Ed ecco l'altra recensione!
IL BAR DELLE GRANDI SPERANZE
di J.R. Moehringer
Ed. Piemme |
Trama
Un bestseller intramontabile che vi lascerà "con un sorriso sulle labbra e una fitta nel cuore" (Kirkus Reviews).
Un bestseller intramontabile che vi lascerà "con un sorriso sulle labbra e una fitta nel cuore" (Kirkus Reviews).
Figlio unico di madre single, J.R. cresce ascoltando alla radio la voce del padre, un dj di New York che ha preso il volo prima che lui dicesse la sua prima parola. Poi anche quella voce scompare.
Sarà il bar di quartiere, con l'umanità varia che lo popola, a crescerlo e farne un uomo.
Appassionata e malinconicamente divertente, una grande storia di formazione e riscatto, di turbolento amore tra una madre e il suo unico figlio, ma anche l'avvincente racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo e un indimenticabile ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti.
il mio pensiero |
Il bar delle grandi
speranze è il romanzo autobiografico che racconta il passaggio
dall’infanzia alla giovinezza dell’Autore, nato in una famiglia particolare e
cresciuto in un bar altrettanto particolare.
J.R. (la sigla del nome deriva da quello paterno, John
Joseph, con l’aggiunta di Junior, da cui J.R.) cresce con la mamma Dorothy,
separata dal marito, un uomo privo del senso di responsabilità, amante
dell’alcool e delle scommesse, di natura violenta; proprio per timore di essere
ammazzata (insieme al figlio) da un uomo privo di senno, la donna decide di
vivere da sola col bambino, ma i problemi economici li accompagneranno sempre,
così Dorothy dovrà spesso far ritorno all’odiata casa paterna, per garantire al
piccolo J.R. tetto e cibo.
L’infanzia del piccolo sarà caratterizzata dalla presenza
rassicurante della mamma, che per tutta la vita cercherà di incoraggiarlo, di
educarlo a credere in se stesso e nel fatto che le cose non potranno sempre
andar male, se si lotta per migliorarle; lei sarà per J.R. un costante punto di
riferimento, cui lui tornerà ogni volta che avrà bisogno di comprensione e
incoraggiamento.
Come tornerà sempre in quello che con gli anni, da subito, grazie al simpatico e bizzarro zio Charlie, sarà per un “il rifugio”, il luogo sacro del suo cuore, quello al quale torni quando vuoi staccare la spina dai problemi e dalle delusioni della vita, che siano a causa della scuola, dell’amore, del lavoro.
Ognuno di noi ha un luogo sacro, un rifugio, dove il suo cuore è più puro, la sua mente più lucida, dove si sente più vicino a Dio o all’amore o alla verità o a qualunque cosa gli capiti di venerare. Nel bene e nel male, il mio luogo sacro era il bar di Steve. E poiché l’avevo scoperto durante l’infanzia, era ancora più sacro, avvolto dalla particolare reverenza che hanno i bambini peri posti in cui si sentono al sicuro. (…) Ma il bar di Steve è stato l’anello di congiunzione di ogni rito di passaggio con quello precedente e successivo, e di tutte le persone che ho conosciuto.
jr
L’affetto
per gli uomini eccentrici e strani incontrati al bar di Steve, il Publicans (chiamato inizialmente
il”Dickens”), il pendere dalle loro labbra, il desiderio e il bisogno di essere
da loro stimato, apprezzato, ben voluto, consigliato, anche rimproverato,
purché non ignorato, prende origine dalla mancanza di una vera e costante figura
paterna.
Cresciuto
senza l’affetto di un padre – un padre da imitare, da rispettare, da cui farsi
coccolare o da cui imparare “l’arte di diventare uomo” - e in compagnia di un
nonno sì dai tratti originali e spesso simpatici, ma in realtà gretto
nell’animo, insensibile verso il genere femminile, è comprensibile che questo
bisogno legittimo di un ragazzino venga in qualche modo appagato attraverso
la presenza di codesti omaccioni, frequentatori del bar del mitico e quasi
venerato Steve, la cui approvazione conta per sentirsi accettati e degni di
rispetto.
E
così, J.R. cresce all’ombra di zio Charlie (che lavora al bar, al bancone) e
dei suoi amici, a suon di aneddoti, di consigli dati come se fossero le più
grandi perle di saggezza, al ritmo di continue scommesse sportive, e impara a
modo suo ad aprire gli occhi sul mondo, a maturare sogni, aspettative,
ambizioni.
Certo,
non è un ragazzino con molta fiducia in se stesso, e un vago senso di fallimento
e inadeguatezza lo opprimono sin da piccolo (unito al senso del dovere verso la
mamma, che lui sente di dover proteggere, aiutare) lo accompagnerà anche
da adolescente e da giovane, ma J.R. è e
resta un tipo intelligente, sensibile, arguto osservatore dell’essere umano, un
gran lettore e appassionato di scrittura.
. |
Del
resto, ad aiutarlo a rialzarsi ci sarà sempre l’esempio materno (la Dorothy
disperata per i conti da pagare ma allo stesso tempo capace di drizzare le
spalle e andare avanti) e ancor più il bar, con i suoi amici e i suoi bicchieri di whisky con
cui mandar giù qualche magone.
La
vita di J.R. non sarà mai in discesa ma egli dimostrerà di avere carattere e saprà trasmettere la sua natura a chi lo legge, facendo entrare il lettore nel “suo” mitico
bar, invitandolo a sedere sugli sgabelli, con le braccia appoggiate al bancone, pronto
ad ordinar qualcosa, mentre un avventore accanto comincia a raccontarti
qualcosa di buffo, che ti farà sorridere o davanti al quale non saprai che
rispondere.
Il ritmo narrativo non è particolarmente veloce o dinamico, ma non posso dire che sia pedante o noioso, perchè J.R. è molto simpatico.
In particolare mi è piaciuta quella vena di dolce malinconia che l'attraversa e che spinge il lettore a pensare a quanto certi luoghi e certe persone siano stati, in tanti casi, nelle vite di ciascuno di noi, importanti, tanto che nei momenti di "crisi", tornare ad essi (metaforicamente o fisicamente) costituisca un modo per riappropriarci di noi e delle nostre radici.Consigliato!
Nessun commento:
Posta un commento
Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz