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giovedì 3 aprile 2025

"IL VIAGGIO DI COLIBRI" di Pamela Comi [ RECENSIONE ]



Dal 18 Marzo è disponibile in libreria e in tutti gli store digitali il nuovissimo libro scritto e illustrato da Pamela Comi: IL VIAGGIO DI COLIBRÌ, edito dalla C.E. Pensiero Creativo, collana narrativa Kids.



80 pagine illustrate
Età di lettura: 5 – 8 anni
Prezzo: 13€

Al centro di questo bellissimo e colorato libro per bambini vi è il
tema del distacco dai genitori e il desiderio di allontanarsi da essi per esplorare e conoscere il mondo esterno, vivendo così nuove e indimenticabili esperienze che fanno crescere.

Il protagonista è, come si intuisce dal titolo, il piccolo Colibrì, che vive con la sua mamma in un rassicurante nido.

Attorno a loro tutto è grigio e senza emozioni.
Ma l'uccellino è un tipetto curioso e, nonostante ami la sua mamma e sia da lei tanto amato e protetto, prende una decisione importante: provare ad uscire dal nido, imparare ad usare le sue piccole ed inesperte e ali per... spiccare il volo!

Cosa c'è fuori dal loro nido e dalla città in cui finora è cresciuto?

Se non voli via, non lo saprai mai, Colibrì!

Ci vuole coraggio e curiosità per fare nuove esperienze e al nostro piccolo uccellino queste qualità non mancano; lasciare la sua mamma è il primo, fondamentale passo per la libertà e per cogliere l'opportunità di scoprire che ci sono tante realtà lontano "da casa", diversissime tra loro ma tutte sorprendenti.

Cosa vedranno i curiosi ed eccitati occhi di Colibrì, una volta abbandonato il grigiore della metropoli per immergersi nei colori brillanti e vivaci della natura?

Nell'andare alla ricerca dei propri simili, Colibrì avrà modo di incontrare svariati, e fino ad allora sconosciuti, habitat che accolgono altre specie animali, e potrà cominciare a capire che il mondo fuori dal nido è grande e meraviglioso, pieno di amici e di sorprese da ammirare a "becco aperto"!

Il primo, sorprendente viaggio del simpatico protagonista di questo libro terminerà e lui farà ritorno a casa, dalla sua mamma che lo aspetta.

Sarà lo stesso colibrì che era quando è partito?
O forse le esperienze vissute lo hanno cambiato, rendendolo forte, maturo e indipendente?


“Tu sei cambiato piccolo mio,
è cambiato il tuo modo
di vedere le cose.”



"Il viaggio di Colibrì" è un libro che ha tutte le caratteristiche per catturare l'attenzione dei giovanissimi lettori cui è principalmente rivolto: la storia è ricca di spunti di riflessioni perché verte sul naturale ed inevitabile bisogno/desiderio dei piccoli di cominciare a staccarsi dai genitori per esplorare l'ambiente circostante, vedere cose nuove, fare esperienze diverse; le illustrazioni sono semplicemente meravigliose, ogni pagina è coloratissima e fa da splendida cornice alla parte narrativa caratterizzata da parole e frasi semplici, comprensibili ai piccoli; leggendo insieme ad essi questo libro, l'adulto è sicuro di poter contare su un contenuto e su una grafica assolutamente attraenti, coinvolgenti e in grado di stimolare la fantasia dei bambini, di poter intavolare con loro, a fine lettura, anche delle brevi conversazioni per riflettere insieme su ciò che si è letto e sulle emozioni e i pensieri che ne sono scaturiti.

A queste già positive peculiarità, se ne aggiungono altre:

- in appendice al libro ci sono alcune pagine contenenti informazioni scientifiche (riportate sempre con un linguaggio adeguato al pubblico di piccoli lettori) sul colibrì e, in generale, sull'affascinante e variegato mondo degli animali;
- le ultime pagine sono dedicate a stimolanti e divertenti giochi tematici e didattici.


Curiosità

Il testo è liberamente ispirato alla canzone “Colibrì” di Cesare Cremonini.

Parte del ricavato dell’autrice sarà devoluto al WWF


 




L'autrice.
Pamela Comi è una grafica che per diversi anni ha lavorato in tipografie e litografie dell’hinterland milanese, quando ancora si usavano le lastre, la fotocomposizione, il cutter &co.Continua a lavorare come factotum in agenzie di pubblicità milanesi, occupandosi di comunicazione a 360 gradi.
Diventa mamma e si appassiona all’editoria per l’infanzia creando storie che cercano di riscoprire i valori di una volta e insegnare la magia dell’immaginazione!




lunedì 31 marzo 2025

LA FURIA di Sorj Chalandon < RECENSIONE >


Negli anni Trenta del secolo scorso, Jules ha solo tredici anni quando viene tradotto in un istituto (una colonia penale) che accoglie minori per rieducarli, "raddrizzare" con lo scopo di restituirli "civilizzati" alla società e  con la speranza che non siano adulti deviati e problematici.
Ma, in realtà, la colonia di Belle-Île-en-Mer, un’isola al largo della Bretagna, è tutto fuorché un luogo di rieducazione e fuggire da quell'incubo in terra è il sogno di ogni ragazzo costretto a trascorrere l'adolescenza tra quelle tristi mura.

La storia narrata tra queste pagine si ispira a vicende realmente accadute.


LA FURIA
di Sorj Chalandon



Guanda Ed.
336 pp
Jules Bonneau ha solo tredici anni quando fa il suo ingresso a Belle-Île-en-Mer, una colonia penale per minori in cui questi ultimi, sottoposti a una disciplina rigorosissima, sono costretti a lavorare in ambito agricolo o marittimo per scontare la propria pena detentiva.

Non è necessario aver commesso chissà quali reati per essere imprigionati in questo postaccio; non ci sono solo delinquentelli col vizio di rubare, aggredire, creare scompiglio, appiccare incendi, ma anche vagabondi o orfanelli senza nessuno a prendersi cura di loro.

Jules non ha più una madre, la quale lo ha abbandonato anni prima, lasciandogli come ricordo un foulard dal quale il ragazzo non si separa mai; suo padre non è mai stato in grado di prendersi cura di lui e lo ha infatti mandato a stare dai propri genitori che però, a loro volta, non hanno mai avuto alcuna voglia di crescere ed educare questo nipote ribelle e testa calda.

"Sono nato senza parenti, né genitori né amici. Senza baci di una madre, né ordini di un padre. E anche senza bambini al mio fianco, amici a scuola...".

Quando, dopo averne combinata una delle sue, Jules viene arrestato e messo a Belle-Île-en-Mer, non sa cosa lo aspetta.

Ma lo scoprirà a breve, perché in quella prigione per ragazzi le guardie dominano sui giovanissimi detenuti, trattandoli con inumana severità e soprattutto sfogando su di loro rabbia e frustrazione attraverso punizioni corporali feroci.

"Ci manipolavano, ci spezzavano, ci modellavano come un impasto. Macinavano i chicchi cattivi. Ci volevano teneri e lisci come pane bianco, In cella di sorveglianza i mascalzoni, i problematici, i ladruncoli. Sotto il tunnel di schiaffi i degenerati, i depravati, gli incorreggibili. In isolamento gli infami. Spezzare i piccoli, annientare i più grandi, i sogni degli uni, la rabbia degli altri. Trasformare quelle potenziali prede in futuri soldati, poi in uomini, e poi in niente. Spettri che vagano nella vita come nei bracci di una galera, servili, vergognosi. (...) Che non si ribelleranno mai".

Leggere il resoconto del protagonista (e voce narrante) su come sono le giornate a Belle-Île-en-Mer è tristemente doloroso perché purtroppo parliamo di cose che accadevano (e accadono ancora oggi in alcune realtà) davvero, e basta cercare informazioni su questa colonia per rendersi conto che Chalandon non ha calcato la mano ma - con quell'approccio da giornalista e documentarista che gli appartiene per professione - ha riportato, attraverso Jules, ciò che realmente si verificava tra quelle mura.


Parliamo, ovviamente, non solo di botte e manganellate fino a ridurre i malcapitati come stracci sul pavimento, ma anche di altri tipi di abusi, inclusi quelli sessuali.

E in una sera come le altre, mentre i prigionieri sono in mensa, accade qualcosa che in fondo non è una novità, ma solo l'ennesimo episodio di un sopruso violento dei sorveglianti su uno (tra i più giovani e deboli) dei ragazzetti.
La vittima è Camille Loiseau, un ragazzino fragile, taciturno, timido, di quelli che le prendono sempre da tutti - guardie e detenuti più aggressivi e bulli -, senza che riesca mai a reagire.
È uno dei tanti che là dentro è esposto alla violenza e alla feroce "disciplina educativa" di Belle-Île-en-Mer, e soffre sicuramente come ognuno dei carcerati.
Eppure verso di lui Jules Bonneau sente sorgere un inaspettato senso di pietà e protezione, benché faccia di tutto per soffocarlo, perché in quel luogo infernale non puoi permetterti alcuna emozione o empatia, che è sinonimo di debolezza.

