sabato 8 giugno 2024

I BEATI ANNI DEL CASTIGO di Fleur Jaeggy [ RECENSIONE ]



Come si svolgeva la vita in un collegio femminile svizzero negli anni del secondo dopoguerra? Cosa pensavano le signorine di buona famiglia che passavano tra quelle mura il fiore dei loro anni?
La giovane protagonista ce lo racconta con sensibilità e capacità introspettiva.



I BEATI ANNI DEL CASTIGO
di Fleur Jaeggy 



Adelphi
107 pp
Siamo in un collegio femminile svizzero situato nell'Appenzell; le giornate sono scandite da una rigida disciplina e da un clima piuttosto tetro, che mal si concilia con la voglia di vivere, la curiosità, i desideri e i primi turbamenti che si agitano nella mente delle allieve, tutte adolescenti provenienti da famiglie agiate dell'alta borghesia europea.

La protagonista è una ragazza riflessiva e un po' insicura che trova nell'amicizia con una nuova compagna, Frédérique, il senso della sua permanenza in quella triste scuola.
Frédérique è bella ma sembra non accorgersene o non darvi peso; è raffinata ed elegante in un modo talmente naturale da sembrare snob, distaccata, presuntuosa.
Ma forse la sua è solo sicurezza: la sicurezza di chi sta imparando, sin dall'adolescenza, a stare al mondo, a sbarazzarsi di ogni timidezza.

Frédérique attira le attenzioni di tutte le ospiti del collegio per la sua aura misteriosa e per il suo atteggiamento sprezzante verso le regole e le convenzioni sociali e morali dell'epoca. 

Sebbene (o forse proprio in virtù di questo) siano caratterialmente e fisicamente all'opposto, le due ragazze pian piano si legano molto l'una all'altra, scambiandosi confidenze, segreti, tanto da confondere la protagonista, che si chiede quali siano i suoi reali sentimenti verso l'amica.

Del resto, sono questi gli anni in cui le ragazze (e i ragazzi) sono impegnati nella scoperta di sé, nella costruzione e definizione della propria personalità, della propria sessualità; è un periodo in cui è facile provare sentimenti, emozioni, impulsi anche contrastanti tra loro, davanti a quali ci si sente confusi, timidi, insicuri, imbarazzati, sbagliati.

Ci sono altri personaggi minori, che ruotano attorno alle due amiche, e lo stesso collegio è anch'esso una sorta di personaggio: opprimente, controllante, severo, pregno di tutta la rigidità degli schemi sociali e della mentalità borghese, nelle sue ipocrisie e limiti, soprattutto per le donne.


I beati anni del castigo è un romanzo di formazione che si legge molto velocemente, anzitutto per il numero di pagine ma anche per lo stile dell'autrice, che è essenziale, sempre misurato, con frasi brevi e incisive che, se appunto conferiscono fluidità al ritmo, al contempo a me hanno trasmesso una sensazione di forte distacco e ciò che leggevo non ha saputo coinvolgermi emotivamente, nonostante certi passaggi abbiano sfumature piacevolmente malinconiche con un pizzico di poesia, grazie soprattutto alla tendenza, da parte della protagonista, a riflettere, osservare, farsi domande, dare spazio ai ricordi.

C'è da dire, però, che proprio questa penna così precisa e lineare è coerente con il contesto dell'istituto (con la sua atmosfera cupa, austera) e con il tipo di vita monotona condotta dalle educande - almeno esteriormente, perché è ovvio che dentro tante di loro avevano un fuoco che non vedeva l'ora di accendersi al di fuori di quelle grigie pareti.

È un romanzo che tocca tematiche quali l'identità, la voglia di ribellarsi alle norme sociali del tempo (ancora così chiuse e limitanti in merito alla condizione femminile), l'amicizia tra ragazze, la complessità del mondo emotivo delle adolescenti, la curiosità verso il proprio e l'altrui corpo, la sessualità femminile, la ricerca del proprio posto nel mondo.

