciso lui stesso il suo amore? O ci sono altre spiegazioni dietro quel quadro?

"Quel disegno era l'eredità di un enigma, un richiamo dal passato a non tradire la memoria. La Ninfa dormiente era la chiave per risolvere il mistero."

Cominciando a cercare le prime urgenti risposte, Teresa finisce per raggiungere una zona tanto affascinante quanto chiusa e, per certi versi, difficile da penetrare: la Val Resia in cui tutto ha avuto inizio e luogo, decenni prima.

Fa così la conoscenza di un gruppo di resiani, uomini e donne che, scopre man mano, hanno avuto a che fare con Andrian e con la ninfa dormiente, di cui presto scoprono il nome: Aniza.

Aniza è stata una ragazza bella, solare, allegra, vissuta in un periodo tra i più complicati e difficili: il secondo conflitto bellico.
Qualcuno deve averle per forza fatto del male e dal 1945 la verità su ciò che l'è capitato (uscì di casa una sera per non tornare più), su dove sia eventualmente il suo corpo, non è mai stata svelata.

E c'è ancora chi evidentemente non desidera affatto che vengano dissepolte certe verità...

Indagando, interrogando, entrando nelle case, nelle vite, nelle abitudini e nei ricordi di uomini come Francesco (nipote di Aniza, che all'epoca della scomparsa era un bambino) o di giovani donne come la nipote di Francesco (una ragazza molto somigliante, fisicamente, ad Aniza) o della forte e impenetrabile Matriona (custode di riti, usanze e credenze arcane, diffuse in quella zona del nord-est della penisola), Teresa intuisce che questa storia si dibatte tra due poli, distanti eppure così legati tra loro: tenebre e luce, morte e amore: per arrivare alla fine del mistero e comprenderlo, svelarlo, lasciando emergere la verità, ella deve andare all'origine della tragedia, vincendo anni di silenzi, paure, segreti, sensi di colpa.

E se c'è una persona, in polizia, in grado di fare un lavoro del genere, quella è proprio Teresa Battaglia, una leader tanto forte e tutta d'un pezzo quanto... fragilissima.

Eh sì, perché il male oscuro e innominabile che incombe su di lei e che le crea buchi preoccupanti nella memoria, non smette di avanzare e di mandarla in panico.
Già deve vedersela col diabete, con una stanchezza diffusa e un po' di chili di troppo che la rendono poco leggera e agile, se ci si mette anche la memoria, come può svolgere al meglio il proprio amato lavoro? Come si fa a risolvere casi di omicidio, a dare le risposte di cui le famiglie delle vittime hanno bisogno per avere giustizia, a mettere in galera i criminali, se ogni dettaglio o informazione rischia di essere dimenticato irrimediabilmente?
La donna cerca di combattere il male scrivendo e appuntando tutto ciò che le è utile, che è importante per andare avanti giorno per giorno, sempre però con la la paura di essere scoperta da colleghi, sottoposti e - peggio - superiori.

Teresa non può permetterselo; non lei, che sa quanto sono importanti i dettagli, quegli elementi solo apparentemente casuali, che un occhio superficiale rischia di trascurare e che invece possono essere una chiave importante.

Certo, ci sarebbe il giovane ispettore, Marini, al suo fianco, che dovrebbe supportarla.
Ed effettivamente, lui è bravo.

Se non fosse che ultimamente è evidente che abbia dei pensieri per la testa, delle preoccupazioni, dei tormenti che lo rendono distratto, cupo, lontano.

Le vicende personali di Massimo troveranno il loro spazio in questo libro e impareremo a conoscerlo e a capirlo meglio.


Nonostante le difficoltà, Teresa e Massimo si immergono nella Val Resia, dopo aver appreso che la Ninfa dormiente proviene da quella zona antichissima, la cui popolazione vanta una identità (linguistica, culturale, musicale...) e un'unicità (anche genetica) che è senza dubbio ricca di fascino.

Ed è tra i fitti boschi e le aspre cime di quella natura vivente e attenta, madre e matrigna insieme, che Teresa e la sua squadra devono cercare ogni risposta, ogni nodo da sciogliere, ogni segreto da svelare.

Non sarà semplice, anzi, sarà un'avventura irta di pericoli, di trappole, di mistero, in cui lei dovrà tirare fuori tutte le proprie capacità di profiler, le doti investigative e la grande empatia che la contraddistinguono, per arrivare a mettere insieme i pezzi di quella tela su cui è stato realizzato il ritratto dipinto col sangue.