Ma in quella sera del 27 agosto 1934 i ragazzi in mensa si ribellano alle guardie carcerarie e scatenano un putiferio che porterà ben cinquantasei di loro - tra cui Jules e Camille - ad evadere dalla colonia. 

Mentre scatta la caccia agli adolescenti - operazione che vede impegnati non soltanto le guardie e i gendarmi, ma pure abitanti e turisti di Haute-Boulogne, spinti dalla promessa di una ricompensa in danaro (venti franchi per ogni fuggiasco acciuffato e riconsegnato) -, Jules si ritrova a nascondersi e scappare in quella landa aspra e desolata che è al di fuori della prigione e ad accompagnarlo c'è Camille, gentile, coraggioso, leale, propositivo e convinto che... ce la possono fare a non farsi prendere!

Ma il piano avventuroso non procede secondo i desideri e le speranze, e in poco tempo tutti vengono catturati. 

Tutti tranne uno: il 56esimo evaso.
Jules Bonneau, appunto. 

Nella realtà - così come ha scoperto Chalandon, documentandosi -, sull'evaso mai ricatturato girarono poi un sacco di voci ed ipotesi su che fine avesse fatto; ebbene, l'autore immagina per noi un'identità per il 56esimo evaso e una storia al di là di quelle mura carcerarie.

Impariamo da subito a conoscere il protagonista attraverso il racconto che egli fa del proprio passato, della propria famiglia e della propria vita a Belle-Île-en-Mer.

Il suo soprannome è Tigna perché in quel posto maledetto Jules impara a farsi rispettare e temere, guadagnandosi questo soprannome: l'obiettivo ogni mattina fino a sera è sopravvivere a una realtà crudele, feroce, dominata da prevaricazioni, vessazioni e ingiustizie

"Tigna è la mia matricola e la mia rabbia. Il mio campo dell'onore".

Jules sogna di diventare marinaio e intanto, dentro di sé, cova una rabbia cieca che fa fatica a contenere ma che gli è assolutamente necessaria per non soccombere alla solitudine, alla tristezza, alla paura, al dolore, alle privazioni, alle cattiverie, alle violenze.

"Bonneau non poteva tradire la Tigna. io non avevo diritto ai sentimenti. I sentimenti erano un oceano dove annegare. Qui dentro, per sopravvivere bisognava essere di pietra. Non un lamento, non una lacrima, non un urlo e nessun rimpianto. Anche quando avevi paura (...), quando l'oscurità disegnava il ricordo di tua madre in qualche recesso della memoria".

"Nessuno sa niente. Nessuno, mai, parlerà di questa solitudine. Di questa miseria. Dell'immensità di una notte senza un tetto sopra la testa. Della brina del mattino che imperla la giacca di un povero.".

Tigna sa di dover essere sempre in atteggiamento di attacco perché solo così può tentare di difendersi e non farsi schiacciare.
E sa di non avere amici in quel luogo squallido, di non potersi fidare realmente di nessuno, anche se poi, durante quelle ore di fuga nella notte, il piccolo e innocente Camille si rivelerà essere il primo vero amico per la diffidente Tigna.

Jules, quindi, è l'evaso non catturato.
Ma come fa a salvarsi, a nascondersi, avendo tutto il villaggio pronto a cercarlo e a dargli addosso per consegnarlo alla giustizia?


"...ferito e furibondo. Sarebbe stata lei, la mia rabbia, a guidare i miei passi e a condurmi (...). Lei, a illuminare la traversata nella notte. Lei, la mia rabbia, a liberarmi di quella maledetta isola. Volevo che le mie galosce lasciassero nella sua terra l'impronta della mia furia".

Grazie a scaltrezza, pazienza e non poca fortuna, ci riesce e deve ringraziare in particolare una persona: Ronan, il pescatore di sarde, l'anarchico che va contro le istituzioni e lo stato.

Nell'imbattersi in quel selvaggio spaventato e diffidente, Ronan è deciso a non denunciare: non ci tiene a intascare il prezzo di un ragazzino, ma anzi - senza che Jules capisca perché - si offre di coprirlo e di aiutarlo, prendendosene anche i rischi.
Rischi che è costretta a prendersi anche la di lui consorte, Sophie, che accetta suo malgrado di tenersi in casa un delinquentello che tutti ad Haute-Boulogne stanno cercando.

Quando incontra la moglie del pescatore, Jules si rende conto di conoscerla già e di averla incontrata più di una volta proprio a in prigione...

Cosa accadrà a Jules Bonneau, il cui destino è - che lo voglia o meno - nelle mani di una coppia di estranei, di cui non sa nulla ma della quale non ha altra scelta che fidarsi?

Per uno come lui, cresciuto a pane e abbandoni, assenze, miserie e percosse, dare fiducia a un altro essere umano è tutt'altro che semplice.

"Io non ero mai stato accarezzato, rassicurato, consolato. Sin dall'infanzia, la mia sofferenza era stata solitaria e brutale."

Intelligente e consapevole della propria natura, Jules non esita a definirsi una canaglia; egli non cerca di impietosire il suo "salvatore", non lo prega, non piange, non supplica: lui è una Tigna, uno cresciuto  senza padre, senza madre, senza niente di tutto ciò che rende umani.
E sa di essere una furia vivente e a questa rabbia impetuosa non vuole, non può e non deve rinunciare perché è lei la sua garanzia per restare vivo.

A cosa porterà l'incontro tra questi tre esseri umani che, ad unirsi, hanno più da perdere che da guadagnarci?


Ciò che Chalandon ci racconta, in questo romanzo, non è una semplice avventura in stile "fuga da Alcatraz" e non è neanche (solo) la denuncia delle drammatiche e terribili condizioni in cui sono costretti a vivere i minori affidati a certi riformatori (cosa che mi ha ricordato, ad es, il film "Sleepers"): il dopo evasione si sofferma sull'evoluzione di Jules, sulla sua maturazione umana, sulle sfide che è chiamato ad affrontare e che lo costringeranno a interrogarsi su sé stesso e sul prossimo.

Jules è un ragazzo che non ha conosciuto amore, baci e carezze, protezione, sicurezza, cura, comprensione, amicizia...; il suo giovane bagaglio d'esperienza è pieno di fatti e vicende intrisi di dolore, angoscia, solitudine, sfiducia, pugni e schiaffi, rabbia, crudeltà.

Quanto può essere difficile per una persona con una tale vissuto affidare la propria vita a uno sconosciuto?

Eppure, anche per lui potrebbe essere arrivato il momento di aggiungere un'altra esperienza al proprio background: nel mondo ci sono persone semplicemente buone, altruiste, mosse da valori e principi che le rendono degne di fiducia e rispetto.

Non è facile tenere a bada la Tigna, sempre pronta a riapparire e a guidare Jules a reagire con aggressività e rabbia.
Del resto, le delusioni sono dietro l'angolo perché i suoi aiutanti non sono perfetti, sono esseri umani anch'essi, con le proprie debolezze, i propri errori, le proprie idee, e può succedere di non capire il perché di certe scelte, azioni, comportamenti.

Jules dovrà imparare a liberarsi della furia che finora gli ha permesso di sopravvivere in una realtà deviata, malvagia, ingrata, e accogliere l'idea che sia possibile vivere diversamente, che può circondarsi di persone perbene, che se alzano una mano su di lui non è per dargli un ceffone ma un'amichevole pacca sulla spalla, che ridono con lui e non di lui, che sono pronte a confidargli segreti e fragilità perché sanno che egli non le tradirà.

Il lettore assiste, curioso e anche un po' commosso, alla crescita umana ed emotiva del protagonista che, pian piano e non senza dubbi e turbamenti, sarà chiamato a decidere quale natura far predominare di sé, se credere che c'è speranza anche per una Tigna come lui di uscire fuori dall'isola di rancori e infelicità in cui è cresciuto e di andare incontro a un destino differente da quello che altri erano pronti a scrivere per lui.

Questo romanzo di Chalandon mi è piaciuto molto e mi ha suscitato molte emozioni durante la lettura, cosa inevitabile perché tra queste pagine vengono narrati episodi di violenza, vessazioni, brutalità nei confronti di ragazzini che già provengono da famiglie disagiate, e in più si ritrovano a dover subire di tutto là dove, invece, dovrebbero ricevere aiuto, educazione e l'opportunità di cambiare, migliorare e scegliere una vita onesta e non criminale.