In conclusione: prosa raffinata, in alcuni passaggi suggestiva e quasi magnetica; il contesto dell'istituto per me è sempre accattivante lì dove però si creano dinamiche varie e interessanti, ed è forse questo che mi è mancato: nel complesso, ho trovato la storia poco appassionante nonostante i personaggi avessero "un buon potenziale" e la scrittrice abbia una "bella penna".
Non mi ha fatto impazzire, ecco, mi aspettavo di più.

venerdì 7 giugno 2024

NOVITÀ E ANTEPRIME [News Libri]


Pubblicazioni che hanno attirato la mia attenzione.

IN LIBRERIA

- Dopo Figli della libertà, prequel della fortunata trilogia del Cavaliere d’inverno, Paullina Simons racconta un nuovo capitolo delle vite di Gina Attaviano e Harry Barrington, consegnandoci un romanzo che vibra di passioni e ideali. 
- Rose Tremain porta il lettore nella fuligginosa Londra di metà Ottocento, un posto bigotto, spietato e perverso dove i trovatelli vengono trattati come delinquenti e la buona condotta si insegna a urli e sberle, ma dove c’è spazio anche per la gentilezza, per l’amicizia e per l’amore. 


PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA

- Romanzo storico: Una regina dall'animo sensibile. Una terra straniera. Un popolo ostile e ribelle. 
-  Le atmosfere inquietanti di Shirley Jackson e una storia dell’orrore in stile The Blair Witch Project si fondono in una narrazione magistrale: è nata una nuova stella nel firmamento del giallo nordico.
- Un romanzo inedito dell'autrice irlandese Lucinda Riley!!



Bellagrand. Dove nasce il sogno di Paullina Simons (Rizzoli, trad. R.Zuppet, 592 pp, Marzo 2024).


America, prima metà del Novecento. Tra strade infiammate dagli operai in rivolta e l’eco della Rivoluzione russa che promette la libertà dall’oppressione del capitalismo, Gina e Harry rincorrono il loro amore, che sembra non avere futuro. 
Troppo diversi i loro mondi, troppo lontane le loro aspettative: lei, immigrata dalla Sicilia quando era ancora una ragazzina, è tutta concretezza e istinto; lui, rampollo di una facoltosa famiglia con cui ha tagliato i ponti, è un sognatore infervorato dall’utopia comunista. 
Mentre Gina lavora fra la sala rammendi di uno stabilimento tessile e le pulizie a casa di gente facoltosa, Harry inneggia alla lotta del proletariato dal palco di un comizio e sostiene la propaganda scrivendo per giornali che non lo pagano un centesimo. 
Gina vorrebbe la rivoluzione del pane, una vita tranquilla e un figlio. 
Harry è pronto a sacrificare tutto per un ideale più alto e quando finisce in carcere con il rischio di restarci per dieci anni, Gina ha solo una possibilità per salvare suo marito: chiedere aiuto al padre di lui, Herman Barrington, ricco industriale che è l’incarnazione stessa del capitalismo. 
È in quel momento che Herman offre alla giovane coppia il sogno di una nuova vita in Florida, a Bellagrand, in una villa bianca come la sabbia e l’innocenza. 
Sembra la promessa del paradiso, e forse lo è. Basterebbe rinunciare alla rivoluzione e scegliere l’amore… ma quale? Quello romantico, così forte da scalare una montagna di fango? O quello per la politica, che minaccia di far crollare tutto?




Lily. Storia di una vendetta di Rose Tremain (Einaudi, trad. G.Scocchera, 272 pp., dal 4 giugno in libreria).