E di Teresa non ho potuto non amare le grandi doti empatiche, l'attenzione ai particolari, l'umanità e la sensibilità che contraddistinguono il suo modo di lavorare, di approcciarsi alle persone coinvolte, cercando di immaginarne pensieri, emozioni, motivazioni, così da stabilre una connessione con loro e arrivare al cuore e all'origine delle loro speranze, delle loro gioie, dei loro dolori, delle bugie e dei silenzi

Il suo non è semplicemente un formidabile intuito, ma proprio "una sorta di empatia oscura": i morti erano palpiti nei pensieri di Teresa. Diventavano compagni di notte insonni. La spingevano a non fermarsi, a cercare la risposta alla loro fine."

Trattandosi di episodi lontani nel tempo, Teresa deve cercare i fili invisibili che legano il passato al presente, immergersi anima e corpo nel tessuto del male che si palesa via via attorno a lei, entrare nei più profondi recessi della mente umana, terreno pericoloso in cui può annidarsi il male, e il male inganna, sempre.


La Natura è inevitabilmente un personaggio che prende vita propria, grazie alla sua bellezza e al suo essere immensa, vasta, di un'immensità non solo fisica ma anche trascendente la materia; c'è un che di mistico in quei luoghi, una dimensione quasi divina, dove ogni elemento della natura contiene un'energia viva e vibrante.

Non conoscevo l'esistenza dei resiani in quanto comunità a sé stante, la cui unicità è scritta nel loro DNA, nella storia antica di un popolo fiero delle proprie origini, dei propri canti, del proprio idioma. 
Ho trovato questo elemento narrativo molto molto interessante.

Mi è piaciuta Teresa, così piena di fragilità e debolezze nel fisico e nella mente ma che non intaccano il suo cuore di guerriera.

Ho amato la scrittura di Ilaria Tuti, che mi ha conquistata perché ha saputo coinvolgermi emotivamente attraverso personaggi complessi, descrizioni vivide e accurate, una trama ricca e ben strutturata, che si fa sempre più interessante, per quel modo di scrivere che, in generale, conserva una musicalità e, in un certo senso, una poeticità anche quando scava nei lati più oscuri dell'animo umano.

Parere più che positivo su questa lettura, che mi ha lasciata con la voglia di leggere il prossimo caso di Teresa.


"Non conosciamo mai veramente noi stessi, 
né chi abbiamo accanto. 
Possiamo definirci in molti modi, 
ma alla fine sono le nostre scelte davanti a un bivio 
a mostrarci chi siamo. 
O il segreto che nascondiamo."



SONATA  PER VIOLINO IN SOL MINORE
(o IL TRILLO DEL DIAVOLO)
di Tartini


giovedì 17 ottobre 2024

GREENLIGHTS. L'arte di correre in discesa di Matthew McConaughey [ RECENSIONE ]



L'attore statunitense Matthew McConaughey si racconta con schiettezza, simpatia, ironia, leggerezza e profondità insieme e, tra aneddoti personali e famigliari, tra esperienze avventurose e bizzarre, tra momenti di stallo e di crisi ed altri di euforia e appagamento, impariamo a conoscere un uomo che, pur con tutti i difetti, le mancanze e le difficoltà, cerca di vivere ogni giorno pienamente, nel rispetto di sé, dei propri valori, dei propri sogni, anche se ciò significa restare un po' ai margini del patinato mondo hollywoodiano.



GREENLIGHTS. L'arte di correre in discesa
di Matthew McConaughey



Baldini+Castoldi
trad. S. Travagli
304 pp
23 euro
2021

«Qui sono racchiusi cinquant'anni di cose che ho sperimentato, sognato, inseguito, dato e ricevuto; alcune valide, altre vergognose. Le volte in cui l'ho fatta franca, quelle in cui mi hanno beccato, e quelle in cui mi sono bagnato ballando sotto la pioggia.»

Il filo conduttore di questa singolare autobiografia riflette l'approccio alla vita dell'autore e consiste in questa "filosofia":

"se sai come, e quando, affrontare le sfide, puoi sperimentare quello stato glorioso che io chiamo “greenlight”,
 semaforo verde."

