Una saga famigliare che attraversa il Novecento e che ci viene narrata dalla voce asciutta di un uomo che «nonostante fosse appena morto, la mattina del 21 febbraio 2017 ebbe la netta sensazione di svegliarsi».
Il protagonista si lascia andare a un racconto della sua lunga esistenza soffermandosi sulla sorte di ciascuno dei suoi famigliari.
L'IMMENSA DISTRAZIONEdi Marcello Fois
![]() |
| Einaudi 288 pp |
"Vivere è un’immensa distrazione dal morire. E perciò un sacco di tempo lo si spende a fare, pensare, agire, cose indifferenti.
Così può accadere che non si ami abbastanza, né si odi abbastanza. Può capitare persino di investire un’immensità di energie a trovare soluzioni inutili per problemi inutili."
Ettore Manfredini è il protagonista e narratore onnisciente di questo romanzo familiare ambientato in una Emilia semplice, fatta di pianure, campi, allevamenti e industrie.
Lo conosciamo che è già morto ma a quanto pare, se vivere per lui è stata una distrazione, ora che è deceduto può finalmente dichiararsi desto e lucido.
Ed è con grandissima lucidità e senza perdersi in inutili sentimentalismi che il Manfredini ripercorre i momenti decisivi della propria lunga vita, nonché quelli, con annessi gioie e dolori, nascite e lutti, dei componenti della propria stirpe.
Ettore è stato un imprenditore, il proprietario di un grande mattatoio che è stato il cardine attorno cui hanno ruotato la sua esistenza e le sue energie; il mattatoio Manfredini rappresenta il successo e il riscatto di Ettore che ha trascorso un'infanzia di miseria e privazioni, è la prova visibile e concreta dei suoi sacrifici ma anche della sua scaltrezza, della sua infida astuzia con la quale ha sottratto pian piano l'attività a quelli che erano i suoi legittimi proprietari: i Teglio.
Da bambino intelligente e predisposto per lo studio, ma privo dei mezzi economici per proseguire con il percorso scolastico, Ettore diventa un ragazzo che lavora sodo nel mattatoio kosher di una famiglia ebrea, i Teglio; a motivo dell'introduzione delle leggi razziali, i Teglio sono costretti a fuggire per cercare di evitare l'oscuro e triste destino cui andavano incontro gli ebrei in quegli anni terribili.
Attraverso inganni e menzogne, Ettore riesce a divenire unico proprietario dell'attività dei Teglio (che avrebbero dovuto riprendersela quando "le cose si fossero sistemate") e a imporsi come uno dei più grandi imprenditori dell’Emilia in bilico tra grande industria e tradizioni contadine.
Adesso che è morto, è anche in grado di guardare i giorni vissuti con quel distacco necessario per raccontarli, e dalla sua voce impariamo a conoscere non soltanto lui ma anche il resto della famiglia, dai genitori Vittorio e Elda alla moglie Marida Teglio (la figlia di quel Teglio cui apparteneva il mattatoio...), per continuare con i loro figli Carlo (e sua moglie Lucia), Enrica, Edvige ed Ester, fino ad arrivare ai nipoti.
Di ciascuno di essi ci vengono raccontati i momenti salienti, ci avviciniamo alle loro personalità, alle aspirazioni, agli errori, alle mancanze, al rapporto che ognuno ha avuto con i genitori e con gli altri famigliari.
"... il destino dei Manfredini era legato all’abitare estremi. La straordinaria indolenza di Carlo, la vigilanza perenne di Enrica, la febbrile noncuranza di Edvige e, infine, la cieca determinazione di Ester."
Leggiamo di come Carlo, il primogenito, sia stato il più vivo rammarico di Ettore perché tra i due non si è mai stabilita alcuna sintonia, nessun vero e genuino affetto: un legame padre-figlio fatto solo di obblighi reciproci, di silenzi più che di parole, di un'immensa incomprensione che li ha accompagnati e allontanati negli anni.
Carlo l'apatico, l'intellettuale alla ricerca di una storia da scrivere, il figlio maschio che avrebbe dovuto prendere le redini del mattatoio Manfredini, ma in lui la voglia di lavorare (e di fare quel lavoro in particolare) era praticamente assente.
Carlo che si infila in un matrimonio quando è ancora molto giovane.
Carlo che diventa padre e finisce per ricalcare, rispetto al figlio Elio, le orme di quel padre presente col corpo ma assente dal punto di vista affettivo.