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Appena partorita, in una notte d’inverno del 1850, la piccola Lily è stata abbandonata ai cancelli  di un parco londinese, in balia dei lupi e del gelo notturno. 
Salvata per caso da un agente di polizia, ha conosciuto per breve tempo il conforto di una casa, prima di essere rigettata nel crudele mondo delle istituzioni vittoriane. 
Ad attenderla, ora che è cresciuta, c’è la salvezza o la rovina? Cosa accadrà quando l’uomo che le fa battere il cuore scoprirà che Lily è un’assassina? 
C’è chi passa la sua prima notte di vita in una morbida culla, circondato dall’affetto dei genitori, e chi invece no. Lily Mortimer è stata infilata in un sacco e lasciata ai cancelli di un parco, esposta al gelo e alle bestie feroci. Si è salvata solo per il passaggio fortuito di un giovane agente di polizia. 
Affidata alle cure amorevoli di una contadina, ha trascorso i suoi primi sei anni di vita tra i luminosi campi del Suffolk, ma poi, come prescritto dalla legge, il grigiore di Londra e la freddezza dell’orfanotrofio l’hanno reclamata indietro. 
Punizioni, cattiverie e soprusi sono stati a lungo la quotidiana ricetta del Foundling Hospital per soffocare ogni ribellione di Lily e degli altri bambini orfani e indigenti come lei. 
Ora, a quasi diciassette anni, la giovane è finalmente libera e, grazie alle sue doti nel cucito, ha un impiego gratificante in un emporio di parrucche. 
In più, un sorriso gentile ogni domenica in chiesa la conforta: che il futuro le riservi finalmente l’attesa serenità?
Ma il passato non allenta la morsa su di lei. La assillano sempre gli stessi orribili ricordi, il senso di colpa e la paura della forca. 
Perché nessuno ancora lo sa, ma Lily è un’assassina...



La rosa di Provenza di Carol McGrath (Tre60, trad. I. Katernov, 384 pp., dal 14 GIUGNO).


Inghilterra 1236. A soli tredici anni, Ailenor di Provenza lascia la Francia per convolare a nozze con re Enrico III, un uomo molto più grande di lei. 
Contro ogni previsione, la loro unione è felice e sincera. Ma in quanto straniera, Ailenor non è apprezzata a corte ed è vista come una “lupa” affamata di potere, soprattutto quando i suoi parenti, dalla Savoia, la raggiungono in Inghilterra e ottengono posizioni di rilievo sia a Palazzo sia nel clero. 
Mentre la Francia e il Galles rappresentano una minaccia costante per il Regno e i baroni inglesi sono sempre più ostili alla Corona, Ailenor, di natura delicata e gentile, è costretta a imparare i meccanismi spesso subdoli e spietati che regolano la vita di corte. 
Fortunatamente la giovane sovrana, oltre all'amore del suo sposo, può contare anche sull'amicizia di due donne straordinarie: Rosalinda, un'amabile ricamatrice e Nell, la sorella del re. 
Su uno sfondo complesso dove scontri e rivalità si alternano a momenti di pura bellezza tra ricami, sete preziose e giardini in fiore, riuscirà la giovane regina a trovare la forza per superare ostacoli e avversità, e proteggere se stessa e i suoi affetti più cari?



Il villaggio perduto di Camilla Sten (Fazi, trad. R.Zatti, 360 pp, dal 2 LUGLIO).


La regista di documentari Alice Lindstedt è da sempre ossessionata dalla storia del villaggio perduto.
Nel 1959, l’intera famiglia di sua nonna scomparve insieme ai 900 abitanti del villaggio in questa misteriosa tragedia, lasciandosi alle spalle soltanto una donna lapidata a morte nel centro della piazza e una neonata abbandonata. 
Le domande senza risposta sono troppe. 
Ora Alice ha riunito una piccola troupe di amici per realizzare un film su ciò che è realmente accaduto. Ma non si può tornare indietro. 
Non molto tempo dopo essere giunti sul posto, cominciano a succedere cose strane. L’attrezzatura viene distrutta. Uno di loro sparisce. 
Mentre il dubbio genera paura e le menti dei protagonisti iniziano a incrinarsi, una cosa diventa sorprendentemente chiara per Alice:
Non sono soli.
Stanno cercando la verità...
E se fosse lei a trovarli prima?
Non resta che scoprirlo.



La ragazza nascosta di Lucinda Riley (Giunti, trad. R. Salerno, 592 pp., dal 12 SETTEMBRE).