Tra queste pagine, l'autore racconta di sé, della propria famiglia, delle esperienze fatte, degli inizi della carriera cinematografica e di come essa è evoluta - conseguenzialmente alla sua evoluzione umana, interiore, emotiva, come uomo - e, tra un racconto e l'altro, ci lascia passaggi significativi in cui emerge la profondità dei suoi pensieri e delle sue riflessioni su ciò che gli sta a cuore (la famiglia, Dio, il lavoro...).

Pur essendo, quindi, una narrazione in cui si tiene viva la memoria del passato, non c'è traccia di toni sentimentalistici né di inutili nostalgie: Matthew si mantiene sempre allegro, spensierato, simpaticamente schietto e senza filtri, tanto che sembra di ascoltare le confidenze di una vecchia conoscenza.
E anche se, come dicevo, troverete parecchi suoi appunti, post-it, versi, passaggi riflessivi seri, non v'è in essi il desiderio spocchioso di insegnare qualcosa a chi lo legge, quanto piuttosto il puro desiderio di aprirsi, condividere, sentirsi uomo come tanti in mezzo ai propri simili.

A più di cinquant'anni, l'attore ha messo nero su bianco successi e fallimenti, gioie e dolori, le cose che l'hanno stupito o fatto ridere di cuore, i consigli che elargisce a sé stesso (sull'essere sereno, evitare stress, su come godersela, sul rispetto per gli altri, su come dare valore e significato alla vita, come essere più coerente con sé stesso e la propria natura...), le storie del passato, le lezioni apprese e dimenticate, le poesie, le preghiere, rimedi, convinzioni, fotografie.


"Antropologo da divano, filosofo pop in cerca della verità, ho seguito suggerimenti celesti, fatto associazioni, ascoltato molte voci, e fatto i conti con la realtà inseguendo letteralmente i miei sogni."

Sono pagine in cui vien fuori a tutto tondo la personalità di McConaughey: la sua esuberanza, la frenesia di vivere ogni momento con tutto se stesso, senza riserve, il suo cercare di essere coerente e onesto sempre, il voler restare con i piedi per terra, consapevole che il successo è effimero e oggi c'è e domani chissà, e ancor più conscio di aver fatto tante cose buone ma anche di aver pestato molte... "emme", che poi è un po' l'esperienza di tutti noi; cosa fare in questi casi? 

"Ho semplicemente imparato a pulirmi le scarpe e andare avanti."

Mi è piaciuto leggere in che tipo di famiglia è nato e cresciuto, come fossero particolari i suoi genitori, il tipo di amore che condividevano tra loro e il modo di esprimerlo ai figli (nel bene e nel male). La famiglia è assolutamente un pilastro fondamentale nell'esistenza di Matthew e i valori che i suoi "vecchi" gli hanno trasmesso non smetteranno mai di essere dei semafori e dei punti di riferimento nel corso degli anni.

Viaggiare è stata una delle esperienze che maggiormente l'hanno fatto crescere, mettendolo in diretto e stretto contatto con l’umanità, aiutandolo a capire il denominatore comune del genere umano: i valori.

Mi sono piaciuti molto gli aneddoti relativi alla sua carriera lavorativa e i "dietro le quinte" di alcuni dei suoi film più importanti, come Il momento di uccidere, che adoro, o Dollar Buyers Club, che gli è valso l'Oscar come Miglior Attore; apprezzo molto il fatto che non abbia abbassato la testa davanti a chi - nel mondo del cinema - aveva già deciso che lui fosse un attore da commedie romantiche e basta, ma che abbia cercato con tenacia e coraggio di staccarsi da questa etichetta, impegnandosi in ruoli decisamente più drammatici e "tosti".

Tenero e genuinamente romantico il suo legame con la moglie, Camila, con cui ha avuto tre figli; profonda la sua costante ricerca di Dio, del rapporto con ciò che va al di là del terreno e del qui e ora, ma che non per questo è meno concreto o vago e indefinito.

Nel complesso devo dire che è stata un'autobiografia interessante da leggere e lo stile narrativo di McConaughey è oltremodo piacevole, lui è un bravo "raccontastorie"; certo, in alcuni punti ho trovato la lettura meno coinvolgente, ma in generale mi è piaciuta perché mi ha dato modo di conoscere un po' meglio quest'attore che ho sempre seguito e trovato bravo bravo.

Mi è venuta voglia di recuperare ciò che non ho ancora mai visto della sua filmografia ^_^

A voi piace McConaughey  come attore?
C'è un film suo che avete particolarmente amato?