Ci si affeziona a Jules nonostante lui faccia di tutto per rendersi detestabile, mostrandoci il lato di sé più cinico e disilluso, ma il lettore si pone al fianco di Ronan e accoglie quella rabbia, la comprende e la guarda da vicino non per giudicarla ma per incanalarla, per offrirle nuove opportunità e speranze.

Bello, lo consiglio; il mio primo incontro con Chalandon è assolutamente positivo e conto di conoscerlo ancora meglio attraverso altri suoi scritti.


lunedì 24 marzo 2025

[ Recensione ] SPLENDEVA L'INNOCENZA di Roberto Camurri



Con delicatezza e semplicità, in un'atmosfera che resta, dalla prima all'ultima pagina, intrisa di una struggente nostalgia, Camurri ci racconta una storia di amicizia amore e ideali, in cui ritroviamo la tenerezza e la passione del primo amore, l'allegra spensieratezza della gioventù, la forza di un'amicizia sincera che travalica gli anni e il passaggio all'età adulta, il peso di colpe per le quali non ci si è ancora perdonati e quella scomoda sensazione di essere intrappolati nel passato e di non aver ancora imparato a vivere appieno il presente.



SPLENDEVA L'INNOCENZA 
di Roberto Camurri


NN Editori
192 pp
Siamo a Monterosso, nelle Cinque Terre, dove "la paura dell'alluvione non passa mai" ma questo non ha impedito alla comunità di risollevarsi dopo una calamità naturale, di ritornare a vivere e di mettersi al passo coi tempi.
Solo il bar di Luca è rimasto uguale a quando lo gestiva suo padre: una sorta di ritrovo per nostalgici, cristallizzato nel tempo e sopravvissuto al suo naturale processo di usura e cambiamento.

Ma Luca è contento così: a quarant'anni non ha alcuna voglia di modernizzare il proprio locale perché è tra quelle mura, tra quei tavoli di plastica rovinati, che  trova la propria pace.

"È anche per questo che Luca continua a mantenere il bar così anacronistico. Si rende conto che è un rifugio, un posto adatto a chi vive ai margini, a chi non riesce a integrarsi nella contemporaneità. Un luogo privo di giudizio."

Del resto, se c'è una condizione che connota la sua esistenza è proprio la tendenza all'immobilità, all'abitudinarietà, al corazzarsi dietro gesti, atti, posti, compagnie... che sono sempre gli stessi e che lo proteggono dal caos che c'è fuori.

Luca con il caos  e la confusione non è mai andato d'accordo, eppure c'è stato un momento in cui ci si è infilato mani e piedi nella baraonda di persone - sia giovani come lui che più mature - pronte a far sentire la propria voce con "l’ambizione di voler fare qualcosa per questo mondo che stava prendendo una direzione sbagliata"

Cambiare il mondo con la forza delle proprie idee e di animate proteste nelle piazze.

Ma questo è stato molto tempo fa, più precisamente nel 2001, quando Luca non aveva neppure vent'anni e amava divertirsi con i suoi due più cari amici - quelli di una vita, che ci sono da sempre e ancora oggi -, Pietro ed Alessio; quando il suo cuore e il suo corpo sussurravano un unico nome: Valentina.

Valentina è stato l'amore di gioventù: bella, solare, piena di vita ed energie, sensibile a tematiche sociali e politiche.
Valentina, che era accanto e sopra di lui ma allo stesso tempo irraggiungibile, inafferrabile.
Vicino a quella ragazza senza inibizioni e dolcemente sfrontata, Luca si sentiva inadeguato, come se non fosse alla sua altezza.

Ed è con Valentina e con lo scanzonato Alessio che, in quell'estate del 2001, Luca decide di andare a Genova in occasione del G8, per dare il proprio contributo in modo concreto partecipando al corteo di giovani e meno giovani, uniti dalla comune speranza di creare "un sistema equosolidale, di fratellanza tra i popoli, in pace con la natura e l’ambiente."


La narrazione del presente si alterna a quella del passato (estate 2001), così che passiamo dal conoscere Luca adulto a quello di oltre vent'anni prima, alle prese con il primo amore e i drammatici fatti del G8 di Genova, che credo in tanti non abbiamo mai dimenticato.

Nel presente, Luca vive le proprie giornate senza grossi slanci, impegnato con il bar e con una donna - Giulia - con la quale ha una relazione instabile, che vede lei andare e venire da casa di lui senza mai che questo rapporto diventi più definito, chiaro e duraturo.
Ma all'uomo sta bene così: i tanti flashback ci fanno capire come egli per primo non riesca (e non voglia?) investire in una relazione seria perché la verità è che non ha mai dimenticato Valentina, nonostante ella sia scomparsa da anni dalla sua vita e sia legata ad un episodio del passato che è poi il fulcro dell'indefinibile malessere che affligge Luca.

"Negli anni si è costruito una vita a prova di emozioni, una routine che lo tiene al riparo dalla sofferenza, dal caos emotivo, dalle aspettative e dalle speranze. Ha lavorato di cazzuola e cemento per costruirsi una difesa insormontabile, una roccaforte di apatia da cui si concedeva di uscire soltanto quando Alessio aveva bisogno di lui",

E Alessio ha di sovente bisogno dei suoi amici, Pietro e Luca; ma se il primo (l'unico fra loro tre ad essersi sposato) non sempre viene coinvolto nei guai di Alessio, ad esserci sempre è il pacato e razionale Luca, che non si stanca di correre dietro all'amico quando questi perde sé stesso a causa dell'abuso di alcol e droga.

A spingerlo ad aiutarlo non è soltanto l'affetto verso Alessio, ma anche qualcos'altro: un vecchio senso di colpa nei suoi confronti, che affonda le proprie radici in quell'estate 2001, in cui accaddero molte cose...


Splendeva l'innocenza è un romanzo che scorre placido per la maggior parte della narrazione, che trae la propria potenza narrativa non tanto e non solo dalle vicissitudini che coinvolgono i personaggi quanto dalla capacità dell'autore di prendere per mano, con estrema naturalezza e con un linguaggio semplice e asciutto, il lettore e indirizzarlo lungo quel sentiero che intraprende il protagonista: un sentiero contrassegnato dai ricordi.

Ricordi di parole, di risate e scherzi con gli amici; di attese trepidanti e ansiose alla stazione, di timidi sorrisi e gesti imbarazzati al cospetto dell'esuberante Valentina; di discorsi impegnativi su temi sociali importanti e su cui Luca - prima di Valentina - non aveva mai riflettuto.

Ma su tutti, i ricordi di quella giornata a Genova: la gioia della manifestazione prima che la piazza esplodesse e si verificassero i fatti sanguinosi che conosciamo.

Quel giorno è diventato una sorta di spartiacque nella memoria di Luca,  che "continua a muoversi in avanti con lo sguardo rivolto all’indietro".

Sarebbe stato più logico e saggio per lui lasciarsi il passato alle spalle in quanto ancorarsi con ostinazione a ciò che è stato è del tutto improduttivo, inutile e frena ogni volontà di diventare responsabili, di fare i conti con sé stessi, con quello che si è realizzato, con il tipo di persona che si è diventati.

Cosa c'è nel passato di Luca - e nel ricordo che ne ha - che lo blocca, che gli toglie serenità?
Tornare a quel punto di rottura è essenziale per fare pace con sé stesso e riuscire finalmente a non voltarsi più indietro ma a vivere il presente con lo sguardo rivolto al domani.


È un romanzo di cui ho apprezzato molto la scrittura (immediata e lineare, prima di fronzoli ma anche molto profonda), il potere della memoria e dei ricordi, il conseguente sentimento di nostalgia che pervade la narrazione e l'importanza della dimensione introspettiva, delle relazioni umane, delle fragilità, contraddizioni, paure, rimpianti e rimorsi del protagonista, che è un uomo semplice e complesso insieme, e nelle cui insicurezze e malinconie molti lettori si possono rispecchiare.

È stato il primo romanzo che ho letto di Roberto Camurri e credo che leggerò altro di suo.

martedì 18 marzo 2025

Recensione || I TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME di Diego De Silva



Quali sono - se ci sono - le parole giuste per descrivere una grande storia d'amore quando ormai è giunta al termine?
Fosco ed Alice si sono amati tanto e sono ad un passo dal dirsi addio.
Ciascuno si racconta con parole proprie, toccando fili che nessun atto giudiziario potrà mai anche solo sfiorare.


I TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME 
di Diego De Silva 



Einaudi
284 pp

"Se c’è una colpa che mi addosso, per gli ultimi tre anni soprattutto, è di aver finto di non capire che fra noi stava finendo. Colpa, non errore. L’errore è ignorante, inesperto o distratto. La colpa sa. Sapere e permettere: quello è colpa. Ho colpa di essere scappato mentre l’amore si sfaldava."

Fosco Donnarumma lo sa che con sua moglie Alice è ormai al capolinea.
Eppure i due vivono ancora insieme e condividono ogni spazio della casa in cui hanno vissuto insieme anni felici con il figlio Cristiano. 
Letto compreso.
Si può dormire insieme e non amarsi più?

Si può. 
Anche se in realtà non sarebbe corretto dire che Fosco non ami più Alice e viceversa.
L'amore non è evaporato come ghiaccio al sole, però evidentemente si è trasformato in un sentimento che non è più il motore sufficiente a far camminare e tenere in vita il loro matrimonio.

Marito e moglie si rivolgono entrambi agli avvocati; se Alice sceglie un'avvocata di grido, famosa anche per la sua presenza nei salotti televisivi, oltre che per essere battagliera e determinata, Fosco si affida all'amico di sempre, il buon Marco Barbirotti, il quale non solo gli prepara atti giuridici ma si offre per ascoltarlo e consigliarlo come fa un amico.

Il lettore ha modo, proseguendo di capitolo in capitolo, di entrare nelle vite dei protagonisti, di ascoltare dalle loro voci il racconto di questo amore che sta capitolando, anzi, è già capitolato.
Ma lasciarsi definitivamente, veder andar via l'altro con una misera valigia in mano in cui sono state infilate, in fretta e furia, le cose fondamentali, è meno semplice e meno liberatorio, di quanto sembri, a parole o col pensiero.

La verità è che la frattura che si è creata tra marito e moglie fa soffrire entrambi ed è lontana dall' essere risanata. 

Alice prova a parlare con Fosco della loro situazione, a farsi dare risposte, a fargli notare errori, distrazioni tutt'altro che irrilevanti, mancanze, parole non dette, ma lui sminuisce, glissa, ironizza, sembra non essere mai pronto a quel confronto con la moglie che li porterebbe dritti verso la soluzione.
Lasciarsi, punto.

E invece tutti e due si lasciano travolgere - e, con essi, il lettore - da un vortice di parole più o meno giuste o più o meno sbagliate, da abbracci notturni che rivelano un gran bisogno di tenerezza e vicinanza fisica e che ricordano come, anche se l'affetto non è svanito, esso comunque non basta a riaccendere la fiamma dell'amore, perché i silenzi, le spalle voltate e le porte sbattute sono altrettanto forti.

Allora, se non siamo in grado di dircele come dovremmo, chiediamo aiuto agli avvocati, con le loro lettere e i loro ricorsi, con il loro linguaggio formale e burocratico. Forse sapranno trovare i termini giusti per descrivere la fine di questo amore per 
per mettere nero su bianco i "titoli di cosa di una vita insieme"?

– E i titoli di coda? – chiede.
– Li stiamo scrivendo, non vedi? Sono già questi, i titoli di coda.


E così assistiamo alle due opposte posizioni dei coniugi in fase di separazione: Alice aspira a una conclusione più drammatica, come se renderla ufficiale e sostenuta da parole forti e nette, desse dignità e sostanza al loro grande amore, di cui sono rimaste le macerie, le ferite. 
Sia lei che il suo avvocato cercano il conflitto, la separazione davanti al giudice con contorni evidenti, raccontati con passione, sull'onda di recriminazioni e accuse sulle mancanze e le colpe dell'altro.

Al contrario, Fosco è quasi indifferente,  ha un atteggiamento passivo, arrendevole, non accusa di nulla la moglie e subisce ogni attacco, adeguandosi ad ogni sua richiesta e condizione. 

Ma essi stessi si rendono conto che i documenti in cui i legali tentano di ridurre il loro matrimonio sono mortificanti e, in realtà, non rendono neanche lontanamente l'idea di ciò che è stata la loro vita insieme. 

Ma allora come fare per trovare le parole giuste e per riscrivere con una dignità diversa i titoli di coda della loro storia?

Fosco ed Alice decidono di ritirarsi in una casa amata, tra i fantasmi dal passato e di quella felicità tradita, rivedendo persone che hanno accompagnato gli anni felici dell’infanzia di Fosco e, più tardi, quelli con Alice.

Trovarsi lì, in quella casa, diventa un modo per attraversare insieme il viale dei rimpianti fino a esaurire ogni sofferenza, per estrarre dalle macerie del tempo ciò che rimane vivo e trovare la forza di affrontare l'inevitabile anche quando ci si vorrebbe arrestare perché si ha paura.

In questo romanzo Diego De Silva si sofferma sulla coppia, in particolare su quei meccanismi, pensieri, timori, speranze, illusioni, su tutta la gamma di emozioni e sentimenti che possono accompagnare due persone che si vogliono ancora bene ma che, allo stesso tempo, non riescono e non sanno più come fare per continuare ad essere una coppia.
Una coppia che, in realtà, "s'è già lasciata" ma non sa dirselo, perché dirselo fa soffrire troppo e così procrastinano, "allungano il brodo" per tener lontano il dolore - quello tagliente, lacerante ed inevitabile - che accompagna la separazione definitiva.

È senza dubbio un testo per lo più scorrevole, forse un po' lento in alcuni passaggi, in cui la parte narrativa è arricchita da molte considerazioni e riflessioni, diverse delle quali sicuramente profonde.

Nonostante si racconti di un amore naufragato, i toni sono leggeri (senza essere superficiali) ed ironici, il punto di vista dei due si alterna e così di ciascuno dei due protagonisti possiamo conoscere le speranze, le delusioni, le felicità sepolte, il complicato groviglio di sentimenti che nutrono l'uno verso l'altra e verso la fine de loro amore.

Attraverso Alice e Fosco, il lettore ha modo di riflettere e farsi domande sull'amore, sui rapporti di coppia e su ciò che può "rovinarli" (abitudinarietà, assenza di dialogo, timore di affrontare i problemi, ignorare/trascurare le esigenze dell'altro, minimizzare le difficoltà, le richieste di aiuto ecc...) in un'ottica mai pesante (da seduta psicoterapeutica di coppia, per intenderci) ma con la giusta dose di sensibilità mista a una sfumatura agrodolce e malinconica.

Complessivamente, mi è piaciuto.



CITAZIONI

"...l’abitudine è un segreto di Pulcinella, è il tappeto sotto cui nascondiamo la polvere dei rapporti finiti, basta semplicemente sollevarlo, con intenzione o per inciampo (il piú delle volte è inciampando che si smuovono le cose)."

"L’amore è intelligente, e sa aspettare. Con gli anni ho imparato ad ascoltarlo, e ho capito che la sa piú lunga di me. Soprattutto, l’amore non è orgoglioso. Accetta il dolore, se lo considera un giusto prezzo. Certo, è tanto bello il tempo in cui si scrive a quattro mani la stessa storia, uniformando la prosa, dandole ritmo, profondità e leggerezza".

"Ma chi soffre e non lo dice, chi convive con un dolore che non passa (un dolore che ti segue con la fedeltà di un cane, che prende le tue abitudini e t’impone le sue, che ti cambia nell’intimo e anche nell’aspetto: non sorridi come una volta, anzi non sorridi piú, tendi le labbra, volti sempre un po’ la testa perché non ti guardino negli occhi), prova un sentimento che non aspira all’uguaglianza, che rifugge dalla classificazione".

"Con gli anni mi sembra di aver capito che il carattere di una persona è fatto soprattutto di insistenze. Medie e piccole maniacalità da cui siamo abitati o sopraffatti, che ci rendono molto piú comuni di quanto pensiamo di essere."

"È quella la solitudine, non vuoto ma mancanza, non trovare piú la mano nel buio che ti tiene quando la cerchi. "

"...quel rimorso somigliava allo smarrimento degli amori perduti, lasciati andare alle prime avvisaglie di stanchezza, quando al senso di liberazione iniziale segue la vera solitudine, che è mancanza di uno e non di tutti (perché le persone sono infungibili, e non esistono vuoti colmabili)."

"...sono le minuzie che modellano la vita insieme. I piccoli gesti ricorrenti con cui disegniamo le parole nell’aria, i tic (che l’altro ben conosce e tollera oppure ama, se ti ama proprio tanto), le pause che ci prendiamo per ribattere, sono la punteggiatura della convivenza."

"...i libri danno una sensazione termica simile al calore, ma meno definita. Qualcosa che intuisci piú che sentire. Le case con i libri sono piú abitate di quelle senza libri. 
E piú vive".

«Dai dolori guariamo superandoli. Letteralmente: lasciandoceli alle spalle, voltandoci e scoprendo di aver messo abbastanza strada fra noi e loro, abbastanza da sentirci sicuri di non poter piú essere raggiunti».

«Aspetto la fine del mio sogno come il momento in cui mi volterò indietro e non vedrò piú, nemmeno sollevandomi sulle punte, quella casa che avevo e che ho perso».



mercoledì 12 marzo 2025

LA CASA di Michael McDowell (Blackwater III) [ RECENSIONE ]



È il 1928 e a Perdido prosegue la silenziosa e tesa lotta tra le due donne più influenti del clan Caskey: Mary-Love ed Elinor. 
Pur vivendo a venti metri di distanza, suocera e nuora non potrebbero essere più distanti; ad unirle indissolubilmente ci sono l'odio e la repulsione che provano l'una per l'altra e in questo aspro scontro tutto al femminile non potrà che uscirne rafforzata una sola di loro due.


LA CASA 
(Blackwater III)
di Michael McDowell




Neri Pozza
ed. E. Cantoni
256 pp
La vita dei membri della famiglia Caskey sta proseguendo apparentemente placida e tranquilla da qualche anno quando, a un certo punto, cominciano ad affacciarsi i primi problemi.

La cognata di James Caskey, Queenie, vive ormai serena con i tre figli nella sicura Perdido ma la sua pace viene stravolta dal ritorno del bruto e spietato marito, Carl, che pretende di vivere in casa con lei e di sfruttarla economicamente.
Le cose finiranno per degenerare e ci penserà l'imperturbabile Elinor Dammert ad intervenire definitivamente, con la modalità che le è propria (chi ha letto i predenti romanzi sa) e coerentemente con la sua natura inquietante, indefinibile, che cela segreti oscuri e legami con una dimensione sovrannaturale alla quale non riusciamo ancora a dare una specifica identità.

Quello che è certo è che Elinor è legata alle acque rosse e fangose del fiume di Perdito, come se si appartenessero reciprocamente.
Questo verrà fuori ancora in diverse occasioni.

Sono passati alcuni anni e mentre la primogenita di Oscar ed Elinor - Miriam - continua a vivere con nonna Mary-Love, ricevendone affetto e educazione, la secondogenita, Frances, vive con i genitori a venti metri dalla sorella maggiore, con la quale non ha rapporti.

Frances è una bambina dolce, taciturna, riflessiva, fisicamente gracile e dalla salute cagionevole, tanto che nel corso degli anni le verrà diagnosticata l'artrite, che le causerà periodi di paralisi totale e immobilità a letto.
La piccola guarda con ammirazione e sincero affetto la sorella Miriam e sogna di poter avere con lei un  vero legame tra sorelle; ma Miriam non è dello stesso avviso, anzi: cresciuta con la puzza sotto al naso da una nonna che le ha insegnato a guardare tutti dall'alto in basso, a non mischiarsi con chi è più giù nella scala sociale e a disprezzare chi è debole, la ragazzina vede la sorella minore come un esserino insignificante, non meritevole della propria attenzione, figuriamoci del proprio amore fraterno.

L'unica cosa che le interessa è che Frances non sia meglio di lei in nulla e la sola idea di perdere in una qualsiasi forma di competizione (scolastica, ad es.) le scatena picchi di invidia e risentimento degni di Mary-Love.

Le tensioni tra le sorelline sono una riproduzione, in piccolo, di quelle tra la nonna e la mamma, che continuano a detestarsi nonostante si ignorino.

Ma i rapporti famigliari peggiorano un po' alla volta, a partire da quando Oscar si vede costretto a chiedere un considerevole prestito economico alla madre, che glielo rifiuta, cosa che creerà una situazione di gelo tra mamma e figlio.
Ed Elinor, perfidamente intelligente e paziente, si infilerà proprio in quella crepa per dimostrare alla suocera chi è la più forte tra le due, chi merita di prendere lo scettro nel clan Caskey.

Al centro, quindi, anche di questo terzo capitolo della saga famigliare, vi è la rivalità tra Mary-Love ed Elinor, che non potrà non influenzare anche gli altri membri della famiglia.

Mary-Love è una matriarca dalla tempra d'acciaio, prepotente, che ama avere tutto e tutti sotto controllo, che brama tenere il potere nelle proprie mani e sapere che i parenti (figli, nipoti, cognato...) dipendono da lei, dalle sue innumerevoli ricchezze e che, in caso di bisogno, è a lei che devono chiedere umilmente e gentilmente aiuto.
È  una mamma controllante, petulante, che pretende rispetto e amore devoto dai due figli ma non risparmia loro critiche severe e rimproveri scoraggianti.

È una suocera sdegnosa, criticona, piena di sé  ma in Elinor ha trovato un'antagonista caparbia, che le tiene testa.

È una nonna premurosa per Miriam e assolutamente indifferente verso la povera Frances, che invece meriterebbe più attenzioni ed affetto, viste anche le condizioni precarie di salute.
E la sua condotta crudele verso Frances sarà una delle motivazioni per cui i rapporti tra Mary-Love e i coniugi Caskey andranno logorandosi sempre più in modo drammatico.

Intanto, la piccola Frances - che ama la propria grande casa, in cui sta crescendo all'ombra di mamma e papà, che si prendono amorevolmente cura di lei - continua ad essere spaventata dalla "stanza sul davanti", una camera con un ripostiglio da cui - ne è certa! - lei sente che prima o poi verrà fuori qualcosa.
O qualcuno.

La dimora di Elinor ed Oskar - la casa più bella di Perdido - diventa sempre più chiaramente un luogo carico di presenze sinistre, di forze oscure e minacciose e la signora dai capelli rossi sbucata dal nulla durante la piena del 1919 è il fulcro di queste forze.

La domanda è sempre la stessa dal primo libro: chi è realmente Elinor? In che modo la sua esistenza dai contorni così sfumati è legata alle limacciose e pericolose acque del fiume che scorre a Perdido? Qual è la sua vera natura?
Che ci sia in lei una parte ultraterrena, mostruosa, che manifesta solo in determinate occasioni e con specifiche persone, è ormai un dato certo.
Ma cosa vuole ottenere stando a Perdido, cercando di assumere il controllo del clan e continuando ad acquistare terreni da tutti giudicati infertili?
E soprattutto, cosa è disposta a fare per portare avanti i suoi loschi piani?

La casa è un romanzo che ho trovato molto piacevole, l'ho letto in poco tempo proprio perché si legge con agilità ed ero curiosa di seguire le dinamiche e l'evoluzione dei rapporti tra tutti, in particolare tra  Elinor e Mary-Love.
Permane l'atmosfera gotica, cupa, molto suggestiva ma non assolutamente horror; ci sono elementi paranormal che catturano l'attenzione del lettore, creano situazioni interessanti e alzano il livello di suspense.

Leggo qua è là pareri di chi trova i libri della serie noiosi, ma io ammetto di averli finora divorati e di essere attratta in special modo dalla finezza psicologica con cui vengono investigati i legami famigliari e le personalità dei personaggi all'interno di una cornice che non sarà spaventosa ma che personalmente trovo accattivante.



LIBRI DELLA SAGA

1. LA PIENA
2. LA DIGA
3. LA CASA

4. LA GUERRA
5. LA FORTUNA
6. PIOGGIA

sabato 8 marzo 2025

LE RAGAZZE DELLA VILLA DELLE STOFFE di Anne Jacobs [ RECENSIONE ]


Nel secondo libro della saga famigliare di Anne Jacobs, siamo nel pieno della Grande Guerra.
Paul Melzer, come innumerevoli altri uomini, è sul fronte a combattere e i famigliari attendono sue notizie con ansia e preoccupazione.
Mentre la villa si attrezza per ospitare e curare i feriti di guerra, le esistenze di padroni e servitù proseguono arricchendosi di nuove vicende e dinamiche.



LE RAGAZZE DELLA VILLA DELLE STOFFE
di Anne Jacobs


Giunti ed.
trad. L.Ferrantini
624 pp
Abbiamo lasciato Marie Hofgartner sposata felicemente con il signorino Melzer, Paul.
Sono passati tre anni dal suo arrivo alla maestosa Villa delle Stoffe, in cerca di un impiego come domestica; abbiamo scoperto il legame che unisce la famiglia della ragazza ai Melzer, in particolare l'importanza del suo defunto padre, Jakob, con la fabbrica delle stoffe, per la quale ha investito tutto il proprio ingegno nella costruzione dei macchinari.