Da umile studentessa a top model nel giro di qualche mese. 
È quello che succede alla giovane Leah Thompson, diciassette anni, quando viene notata da una delle più importanti agenzie di modelle inglesi e dal piccolo villaggio nella brughiera in cui vive si trova catapultata sulle passerelle di Milano e New York. 
I suoi lunghi capelli castani e lo sguardo luminoso catturano chiunque la incontri. 
La sua gentilezza e riservatezza li fanno innamorare. 
Ma il suo cuore batte solo per Brett, il suo primo amore, che l'ha profondamente ferita e che non vede più da tempo.
La nostalgia di casa è tanta e le insidie del mondo della moda non le rendono facile il distacco, tra rivalità inaspettate e amicizie per niente disinteressate. E mentre il fato tesse i suoi fili, intrecciando la sua storia con quella di due ragazzini polacchi fuggiti da Treblinka e in cerca di vendetta, Leah dovrà fare i conti con una profezia che incombe su di lei… stai attenta, la bellezza potrebbe non essere una benedizione. 
Non puoi cambiare il destino…


martedì 4 giugno 2024

STELLA MARIS di Cormac McCarthy [ RECENSIONE ]



Al centro di Stella maris - secondo volume della dilogia iniziata con Il passeggero - vi è Alicia Western, personaggio affascinante e poliedrico, presentatoci all'interno di una cornice sofisticata, caratterizzata da brillanti conversazioni tra la donna e uno psicologo.


STELLA MARIS 
di Cormac McCarthy 


Einaudi Ed.
trad. m. Balmelli
200 pp
Nell'ottobre del 1972 una donna molto giovane (di soli venti anni) bussa alla porta della struttura psichiatrica "Stella Maris"; con sé ha una busta con dentro quarantamila dollari in contanti e, alle spalle, già dei ricoveri in ospedali psichiatrici.

La ragazza si chiama Alicia Western ed è lì per cercare di sfuggire ai suoi demoni, frutto dei disturbi mentali che l'affliggono.

La conosciamo attraverso gli incontri con lo psicologo cui è stata affidata, il dottor Cohen, che comprende da subito - e noi lettori insieme a lui - come la paziente che ha di fronte sia assolutamente un soggetto particolare.
Non tanto  (e non solo) per le diverse diagnosi attribuite alla donna - sociopatia deviante, anoressia, probabile autismo, tendenze suicide e schizofrenia paranoide - quanto per la sua intelligenza brillante e la sua mirabile dialettica.

Sì, perché la giovane Western è una matematica geniale (impegnata nello studio della teoria dei topoi) con un QI alto, nonché una virtuosa del violino. 

Sette sono i capitoli che compongono il libro e che corrispondono a sette sedute terapeutiche in cui assistiamo agli incalzanti dialoghi tra lo psicologo ed Alicia, durante i quali apprendiamo alcune informazioni sul passato della donna, in riferimento a sé stessa (alla sua personalità, inclinazioni, "problematiche"...), alla sua infanzia complicata, al rapporto con la nonna, con il padre (la madre muore quando è ancora una bambina) e, soprattutto, con l'amato fratello Bobby (protagonista de Il passeggero).

Bobby è "l'argomento" che più sta a cuore alla ragazza ma, al contempo, è proprio quello su cui ella è meno disposta a parlare, perché Bobby purtroppo non è più con lei, essendo in coma in Italia dopo un incidente automobilistico, e dato per morto.

Per Cohen entrare nella mente della paziente si rivela un'ardua missione in quanto quella che ha davanti è un'anima divisa, tormentata, lacerata, una personalità sfuggente e complessa, una donna che - benché giovanissima - mostra di possedere una grande cultura, una mente vorace ed arguta, un'interlocutrice dalla battuta sempre pronta e perspicace.

Tra i due si innesca una danza di parole intrisa di espliciti e abbondanti riferimenti alla filosofia (Kant, Schopenhauer e Wittgenstein...), alla matematica (Grothendieck e Gödel, Maxwell...) e alla musica, intervallate dalle allucinazioni che occupano la mente di Alicia.

Siamo in presenza di un romanzo dalla struttura narrativa non tradizionale, che inserisce il lettore in un vortice di continue domande e risposte che viaggiano su un doppio binario, ora ironico, ora drammatico, ma comunque finalizzato ad esplorare in profondità la (contorta) psiche di Alicia, che tra una riflessione esistenziale/ matematica e l'altra, non manca di seminare frammenti di ricordi e di confessioni intime.

