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venerdì 21 novembre 2025

Recensione: L'IMMENSA DISTRAZIONE di Marcello Fois



Una saga famigliare che attraversa il Novecento e che ci viene narrata dalla voce asciutta di un uomo che «nonostante fosse appena morto, la mattina del 21 febbraio 2017 ebbe la netta sensazione di svegliarsi».
Il protagonista si lascia andare a un racconto della sua lunga esistenza soffermandosi sulla sorte di ciascuno dei suoi famigliari.



L'IMMENSA DISTRAZIONE
di Marcello Fois




Einaudi
288 pp

"Vivere è un’immensa distrazione dal morire. E perciò un sacco di tempo lo si spende a fare, pensare, agire, cose indifferenti. 
Così può accadere che non si ami abbastanza, né si odi abbastanza. Può capitare persino di investire un’immensità di energie a trovare soluzioni inutili per problemi inutili."


Ettore Manfredini è il protagonista e narratore onnisciente di questo romanzo familiare ambientato in una Emilia semplice, fatta di pianure, campi, allevamenti e industrie. 

Lo conosciamo che è già morto ma a quanto pare, se vivere per lui è stata una distrazione, ora che è deceduto può finalmente dichiararsi desto e lucido.

Ed è con grandissima lucidità e senza perdersi in inutili sentimentalismi che il Manfredini ripercorre i momenti decisivi della propria lunga vita, nonché quelli, con annessi gioie e dolori, nascite e lutti, dei componenti della propria stirpe. 

Ettore è stato un imprenditore, il proprietario di un grande mattatoio che è stato il cardine attorno cui hanno ruotato la sua esistenza e le sue energie; il mattatoio Manfredini rappresenta il successo e il riscatto di Ettore che ha trascorso un'infanzia di miseria e privazioni, è la prova visibile e concreta dei suoi sacrifici ma anche della sua scaltrezza, della sua infida astuzia con la quale ha sottratto pian piano l'attività a quelli che erano i suoi legittimi proprietari: i Teglio. 

Da bambino intelligente e predisposto per lo studio, ma privo dei mezzi economici per proseguire con il percorso scolastico, Ettore diventa un ragazzo che lavora sodo nel mattatoio kosher di una famiglia ebrea, i Teglio; a motivo dell'introduzione delle leggi razziali, i Teglio sono costretti a fuggire per cercare di evitare l'oscuro e triste destino cui andavano incontro gli ebrei in quegli anni terribili.

Attraverso inganni e menzogne, Ettore riesce a divenire unico proprietario dell'attività dei Teglio (che avrebbero dovuto riprendersela quando "le cose si fossero sistemate") e a imporsi come uno dei più grandi imprenditori dell’Emilia in bilico tra grande industria e tradizioni contadine. 

Adesso che è morto, è anche in grado di guardare i giorni vissuti con quel distacco necessario per raccontarli, e dalla sua voce impariamo a conoscere non soltanto lui ma anche il resto della famiglia, dai genitori Vittorio e Elda alla moglie Marida Teglio (la figlia di quel Teglio cui apparteneva il mattatoio...), per continuare con i loro figli Carlo (e sua moglie Lucia), Enrica, Edvige ed Ester, fino ad arrivare ai nipoti.

Di ciascuno di essi ci vengono raccontati i momenti salienti, ci avviciniamo alle loro personalità, alle aspirazioni, agli errori, alle mancanze, al rapporto che ognuno ha avuto con i genitori e con gli altri famigliari.

"... il destino dei Manfredini era legato all’abitare estremi. La straordinaria indolenza di Carlo, la vigilanza perenne di Enrica, la febbrile noncuranza di Edvige e, infine, la cieca determinazione di Ester."

Leggiamo di come Carlo, il primogenito, sia stato il più vivo rammarico di Ettore perché tra i due non si è mai stabilita alcuna sintonia, nessun vero e genuino affetto: un legame padre-figlio fatto solo di obblighi reciproci, di silenzi più che di parole, di un'immensa incomprensione che li ha accompagnati e allontanati negli anni.
Carlo l'apatico, l'intellettuale alla ricerca di una storia da scrivere, il figlio maschio che avrebbe dovuto prendere le redini del mattatoio Manfredini, ma in lui la voglia di lavorare (e di fare quel lavoro in particolare) era praticamente assente.
Carlo che si infila in un matrimonio quando è ancora molto giovane.
Carlo che diventa padre e finisce per ricalcare, rispetto al figlio Elio, le orme di quel padre presente col corpo ma assente dal punto di vista affettivo.

E non mancano le parti dedicate alla pragmatica ed efficiente Enrica (lei sì che ha sempre avuto occhio e fiuto per gli affari, e a lei, in pratica, si dovrà, negli anni, il perdurare dell'attività di famiglia), alla spirituale Edvige (che prende il velo) e alla testarda, ribelle, intelligentissima Ester, che rimane invischiata nella lotta armata.

L'autore, tramite Ettore, non dimentica altri personaggi, tra cui l'infelice moglie dell'egoista Carlo e il loro figlio Elio, il prediletto di nonno Ettore.

Insomma, il romanzo di questa famiglia particolare scorre di pagina in pagina con molta scorrevolezza, la lettura procede davvero senza intoppi, leggera e profonda insieme, tenendo avvinto a sé il lettore e svelando, di questi Manfredini, i piccoli segreti, le bugie tutt'altro che innocenti, l'inesausto gioco di sentimenti, alleanze, silenzi e potere, l'inganno principale da cui la fortuna e l'impero di questa stirpe sono derivate...

E i Manfredini ci appaiono per ciò che sono: spietati, umanissimi; le stagioni della vita si susseguono mentre essi si sforzano di custodire privilegi e mantenere la loro integrità con la modalità preferita, in cui sono maestri: "finta di niente", allontanare il fantasma del rimorso, del pentimento, delle troppe domande che mettono in discussione tutto.


"Di una cosa Ettore si rammaricava veramente: di non essere riuscito a ragionare prima sulla propria morte. Perché, pensava in quell’istante infinito che aveva a disposizione, riflettere su se stessi è come riflettere sull’umanità. Pensò che era sbagliato non ritenersi all’altezza del compito di rappresentare, attraverso la propria esperienza, ogni possibile esperienza. Lo diceva anche Tolstoj, avere tempo di morire significava dare un senso alla propria vita. Lui questo tempo non l’aveva avuto. Lui non era riuscito a pentirsi di nulla"


Il lettore si inoltra nel corridoio dei ricordi di Ettore Manfredini e si sente presto parte di questa famiglia, delle sue vorticose vicende, costellate da più ombre che luci, segue le singole storie che si inseriscono nella grande cornice della Storia italiana e legge di come determinati avvenimenti del nostro passato abbiano influenzato i Manfredini: penso ad es. ai riferimenti alle Brigate Rosse e ad alcune azioni da esse rivendicate, o all'Olocausto e alle deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento.


L'immensa distrazione è un romanzo che sa come prendere il lettore per diverse ragioni: lo stile elegante, la narrazione fluida che scivola lieve pur essendo densa dal punto di vista dei contenuti; le storie di famiglia sono interessanti e vivaci, i personaggi spiccano ciascuno per la propria personalità e l'affresco di questa stirpe di gente semplice che s'è arricchita con la carne e con la menzogna, piace perché i suoi problemi, i conflitti relazionali, le frustrazioni, i tradimenti, l'amore provato e la grande difficoltà di esprimerlo e manifestarlo apertamente, coinvolgono il lettore, che si ritrova spettatore di vicende umane che riguardano uomini e donne ricchi non solo di denaro e immobili, ma anche di contraddizioni, cadute e fragilità

Consigliato in particolare a chi ama la narrativa italiana e le saghe famigliari che si sviluppano lungo decenni e attraversano più generazioni.



Alcune citazioni


"Leggere aveva significato dare una forma al panetto di creta che era stata la sua vita."

"Le vicende umane acquistano un senso non tanto nella capacità di fare le giuste scelte, quanto in quella di reagire adeguatamente alle scelte sbagliate."

" Guai ai propri ricordi, pensava. Guai, guai a sottovalutare i momenti ininfluenti: i discorsi a tavola, gli sguardi fugaci, gli appuntamenti mancati, i sorrisi risparmiati, gli abbracci negati, perché è chiaro che hanno conseguenze, anche distanti nel tempo.".


«Ho sempre pensato che una biblioteca rappresenti l’esatto opposto di un cimitero. La biblioteca è il luogo dei viventi, dei pensanti, dove l’umanità perde il diritto di trasecolare, o sorprendersi o fingere di non sapere. Dove il debole diventa invincibile. Dove l’aggressivo è messo di fronte alla sua pochezza. Dove il diseredato e il disterrato trovano patrimonio e podere».





domenica 16 novembre 2025

Recensione: LA CASA SULLA SCOGLIERA di Riley Sager




Quando Kit McDeere riceve l'incarico di caregiver presso la famiglia Hope, immagina che ad attenderla sia un lavoro tutt'altro che facile, soprattutto dal punto di vista emotivo: l'anziana da assistere, infatti, molti anni prima è stata sospettata di aver ucciso i suoi famigliari e attorno a lei aleggia un alone di mistero e morbosa curiosità.
Quello che però non può neanche lontanamente immaginare è che quella decadente e grande casa sulla scogliera nasconda al suo interno molti, troppi segreti ed enigmi inquietanti.
Riuscirà a svelarli tutti prima che quella vetusta e solenne dimora vada sempre più verso la rovina?



LA CASA SULLA SCOGLIERA
di Riley Sager


TimeCrime
trad. R.Cesarini
384 pp
Era il 1929 quando nella grande casa - denominata Hope's End - sulla scogliera, nel Maine, la famiglia Hope veniva quasi interamente sterminata.
Quasi perché ci fu una sopravvissuta.