Adesso che è sposata con l'erede dell’impero dei tessuti, tra la servitù c'è chi ammira e chi invidia la giovane Marie, la quale si scopre felicemente incinta ma, ahilei, questa gioia viene un po' oscurata dalla brutalità della guerra, che irrompe ben presto nel mondo incantato della villa, trasformandola (senza il consenso del burbero signor Johann Melzer) in un ospedale militare dove i feriti vengono accolti dalle amorevoli cure delle donne di casa. 
Non solo, ma Paul è costretto a partire per il fronte, così come i mariti di Kitty e Lisa e alcuni ragazzi che lavorano alla villa, come Gustav e Humbert.

Si sa, in tempi di guerra la vita è difficile, scarseggiano le provviste e tutto ciò che occorre per vivere dignitosamente, anche se all'interno della bella dimora le cose non vanno malissimo e i signori possono ancora permettersi di mangiare senza stringere esageratamente la cinghia, anche grazie alla creatività e alla bravura della cuoca.
Certo, fuori dal quel piccolo paradiso, le cose vanno male per la gente semplice, che si ritrova più povera di prima, con le donne impegnate a fare i lavori che prima erano svolti dagli uomini (ora sul fronte) e con troppi figli da sfamare.

La miseria comincia ad intaccare pure la fabbrica delle stoffe, che non riesce più a dedicarsi alla produzione di tessuti (a causa della scarsità della materia prima), per cui deve buttarsi sull'uso della carta, e inoltre gli operai (quei pochi rimasti) si lamentano per lo stipendio che, se non arriva in ritardo, è comunque insufficiente a tirare avanti decorosamente.

Insomma, i problemi ci sono e tormentato Melzer senior, che continua ad essere un orso scorbutico, cocciuto, che accetta l'aiuto della nuora senza però mai darle ragione su nulla, anzi.

Intanto, le donne della Villa delle Stoffe - ai piani alti quanto ai bassi - sono impegnate a risolvere i propri piccoli grandi problemi.

Se Kitty ha imparato a voler sinceramente bene al marito Alfons, Lisa invece ammette con sé stessa che l'altezzoso  maggiore Klaus von Hagemann non hai mostrato un vero amore né rispetto per la consorte, sposata più per risollevarsi economicamente che per affetto; questa amara consapevolezza porta Lisa ad aprire gli occhi e a guardarsi attorno, riscoprendosi attratta da un altro uomo, decisamente più gentile e con valori morali ben più nobili.

Altri personaggi entrano in gioco, come il giovane e attraente dottor Moebius (che verrà chiamato anch'egli sotto le armi, lasciando nella tristezza la cognata di Kitty, infatuata di lui), o Grigorj, il prigioniero russo costretto a lavorare nello stabilimento, il cui sguardo cupo trafigge il cuore della sguattera Hanna; e infine il malinconico tenente Ernst von Klippstein, che sembra non avere occhi che per la bella signora di casa, Marie, che vede in lui una brava persona pronta a investire capitali per non lasciar morire la fabbrica Melzer, che rischia davvero di non superare la crisi nella quale è immersa. 

Mentre Marie è appunto impegnata con tutte le sue forze a risollevare le sorti dell’azienda, giunge la notizia sconvolgente che il suo amato Paul è disperso in guerra, e la speranza di riabbracciarlo si fa sempre più tenue ogni giorno che passa… 

In questo secondo capitolo della saga, ritroviamo personaggi vecchi, cui se ne aggiungono di nuovi, così che si creano altre dinamiche e scenari, che ci aiutano a conoscere sempre meglio i personaggi principali, a seguirne la crescita, l'evoluzione.

Marie è una ragazza saggia, determinata, con la testa sulle spalle, creativa e pronta a prendersi degli impegni seri per dare il proprio contributo alla famiglia, che sia in casa o in fabbrica, per la quale investe idee, progetti, dà suggerimenti, anche scontrandosi con il suocero, persona tradizionalista e convinta che le donne non debbano entrare negli affari, i quali sono "cose da uomini". Ma anche un testone come lui sarà costretto a riconoscere il grande e valido aiuto che viene dalla testolina intelligente di Marie.

Kitty è sempre lei:  bellissima, leggera, a volte con la testa tra le nuvole, un'eterna ragazzina che desta sempre ammirazione da parte degli uomini. Saprà maturare almeno quando diventerà madre?

Lisa è forse quella che evolve di più e in meglio: da ragazza invidiosa della sorellina più bella, più vezzeggiata e corteggiata, diviene man mano una giovane donna responsabile, assennata, dedita alla cura dei feriti nell'ospedale allestito nella villa; si sveste di modi di pensare frivoli e sciocchi per divenire più razionale, pratica e consapevole di ciò che è, di come proceda il proprio matrimonio, di chi sia realmente Klaus (non l'ama e non l'amerà mai) e di quale tipo di uomo sente di volere accanto.

Come col primo libro, anche questo scorre placido e le vicende. il modo in cui vengono narrate, il tipo di personaggi coinvolti, le relazioni che nascono, i pettegolezzi ecc..., mi hanno ricordato quelle telenovelas contemporanee spagnole, tipo La promessa (di cui mia madre è fan appassionata) o Grand Hotel, in cui tutto accade tra le mura di casa, in cucina come nei salotti o nelle stanze del personale di servizio.

Confermo il mio parere: lettura piacevole, probabilmente non fa vibrare le corde dell'anima e non posso dire che vi siano grandi colpi di scena, però ne apprezzo la scorrevolezza e il contesto storico.

Proseguirò col terzo.

lunedì 3 marzo 2025

I SENTIMENTI ORFANI di Tommaso Tanto [ RECENSIONE ]



Leggere questo libro significa intraprendere un viaggio intenso e non facile alla ricerca di sé stessi, di ciò che si agita dentro l'animo umano, di quei vizi e quelle virtù, le insicurezze e i tormenti che caratterizzano l'esistenza di ogni uomo.


I SENTIMENTI ORFANI 
di Tommaso Tanto


331 pp
La protagonista del presente libro è Clara, una giovane donna dal carattere insicuro e introverso, con una bassa autostima, che si manifesta ad es. nella percezione che ella ha del proprio corpo, visto come disarmonico e quindi, secondo lei, poco avvenente agli occhi degli altri.

Sempre in bilico tra il timore di fallire, di non riuscire a trovare la propria strada, e le profonde insicurezze che da sempre l'accompagnano, a sconvolgere la vita di Clara saranno alcuni avvenimenti strani e dolorosi che coinvolgeranno la sua famiglia.

Una notte sua sorella maggiore, Olivia, vive un'esperienza sconvolgente: uno sconosciuto (un ladro, presumibilmente) si introduce in casa sua, riesce a raccogliere un bottino ma poi fa una cosa a dir poco singolare: lascia la refurtiva sul tavolo della cucina, senza portare nulla con sé. 

Essendo in casa sola con il figlioletto Luca (il marito è fuori per lavoro), Olivia si spaventa moltissimo, ovviamente, ma in fin dei conti, a parte la paura di essere nelle mani di un malvivente, non ci sono stati danni di nessun genere, né a cose né a persone.

Eppure, quell'episodio tormenta Olivia: quel gesto, apparentemente assurdo e privo di logica, da parte dell'uomo che si era introdotto in casa sua, le lascia un segno perenne.

Cosa si nasconde dietro questo evento inspiegabile?

Olivia non riesce a non pensarci in quanto l'assurdità di quella "visita notturna" la induce a credere che dietro quel caos incomprensibile ci sia una verità più oscura e profonda, qualcosa che sfugge alla comprensione ordinaria. 

Come se non bastasse l'inquietudine derivante da questa esperienza, un'improvvisa tragedia colpisce ancora Olivia e il fato sembra accanirsi contro di lei.

Sconvolta, Clara si ritrova a dover affrontare le stesse domande che hanno ossessionato sua sorella,  a chiedersi se ci sia un collegamento tra quell'uomo misterioso e gli eventi drammatici e luttuosi che colpiscono sua sorella.

Sospesa tra presente e passato, Clara inizia un viaggio interiore in cui il confine tra ciò che è reale e ciò che è percepito si fa sempre più sottile. 
In questo percorso ci saranno, oltre ai famigliari, due uomini importanti che l'affiancheranno e a cui lei si sentirà molto legata, in modi e per ragioni differenti: Matteo e Giulio.

Se al secondo la unisce una sincera amicizia iniziata tra i banchi di scuola, con Matteo nasce un altro tipo di sentimento, che potrebbe portare ad una relazione affettiva.
Matteo è stato protagonista di un evento del passato molto forte, risalente alla preadolescenza di Clara, la quale per anni lo aveva relegato in un angolino dell'inconscio (come facciamo con i ricordi dolorosi e i traumi) e non ci aveva più pensato.