Vittima della schizofrenia di cui soffre e dei frequenti pensieri suicidi, Alicia sente il tormento del combattimento che avviene dentro di lei e che vede contrapposti razionalità e delirio, realtà e allucinazione, verità e finzione.

Nonostante la donna si mostri inizialmente un po' diffidente verso il giovane Cohen, questi riesce a trovare una via verso la sua paziente grazie a un approccio empatico, che lo spinge non solo a farle domande pertinenti ma soprattutto ad ascoltarla, ad assecondarne i ragionamenti, le emozioni, i silenzi.

La filosofia è indubbiamente al centro delle conversazioni e guida dottore e paziente nell'affrontare temi impegnativi, relativi ad es. alla coscienza, al libero arbitrio, all'esistenza di Dio. 


Ho scelto di ascoltare questo libro su Audible attratta dall'ambientazione (la seduta psicoterapeutica) e dalla brevità, per cui ammetto di non  aver controllato se fosse il seguito di qualcos'altro; mi pare di capire che comunque lo si possa leggere anche senza aver letto precedentemente Il passeggero, ma immagino che farlo dopo sia più indicato per inquadrare meglio Alicia e, soprattutto, capire chi sia suo fratello Bobby.

Detto ciò, non posso dire che il libro mi abbia fatto impazzire, anzi...

Poca "ciccia" e troppe "chiacchiere", passatemi l'espressione.

Nel senso che di per sé la trama non ha elementi avvincenti in quanto è statica, collocata tra quattro mura e con due soli protagonisti che si limitano a star seduti l'uno di fronte all'altra, per cui le informazioni riguardanti la protagonista concernono il passato o, tutt'al più, ciò che pensa e sente lei al presente.
Va da sé che, mancando dinamiche e vicende a scandire il ritmo narrativo, a contare qui sono le parole, i discorsi, e questo romanzo è l'ideale per chi privilegia addentrarsi nelle intricate maglie delle riflessioni filosofico-esistenzialistiche, per chi ama gli scambi verbali e lo sfoggio di una dialettica spigliata, acuta, figlia di una mente molto intelligente, di una personalità ricercata.
Se cerchi invece dinamicità, colpi di scena, suspense ecc..., non fa per te, ecco.

Ho trovato affascinante e magnetica, tagliente e provocatoria la prosa di McCarthy e questo, assieme al setting clinico, è uno degli elementi che ho apprezzato maggiormente e che mi ha spinta a concludere l'ascolto.

È una lettura, a mio avviso, impegnativa, sicuramente elegante, raffinata (per stile, tematiche, personaggi, contesto) e richiede una certa concentrazione e un'inclinazione ad addentrarsi in argomenti profondi.

Io, evidentemente, non ero molto predisposta in questo senso (e non in questo periodo).

sabato 1 giugno 2024

GUERRA di Khrystyna Gryshko [ RECENSIONE ]

 

GUERRA è una raccolta di poesie (pubblicata da Bertoni Editore, 2021) della scrittrice ucraina Khrystyna Gryshko.

Come suggerisce il titolo stesso della silloge poetica, centrale è il tema della guerra come evento che

Bertoni Ed.
84 pp

porta inevitabilmente morte e devastazione, non solo fisiche ma ancor prima morali, emotive, psicologiche; la guerra provoca la morte delle speranze, delle illusioni, dei sogni, distrugge giovani vite in un attimo, stronca relazioni e amori, mai più tornati a casa.


Ai bombardieri
che l’altro ieri
hanno versato
non il latte
ma il sangue
innocente,
della povera
gente.
Si sente
il boato.
Non di nuovo.
Ti prego:
non di nuovo…


Non c'è conflitto che non causi povertà, desolazione e in tempi come i nostri, dominati dal progresso in ogni campo, il fatto che ci siano le guerre è una chiara dimostrazione di come i passi avanti nella scienza, nella tecnologia ecc..., non vadano di pari passo con il progresso morale ed etico, anzi: le vite umane non sono tenute in nessun conto, il che annienta e mortifica ogni pretesa di progresso di qualsiasi tipo.