A perdere la vita in modo violento furono Winston Hope, sua moglie Evangeline (ambedue accoltellati) e una delle figlie, Virginia.

Immediatamente dopo le tre tragiche morti, la polizia trovò viva l'altra figlia, la diciassettenne Lenora Hope, sporca di sangue e con un coltello decisamente sospetto in mano.
Nonostante gli indizi fossero tutti contro di lei, mancarono le prove per inchiodarla e per formulare un'accusa formale di triplice omicidio, così la giovane Lenora Hope non andò mai in carcere.

Seppur libera, da quella drammatica notte ella diventò una prigioniera.

Prigioniera delle chiacchiere di paese, che l'additavano come assassina crudele e sanguinaria.
Prigioniera della solitudine e di una vita trascorsa all'interno delle mura di quell'austera dimora in cui era nata e da cui non era mai fuggita.
Prigioniera di più ictus che la resero paralizzata e immobile nel letto, togliendole anche l'uso della parola; l'unica cosa che le rimase funzionante fu il braccio sinistro.

A far compagnia a Lenora, nel corso dei cinquantaquattro anni trascorsi dal triplice assassinio (nel presente siamo nel 1983), ci sono sempre stati la signora Baker (la governante, che lavora a Hope's End dal 1929), il cuoco Archie (anch'egli presente dagli anni Venti), la giovanissima cameriera Jessie e Carter, il giovane custode.

Quando l’assistente domiciliare Kit McDeere arriva alla villa per occuparsi di Lenora, ha davanti a sé una signora minuta, sulla settantina e costretta su una sedia a rotelle. 
Non riuscendo più a parlare, Lenora può (e vuole) comunicare solo attraverso una vecchia macchina da scrivere. 

Una notte, le fa una proposta: raccontarle ciò che è successo veramente nel 1929. 
È stata realmente lei la colpevole, colei che ha ucciso barbaramente genitori e sorella?

Mentre Kit l’aiuta a scrivere gli eventi che hanno portato al massacro della sua famiglia, comprende che quella "vecchia", ma mai risolta storia, nasconde moltissimi segreti, inganni, e apprende una spaventosa verità: l'assistente che lei attualmente sta sostituendo, Mary Milton, stava indagando sui fatti del '29 e aveva incominciato a raccogliere la testimonianza di Lenora.
Nel sistemarsi in quella che è stata la camera di Mary (e che è accanto alla stanza da letto di Lenora), Kit nota come ci siano ancora tutti gli effetti personali della collega.
Possibile che se ne sia andata di punto in bianco senza portare via nulla con sé?
Cosa l'ha fatta scappare da Hope's End, di notte, in tutta fretta e senza salutare nessuno?

Queste domande gettano il seme del dubbio in Kit, che intuisce che sotto c'è qualcosa di oscuro.
Gli abitanti della casa, poi (fatta eccezione per Carter, che è affabile e simpatico), sembrano un po' restii a dare troppe spiegazioni alla nuova arrivata, che quindi comincia a lavorare tenendo però i sensi in all'erta.
Anche perché in quell'immensa casa sulla scogliera - dove il silenzio è spezzato dal rumore del vento, dal fruscio dei rami e delle foglie, dal frangersi delle onde sugli scogli - altri sinistri suoni disturbano la quiete di Kit, che è già tesa per il solo fatto di stare accanto ad una possibile pluriomicida: dei passi furtivi in corridoio ogni notte, ombre di una presenza indefinita nella camera buia di Lenora...

Possibile che ci sia qualcuno che va in camera dell'anziana quando tutti dormono? Chi potrebbe essere e perché ci va?

Kit vive male sin da subito quest'incarico che non avrebbe voluto accettare... ma non ha avuto scelta.
Se non avesse preso questo impiego affidatole dal proprio datore di lavoro, sarebbe stata licenziata e lei ha urgente bisogno di lavorare ed essere indipendente, perché questo le dà modo di lasciare la casa paterna, in cui si sente non accolta né amata ma soltanto ignorata se non giudicata.

Sì, perché alle sue spalle, Kit ha una storia che, per certi versi, collima con quella di Lenora.
Anche lei, pochi mesi prima, era stata accusata di aver causato la morte, per negligenza professionale, di una paziente. E non una paziente qualsiasi..., ma una che lei stessa amava.

Kit sa di essere innocente e la legge stessa non è riuscita a dichiararla colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, ma l'ombra del sospetto continua ad aleggiare su di lei e la ferisce il pensiero che il suo stesso padre la consideri responsabile.

Adesso che il destino l'ha condotta a Hope's End, Kit è intenzionata a svelare la verità di Lenora e di ciò che accadde più di cinquant'anni prima, e dopotutto è la stessa protagonista di quei fatti a voler raccontare, a colpi di tasti sulla macchina da scrivere, la sua personale versione.

La situazione si complica quando viene ritrovato un cadavere nella sabbia..., alle spalle della villa.

C'è forse un assassino che, ancora una volta, si aggira per le camere della tetra dimora?

Quando vengono alla luce nuovi dettagli sulla precedente infermiera, Kit inizia a sospettare che Lenora non stia dicendo tutta la verità e che la donna, apparentemente innocua, possa essere molto più pericolosa di quanto pensasse.

"...è quello che sto facendo da quando sono arrivata a Hope’s End. Avvicinarmi al proibito. Guardare cose che non dovrei vedere, ficcare il naso dove non dovrei. Tutto nella vana speranza che dimostrare l’innocenza di Lenora possa, in qualche modo, riabilitare anche me."

E se in realtà quell'anziana piccola e fragile fosse una bugiarda manipolatrice?
Davvero è impossibilitata a camminare, a parlare, a scrivere?
E perché ogni volta che accadono piccoli e strani eventi in camera sua (rumori, ombre, fogli che spariscono, oggetti spostati...), la donna continua a scrivere che è colpa di Virginia, la sorella morta?

Kit non crede nei fantasmi eppure sente più di un brivido freddo quando, di notte e da sola, percepisce scricchiolii indefinibili, che non sa attribuire a qualcosa o qualcuno di specifico.

Impaurita ma determinata, supportata da Carter e motivata dal desiderio di vederci chiaro, Kit cerca di ricostruire gli eventi che hanno causato lo sterminio degli Hope e la scomparsa di Mary, ma l'impresa si rivelerà complessa e piena di ostacoli.
In troppi, a Hope's End, non vogliono che emerga la verità.
Cosa sono disposti a fare per evitare che venga fuori?


"La casa sulla scogliera" è un thriller avvincente, con un'ambientazione molto d'effetto: villa imponente con numerose camere, antica, scricchiolante, a rischio a motivo della propria posizione (sugli scogli, con i perenni movimenti dell'acqua che vanno a deteriorare le fondamenta), abitata da pochi individui solo in apparenza gentili ma in realtà diffidenti e, probabilmente, anche bugiardi od omertosi.
L'atmosfera tesa, sinistra, ricca di suspense, è accattivante e fa da cornice ad una trama molto articolata e sostanziosa che fa avanti e indietro dal 1983 al 1929, seguendo Kit (le sue ricerche, il rapporto con la sua assistita, i suoi pensieri, i sospetti e i mille interrogativi) e il racconto del passato da parte di Lenora.

Il lettore non fa in tempo a farsi un'idea di come e cosa sia accaduto nel passato e cosa stia accadendo oggi, che l'autore è pronto a fornirgli un colpo di scena dopo l'altro, aggiungendo così nuovi elementi che vanno a sparigliare le carte e a dare nuove risposte.

Ecco, quella dei colpi di scena è forse l'unica pecca del romanzo, se dovessi trovarne una, nel senso che sì, riconosco che solitamente i colpi di scena siano elementi positivi, ma in questo caso li ho trovati eccessivi, come se Sager abbia fatto i salti mortali più volte pur di creare l'effetto sorpresa nel lettore e pur di far incastrare pezzi e coincidenze in modo un attimino rocambolesco.
Soprattutto dirigendomi verso la fine, ho avuto la sensazione che la narrazione fosse davvero molto piena e che le rivelazioni si susseguissero troppo in fretta, ravvicinate e un po' forzate.

Ma nel complesso, è un thriller che trascina il lettore e tiene alta la sua attenzione, lo stile è molto scorrevole, il ritmo incalzante, i personaggi sono sibillini e misteriosi al punto giusto e il finale mi è piaciuto, nonostante la ricerca del colpo di scena a tutti i costi sia presente sino alla fine.

Lo consiglio, è un romanzo accattivante e mi è venuta voglia di leggere altro di Riley Sager.

giovedì 13 novembre 2025

[ Recensione ] IL VELO STRAPPATO. Tormenti di una monaca napoletana di Brunella Schisa

 

La lotta personale, tormentata, lunga e sfiancante, di una donna costretta a monacarsi per volere materno e non per vocazione, si intreccia con i moti risorgimentali degli anni che precedettero l'Unità d'Italia e la liberazione del Meridione dal dominio borbonico.



IL VELO STRAPPATO
Tormenti di una monaca napoletana
di Brunella Schisa




HarperCollinsIt
352 pp
Enrichetta Caracciolo, quinta di sette figlie, ha diciannove anni nel 1840 e vive a Reggio Calabria con la madre Teresa e le sorelle minori; il padre, don Fabio Caracciolo, maresciallo del Regno delle Due Sicilie, è da poco deceduto e la vedova, che ha già maritato le figlie maggiori e ha altre due più piccole da accudire, prende una  dura decisione: non potendo offrire ad Enrichetta una dote dignitosa da presentare per un eventuale matrimonio, è costretta a chiuderla in monastero.

La notizia ovviamente sconvolge Enrichetta: giovane, nobile, colta, vivace e, soprattutto, innamorata di Domenico. 
Come potrebbe una persona indipendente di spirito e bramosa di vivere appieno, qual è lei, lasciarsi ingabbiare e ingrigire in un convento?