Citazioni

"Non possiamo apprezzare la luce senza le ombre. 
Dobbiamo perdere l’equilibrio per trovare un appoggio migliore. 
È meglio saltare che cadere. 
E ora eccomi qua."


"Dio, quando incrocio la verità, 
dammi la consapevolezza per riceverla 
la sensibilità per riconoscerla 
la presenza per renderla personale 
la pazienza per preservarla 
e il coraggio per viverla"


venerdì 11 ottobre 2024

LA RAGAZZA CHE RUBAVA LE STELLE di Brunonia Barry [ RECENSIONE ]



Zee è una psicoterapeuta con una situazione famigliare da sempre complicata; quando un tragico evento in ambito professionale sembra coincidere con un altro personale (accaduto quindici anni prima), la donna va in crisi, non sa più ciò che vuole e cosa la fa stare bene.
Ha bisogno di ritrovare la sua bussola interiore e di imparare a leggere e affrontare ciò che le accade cercando di non smarrire la strada, proprio come i naviganti si orientano in mare aperto anche solo guardando le stelle in cielo.



LA RAGAZZA CHE RUBAVA LE STELLE
di Brunonia Barry



Garzanti
trad. A. Mantovani
396 pp
Zee Finch vive a Boston con il suo fidanzato Michael e lavora come psicoterapeuta presso lo studio della psicologa e sua amica Liz, presso la quale in passato è stata in analisi.

Quando Zee aveva tredici anni, sua madre Maureen si tolse la vita, dopo aver trascorso anni tormentati in balia del  disturbo bipolare da cui era affetta; il matrimonio tra i suoi genitori non è stato dei più felici e, nonostante non si fossero mai lasciati, negli ultimi tempi (prima che Maureen si suicidasse) tra i coniugi c'era freddezza e distanza, anche perché il padre di Zee (un intellettuale molto colto, amante della letteratura ed in particolare di Hawthorne) aveva il cuore impegnato per un'altra persona...

Adesso, dopo tanti anni da quell'evento che ha sconvolto la sua vita e l'ha influenzata (la scelta di dedicarsi agli studi in psicologia non è stata di certo casuale), Zee potrebbe ritenersi una donna ormai risolta, sufficientemente equilibrata e serena.
Se non fosse che... nulla sta andando per il verso giusto, ultimamente.

Il rapporto con Michael (l'uomo perfetto, a detta di chiunque lo conosca) si sta sgretolando e lei non è più sicura di volerlo sposare.
Suo padre ha il Parkinson, non fa che aggravarsi di settimana in settimana e l'incubo dell'Alzheimer è dietro l'angolo, con tutto ciò che questo comporta.
Sul lavoro, accade una tragedia inaspettata che getta - al pari del suicidio materno - Zee in un vortice di confusione e crisi esistenziale e professionale: una sua paziente (Lilly Braedon, giovane madre e moglie) si toglie la vita.

Questo suicidio la riporta indietro nel tempo perché Zee vede in Lilly delle analogie con la personalità della propria madre.
Lilly era una ragazza con trascorsi difficili e che, nel corso delle sedute, le aveva confidato di avere una relazione adulterina con un uomo che, però, non era proprio uno stinco di santo.


Zee comincia a maturare dei dubbi su cosa possa essere realmente accaduto alla sua paziente e cerca di vederci chiaro: fare luce sulla morte di Lilly diventa un'opportunità per capire la verità sul proprio passato irrisolto, sul tipo di legame che univa i suoi genitori.


Zee deve affrontare questo percorso da sola, ma in realtà non può non chiedere aiuto quando ne ha bisogno: il suo capo Liz, che è anche sua amica e confidente, resta un importante punto di riferimento per la donna, che confrontandosi con l'altra ha modo di riflettere su stessa, sul proprio rapporto con la figura materna (i desideri di Maureen, i suoi malesseri, quanto la sua malattia psichiatrica ha inciso sulla crescita e sulla personalità di Zee, che era solo una bambina...) e di interrogarsi sulle proprie reazioni, su ciò che desidera per sé stessa; c'è Melville, un "amico speciale" del padre, che è anche tanto caro alla stessa Zee, come una seconda figura paterna su cui lei sa di poter fare affidamento in ogni situazione e per ogni difficoltà.