Ovunque guerra, ovunque fucili,
le bombe esplodono sopra i civili,
ovunque si spezzano le vite umane
e le preghiere sono più vane.


Ma le guerre non sono solo quelle tra due Paesi: ogni giorno, che viviamo su questa Terra, ha in sé una qualche forma di conflitto:


Ogni giorno aprendo i nostri occhi assonnati
senza saperlo ci prepariamo alla guerra
della scelta fra il bene e il male innati
presenti dall'inizio sulla Terra.


Non solo, ma ci sono anche le guerre private, che siano quelle con i propri cari o quelle con persone che hanno provato a farci del male.
A tal proposito, nelle note biografiche, l'autrice racconta come, ad es., i rapporti con la madre si siano deteriorati quando ella l'ha condotta dall'Ucraina (dove Khrystyna viveva con i nonni in un villaggio) in Italia; la poetessa aveva allora 13 anni e per lei sua madre era quasi una sconosciuta; nel nostro Paese, inoltre, Khrystyna ha sperimentato sulla propria pelle cosa voglia dire essere bullizzati e non essere accettati.


Ma, come non di rado accade, dalle esperienze negative e dal dolore, possono nascere pensieri, progetti, sogni, aspirazioni che, nel caso dell'autrice, hanno trovato spazio "sulla carta", per diventare racconti, poesie, fiabe.

In questo versi non manca l'Amore, sentimento di sovente accostato a stati di malinconica, rimpianti, tristezza; frequenti anche i riferimenti all'inquietudine, alla stanchezza del cuore al cospetto e al pensiero della guerra; i pensieri, le paure, i sospiri salgono fino al cielo come preghiere per raggiungere Dio, destinatario di suppliche che, si spera, siano ascoltate.


Dio almeno ci deve salvare
e io gli grido dicendogli “Vieni!”
poiché di sgomento ormai siamo pieni.
Ma Egli al solito tace e giace
e noi continuiamo più in guerra che pace.



Le poesie possono avere rime baciate o alternate ma, al di là dell'aspetto formale, "tecnico",  ciò che mi resta principalmente impresso di questa raccolta è la sensazione di aver letto dei versi onesti, lucidi nella loro visione della realtà, nel racconto della guerra e di ciò che essa provoca di negativo, nello sguardo vòlto all'essere umano e alla sua capacità di sperare e di tentare di rinascere nonostante le rovine e la morte attorno a sé, e la poesia (ma possiamo dire la scrittura, in generale) può costituire sicuramente un nobile mezzo per non soccombere e, anzi, per continuare a vivere facendo sentire la propria voce.


Io con rima
creo guerra di parole;
di immagini che sole
sono niente,
ma insieme
arma potente!


Ringrazio l'autrice per la copia digitale della raccolta e non mi resta che invitarvi a leggerla.

mercoledì 29 maggio 2024

L'ULTIMO MAGO di Francesca Diotallevi [ RECENSIONE ]




Sullo sfondo suggestivo di una Torino oscura e misteriosa degli anni Sessanta, Francesca Diotallevi ci restituisce il ritratto di un uomo la cui vita è stata ammantata anch'essa di mistero: Gustavo Adolfo Rol, "...traghettatore di anime (...) Visibile e invisibile, possibile e impossibile." 


L'ULTIMO MAGO 
di Francesca Diotallevi


Ed. Neri Pozza
240 pp
18 euro
 Nino Giacosa è un uomo che superato i quaranta e la cui esistenza è un continuo susseguirsi di fallimenti e solitudine.

"La sua vita era tutta lì, grigia come il cielo che lo sovrastava. Un’esistenza trascorsa a scacciare, senza successo, i demoni che lo assediavano."

Nino è un uomo spezzato dentro e da sempre in fuga: fugge dagli uomini cui deve dei soldi, fugge dalla sua passione per il gioco d'azzardo, fugge dai ricordi dolorosi e sempre vivi della prigionia ad El Alamein (combatté nella seconda guerra mondiale e fu fatto prigioniero dagli inglesi), e fugge dai fantasmi del passato, in particolare da Miriam, la donna che ha amato. 