Teresa cerca di far ragionare la figlia testarda: ok, vanta ascendenze illustri ma è priva di solidità economica e il matrimonio (che sia con Domenico o con chiunque altro) non è un'opzione.
E così la genitrice, stanca del carattere ribelle della figlia e della sua propensione a scegliere uomini sbagliati, decide per lei, e sa di poterlo fare in quanto sua tutrice legale: Enrichetta entrerà nel convento di San Gregorio Armeno, a Napoli, e vi resterà per lo meno fino a quando la situazione finanziaria della famiglia non sarà risolta. 

Magari nel frattempo, la ragazza stessa potrebbe maturare una vocazione per la vita di clausura, apprezzarne le virtù e i vantaggi, e accettare con pacata rassegnazione quel tipo di esistenza...

Ma Teresa evidentemente o conosce poco la figlia o si ostina a fingere di non conoscerla; Enrichetta comincia da subito a protestare, a supplicare, a inveire, a lacrimare...
Proteste su proteste ma niente: chiusa a San Gregorio Armeno, i mesi lì dentro diventano anni e, dopo essere stata illusa e poi ingannata, la stessa Enrichetta si arrende al proprio infausto destino e, apparentemente piegata e rassegnata, pronuncia i voti che la rendono Sposa di Cristo e monaca di clausura.
Una condanna a vita, per lei che, se potesse, scapperebbe di notte da quel posto lugubre e privo di felicità. 

Benché la sua mente cerchi di lottare contro la repulsione che genera in lei quel tipo di esistenza, benché ella provi a farsi piacere quella strada intrapresa su costrizione, il suo corpo si rifiuta di collaborare e la giovane si ammala di un malessere che oggi definiremmo psicosomatico.

I medici ammessi in convento capiscono che il suo male - che si riversa fisicamente attraverso diversi sintomi, tra cui convulsioni violente, febbre... - parte dalla testa, nel senso che esso è l'esternazione di una condizione di forte sofferenza interiore e psicologica.

La clausura forzata è la vera causa di ogni malessere di Enrichetta, che da un certo momento in poi comincia a scrivere addirittura al papa pur di ottenere delle dispense che le permettano di uscire da San San Gregorio Armeno e di vivere la propria condizione di monaca in casa della madre o delle sorelle sposate.
Enrichetta, infatti, oltre a detestare la condizione monacale (le pesa indossare quel velo pesante che mortifica la sua bellezza femminile, quegli stivaletti terribili...), perché vorrebbe avere una famiglia, detesta proprio vivere in quello specifico convento napoletano, in quanto avverte di non essere amata tra quelle mura, a cominciare dalla badessa per arrivare all'ultima delle monachelle.
E poi in quel contesto religioso, in cui dovrebbero regnare amicizia, solidarietà, misericordia, perdono, empatia..., abbondano invece invidie, gelosie, cattivi pensieri, peccatucci segreti, insomma non è proprio l'ambiente spirituale ed edificante che ci si potrebbe immaginare.

Per non parlare del suo acerrimo persecutore: il cardinale Sisto Riario Sforza.
Quest'uomo - che ha la responsabilità delle monache del San Gregorio - per anni sarà la spina nel fianco di Enrichetta, come ella lo sarà per lui.
Il loro sarà un rapporto sfibrante e irritante che porterà l'uno a detestare l'altra e viceversa: ogni volta che Enrichetta scrive una supplica a qualcuno "in alto", il cardinale si intromette per danneggiarla, imponendo e abusando della propria autorità, causandole problemi, facendole dispettucci volti a privare la monaca testarda e ribelle di ogni minimo privilegio, pur di piegarla e farla desistere dal lasciare il convento di Napoli.

In un continuo giocare al gatto e al topo, i due si incontreranno spesso, discuteranno aspramente, e tante saranno le lacrime versate da Enrichetta che, nonostante provi una fede sincera verso il Signore, non la prova verso la Chiesa Cattolica, che per lei si sta rivelando una tiranna che si ostina a non accettare l'idea che la Caracciolo è soltanto una delle tantissime donne costrette a prendere il velo senza vocazione.
Che gusto c'è nel vedere gli altri soffrire? Perché non dare, a chi rifiuta il velo, un'alternativa per angustiarsi di meno?

Tra concessioni e divieti, tra abbandoni e ritorni, passando da una struttura all'altra, passano gli anni e intanto nella nostra penisola soffiano i venti delle insurrezioni contro i Borbone e si fa sempre più concreto il sogno di costruire una nuova patria: l’Italia.
E chissà se la fine del Regno Borbonico non possa portare con sé nuove e più moderne norme anche per i conventi e, in special modo, per la clausura?

Riuscirà la nostra monaca napoletana a uscire definitivamente dal convento, a strapparsi quel velo che non è mai riuscita ad amare e accettare, e a vivere un'esistenza libera, in cui è lei la sola a decidere per sé stessa, senza obblighi e costrizioni esterne?
Chi l'ha detto che per essere gradite a Dio bisogna condurre una vita da reclusa?


"Il velo strappato" è un romanzo storico-biografico incentrato sulla figura, realmente esistita, della monaca Enrichetta Caracciolo, scrittrice e patriota italiana, la cui vita fu spesa nella lotta: la lotta individuale per essere finalmente libera da una monacazione non scelta e mai accettata, e quella sociale e politica di chi aderisce alla causa liberale, agognando il crollo della monarchia borbonica per lasciare il posto a una nuova Italia.

Il personaggio di Enrichetta emerge in tutta la sua forza: è stata una donna decisa, di carattere, ferma nelle proprie posizioni; anche quando ha avuto momenti di fragilità, non ha mai abbandonato davvero la speranza di uscire dalla clausura; colta, amante della lettura, affamata di conoscenza, dotata di grande spirito critico, pronta a spiegare le proprie ragioni e a chiedere conto all'interlocutore di turno (che fosse uomo o donna, cardinale o badessa, poliziotto o confessore) delle sue, schietta e mai ipocrita, era pronta a denunciare le turpitudini che avvenivano all'interno di quei luoghi sacri, in cui non tutte le religiose spiccavano per umiltà e devozione, anzi.

Una donna coraggiosa, battagliera, un'eroina dell'Ottocento autrice di diversi scritti, tra cui  Misteri del chiostro napoletano, in cui appunto racconta la propria tormentata esperienza di monaca e a cui Schisa si è ispirata per il proprio romanzo.

È una lettura che consiglio a chi vuol conoscere una donna eccezionale, di cui, tra queste appassionanti pagine, conosciamo i turbolenti moti del cuore e la sua lotta per la libertà. 

lunedì 10 novembre 2025

Recensione: KALA di Colin Walsh



Che fine ha fatto Kala? 
È l'estate del 2003 e in una piccola cittadina irlandese la 15enne Kala Lanann scompare.
Tre lustri dopo, le vite dei suoi più cari amici vengono sconvolte in seguito al ritrovamento di alcuni resti umani.
Appartengono forse a Kala? Quale mistero avvolge la sua improvvisa e mai risolta sparizione?


KALA
di Colin Walsh


Einaudi
trad. S. Tumolini
456 pp

"Quell’estate ha condizionato tutta la mia vita. Ogni mia amicizia, ogni mia passione, ha dovuto sempre misurarsi con Kala. Più invecchio, più Kala diventa incandescente. Un sole nascosto, che continua a proiettare ombre quando meno me lo aspetto."

Kinlough è una cittadina irlandese che si affaccia sul mare, fin troppo tranquilla per gli adolescenti che ci vivono ma che sanno sicuramente trovare mille modi per divertirsi, sballarsi e stare insieme senza pensieri.

Kala, Aoife, Mush, Aidan, Joe ed Helen sono un gruppo di amici tanto affiatato quanto eterogeneo; nonostante le diversità caratteriali e famigliari (provengono da contesti decisamente diversi, c'è chi se la passa molto bene, come Joe, e chi un po' peggio, come Kala), stanno sempre insieme e sono in quella fase dell'esistenza - l'adolescenza - che costituisce senza dubbio uno dei momenti più straordinari della vita.

La loro estate del 2003 è quella dei primi amori, delle prime sbronze, della nascita o del consolidamento dei legami di amicizia; sono anni tanto meravigliosi quanto complessi, fatti di cambiamenti sotto tutti i punti di vista e vissuti con quella fame di vivere che li rende unici, come se dovessero durare in eterno.

Ma è anche l’estate che cambierà per sempre le loro vite. 

Kala Lanann - il membro più carismatico del gruppo, colei che riesce ad attirare l'attenzione di tutti (adulti e coetanei, maschi e femmine), a travolgere con la sua personalità esuberante, la sua (apparente) sicurezza che le dà quel tocco di trasgressività e spericolatezza che intimidiscono e attraggono al contempo - un giorno scompare senza lasciare traccia. 


«Era delicata. Feroce. Adorabile. Spaventata. Era una persona. Era la mia amica. E io non l’ho neanche abbracciata».


Cosa l'è successo?
Nonostante le ricerche, le indagini condotte dalla polizia, gli interrogatori, nessuna pista emerge e di Kala "semplicemente" non si sa più nulla.

La vita di tutti a Kinlough va avanti, tra alti e bassi, tra morti e sopravvissuti, tra matrimoni finiti e altri sbocciati, tra ritorni vecchi e nuovi.

Mush è sempre stato il bonaccione della comitiva, quello più sensibile che rifuggiva ogni atteggiamento da macho, da maschio alfa, tanto buono e gentile da non riuscire neppure a difendersi davanti alle spavalderie dei bulli. Mush era quello che si sentiva più a suo agio con Kala ed Helen che con Aidan e Joe (per quanto questi fosse il suo miglior amico).
Ad oggi, Mush è l'unico che da Kinlough non se n'è mai andato ma anzi è rimasto con sua madre, bisognosa di compagnia e aiuto nel bar di famiglia, dove appunto il giovane lavora.
Timido e solitario, Mush continua a starsene per i fatti propri, ad evitare compagnie anche solo lontanamente scomode o invadenti, preferendo la silenziosa compagnia di un paio di birre nel buio serale del locale ormai chiuso o quella allegra ma tenera delle gemelle Donna e Marie (sue cugine).