E poi, a un certo punto, le stelle le mettono sul cammino un giovanotto affascinante che lavora su una nave nella baia della magica e affascinante Salem (la città delle streghe e dei pirati) e che diventa importante per lei, anche in vista della "soluzione" della morte di Lilly.


"La ragazza che rubava le stelle" è un romanzo che parte un po' lentamente per diventare più interessante via via, quando man mano ci addentriamo nei particolari della storia famigliare e personale della protagonista e quando viene fatta chiarezza sulle complesse dinamiche in cui era coinvolta Lilly.

Mi è piaciuta l'ambientazione perché Salem è sicuramente una località con una storia intrigante e ricca di fascino, e lo sono anche i riferimenti alla navigazione e al sapersi orientare in mare tramite le stelle; ho apprezzato pure l'attenzione alle relazioni famigliari, in special modo, al legame figlia-madre (con quest'ultima affetta da gravi disturbi psichiatrici), a quello figlia-padre (con un padre tormentato da sensi di colpa e che sviluppa negli ultimi anni una malattia degenerativa, che gli toglie forze fisiche e mentali), al legame psicologo-paziente.

Un romanzo che avevo in libreria da anni e che ho trovato piacevole; certo, la prima metà del libro non posso dire di averla divorata, anche perché, come dicevo, la trama si fa più vivace e imprevedibile man mano; mi è piaciuta comunque la scrittura dell'autrice: evocativa, profonda (come lo sono i suoi personaggi, per nulla banali e, anzi, molto complessi e sfaccettati), con elementi originali e avvincenti.

Promosso :)

giovedì 3 ottobre 2024

ELIZABETH di Ken Greenhall [ RECENSIONE ]



Sensuale, distaccata, razionale e cinica: la giovanissima protagonista di questo romanzo è una 14enne disinibita, che non si comporta in modo consono alla sua età, ma intesse relazioni con gli adulti come se lei stessa lo fosse.
Una Lolita dark, una moderna strega priva della spensieratezza e dell'incoscienza che dovrebbero caratterizzare i suoi anni e che vive ogni giorno con lo sguardo indagatore di chi pesa, analizza, giudica e condanna tutti coloro che le sono attorno.


ELIZABETH
di Ken Greenhall





Adelphi
173 pp
trad. M. Pareschi
"Mi chiamo Elizabeth Cuttner e ho quattordici anni. (...) Sono venuta ad abitare dalla nonna più o meno un anno fa, dopo aver ucciso i miei genitori.  Non vorrei sembrarvi senza cuore. Lasciate che vi spieghi".


Così si presenta a noi lettori la protagonista: come un'assassina.
E non solo: da subito avvertiamo, nelle sue parole, un'autoconsapevolezza propria di un'adulta, di chi ha imparato a parlare con disarmante lucidità di sé e degli altri senza timore di descriverne i lati oscuri, torbidi, i pensieri perversi, le azioni sconce, i sorrisi lascivi.

Elizabeth ha tredici anni quando, nel corso di una vacanza con mamma e papà nello chalet di famiglia sul Lake George, nello stato di New York, resta orfana di entrambi i genitori nello stesso giorno.
Quella che inizia come una giornata qualunque, infatti, si veste di tragedia: i suoi genitori vanno a fare un giro in barca con lo zio James (fratello del padre e... amante di Elizabeth...) e si rifiutano di portare con loro la figlia; ebbene, i due coniugi non faranno più ritorno, perché moriranno tragicamente proprio durante quel pic-nic.

Verrebbe da chiedersi, allora: perché Elizabeth si prende la colpa della loro morte?

Prima che accada la tragedia, un fatto inquietante coinvolge e stravolge per sempre l'esistenza di Elizabeth, indirizzando da quell'istante la sua vita, i suoi pensieri, i suoi progetti.

Nel guardarsi allo specchio della propria camera, la ragazza vede riflessa non la propria immagine bensì quella di una donna a lei sconosciuta.
La figura si chiama Frances e comincia a parlarle con voce tenera e suadente e a fissarla con uno sguardo intenso e ammaliante.

"Mi vedi perché siamo della stessa stirpe (...). Sono venuta a insegnarti delle cose su te stessa. Sono venuta a offrirti dei poteri. Accetti?"
"Sì, Frances. Credo di sì."