Lasciarsi andare alla possibilità di un amore non è facile né per Clara né per lo stesso Matteo, uomo solitario e che sembra avere dei problemi di salute...

A un certo punto, tanto con Matteo quanto con Giulio i rapporti verranno segnati da dichiarazioni e fatti importanti, che travolgeranno emotivamente Clara.

Avanzando nella lettura, entriamo nella mente di Clara e degli altri personaggi che le ruotano attorno, nei loro legami affettivi, nelle loro ossessioni, nel turbine di pensieri che spingono sia loro che il lettore a indagare i sentimenti profondi e inesplorati del cuore umano. 

"I Sentimenti Orfani" racconta una storia fatta di traumi, di fragilità umana, di legami spezzati, di domande che restano sospese nel tempo, senza risposte certe. 

In questo libro leggiamo di sofferenze, che non sempre rendono chi soffre migliore e, anzi, possono avere conseguenze che durano nel tempo e non è detto che di esse si possa scoprire sempre il senso; leggiamo di errori che si commettono e dei sensi di colpa che bruciano e tormentano, di scelte sbagliate che pesano come macigni, di quanto l'essere umano sia in balia del caso (o del fato?).

Si narra di come il passato spesso (o sempre?) ci presenti il conto di ciò che di giusto o sbagliato abbiamo commesso, e di come sapersi riconoscere in ciò che siamo stati nelle nostre azioni sia poi l'unico modo per rimarginare ferite e guarire dai traumi. 

"Si cambia davvero quando la memoria non basta più a farti sentire uguale in tempi diversi".

Come il titolo stesso lascia evincere, al centro di tutto ci sono i sentimenti, e non potrebbe essere diversamente perché noi esseri umani siamo "affettività parlate" e i nostri sentimenti inevitabilmente ci descrivono. 

I sentimenti sono tentacoli invisibili che ci incollano agli altri e non ci lasciano andare per non diventare orfani che continuano a bussare a tutte le porte cercando la propria casa. 

Clara è sicuramente una persona molto introspettiva, che avverte di essere profondamente diversa dalla gente che la circonda, anche perché ella ci tiene ad approcciarsi al prossimo in modo non superficiale, ma anzi quasi scavando nei sentimenti degli individui con cui si relaziona.


Il romanzo di Tommaso Tanto è sicuramente un libro particolare, caratterizzato da una scrittura elegante, non banale ma che, anzi, denota una ricerca attenta e consapevole delle parole usate; c'è una voluta complessità nell'organizzazione delle frasi, dei dialoghi, e le parti riflessive abbondano e arricchiscono quelle narrative.
Probabilmente non è un libro per tutti né tanto meno lo si può leggere con superficialità o per svago, in quanto sia per lo stile che per i contenuti è profondo, introspettivo, ricchissimo di passaggi significativi sulla vita, sulla natura umana, sui sentimenti, sul valore delle esperienze e tanto altro, per cui lo consiglierei a lettori che ricercano letture con queste caratteristiche.

venerdì 28 febbraio 2025

RECENSIONE || CELLA 34 di Antonio Giugliano [ Review Party ]




Sastiano Russo è un uomo la cui vita è ormai un copione già scritto.
Condannato all’ergastolo con l'accusa terribile di aver assassinato moglie e figli - pur essendosi da subito dichiarato innocente -, l'uomo ora sta scontando la propria pena in un carcere del Nord Italia, in un reparto per soli ergastolani.
Sastiano ci racconta, con un sarcasmo pungente e con feroce realismo, quanto sia dura e difficile la quotidianità all'interno di un istituto di pena, circondato da uomini che, come o peggio di lui, hanno commesso gravi reati e provano a sopravvivere in un luogo che troppo spesso assume i connotati di un inferno in terra.
È davvero possibile per queste anime disgraziate una rieducazione, un riscatto, una redenzione dalle proprie colpe e la speranza di un percorso interiore che li porti ad essere uomini migliori?



CELLA 34 
di Antonio Giugliano


Nua Ed.
204 pp
16.50 euro
Dal 4 febbraio 2025


Come trascorre le proprie giornate in carcere una persona condannata a scontare il resto della propria esistenza dietro le sbarre?

Provate a chiedere a Sastiano Russo, ergastolano cinquantenne, pluriomicida (così dice la sentenza a suo carico, ma egli continua a dichiararsi innocente), che dopo aver passato tre anni e mezzo in un carcere per detenuti comuni, è stato trasferito in un altro istituto pensato proprio per "gentaglia" come lui, per i reietti della società condannati al massimo della pena.

Tra queste tristi e squallide mura, però, le persone restano esseri umani, persone, e come tali hanno bisogno anch'esse di contatti con i propri simili, di poter scherzare, darsi una pacca sulla spalla, sfottersi, anche litigare e insultarsi, condividere pensieri, storie personali; certo, fidarsi non è facile e neppure consigliabile, visto che - come recita un noto adagio - "il più pulito ha la rogna" e trovare là dentro qualcuno che ispiri davvero fiducia (dal direttore alle guardie al peggiore fra i detenuti) è praticamente un'impresa impossibile, ma nonostante  tutto (o forse proprio per questo?) nascono alleanze strategiche, gruppi e amicizie più o meno sincere. 

Anche il nostro Sastiano fa amicizia con diversi detenuti: c'è Giangiacomo, un ex brigatista mai pentito che sostiene di aver partecipato al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro. Poi Mattia, Gennaro, il montenegrino Rajan, Gigi (pluriomicida psicopatico con cui si instaura un rapporto conflittuale) e infine Giacinto, un vecchio che fa sculture di pane.

"Qua stanno tutti aggrappati all'apparenza di una normalità impossibile e perciò nevrotizzata. Una recita, un teatro barattato per realtà".

Attraverso il punto di vista del protagonista, conosciamo com'è la situazione in carcere, i rapporti con le guardie carcerarie e tra gli stessi detenuti, i litigi che "vivacizzano" le giornate e quelli più gravi che sfociano in episodi sanguinosi, la corruzione e i soprusi da parte degli "sbirri", alcuni dei quali sono capaci di commettere vere e proprie violenze nei confronti dei carcerati che essi ritengono meritevoli di punizioni esemplari, e che infatti vengono condotti nel cosiddetto "sotterraneo", da cui forse non si esce morti ma sicuramente pestati a sangue.

Coerentemente con l'ambiente in cui è collocata la storia, narrata in prima persona da Sastiano, e con i personaggi che lo abitano, il linguaggio è diretto, immediato, senza filtri, comprensivo di termini dialettali, volgari e parolacce, il che rende il tutto autentico, veritiero e trasmette la brutalità del contesto, unitamente al turbinio di pensieri e di sentimenti impetuosi tanto del protagonista quanto dei suoi "amici": disperazione, rabbia, propositi di vendetta, ritorsioni, infelicità, frustrazione, senso di impotenza, impulsi fisici da soddisfare in modo animalesco e istintuale, paura di essere il bersaglio di guardie o detenuti pericolosi...

Insomma, è una realtà feroce, "sporca" perché non mancano gerarchie e soprusi, episodi di violenza fisica, e in un posto così - in cui l'uomo che è dietro le sbarre è visto come un numero, all'ultimo scalino della società, anzi peggio, fuori dalla società civile in quanto indegno, delinquente impenitente - è ovvio che a prevalere sia la parte marcia che c'è nell'animo umano.

Altro che rieducazione del condannato!

"Chi è che ha scritto quella storia che il carcere deve rieducare? Un comico? Di certo non qualcuno che sia stato in una galera italiana con otto persone dentro una cella in cui, se già stessimo soltanto in due e non fossimo le bestie che siamo, ci sbraneremmo sulla branda, soffocati dalle convulsioni per la mancanza d'aria e l'isteria."

Ma il lettore non può non chiedersi, leggendo, se quindi Sastiano Russo sia davvero colpevole (e quindi meritevole della condanna ricevuta) o sia piuttosto un innocente che sta scontando una pena ingiustamente.
Ha ucciso sul serio, con le proprie mani, sua moglie Cetty e i loro tre figli?

Lui dice di no ma non sembra motivato più di tanto a provarlo, come se la rassegnazione l'avesse ormai privato di ogni speranza di veder trionfare la verità.

Intanto, sua moglie continua a fargli visita nei meandri della sua mente per ricordargli la promessa di raggiungerla il prima possibile...

C'è speranza per Sastiano di uscire da quell'inferno?
C'è in lui il desiderio di riscattarsi agli occhi della società che l'ha già etichettato e condannato come un mostro assassino, che ha tolto la vita al sangue del suo sangue?