Mush era molto legato a Kala e porta sul proprio corpo delle cicatrici legate a un episodio del passato che ci viene chiaramente raccontato nel corso della narrazione; sono cicatrici fisiche cui ne corrispondono altrettante nell'anima e che hanno reso, nel tempo, il giovane ancora più chiuso ed insicuro di quanto già non fosse da adolescente.

Helen Laughlin, al contrario, se n'è andata da Kinlough, trasferendosi in Canada, dove lavora come giornalista investigativa freelance; torna a casa in occasione del matrimonio di suo padre (Rossie) con Pauline, zia di Mush e mamma di Aidan e delle gemelle. In questi quindici anni, dopo la scomparsa misteriosa dell'amica, Helen s'è ben guardata dal rimettere piede nella pacifica e noiosa Kinlough, restando soprattutto lontana da casa e sentendosi sempre più distante dalla sorella minore (Theresa) e dal padre; con entrambi non ha mai costruito legami solidi e stretti ed infatti, quando torna nella casa paterna, si sente quasi un'ospite, un pesce fuor d'acqua.


"È questa la grande differenza tra Helen e tutti gli altri, credo. A nessuno piace guardare in fondo al pozzo, ma lei non può farne a meno. Deve sapere. Vuole sempre capire."

Helen è sempre stata la più lucida e razionale all'interno della comitiva di un tempo, quella senza peli sulla lingua, capace di freddarti con battute taglienti, quella che difficilmente si lascia andare a manifestazioni emotive in pubblico.

Joe è il "vip" di Kinlough,  colui che può "vantarsi" (ma non lo fa) di essersi costruito una carriera da musicista e di averne anche tratto una discreta popolarità.
Popolarità che però sembra un po' sbiadita nel presente, ed egli stesso la vive con un certo disagio, quasi fosse un fardello, una macchia più che un successo di cui andar fiero.
Forse perché in realtà non si sente un vincente e non è per nulla orgoglioso di ciò che è.
Suo padre non fa che ripeterglielo: Tu sei Joe Brennan e sei un campione.
Ma Joe non crede a questa bugia e affonda insicurezze e tormenti nell'alcool, anche se ultimamente sta cercando di uscire da questa dipendenza.
Quindici anni prima, in quell'indimenticabile estate del 2003, lui e Kala stavano insieme ma qualcosa si insinuò per deteriorare il loro acerbo sentimento...

Mi sono soffermata brevemente sulle personalità di questi tre amici perché sono elementi fondamentali per la comprensione degli eventi, e del resto la trama si sviluppa attraverso i loro racconti e le loro personali prospettive, con la particolarità che Helen e Mush raccontano in prima persona mentre il punto di vista di Joe è espresso nella seconda persona singolare.

Di Aidan e soprattutto di Aoife si parla un po' meno nel libro perché ambedue - con modalità e per ragioni diverse - escono fuori dalla scena.

Oltre ad avere una triplice visuale narrativa, abbiamo anche una sovrapposizione dei piani temporali: la narrazione, infatti, salta dal 2003 al presente così da offrirci di volta in volta una doppia conoscenza dei fatti, e ovviamente quelli del presente vengono spiegati e resi chiari al lettore (ma anche agli stessi protagonisti) attraverso il racconto di ciò che è accaduto in passato.


Il nucleo centrale resta Kala e ciò che l'è accaduto nel 2003.

A riunire i "superstiti" della vecchia comitiva - Helen, Joe e Mush - è una novità inquietante: vengono ritrovati dei resti umani nel bosco di Caille, lo stesso bosco dove Kala viveva con sua nonna. 

È l’inizio di un nuovo incubo o, se vogliamo, il ritorno di un incubo che li ha tormentati e spezzati quindici anni prima. 

Costretti a confrontarsi nuovamente con la tragedia che li lega, essi cercano di mettere fine a quella storia una volta per tutte ma questo li porterà a interfacciarsi con persone e dinamiche pericolose, con affari criminali più grandi di loro, che vedono coinvolti loschi individui, alcuni apparentemente insospettabili. 

Perché in fondo si sa, la cronaca nera non fa che ripetercelo: le vicende più oscure e peggiori possono sporcare pure quei paesi sonnacchiosi in cui tutti conoscono tutti e in cui solitamente non succede mai nulla di esaltante.
La Kinlough di Walsh, località turistica sulla costa occidentale dell’Irlanda, non si discosta da questo stereotipo e si rivelerà un posto soffocato da troppi angosciosi e terribili segreti, che verranno fuori a disturbare la falsa quiete dei cittadini, proprio come sbucheranno improvvisamente (?!!?) i resti di un cadavere.

E se fossero proprio di Kala?
Per quanto tragica, questa scoperta potrebbe finalmente sciogliere ogni dubbio e domanda relativa al suo misterioso destino?
Quante e quali bocche sono state cucite per anni, non rivelando amare verità per proteggere interessi personali?

L’esordio di Colin Walsh è un romanzo di formazione con incursioni thriller che, prendendo le mosse da un episodio di scomparsa, disegna un quadro complesso e sfaccettato di una realtà cittadina e di diverse famiglie, lasciandoci entrare dentro le loro case, mostrandocene i segreti, le bugie, le malefatte, le paure, le fragilità, le violenze.

Leggere questo romanzo è stato (prendendo a prestito un'affermazione presente nel testo) come avere davanti tanti pezzi di un puzzle sparsi per terra, intravederne l’immagine, ma prima che si abbia il tempo di fissarla, il puzzle va in frantumi, per poi comporsi alla fine.

Non posso dire che mi abbia catturato dalla prima pagina, ma mi spiego meglio: benché io sia da sempre attratta dai romanzi (e prima ancora dai fatti di cronaca) che vertono su sparizioni misteriose, devo dire che - complice il tipo di struttura narrativa (più narratori, l'alternanza presente/passato) - ho risentito all'inizio di una certa lentezza nel ritmo e vaghezza nella trama ma, procedendo con la lettura, la narrazione si è arricchita sempre di più, divenendo man man mano più comprensibile e più appassionante, caricandosi di una grande tensione emotiva grazie alla profonda caratterizzazione dei protagonisti (e narratori).

Lo scrittore ci lascia entrare nell'intimo della loro anima, ci fa toccare quasi con mano le loro emozioni, i loro malesseri interiori, le aree della vita in cui sono rimasti quegli adolescenti di un tempo, bloccati in quell'estate piena di sole ma altresì drammatica, che ha rubato loro la meraviglia dell'amicizia, l'incanto dell'amore e l'innocenza di un'infanzia perduta bruscamente e per sempre. 

Kala è la storia di un gruppo di amici che seguiamo da adolescenti e da adulti, i quali vengono risucchiati da un buco nero fatto di violenza e brutture e che minaccia di inghiottirli.

Un romanzo, quindi, che mi ha colpito principalmente per l'attenta e accurata dimensione psicologica ed emotiva, cui si aggiungono tematiche quali i legami famigliari (sani e tossici), gli atteggiamenti ottusi e trogloditi di certi uomini verso le donne, l'abuso di sostanze e di alcool, l'amicizia, le problematiche adolescenziali, la corruzione.

Insomma, un romanzo denso, profondo e articolato (per struttura narrativa, stile, personaggi, trama) che ho sicuramente apprezzato.



CITAZIONI

"Il dolore è come l’innamoramento: è sempre narcisistico. Quando una catastrofe attraversa la nostra vita, ridisegniamo subito il mondo per trasformare quel disastro nel battito segreto di ogni cosa, nella verità sepolta dell’universo."


"Chissà cosa si prova (...) a planare così in alto sopra la vita, a sfrecciare sulla giungla in elicottero mentre gli idioti come me restano intrappolati a terra, ad arrancare nella boscaglia senza arrivare mai da nessuna parte."


"in ognuno di noi, sotto le maschere con cui ci nascondiamo al mondo, c’è una bestiola che piange, tremante e sola."


"non si può ridurre nessuno a una semplice carta da gioco, che le versioni delle persone che ci mescoliamo in testa da un momento all’altro sono solo questo, carte da gioco, piatte e monodimensionali, mentre in ognuno di noi c’è un essere animale e in questo essere animale c’è un punto dove puoi incontrarti con chiunque altro al mondo...".


"Le cose che ci rendono la vita comoda sono sempre ingiuste, a pensarci bene. Da qualche parte c’è sempre qualcuno che soffre, per rendere felice te. Ecco perché la maggior parte della gente gira sempre la testa dall’altra parte."


"A volte penso che la vita sia questo, sai? Infiniti fiumi, l’uno dentro l’altro".


"Perché tutti ci influenziamo a vicenda, continuamente. Quindi forse la vita è solo un insieme di flussi che si influenzano tra loro, in tutte le direzioni."



venerdì 7 novembre 2025

Recensione: LA LETTERA NASCOSTA di Ruth Saberton

 

Una giovane vedova si rifugia in una località sperduta della Cornovaglia per affrontare il proprio dolore in solitudine.
L'inaspettato ritrovamento di un diario scritto quasi un secolo prima, e la conoscenza di una travagliata e travolgente storia d'amore, l'aiuterà a cambiare prospettiva sul proprio presente e sul futuro che ancora l'attende.



LA LETTERA NASCOSTA
di Ruth Saberton



Ed. Newton Compton
trad. E.Farsetti, G. Lupieri
384 pp
Chloe Pencarrow ha da poco perso il proprio amato marito Neil, a causa di una leucemia.
Incapace di concepire un vero e proprio ritorno alla vita senza di lui, decide di rifugiarsi a Rosecraddick, una remota località della Cornovaglia (zona da cui proveniva Neil), prendendo casa in una ex-canonica che si affaccia sul mare.