Da questo surreale e sovrannaturale incontro con la Frances rinchiusa nello specchio, la ragazzina comincerà ad assumere comportamenti strani, sinistri, frutto della convinzione di appartenere ad una famiglia di streghe, di donne con poteri ultraterreni, capaci di lanciare malefici e di decidere le sorti altrui solo con l'intenzione, solo desiderandolo.

Ma allora in che modo lei è responsabile della morte dei suoi genitori?


Libera di vivere come desidera, senza più tra i piedi quei due adulti volgari e piatti, Elizabeth si trasferisce dalla nonna paterna, la quale vive in un’antica dimora coloniale a Manhattan insieme allo zio James, alla moglie di lui (Katherine) e al loro unico figlio (Keith). 
A questo già strambo nucleo famigliare si unisce l'istitutrice, Miss Barton, assunta per dare lezioni alla piccola orfanella, non ancora pronta per tornare a scuola.
Miss Barton è una donnina dallo stile e dalla personalità insignificanti, molto volubile e impressionabile e, soprattutto, emotivamente insicura, tanto da sentirsi costantemente in imbarazzo con tutti: con James, sempre così sicuro di sé e pronto a fare il cascamorto con qualsiasi essere respiri; con Katherine (tra le due sembra nascere una certa complicità) e con la stessa Elizabeth, dalla quale si sente soggiogata, non riuscendo ad imporre la propria autorevolezza ma, anzi, mostrando una debolezza tale da incoraggiare  la scaltra adolescente ad usarla per manipolarla.

In questa tetra casa, lei e i suoi famigliari si muovono come degli ambigui figuranti coinvolti in dinamiche relazionali torbide, innaturali, che mettono addosso al lettore quasi una sensazione di disagio, come se stesse assistendo a una commedia sordida in cui si incrociano  elementi erotici e paranormal, dove la consapevolezza di Elizabeth di essere sensuale, seduttiva e conturbante è figlia delle capacità occulte delle proprie ave.
La ragazza discende, infatti, da una genìa di fattucchiere e lei stessa maneggia con naturalezza i tipici "strumenti" delle streghe - rospi, serpenti, specchi, gatti, marchi sul corpo, incantesimi... - e sarà proprio l'antenata dello specchio, Frances, a svelarle i segreti dell’arte magica.

Attraverso le perfide indicazioni dettate dalla defunta, un senso di onnipotenza investirà Elizabeth facendo sì che si diverta ad esercitare con spietatezza e freddezza i propri poteri, mossa dal delirante obiettivo di affermare la propria natura di strega.

Qualcuno cercherà di distoglierla dai propri scopi e di convincerla a rifiutare questa malvagia eredità lasciatale dalle antenate, ma il male è ormai entrato nella mente della ragazza, travolgendola completamente.

Un romanzo breve che si lascia leggere con sufficiente piacere per la prosa elegante e le atmosfere gotiche, "da horror", anche se siamo a un livello molto soft (del resto, per leggerlo io... ^_^ ), nel senso che vi sono elementi del genere ma non vengono sviluppate situazioni di vero e proprio orrore.
L'autore gioca più che altro su questo clima cupo, sovrannaturale, inquietante, in cui si respira una sottile tensione e in cui i personaggi sembrano quasi paralizzati da una forza oscura che li rende delle comparse, dei pupazzi senz'anima e senza volontà.
L'unica ad avere fin troppa personalità e le idee chiare è la protagonista, che - proprio perché ha solo 14 anni - mi ha trasmesso sensazioni di fastidio per il suo modo di fare da adulta, per la noncuranza con cui si concede allo zio, per il glaciale distacco con il quale guarda le persone attorno a sé, priva di qualsiasi slancio di affetto e di emozioni.

Che dire?
C'è  un che di intrigante in questo libro ma, allo stesso tempo, mi è mancato qualcosa, nel senso che mi è piaciuta l'atmosfera gothic ma a livello di trama avrei preferito una maggiore sostanza.


venerdì 27 settembre 2024

LA CLASSE di Christina Dalcher [ RECENSIONE ]



Immaginiamo una società in cui l'unica cosa che davvero conta sia il quoziente intellettivo, in base al quale viene deciso il tuo presente e, soprattutto, il tuo futuro.
In un mondo del genere, in cui l'obiettivo ultimo è la costruzione di famiglie perfette, cosa ne è delle cosiddette "mele marce"? Di coloro che sfuggono a tale modello di perfezione e che non riescono - per ragioni differenti - a raggiungere gli standard stabiliti dal governo?