Vi lascio queste domande invitandovi ad entrare nella quotidianità di un carcerato italiano: verrete risucchiati dal suo modo di raccontare caustico, senza fronzoli, cinico ma anche sveglio e sagace, dai suoi legami con i vari detenuti, sino a un finale che apre uno spiraglio verso un futuro meno cupo e disperato,  illuminato da una fiammella di speranza.

Ho apprezzato, del 
romanzo di Antonio Giugliano, l'abbondanza di dialoghi, la vivace  caratterizzazione dei personaggi e l'ambientazione del carcere perché ritrae uno spaccato crudo e realistico della vita al suo interno e dà modo di considerare alcune tematiche complesse ad esso legate: le dinamiche di potere tra i detenuti, la formazione inevitabile di gang, la monotonia di giornate sempre uguali, la mancanza di contatto con il mondo esterno, gli abusi da parte del personale carcerario e, in special modo, la domanda che forse è quella che, più di tutte, pretende una risposta onesta: vi è realmente la possibilità che gli istituti di pena siano non solo detentivi ma anche rieducativi?


La presente recensione è l'ultima tappa del Review Party dedicato a questa pubblicazione Nua Edizioni.
Di seguito, i precedenti appuntamenti sugli altri blog.


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24 febbraio – Paper Purrr 

25 febbraio – Les Fleurs Du Mal

26 febbraio – Lilith Hendrix

27 febbraio - Le letture di Adso

28 febbraio – Chicchi di pensieri


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lunedì 24 febbraio 2025

REGINA ROSSA di Juan Gómez-Jurado [ RECENSIONE]



Thriller ambientato in Spagna, Regina Rossa è il primo volume dell'omonima trilogia (2.Lupa nera; 3. Re bianco).

L'ispettore Gutiérrez viene ingaggiato suo malgrado per affiancare Antonia Scott, una civile dal QI molto alto, capace di ricordare, visualizzare e collegare i dettagli più invisibili di una scena del crimine e risolvere complessi casi di omicidi seriali, tutto nell'ambito del progetto segreto Regina rossa



REGINA ROSSA 
di Juan Gómez-Jurado 


Fazi Ed 
Trad E. Tramontin
430 pp

#1 Trilogia "Regina Rossa"

Jon Gutiérrez, quarantatré anni, è ispettore di polizia a Bilbao ma la sua carriera è decisamente a rischio a causa di una sua condotta non proprio lecita: su Internet, infatti, circola un video in cui, nell’intento di aiutare una giovane prostituta, Jon introduce nell’auto del suo protettore una dose di eroina sufficiente a mandarlo dritto in prigione. 

Nobili intenzioni, ma gesto ignobile per un poliziotto.
Per evitare di essere sbattuto fuori dalla polizia, a Jon non resta che sottostare a una sorta di ricatto da parte di Mentor,  la misteriosa figura a capo dell’unità spagnola di un programma segreto specializzato nella cattura di criminali che sfuggono alle caratteristiche normali.
Tale programma è denominato "Regina Rossa".

Pena la fine della sua carriera, Jon deve fare tutto il possibile per convincere una donna - una civile - a rientrare nel programma, in quanto il suo contributo è stato in passato preziosissimo e Mentor non può permettersi di perderla.

La donna - che non è una poliziotta né una criminologa - si chiama Antonia Scott; non ha mai impugnato un’arma né portato un distintivo, eppure ha risolto dozzine di casi.
Ma è da un po' di tempo che ha smesso di collaborare con Mentor e il suo team, per passare il proprio tempo in una squallida soffitta a meditare e immaginare i modi in cui potrebbe porre fine alla propria vita.

Questo fino al momento in Mentor - tramite Gutierrez - riesce nuovamente ad assoldarla per un complesso caso di omicidio.

Antonia e Jon si ritrovano, quindi, a lavorare fianco a fianco, a far conoscenza, a "fiutarsi" reciprocamente e a decidere se possono fidarsi l'una dell'altro.

Collaborare è comunque urgente e necessario perché il caso davanti al quale devono lavorare è davvero spinoso: il cadavere di Álvaro Trueba, il giovane figlio della presidentessa della banca più grande d’Europa; il ragazzo è stato ritrovato in una villa immacolata con un calice pieno di sangue in mano. 

Il luogo in cui il corpo senza vita viene rinvenuto è troppo pulito per essere anche la scena del crimine.
Non sembrano esserci indizi di nessun genere e, apparentemente, l'assassino (o gli assassini) non pare aver commesso errori. 
Ma Antonia sa che tutti commettono dei passi falsi, anche se magari a una prima occhiata possono sfuggire.
Bisogna cercarli, ragionare, sforzarsi di vedere le cose con gli occhi del killer e questo Antonia sa farlo molto bene, e lo stesso Jon si rivela un valido aiuto per lei.

Ma Trueba non è la sola vittima.
Contemporaneamente, anche Carla Ortiz, figlia di uno dei più ricchi imprenditori del mondo, è scomparsa. 

Nell'interrogare i genitori di Àlvaro e di Carla, Jon ed Antonia scoprono che entrambe le famiglie hanno ricevuto una telefonata da un uomo che dice di chiamarsi Ezequiel; questi ha dettato le proprie condizioni per restituire quei figli vivi, ma evidentemente con Àlvaro qualcosa non ha funzionato, visto la brutta fine che gli han fatto fare.

Ma Carla è ancora viva e salvarla diventa la mission: impossible dei due singolari "cacciatori di killer".

Uno degli aspetti che più sconvolge e indigna Antonia è capire come la madre di Àlvaro e il padre di Carla si rifiutino di rivelare i dettagli della conversazione avuta con Ezequiel: evidentemente, ci sono dei segreti così grandi da non poter essere sacrificati nemmeno in nome di un figlio

Capire chi sia quest'individuo che si fa chiamare Ezequiel è fondamentale per arrivare a Carla e liberarla: si tratta di uno psicopatico o dietro c’è qualcosa di più? 

Quella che coinvolge Antonia e Jon è una vera e propria corsa contro il tempo, in cui devono tirar fuori le proprie abilità investigative, l'intelligenza e l'intuito necessari per "entrare" nella testa di colui (o coloro) che sta dietro la morte feroce e crudele di Àlvaro e dietro l'oscuro rapimento di Carla Ortiz.

Ezequiel è scaltro, lucido, ha sangue freddo e ha organizzato ogni dettaglio in modo minuzioso, per cui arrivare a lui è come cercare di risolvere un grande e complicato rebus, districandosi tra false piste,  trappole mortali, colleghi poco disposti a lavorare in sinergia con Gutierrez - poliziotto in disgrazia -  e "quella svitata" della Scott, e giornalisti asfissianti che sono d'intralcio all'indagine.
Tutto questo mentre i due protagonisti rincorrono "il loro uomo" attraverso i meandri più oscuri di  un'affascinante e misteriosa Madrid.

Pur essendo scorrevole, ho trovato che nella prima metà del libro il ritmo fosse poco incalzante e serrato, ma devo dire che, man mano che Jon ed Antonia procedevano con le indagini, scoprendo nuovi risvolti e facendo caso a particolari fondamentali per arrivare all'identità di Ezequiel,  la narrazione prendeva vigore, velocità, suspense, e tutti gli avvenimenti che portavano verso la fine si susseguivano a un ritmo via via più concitato, che mi ha lasciata senza fiato, come se anch'io stessi correndo assieme ai personaggi principali verso la risoluzione del caso.

Mi sono piaciuti Jon ed Antonio perché sono due eroi inconsapevoli, un uomo e una donna essenzialmente soli e solitari, ciascuno con le proprie insicurezze, i propri demoni, la paura di fallire e di sentirsi responsabili della morte di coloro che non sono riusciti a salvare.
Ma la loro perspicacia, il saper lavorare insieme nonostante la diffidenza iniziale, l'affiatamento che li avvicina umanamente benché entrambi siano fondamentalmente più asociali che socievoli, sono fuori discussione e saranno proprio i loro modi di essere - giudicati estrosi, instabili e "pazzi" da chi è all'esterno - a garantire il successo dell'indagine.

Tra colpi di scena, un avvicendarsi di passaggi sempre più dinamici e dal taglio cinematografico, dialoghi brillanti e cambi di prospettiva, Regina Rossa può essere sicuramente classificato come un buon thriller, che ha tutte le caratteristiche per conquistare i lettori e spingerli a proseguire con il successivo volume della serie.

Citazioni

"Questo è il bello delle certezze, sebbene siano temporanee. Ci nutrono di un certo sollievo."

"L’anima è fatta di piccoli compartimenti stagni a sé stanti, come una matrioska. Se continui ad aprire e aprire, finirai col trovare l’ultima delle bambole. E il suo volto non è mai come quello della bambola più grande. Quell’ultimo volto può essere meschino e crudele." 

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