È pieno inverno, il Natale è alle porte ma attorno a lei c'è una natura selvaggia, affascinante sì ma anche solitaria e un po' lugubre, soprattutto se si tiene conto del fatto che la canonica è accanto al cimitero.
Ma la pace e il silenzio sono ciò di cui Chloe è alla ricerca: non vuol vedere gente, non vorrebbe neppure rispondere alle insistenti telefonate dei famigliari; desidera solo trascorrere le giornate pensando al suo grande amore perduto, da sola.

Perché lei ormai è sola.
Senza il suo Neil non si sente in grado di essere felice, e anzi non crede di averne il diritto: lui è chiuso in una bara, come potrebbe allora lei trovare ancora delle ragioni per ridere, coltivare hobby, vedere gente...?

Ad oggi, non riesce neppure a lavorare, né come insegnante né come pittrice, professioni che ha sempre amato ed esercitato con passione e talento.

E se questo suo isolamento a Rosecraddick si trasformasse in un nuovo inizio? Un posto nuovo per una nuova versione di sé. Un posto da cui ricominciare a riaffacciarsi alla vita.


Nonostante si convinca di cercare la più completa solitudine, anche in una località desolata come quella è possibile conoscere gente interessante...

Ed infatti, ben presto, Chloe fa amicizia con la reverenda Sue (simpatica, solare e molto affabile) e conosce Matt Enys, un giovane e piacente docente universitario che lavora per una Fondazione impegnata nella restaurazione dell'antico castello di Rosecraddick, in cui ha vissuto un poeta di guerra, molto noto in quella zona della Cornovaglia: Kit Rivers.

Attraverso le sue poesie e la sua storia, Chloe ha modo di avvicinarsi alla tragedia della Grande Guerra, a tutta quella generazione perduta di uomini (e anche donne), molti dei quali giovanissimi, le cui esistenze sono state distrutte dal sanguinoso conflitto: chi non ha perso la vita sul campo di battaglia, ha comunque perso tanto altro, pur tornando vivo a casa ma con il corpo, la mente e l'anima ormai martoriati e segnati per sempre da un'esperienza logorante e oltremodo traumatica.

Un giorno Chloe, nel sistemare la mansarda per farne uno studio per lavorare (ha accettato un lavoro come pittrice e, pur sentendosi insicura, freme all'idea di prendere in mano fogli, matite e pennelli), fa una scoperta che cambierà il suo soggiorno in Cornovaglia: sotto la moquette del pavimento di legno, sollevando un'asse, scopre una scatola di latta contenente degli oggetti appartenuti a qualcuno che, in quella mansarda, vi è passato prima di lei.

La scatola contiene, tra le varie cose, un diario scritto da una certa Margaret Hills e risale al 1914; questo incredibile ritrovamento diviene il portale che conduce verso il passato e che permette a Chloe di conoscere la storia d'amore tra Kit Rivers e Margaret Hills.

Dal momento in cui Chloe sfoglia la prima pagina del diario, sia lei che il lettore vengono trasportati ad un secolo prima, restando in quegli stessi luoghi, in quella canonica, in quella magica caletta che conduce al mare.

Margaret è un'adolescente quando, nel 1914, si trasferisce per un periodo indefinito a Rosecraddick, nella canonica (la casa in cui vive Chloe nel presente) del reverendo Cutwell, che è il suo padrino.
Margaret è un'incantevole fanciulla dai folti capelli ricci e rossi, vivace, curiosa; le sue origini sono umili (suo padre è "soltanto" un medico) ma lei mostra un'intelligenza acuta, uno spirito colto e indipendente; ama leggere e crede fermamente nel suffragio universale.
Insomma, ha le idee chiare e una bella personalità, e a rattristarla c'è solo la sua gamba "imperfetta", zoppa, amaro ricordo della poliomielite avuta nell'infanzia. 
Ma la ragazza non si perde in inutili piagnistei e cerca di rafforzare i muscoli nuotando nel bel mare a sua disposizione, ed è proprio durante una di queste sue nuotate mattutine che incontra un giovanotto poco più grande di lei: Kit Rivers.

Kit ha i capelli color dell'oro, una voce profonda e calda, un viso bello, un sorriso sincero, aperto e gentile; aspirante poeta, ha davanti a sé un brillante futuro e, in quanto rampollo di un'ottima famiglia, è destinato a occuparsi del maniero che erediterà; pur non essendo egli uno snob, deve, seppur a malincuore, adempiere le aspettative dei genitori che si aspettano che egli rispetti i propri doveri nobiliari.

Ma Margaret entra nella sua vita stravolgendo ogni piano: giorno per giorno, il sentimento e la passione travolgono i due, che si scoprono perdutamente innamorati.

Kit è consapevole che la sua famiglia non accetterebbe mai un suo matrimonio con una ragazza "povera"
ma il ragazzo decide che non permetterà a nessuno di rovinare l'estate più magica della sua vita. 
La giovane coppia trascorre dei mesi meravigliosi, fatti di passeggiate, poesie declamate, chiacchierate, risate e un amore che sboccia e cresce di giorno in giorno, diventando sempre più forte.

Ma lo spettro terribile della prima guerra mondiale è pronto a sconvolgere qualsiasi progetto, minacciando ciò che il ragazzo ha di più caro. 
Kit sarà costretto a partire per il fronte e, come lui, tanti, troppi giovani, molti dei quali lasceranno sui campi di battaglia e nelle trincee i loro sogni, le speranze, gli amori, gli affetti, il futuro.

Tornerà Kit sano e salvo dalla sua amata Margaret, che è pronta ad aspettarlo anche per anni?

Margaret è convinta, dentro di sé, che se a Kit dovesse accadere qualcosa di brutto, il suo cuore innamorato lo sentirebbe, lo saprebbe.
E quando le notizie dal fronte si fanno drammatiche, il suo cuore pieno di amore continua, imperterrito, a sperare, a cercare, ad attendere.


Leggendo le vicende di Margaret durante il primo conflitto mondiale, il suo amore con e per Kit, le persone che vivevano nella canonica e nel villaggio, tanto Chloe quanto il lettore hanno modo di sbirciare oltre la cortina del tempo e di sentirsi totalmente immersi in quest'altra dimensione temporale, alla quale ci si affeziona immediatamente, tanto da sentirsi quasi "mutilati" quando Chloe giunge all'ultima pagina del diario, che ovviamente non racconta cosa sia successo dopo: cosa ne è stato di Kit e Margaret? 

Chloe e Matt si appassionano sempre più alle vicende del passato, desiderosi di sapere cosa è successo, come ha vissuto Margaret, se ha continuato ad aspettare il suo amore, se lui fu dichiarato morto o meno in azione.
Non solo, ma nel diario vengono menzionate le numerose e preziose poesie che Kit aveva scritto alla sua amata, molte delle quali sono una testimonianza delle brutalità vissute sul campo.
Sarebbe straordinario poter arrivare a quegli scritti, arricchendo così quel po' che si sa sul poeta di Rosecraddick.

Forse Margaret ha portato con sé le poesie del fidanzato? E lei che fine ha fatto? Quanto, come e dove ha vissuto?

Tante domande si affacciano e spingono i due a mettersi sulle tracce di Kit e Margaret, per riempire ogni lacuna, rispondere ai numerosi interrogativi e sciogliere ogni dubbio.

Appassionarsi alla storia d'amore, potente, romantica ma anche tragica, di Margaret e Kit offre a Chloe la chiave per riflettere su sé stessa, su come si sente dopo aver perso Neil, sulla perdita, su come l'amore continui a vivere sfidando il tempo, le distanze, la morte stessa.

È possibile riprendere a vivere - e provare ad essere felici - dopo un lutto doloroso, importante?
Chloe sa che Neil l'amava tanto quanto lei amava lui, e sa che egli la vorrebbe serena, desiderosa di guardare avanti e di ritagliarsi i propri spazi di felicità.

E Matt, così buono, caro e comprensivo, sembra essere stato inviato per lei proprio dal suo Neil, il cui pensiero, la cui voce, l'amore e i ricordi belli condivisi non l'abbandoneranno mai, perché il loro è stato un amore grande e sincero.

La lettera nascosta è un romanzo che mescola sentimenti e storia, è ricco di sequenze riflessive che ci lasciano entrare nei complessi stati d'animo della protagonista e spinge a considerare quanto atroce sia la guerra, ogni guerra, su come distrugga le vite di singoli, di famiglie, di intere comunità e Paesi.
Interessante la nota finale in cui l'Autrice spiega in che modo è stata ispirata nello scrivere la storia d'amore di Kit e Margaret.
Un libro che emoziona, coinvolge, fa riflettere senza essere pesante, pur avendo, in alcuni passaggi, un ritmo più lento, ma nel complesso l'ho molto apprezzato per lo stile, l'ambientazione, la doppia prospettiva temporale (che mi ha ricordato un po' i romanzi della Riley o della Morton, autrici che amo), il tratteggio dei personaggi e quella atmosfera decadente, malinconica e nostalgica che l'attraversa.



"Sotto questi cieli cangianti, e con le onde che si frangono incessantemente là sotto, è come se il tempo si fosse fermato e mi rendo conto della mia insignificanza nel grande disegno del cosmo. Quello che ci sembra più importante qui e ora non è nulla in confronto al mare, agli scogli e al flusso delle maree: siamo soltanto granelli della sabbia del tempo. E anziché colmarmi di disperazione, questo pensiero mi consola ".


giovedì 30 ottobre 2025

Recensione: IL SILENZIO DEL LAGO di Angelarosa Weiler



Ambientato sul Lago Maggiore a partire dalla seconda metà del Novecento, Il silenzio del lago è una saga famigliare con sfumature poliziesche che, attraverso le vicende di una famiglia, esplora solitudini, segreti, tradimenti, rimorsi, scelte sbagliate e bisogno di redenzione, il tutto sotto lo sguardo placido e indagatore di una figura evanescente e impalpabile che, dalle silenziose acque lacustri, osserva le azioni degli umani.