LA CLASSE 
di Christina Dalcher



Nord Ed.
trad. B. Ronca
416 pp


Elena Fairchild è una donna che ha superato i 40 anni, madre dell'adolescente Anne e della novenne Freddie, e moglie di Malcom, vicesegretario nel Dipartimento di istruzione.

Siamo negli Stati Uniti, in un tempo non specificato ma, siamo portati a pensare, per nulla lontano dal nostro.

La scuola americana si sta sempre più dirigendo verso un sistema educativo che non prevede falle, che non accetta alunni mediocri né ammette disabilità fisiche o intellettive.
C'è posto solo per le menti brillanti, per coloro che si impegnano e raggiungono il massimo dei traguardi.

Una scuola in cui gli studenti migliori non vengono rallentati dalla presenza in classe di compagni meno bravi o, peggio ancora, di quelli che disturbano, magari con comportamenti da bulli. 

Adesso ciò che importa è solo il Q, un quoziente numerico calcolato sulla base di test e sulla condotta, che determina l'istituto da frequentare: gli alunni più intelligenti vengono ammessi nelle impegnative Scuole Argento, che assicurano l'ingresso ai college più esclusivi, mentre gli studenti normali rimangono nelle Scuole Verdi. 

Chi, invece, per sua sfortuna, è stupido o quasi, viene addirittura allontanato dalla famiglia e portato nelle Scuole Gialle, delle strutture isolate dove imparano le materie di base e la disciplina. 
E in cui se ne stanno per conto loro, a debita distanza dai "normali".

La scuola è altamente competitiva, non sono consentite battute d'arresto né gli studenti che hanno preso un voto eccellente all'ultima verifica possono permettersi il lusso di rallentare o adagiarsi sugli allori, anche perché le verifiche vengono ripetute ogni mese.

E per qualcuno può essere una tragedia rendersi conto di non aver dato il massimo e di rischiare di "retrocedere".

È il caso della piccola Freddie: la bambina odia il clima ansiogeno che si è creato in classe, la fa sentire troppo sotto pressione e lei non è emotivamente pronta a gestire quest'ansia crescente, che si rinnova ed aumenta ad ogni maledetta verifica.

Elena - insegnante di discipline scientifiche - ha partecipato alla creazione del sistema Q quando era convinta che potesse rivelarsi la chiave per una società più equa, più giusta, atta a valorizzare le capacità e le inclinazioni di tutti e di ciascuno.

Da docente e da mamma, ella comprende il malessere emotivo e psicologico della figlia ma le sue rassicurazioni servono a ben poco, soprattutto quando il Q della sua secondogenita si abbassa sotto una soglia che significa solo una cosa: scuola gialla.
E questo è un dramma perché, dopo alcuni anni come insegnante in una Scuola Argento, ha notato come dalle Scuole Gialle non si torni indietro...

Come mai? Possibile che gli alunni che "retrocedono" non abbiano modo di migliorare e avanzare nuovamente?

Elena non è indifferente a ciò che le accade intorno e vede bene come i genitori ormai temano quell'autobus che passa di casa in casa il giorno successivo all'esame e che, in base al colore, sancirà il destino dei loro figli. 

E ora che la sua bambina ha ottenuto un risultato troppo basso, Elena sa che le verrà portata via, che verrà trasferita in un istituto lontano centinaia di chilometri da lei e che potrà farle visita poche volte all'anno.

Suo marito sembra assolutamente impassibile a ciò cui sta per andare incontro la figlia minore; del resto, c'è la primogenita a dargli soddisfazione: Anne è tra le prime della classe, è competitiva, si impegna nello studio e non ammette fallimenti nel suo percorso scolastico.
In pratica, è sulla strada della perfezione come suo padre.

Elena, invece (crede Malcom), è sempre stata meno forte e determinata, in questo senso; in fondo in fondo, è solo una sentimentale e questo le porterà solo guai.

In effetti,  i guai cominciano ad arrivare quando la donna decide di seguire Freddie in Kansas: si fa bocciare al test Q per insegnanti e viene mandata nella stessa Scuola Gialla della figlia. 

Lì scopre che le persone  non sono che numeri e che del loro benessere e del loro ritorno in società non importa a nessuno.

