martedì 26 febbraio 2013

Scopro e condivido: "Il tempo che ci vuole"



Webvagando.... ^_^

IL TEMPO CHE CI VUOLE
di Francesca Palumbo


il tempo che ci vuole
Ed. Besa
Nadir 2
196 pp
16 euro
2013
Trama

Monica Dionubile ha quasi diciassette anni, vive a Bari insieme a sua madre Laura, una donna problematica che cerca attraverso la terapia analitica di rientrare in contatto con se stessa e di smetterla di tormentare sua figlia. Dunia Bonerba è figlia unica di Luca e Marina; i suoi genitori sono una coppia serena che garantisce serenità e spensieratezza a una ragazzina semplice, a tratti ingenua e molto legata a Monica, sua compagna di classe. 
Le due ragazze si completano a vicenda: la spensieratezza di una si unisce alla complessità dell’altra, è come se tra di loro ci fosse un accordo di “mutuo soccorso”.
 Intorno a queste due figure ruotano le vicende di coppia, amicizia e tradimenti che appartengono al mondo adulto, storie di persone legate alle due ragazze in un modo o nell’altro, e che si intrecciano con il loro carico di problemi ed emozioni. 
C’è poi il rapporto speciale delle due adolescenti con un insegnante della loro scuola, un docente atipico che ascolta i suoi alunni, li osserva e non si limita a etichettarli con un numero sul registro o un cognome da ricordare al momento dell’interrogazione. 
Testimone oculare delle storie di ognuno di questi personaggi è il barbone Lacca, un clochard che costruisce con le proprie mani piccoli portacenere colorati di latta e che avrà un ruolo determinante nel destino di Dunia e Monica.

Il romanzo ha un respiro corale che lascia ampio spazio a riflessioni profonde sulle esistenze di ognuno. L’autrice posa con grazia e sensibilità il proprio sguardo sulla confusione dei nostri giorni e sui tormenti quotidiani dell’animo umano.

L'autrice.
Francesca Palumbo è nata a Bari dove vive e lavora.
Nel 2008 ha pubblicato una silloge di racconti dal titolo Volevo dirtelo.
Questo è il suo primo romanzo
.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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