IL SILENZIO DEL LAGO 
di Angelarosa Weiler

 

Aurea Nox
256 pp
16.50 euro
Settembre 2025
Ogni famiglia ha i suoi segreti; alcuni sono più terribili e inenarrabili di altri ma una cosa è certa: i segreti non spariscono come per incanto ma restano lì, accantonati in angoli bui  della memoria, pronti a saltar fuori quando la vita chiede il conto.


Lo sanno bene Marisa, Lisetta e il resto dei componenti della loro famiglia, le cui vicende personali si svolgono a partire dagli anni ’50 sino agli ’80, tra Laveno, Milano e le Isole Borromee.

È il 1957 quando la giovane Marisa decide di lasciare il paese natìo, Laveno, per andare a Milano e tentar fortuna nel mondo della sartoria. Consapevole di non essere bella e desiderabile, si rassegna ben presto ad una vita di solitudine. 
Parte accompagnata dal disincanto ma anche dalla voglia di incominciare una vita nuova, lontana dai pettegolezzi e dal contesto chiuso da cui proviene e che la limiterebbe se restasse lì.

Paure ed incertezze fanno parte di ogni viaggio e di ogni esperienza che mira al cambiamento, ma Marisa si dimostra determinata a prendere la propria strada e ad accogliere dentro di sé l'esortazione che proviene dal lago, dalla intangibile signora che lo abita e che le ordina di andar via.


"Da bambina mia nonna mi raccontava una storia. Non so se era una favola, oppure una leggenda. Diceva che nelle acque del nostro lago vive una creatura misteriosa. È una signora, una nobildonna, una figura aristocratica. Nonna la chiamava Mistica del Lago. La Mistica del Lago osserva e ascolta tutte le storie che si consumano tra le onde del Verbano e lungo le sponde che lo delimitano. Memorizza ogni cosa, ogni dettaglio, ma non racconta nulla. Non può farlo, non ha voce. Solo chi sa perdersi nel silenzio del lago può entrare in contatto con la Mistica."

 

Marisa è soltanto il primo dei numerosi narratori di una storia complessa, corale, in cui intervengono molti uomini e donne, ciascuno portatore di un punto di vista importante, a volte apparentemente esterno e distante ma ognuno indispensabile al lettore perché il quadro dipinto dall'Autrice diventi via via sempre più chiaro e completo.


Conosciamo, ad es., la sorella di Marisa, Lisetta, che resta vedova presto di Egidio (che, passato l'idillio iniziale, si rivela un fannullone e un ubriacone), con due figli (Luis e Lucia) da crescere; anch'ella lascia Laveno, seppur diversi anni dopo Marisa, e va dalla sorella a Milano, venendo ospitata da lei.

Lisetta è una donna delusa, amareggiata dalle difficoltà della vita, che infatti la indurranno a fare scelte sbagliate le cui conseguenze si paleseranno nel tempo.


La coesistenza tra Marisa, Lisetta e i figli di quest'ultima non è sempre serena e lo percepiamo dalle parole di Luis, il quale, crescendo, vede le tre donne della sua famiglia in tutti i loro difetti e non lesina critiche per questo, pur restando tristemente consapevole di essere: "in quanto ad affetti continuo a essere un diseredato. Sono un randagio. Un senzatetto del cuore".


Sin dai primi momenti della narrazione, avvertiamo nei personaggi una sorta di "pesantezza" che li opprime e che impedisce loro di vivere serenamente; esistere è quasi una fatica, è "ingombrante" ma, allo stesso tempo, essi aspettano che il domani porti con sé qualcosa di nuovo e di positivo.


I capitoli di questo romanzo si susseguono presentandoci, come anticipavo più su, di volta in volta un personaggio che, in un modo o nell'altro, è parte integrante di un ingranaggio più grande e che gira intorno a questa famiglia.

Quando la secondogenita di Lisetta, Lucia, è ormai una signorina, viene ospitata da una cara amica di sua madre, Annamaria, che la porta con sé al loro paese di origine, Laveno.


Da questo momento, cominceranno ad accadere e ad incrociarsi una serie di eventi e individui che conferiranno alle vicende una sfumatura giallo-poliziesca.


Lucia inizia una relazione (che sfocerà in un matrimonio) con un uomo di diversi anni più grande di lei, il cuoco Santino, che è una brava persona ma purtroppo, tra le proprie conoscenze, ne ha alcune decisamente sbagliate: gente poco raccomandabile, che non esita a commettere azioni spietate, a manipolare, a portare avanti affari sporchi per avidità.

Santino, suo malgrado, diventa protagonista di una vicenda drammatica e molto misteriosa su cui il maresciallo Domenico Russo detto Mimì (suo amico di vecchia data) si troverà ad indagare con ostinazione, deciso a far luce sulla disgrazia che coinvolgerà il povero Santino...

Nel corso di questa personale e caparbia investigazione da parte di Mimì, emergeranno situazioni torbide e criminali, delitti vecchi e nuovi e il passato tornerà a bussare alla porta di Lisetta e Lucia, portando dolori e tormenti, risvegliando e riaprendo antiche ferite, segreti mai confessati, errori dalle tristi conseguenze.

 

Le esistenze dei tanti personaggi si intrecciano, disegnando una trama fitta di amore, tradimento, ambizione e redenzione, bugie e inganni; tra queste pagine prendono forma dinamiche relazionali complesse, conflittuali - caratterizzate da rabbia, silenzi ostinati, lacrime, rimpianti, accuse -, tentativi di ricercare e affermare sé stessi nonostante i limiti e le difficoltà dettate dal mondo esterno e da quello famigliare, la decisione di riempire gli anni di silenzio con il racconto della verità, perché l'unico modo per illuminare il presente è tornare al passato, riconoscendolo finalmente per quello che è, abbattendo quei muri di bugie dietro i quali si sono ammucchiati drammi, turpitudini e amarezze


Siamo quindi in presenza di un romanzo corale che ruota attorno ad una storia famigliare ricca di avvenimenti che si avvicendano e che vengono delucidati nel corso della narrazione, la quale si connota per l'uso di un linguaggio molto introspettivo, che scava negli stati d'animo dei personaggi e voci narranti, donando al lettore molteplici prospettive narrative, profonde e ricche, che svelano sentimenti, paure, speranze, pensieri intimi.

Mi è piaciuta la presenza inafferrabile e misteriosa della Mistica del Lago, testimone attenta e silente delle vicende umane, capace di osservare le storie degli uomini e di fare da specchio a coloro che hanno il coraggio e la sensibilità di guardarsi dentro con onestà, di ascoltare la propria coscienza senza timore.

Ringrazio l'Autrice per avermi dato la possibilità di leggere questo suo romanzo e lo consiglio perché Angelarosa Weiler ha imbastito una storia originale, intensa, scritta con cura e realismo, in cui spicca la dimensione interiore, e anche gli elementi investigativi/polizieschi si legano a quelli umani e relazionali per sostenere una struttura narrativa articolata, ricca, che risulta variegata e piena soprattutto grazie agli svariati punti di vista che guidano il lettore nella lettura, permettendogli di avvicinarsi a ogni singolo personaggio.


martedì 28 ottobre 2025

"Da Carosello a Tik Tok: Il viaggio della comunicazione spiegato ai bambini" di Marianna Iandolo



"Da Carosello a Tik Tok: Il viaggio della comunicazione spiegato ai bambini" di Marianna Iandolo è un breve testo divulgativo che si propone di illustrare, attraverso un linguaggio semplice e accessibile ai lettori più giovani, le caratteristiche, i vantaggi e anche i pericoli del mondo della comunicazione.

Di pagina in pagina, viaggiando tra parole e illustrazioni coloratissime e molto belle, il lettore ripercorre
Self-publishing
36 pp
LINK AMAZON

il modo in cui la comunicazione è cambiata negli anni; leggere questo libro è un po' come salire su una  macchina del tempo e fare un salto in quegli anni in cui, in tv, c'era il Carosello, un programma televisivo che, oltre a contenere pubblicità, trasmetteva dei filmati di intrattenimento, con personaggi simpatici e divertenti.

L'autrice sottolinea come quel programma preserale fosse un momento di gioia e spensieratezza che riuniva tutta la famiglia, in quanto adatto a tutti, grandi e piccini; concluso il Carosello, solitamente i bimbi sapevano di dover andare a letto!

Era un tipo di televisione che favoriva non solo lo stare insieme, in famiglia, ma che stuzzicava anche la fantasia e l'immaginazione degli spettatori.

L'excursus prosegue descrivendo i cambiamenti apportati dall'avvento della tv a colori, passando per l'arrivo di Internet e concludendo con Tik Tok.

Ciò che è utile da evidenziare è il fatto che gli enormi passi da gigante compiuto dalla tecnologia hanno sicuramente dato una grande spinta affinché il processo comunicativo, di scambio di informazioni e di relazioni (seppur virtuali) tra gli utenti, assumesse caratteri sempre più complessi, vivaci, ricchi, che
hanno permesso alle persone di condividere, in tempi veloci/in tempo reale, contenuti di tutti i tipi con una fetta straordinariamente ampia e variegata di altri esseri umani che vivono in ogni parte del mondo.

Insomma, il modo di comunicare è cambiato moltissimo nel corso del tempo a Marianna Iandolo ce lo ricorda con estrema chiarezza e semplicità, evidenziando le qualità e gli aspetti positivi dei miglioramenti e degli sviluppi in ambito comunicativo, senza mai dimenticare che però il mondo di Internet è talmente vario da contenere sia cose belle che cose brutte, il che chiama in causa la responsabilità di ciascuno, in particolare degli adulti nei confronti dei bambini/ragazzi, nel vigilare sui contenuti con cui si viene in contatto.