"Abbiamo sempre fatto così, noi esseri umani. Dividiamo in categorie, facciamo confronti e troviamo modi per separarci in squadre, come fanno gli studenti durante l'ora di ginnastica. Io scelgo lei, diciamo. Ma non lui.
Qualcuno resta sempre indietro, sul fondo del barile, l'ultimo a essere scelto.
Ci si aspetterebbe che da adulti certe cose cambino."

A cosa servono realmente le scuole gialle?
Chi vi entra? Ci vanno davvero solo i ragazzi che falliscono nelle verifiche?
E se ci fossero altri inquietanti criteri di selezione, in base ai quali alcuni vengono giudicati "non idonei" e quindi mandati via, lontano dalle classi e dalle famiglie perfette, che tali devono restare?

Elena è risoluta a volersi riprendere Freddie e a scoprire cosa c'è dietro questo sistema d'istruzione, del quale suo marito fa parte e dal quale lei, invece, vuole uscire, avendo subodorato che qualcosa non quadra.

Grazie ai continui flashback, conosciamo meglio la protagonista, il suo presente e il suo passato, il modo in cui, quand'era giovanissima, è cambiata per non essere una perdente, per poter far parte della cerchia degli studenti popolari e non confondersi con i reietti e gli emarginati.
Apprendiamo delle scelte fatte in gioventù, che a quel tempo sembravano sensate e accorte, ma che con gli anni si sono rivelate deleterie per la sua stessa felicità (una fra tutte: sposare Malcom).

Attraverso il suo sguardo critico, vediamo come la società in cui vive pretenda di mostrare una "bellezza senza rughe "che non ha e che, soprattutto, si vorrebbe costruire sulle discriminazioni, sull'allontanamento (e quindi il rifiuto, la non accettazione) di chiunque sia "diverso" (o presunto tale), o "minorato" o "deviato", insomma non allineato ai nuovi dettami e regole sociali.

Grazie anche alle pressioni della propria famiglia d'origine (la nonna ha conosciuto l'orrore di cui l'uomo è stato capace durante gli anni del secondo conflitto mondiale), Elena apre sempre di più gli occhi ed è pronta a tutto - anche a mandare all'aria un matrimonio con un uomo divenuto sempre più cinico e senza scrupoli e che lei non ama più, anche a rischiare la propria incolumità - pur di salvare la propria bambina più fragile e pur di smascherare gli orrendi e amorali scopi che si prefiggono coloro che stanno lavorando per rendere la società priva di imperfezioni, in cui non ci sia più posto per gli individui bisognosi e deboli che sporcano l'immagine dell'americano perfetto e felice.


La classe è un distopico che definisco "soft", nel senso che per gran parte della trama non dona grossi sussulti e patemi d'animo, anzi procede a un ritmo abbastanza calmo, che si fa incalzante più che altro nei capitoli finali.
La lettura, per quanto mi riguarda, è andata avanti fluida grazie ai capitoli relativamente brevi, alla presenza di molti dialoghi e ai passaggi dall'oggi al prima che conferiscono movimento e dinamicità.

A me i distopici piacciono molto perché trovo sempre stimolante immaginare contesti sociali (futuri ma non troppo) in cui le cose vanno diversamente da oggi e in cui avvengono fatti inquietanti, misteriosi, ingiusti, distorti, che incutono il giusto mix di angoscia, suspense e curiosità.

Ecco, avrei voluto provare un po' più angoscia e tensione narrativa; ho comunque apprezzato il ritratto di questa società americana in cui le persone contano solo in base al successo scolastico e professionale.

Si toccano temi come la discriminazione verso coloro che sono ritenuti più vulnerabili e problematici, il loro allontanamento o, addirittura, l'ipotesi di "sopprimere" i diversi, i possibili devianti, relegandoli in luoghi isolati che possono tramutarsi presto da scuole a laboratori in cui avvengono sperimentazioni o soluzioni drastiche per "eliminare i problemi"; la collettività è più importante del singolo e questi è sacrificabile se non  trova posto nel tipo di modello sociale/famigliare/professionale/educativo immaginato e perseguito.

Ho trovato interessanti tutti i riferimenti a personaggi e fatti reali, come la  American Breeders' Association e la teoria malthusiana.

Nel complesso, l'ho gradito, non posso dire che mi abbia mai annoiato e sono arrivata sino alla fine senza intoppi; ripeto, mi ha fatta stare sulle spine meno di quanto mi aspettassi e ho preferito un po' di più "Vox".
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