E non mancano le parti dedicate alla pragmatica ed efficiente Enrica (lei sì che ha sempre avuto occhio e fiuto per gli affari, e a lei, in pratica, si dovrà, negli anni, il perdurare dell'attività di famiglia), alla spirituale Edvige (che prende il velo) e alla testarda, ribelle, intelligentissima Ester, che rimane invischiata nella lotta armata.
L'autore, tramite Ettore, non dimentica altri personaggi, tra cui l'infelice moglie dell'egoista Carlo e il loro figlio Elio, il prediletto di nonno Ettore.
Insomma, il romanzo di questa famiglia particolare scorre di pagina in pagina con molta scorrevolezza, la lettura procede davvero senza intoppi, leggera e profonda insieme, tenendo avvinto a sé il lettore e svelando, di questi Manfredini, i piccoli segreti, le bugie tutt'altro che innocenti, l'inesausto gioco di sentimenti, alleanze, silenzi e potere, l'inganno principale da cui la fortuna e l'impero di questa stirpe sono derivate...
E i Manfredini ci appaiono per ciò che sono: spietati, umanissimi; le stagioni della vita si susseguono mentre essi si sforzano di custodire privilegi e mantenere la loro integrità con la modalità preferita, in cui sono maestri: "finta di niente", allontanare il fantasma del rimorso, del pentimento, delle troppe domande che mettono in discussione tutto.
"Di una cosa Ettore si rammaricava veramente: di non essere riuscito a ragionare prima sulla propria morte. Perché, pensava in quell’istante infinito che aveva a disposizione, riflettere su se stessi è come riflettere sull’umanità. Pensò che era sbagliato non ritenersi all’altezza del compito di rappresentare, attraverso la propria esperienza, ogni possibile esperienza. Lo diceva anche Tolstoj, avere tempo di morire significava dare un senso alla propria vita. Lui questo tempo non l’aveva avuto. Lui non era riuscito a pentirsi di nulla"
Il lettore si inoltra nel corridoio dei ricordi di Ettore Manfredini e si sente presto parte di questa famiglia, delle sue vorticose vicende, costellate da più ombre che luci, segue le singole storie che si inseriscono nella grande cornice della Storia italiana e legge di come determinati avvenimenti del nostro passato abbiano influenzato i Manfredini: penso ad es. ai riferimenti alle Brigate Rosse e ad alcune azioni da esse rivendicate, o all'Olocausto e alle deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento.
L'immensa distrazione è un romanzo che sa come prendere il lettore per diverse ragioni: lo stile elegante, la narrazione fluida che scivola lieve pur essendo densa dal punto di vista dei contenuti; le storie di famiglia sono interessanti e vivaci, i personaggi spiccano ciascuno per la propria personalità e l'affresco di questa stirpe di gente semplice che s'è arricchita con la carne e con la menzogna, piace perché i suoi problemi, i conflitti relazionali, le frustrazioni, i tradimenti, l'amore provato e la grande difficoltà di esprimerlo e manifestarlo apertamente, coinvolgono il lettore, che si ritrova spettatore di vicende umane che riguardano uomini e donne ricchi non solo di denaro e immobili, ma anche di contraddizioni, cadute e fragilità.
Consigliato in particolare a chi ama la narrativa italiana e le saghe famigliari che si sviluppano lungo decenni e attraversano più generazioni.
Alcune citazioni
"Leggere aveva significato dare una forma al panetto di creta che era stata la sua vita."
"Le vicende umane acquistano un senso non tanto nella capacità di fare le giuste scelte, quanto in quella di reagire adeguatamente alle scelte sbagliate."
" Guai ai propri ricordi, pensava. Guai, guai a sottovalutare i momenti ininfluenti: i discorsi a tavola, gli sguardi fugaci, gli appuntamenti mancati, i sorrisi risparmiati, gli abbracci negati, perché è chiaro che hanno conseguenze, anche distanti nel tempo.".
«Ho sempre pensato che una biblioteca rappresenti l’esatto opposto di un cimitero. La biblioteca è il luogo dei viventi, dei pensanti, dove l’umanità perde il diritto di trasecolare, o sorprendersi o fingere di non sapere. Dove il debole diventa invincibile. Dove l’aggressivo è messo di fronte alla sua pochezza. Dove il diseredato e il disterrato trovano patrimonio e podere».





Ciao Angela, non conosco il romanzo nè l'autore ma penso che le storie familiari abbiano un fascino particolare e per questo ho letto con molto interesse la tua bella recensione :-)
RispondiElimina