Come dicevo più su, è un testo breve e sicuramente molto istruttivo ed efficace nel presentare, con immediatezza e linearità, il percorso che ha portato dalla tv in bianco e nero all'universo eterogeneo di Internet e dei social, e la presenza delle illustrazioni contribuisce a rendere ancora più gradevole la fruibilità di un libro che è, per i contenuti e per il linguaggio, molto attuale ed interessante.

La sua lettura è consigliata, in special modo, a bambini dai 6 ai 12 anni ma è altresì utile agli adulti per trattare con i giovanissimi questo argomento così vasto e attorno al quale le riflessioni da fare sono davvero innumerevoli ed importanti.


 
Notizie biografiche.
Marianna Iandolo è giornalista professionista e scrittrice di libri e di favole per bambini. Una passione quella per i bimbi che la ha accompagna da sempre come quella per la scrittura. Oggi vive a Bari, in Puglia.

venerdì 24 ottobre 2025

IL FRATELLO BUONO di Chris Offutt [ Recensione ]



Il solitario protagonista di questo romanzo lascia il luogo in cui è nato e cresciuto (il Kentucky) per nascondersi tra le aspre montagne del Montana,  cambiando identità e vita, con la speranza di lasciarsi definitivamente alle spalle le conseguenze delle proprie azioni.


IL FRATELLO BUONO
di Chris Offutt

Minimum Fax
trad. R. Serrai
360 pp
Virgil Caudill è un giovane tranquillo che vive nel cuore del Kentucky; non ha mai lasciato i boschi e le montagne dove è cresciuto e la comunità nella quale si riconosce.

La sua è una vita praticamente monotona, trascorsa tra il lavoro, le chiacchiere con i colleghi e i rapporti con i famigliari che gli sono rimasti: sua madre, sua sorella Sara (sposata e con prole) ed Abigail, che è la sua "quasi-fidanzata".

Orfano di padre, di recente ha perso anche il fratello maggiore, Boyd.

A differenza di Virgil, Boyd era la testa calda della famiglia: irruento, attaccabrighe, dove c'era odore di guai, c'era lui, pronto a litigare con qualcuno.
Fino al giorno in cui ci ha "rimesso le penne".

Boyd, infatti, viene ucciso ma il suo assassino non viene ufficialmente identificato, né tanto meno arrestato.

È a piede libero e tutti, a Blizzard, sanno a chi appartiene la mano che ha ammazzato Boyd Caudill, anche se nessuna voce si leva per testimoniare contro di lui.

Spesso e volentieri c'è qualcuno che ricorda a Virgil che in giro l'assassino di suo fratello se ne sta tranquillo e indisturbato perché il ragazzo non si è ancora deciso ad applicare "il codice delle colline".

Che lo voglia o meno, Virgil è quotidianamente davanti a una decisione complicata, un vero dilemma morale per lui: tutti si aspettano che vendichi Boyd andando ad ammazzare il colpevole. 
Perché negli Appalachi il sangue si lava con il sangue, e per Virgil esistono solo due alternative: la vendetta o la fuga. 

E qualunque decisione prenderà, nulla per lui sarà più come prima.

L'idea di provare della vita un altro essere umano toglie serenità a Virgil ed è contraria al suo modo di essere e di pensare.
Ma il pensiero di vendicare il fratellone, che amava e che è sempre stato per lui un punto di riferimento, comincia a diventare un pensiero fisso, un'incombenza che deve assolvere perché è il posto in cui è cresciuto a chiederglielo, le leggi non scritte degli Appalachi.

Virgil si veste di coraggio e prende una decisione drastica che segnerà la linea di demarcazione tra la "vecchia" e la "nuova" vita.

Di fronte a Virgil si aprirà una nuova strada che lo porterà dritto al Montana, una terra sconosciuta dove cerca di ricostruirsi una nuova identità sotto falso nome, assumendo quello di Joe Tiller.

La sua fuga lo porta a vivere in solitudine per molto tempo, e stare con sé stesso quale unico compagno di viaggio e di vita, lo spinge inevitabilmente a pensare tanto, a confrontarsi con sé stesso, con la propria storia personale e famigliare.

" Tutto d’un tratto si rese conto che aveva passato la vita a seguire gli schemi pensati da altre persone. Sentì il debole luccichio della vera libertà, una sensazione che gli mise paura".

Nello stanziarsi in una capanna sperduta e vivendo in modo semplice, da montanaro solitario, Virgil/Joe non ha la minima idea di quali e quanti tipi di persone incontrerà, della comunità di persone nella quale gli eventi turbolenti, che lo vedranno protagonista, lo condurranno, e di come la vita non smetterà mai di metterlo davanti a decisioni e scelte difficili.

Joe avrà modo di conoscere ambienti e comunità del Montana che hanno abitudini, ideologie, modi di vivere molto differenti da ciò che lui conosce, e i dilemmi morali non mancheranno neanche in questa seconda fase della sua esistenza, durante la quale egli cercherà ciò che già desiderava prima: un po' di pace.
Forse una famiglia, dei legami veri e duraturi.
 

Ambientato tra il Kentucky e il selvaggio Montana, Il fratello buono è un country noir ma anche un po' romanzo di formazione, a mio modesto avviso, perché il suo protagonista inevitabilmente vive esperienze particolari, che lo segnano e formano, spingendolo a riflettere su sé stesso, i propri valori (personali, famigliari, comunitari), su come - a prescindere da dove viva - la violenza ritorna sempre al centro, influenzando destini e scelte, che sia contro una persona o contro lo stesso Stato quando non difende e non garantisce i diritti dei cittadini.

In queste pagine si toccano anche altri temi, come l'importanza delle proprie origini e l'attaccamento ad esse (anche quando si è geograficamente distanti), il sapore amaro della vendetta,  la discriminazione verso chi è considerato "straniero", "intruso" (non un americano puro), l'uso delle armi, il rapporto con le leggi dello Stato (in termini di obbedienza o ribellione).

Offutt sa essere aspro, asciutto, ma anche malinconico, introspettivo, profondo nelle sue descrizioni della geografia tanto ambientale/naturale, quanto di quella umana; sa creare atmosfere cupe, selvagge ma raffinate dal punto di vista del tratteggio delle componenti psicologiche e sociali.

In alcuni punti la narrazione ha avuto sicuramente dei rallentamenti (nella trama e, di conseguenza, nel ritmo) ma nel complesso è un bel romanzo, complesso nelle tematiche e nello stile.


lunedì 20 ottobre 2025

Recensione: AUTUNNO A SYCAMORE PARK di CP Ward

 

Desiderosa di iniziare una nuova fase della propria vita, in seguito ad una delusione amorosa, una giovane insegnante si trasferisce in un paese allegro e caloroso, in cui riuscirà a tessere nuovi legami e a sentirsi finalmente nel posto giusto.


AUTUNNO A SYCAMORE PARK
di CP Ward



Autopubblicazione
trad. M.C. Martinelli
246 pp

Dopo essere fuggita da una relazione sentimentale finita male e che l'ha lasciata sfiduciata e demotivata, la giovane insegnante Jennifer Stevens accetta un incarico da insegnante nell'unica scuola elementare di una deliziosa cittadina, Brentwell. 

La sua è una classe vivace, con diversi alunni decisamente irrequieti e pronti a combinare guai, ma Jennifer ama il proprio lavoro e prende sul serio le esigenze e i problemi dei suoi piccoli studenti, tanto da conquistare in poco tempo la fiducia della classe e, soprattutto, imparando a gestire gli elementi più "problematici", compreso un ragazzino che ama fare un po' troppo il bullo con i più deboli.

L'arrivo della Festa del Raccolto - molto amata a scuola  e che si tiene ad ogni autunno - costituirà un'occasione imperdibile per Jennifer per dimostrare a sé stessa, al preside Downton, ai colleghi, che non solo la sua classe è gestibile, ma che è composta da ragazzini vivaci ma altresì volenterosi, che se opportunamente stimolati e guidati, possono eseguire i compiti assegnati con responsabilità.

Jennifer è entusiasta della sua nuova vita a Brentwell, si immerge nel lavoro con buona volontà e voglia di fare e, con la sua gentilezza e disponibilità, non tarda a fare amicizia con i colleghi, in particolare con Amy, una ragazza dolce, chiacchierona ma anche molto insicura, segretamente invaghita di un loro collega, Rick, il quale però la ignora e, anzi, fa il cascamorto con Jennifer...

Ma Jennifer non è lì, in quella affascinante località, per rimorchiare, anzi!
Lei si è buttata alle spalle la storia con Mark, che le ha lasciato delusioni e insicurezze, e non ha alcuna intenzione di infilarsi in un nuovo legame amoroso.

Il suo desiderio è ricostruirsi una vita serena, soddisfacente, in cui imparare a mettere sé stessa al centro, prima di tutto.
E questo nuovo autunno sembra essere il momento ideale.

"L'autunno era la stagione migliore, pensò. Bel tempo, bei colori, ma anche una stagione di cambiamenti, di nuovi inizi."

Jennifer comincia ad amare Brentwell, incluso il suo speciale e amato parco: il Sycamore Park, così pieno di magia con i suoi colori, il suo tappeto di foglie e quell'antico e meraviglioso albero di sicomoro, chiamato da tutti affettuosamente "il Grande Gerry", che però rischia di essere abbattuto per decisione del Comune, che ha altri progetti per il parco.

A rendere la sua nuova vita più lieta non c'è solo la bellezza semplice ma evocativa del luogo in cui ora vive, ma anche nuovi incontri, come quello con la signora Angela, proprietaria di una caffetteria e pasticcera provetta; con lei, Jennifer instaura un rapporto di sincera amicizia e complicità, accompagnato da vivaci chiacchierate e piatti deliziosi.

Frequentando Angela e il Sycamore Park, Jennifer conosce Tom Reynolds, il custode del parco.

Bello, gentile, ironico e pieno di sorprese, Tom sembra quasi irreale per quanto rasenta la perfezione, ma Jennifer è intenzionata a restare libera e spensierata.

Ci riuscirà o il suo cuore le ricorderà che il bisogno di amare non si è di certo spento dentro di lei?

"Si sentiva parte di una rete, una corda che, se pizzicata, avrebbe prodotto una risonanza, lasciando un'impronta su tutti gli altri. Negli anni trascorsi con Mark era stata un pezzo di legno alla deriva, che galleggiava appena sotto la superficie di un lago solitario, invisibile a tutti."

Intanto, gli impegni si fanno sentire sempre più pressanti, dentro e fuori dalla classe: c'è una recita tra colleghi da preparare, la Festa del Raccolto da organizzare e... un albero e un parco da salvare!


Autunno a Sycamore Park è una commedia romantica cui fa da sfondo la stagione autunnale, con il suo clima ancora tiepido e piacevole, cornice evocativa e perfetta per accogliere, al suo interno, una storia che non resta impressa per originalità e colpi di scena, ma che anzi scorre moooooolto placidamente, come una tazza di the da sorseggiare con molta calma.

È una lettura che non mi ha regalato molto (né in termini di emozioni né di "sorprese" di alcun genere), non posso dire che abbia un ritmo trascinante né che accadano cose particolarmente impattanti...., tutt'altro.
Ciò che la rende piacevole è l'atmosfera familiare, calorosa, tipica delle cittadine in cui gli abitanti si conoscono tutti e fanno presto amicizia con i nuovi arrivati; resto sempre affascinata dalla location del paese piccolo, che è quasi un'oasi di pace in cui si respira un'aria genuina, che sa di amicizia, sane e sincere risate, scherzi bonari, tazzine di caffè e torte di mele e cannella, serene passeggiate nei parchi, chiacchierate spensierate..., insomma, di questo romanzo salvo la sensazione di tranquillità e la voglia, che inevitabilmente mi ha trasmesso, di vivere in un posticino così, in cui si vive con semplicità e senza grosse pretese.

Per il resto, non ho trovato che ci fosse un approfondimento nel tratteggio della protagonista e degli altri personaggi (gli stessi dialoghi li ho sentiti poco naturali e piuttosto artificiosi), la trama resta fondamentalmente abbastanza prevedibile e anche l'aspetto romantico è piuttosto annacquato.

Lettura rilassante ma nulla di imperdibile.

lunedì 13 ottobre 2025

Recensione: AVVENTO NELLA RADURA INCANTATA di Antonella Arietano

 

Antonella Arietano, autrice di narrativa per l’infanzia e romanzi di formazione, è di nuovo in libreria con una raccolta di racconti per bambini, un viaggio affascinante che trasporta il lettore in una accogliente  dimensione fantastica.


AVVENTO NELLA RADURA INCANTATA 
di Antonella Arietano



Autopubblicazione
Pagine: 77
Uscita: 25.9.25
Leggere i quattro racconti che compongono la raccolta significa  intraprendere un viaggio ricco di fascino nel cuore dell’inverno, in vista dell’Avvento*

Siamo nella meravigliosa Radura Incantata, dove vivono le Streghe del Nord, le Fate Luminose, gli gnomi e i folletti.

Nel primo racconto ("La Strega della Fonte e la magia dell'inverno"), conosciamo la Strega della Fonte, la cui casa è vicina alla fonte da cui scorre il fiume Canterino, che è un corso d'acqua davvero speciale!
Dalla sua fonte zampillante, infatti, dipende l’incanto che aleggia in tutta la Radura e le acque del fiume non solo danno da bere alle Streghe del Nord ma rendono possibili gli incantesimi e le magie.

Un giorno però accade qualcosa di inaspettato e un po' spiacevole: la fonte non zampilla più, il fiume è immobile e rischia di prosciugarsi.
Questo è davvero un bel pasticcio e la Strega della Fonte, supportata dal suo fedelissimo famiglio - un rospo, il Signor Todd - si affretta a riunire le streghe-sorelle per cercare di capire come affrontare e risolvere il problema: senza l'acqua del fiume, la Radura Incantata rischia di perdere la sua magia!

Bisogna capire, quindi, cosa impedisce all'acqua di uscire.
Le streghe ci riflettono su e, tra una chiacchiera e l'altra, la condivisione di idee porta a una decisione: chiedere aiuto a qualcuno più esperto di fonti e rocce e che potrebbe essere in grado di aiutarle...


In "Un albero di Natale per Gedeone" conosciamo un gigante buono ma solitario che vive ai margini della Radura: Gedeone.

In apparenza burbero, "Non invitava mai nessuno a entrare, tutto si svolgeva nel giardino, meglio ancora al cancello: Gedeone s’infastidiva se qualcuno metteva piede sul prato. Nascosto nel segreto della sua  casa, il Gigante si sentiva libero di fare ed essere ciò che voleva", e quando era in casa propria diventava gentile e affettuoso, trascorrendo ore in compagnia del suo cane Zampalesta.

Gedeone, con l'approssimarsi del Natale, ha preso un bell'albero e tante decorazioni per rallegrare la sua baita, ma un giorno succede un guaio: una volpe riesce ad intrufolarsi dentro casa e, mentre bisticcia con Zampalesta, l'albero viene praticamente distrutto!

Il cagnone è triste all'idea di aver combinato un pasticcio, così si rivolge alle Streghe per chiedere loro aiuto e far contento il suo amato padrone.

Streghe e Fate si mobilitano per fare più di una sorpresa al gigante della Radura, pur sapendo quanto egli sia poco socievole.

La gentilezza e la generosità delle Streghe spezzeranno la timidezza e la ritrosia di Gedeone?


Nel penultimo racconto, "Un Famiglio per Natale", incontriamo un simpatico e giovane folletto di nome Martin.
Egli ama scorrazzare con lo slittino sulla neve e adora l'atmosfera gioiosa che accompagna il Natale, ma quest'anno qualcosa lo rende triste: non ha ancora incontrato il proprio, personale famiglio, cioè quell'animale con cui creare un legame speciale, da cui ricevere preziosi consigli e aiuti al momento giusto.

Martin ha ormai undici anni e non ha ancora un famiglio tutto suo e la cosa lo preoccupa: vuoi vedere che per lui non è previsto alcun famiglio?

Ma la saggia Fata Lumetta lo rassicura: incontrerà il suo famiglio all'improvviso, quando meno se lo aspetta, si riconosceranno immediatamente, al primo sguardo, e la loro amicizia sarà eterna!

Martin è ansioso che ciò accada il più velocemente possibile ma, si sa, per le cose belle spesso ci vuole pazienza.

Riuscirà a trascorrere uno speciale Natale in compagnia di un famiglio che è lì, nella radura, ad aspettare proprio lui?


L'ultima storia, "Un ospite inatteso", incomincia con un piccolo mistero: c'è qualcuno che, nella radura, si diverte a fare dispetti e scherzetti, vale a dire a "rubare" del cibo prelibato preparato dalle abili mani delle Streghe.
Insomma, la festa dell'inverno più attesa quest'anno arriva con dei furtarelli: che sia una torta lasciata vicino alla finestra o dei biscotti appena sfornati lasciati a raffreddarsi sul tavolo... tutto sparisce se non c'è nessuno a dare un'occhiata!

Ma chi è il ladruncolo dispettoso e goloso di dolciumi?

Questo mistero bizzarro va svelato assolutamente, così le streghe Drusilla e Priscilla chiedono aiuto al loro amico gigante, Gedeone: potrebbe gentilmente aiutarle a cercare colui che ruba i dolci? Magari seguendo le orme sulla neve...?

Seguendole, in effetti, si ritrovano davanti ad una grotta, da cui sentono arrivare una vocina che chiede loro chi sono e che vogliono...

Le Streghe e i loro famigli sono un po' preoccupati: e se si trattasse di una creatura pericolosa?

Ma non c'è nulla di cui aver paura e, anzi, quel Natale nella Radura Incantata sarà rallegrato dalla presenza di nuovi, inattesi ma graditissimi amici!



Questa raccolta è davvero bella, sia per le storie narrate che per le illustrazioni (di Carlotta Marricco), coloratissime e fantastiche, che contribuiscono a stimolare la fantasia e l'immaginazione dei giovanissimi lettori, oltre a regalare momenti di riflessione su tematiche quali: amicizia, collaborazione, accoglienza, condivisione, socialità, generosità, capacità di analizzare una situazione problematica e provare, insieme ad altri, a trovare delle soluzioni, l'amore e il rispetto per la natura e gli animali.

Sono quattro racconti che catturano per il loro linguaggio semplice ma anche molto evocativo, per l'atmosfera fiabesca, con quel tocco delizioso di magia che fa sorridere e sognare; l'ambientazione natalizia e il periodo invernale aggiungono ulteriore fascino e incanto; leggendo, ci si sente immersi nella Radura Incantata, quasi ci sembra di sentire il fragrante profumo di dolciumi, del fumo che esce dai comignoli, di ammirare le luccicanti decorazioni natalizie, di avvertire l'aria fresca e frizzante dell'inverno, e soprattutto è così piacevole conoscere questi personaggi simpatici, buoni, gentili, pronti ad aiutare gli altri e ad offrire calore, amicizia, sorrisi...!
Consiglio con sincero entusiasmo questa lettura ai lettori più piccoli ma anche a chi ha qualche anno in più e desidera sognare un po' , lasciandosi circondare da creature magiche, amichevoli ed ospitali.


*All’interno del libro un codice QR dà accesso a uno speciale calendario dell’Avvento online.
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