In realtà, c'è qualcun altro da cui sta fuggendo: sé stesso. 
Da quel sé stesso che da una parte è tentato di lasciarsi andare a una vita allo sbando, priva di scopi e ambizioni, in balia di alcol e gioco, e dal'altra è solleticata dal desiderio di poter essere qualcuno, di lasciare un segno del proprio passaggio sulla terra e di farlo attraverso un libro.

Nino ha lavorato nel mondo del cinema in ruoli senza troppe pretese, ma ciò che sogna è scrivere una sceneggiatura.

E dopo tanti sogni infranti ecco che il desiderio di scrivere una storia diventa uno scopo che potrebbe riempire il vuoto della sua intera esistenza.

Ma trovare un soggetto interessante è un'impresa tutt'altro che semplice, sopratutto se vivi nel timore che i tuoi creditori ti trovino e te le suonino per bene, se le tasche sono perennemente quasi del tutto vuote e se l'unica pensione che puoi permetterti è un buco squallido presso una signora nervosa e seccante che non fa che urlare e guardarti con aperto biasimo.

Un giorno, però, qualcosa comincia a cambiare, portando un diversivo nella grigia e triste vita di Nino.
Anzitutto, rincontra - dopo una ventina d'anni - i due amici d'infanzia Giorgio e Miriam.
Certo, sono passati davvero troppi anni perché la vecchia e solida amicizia degli anni verdi sia ancora quella d'un tempo; sì, perché c'è stato un periodo in cui i tre sono stati inseparabili, ma la guerra li ha allontanati e ha scombinato tutto.
E mentre Giorgio ha sposato Miriam, Nino ha tagliato i ponti con loro dopo essere tornato dalla prigionia in Egitto, preferendo un'amara solitudine alla frequentazione del buon Giorgio e della bella Miriam, di cui è da sempre innamorato (ed era convinto che anche lei lo amasse..., salvo poi sposare l'altro).

Nino, quindi, riapre timidamente i rapporti con i due vecchi amici, e se con Giorgio c'è una cortese distanza, tra lui e Miriam c'è un vero e proprio muro di freddezza e diffidenza.
Miriam guarda Nino con astio, con disapprovazione per ciò che è diventato (un nullafacente che alza spesso il gomito, povero e con la deleteria fissa per le carte da gioco) ma nel fondo di quegli occhi espressivi e profondi, l'uomo vi legge anche altro.

E parte di questo altro egli lo tocca e sperimenta personalmente attraverso un invito apparentemente innocuo ma che si rivelerà importante e unico: Miriam lascia che una sera Nino vada con lei a casa di un uomo particolare, sensazionale, che corrisponde al nome di Gustavo Rol.

Chi è Gustavo Rol?
Se lo chiede Nino e, con lui, anche il lettore, e insieme scoprono pian piano, pagina dopo pagina, incontro dopo incontro, qualche frammento della variopinta ed eclettica personalità di questa persona non comune, che qualcuno chiama illusionista, qualcun altro mago o prestigiatore, altri anche medium.

Rol rifiuta con forza etichette di questo genere e l'unica cosa che chiede alle persone - che egli stesso ammette in casa propria, durante le serate speciali che organizza - è che esse assistano (e partecipino) ai suoi "esperimenti" senza pregiudizi di sorta ma con un atteggiamento di sincero stupore davanti a ciò che vedranno, anche qualora non capiscano appieno gli eventi a cui assistono.

E allora cosa accade tra le mura della bella casa di Gustavo Rol, in via Silvio Pellico, a Torino? Cosa vedono e cosa sentono i pochi eletti ammessi alle serate?
Sono spettatori di giochi e numeri di magia? Di sedute spiritiche? 

Di certo, Rol sa creare un'atmosfera di suspense, carica di una tensione palpabile che fa trattenere il respiro, sbarrare gli occhi e gelare il sangue perché quello che avviene in quegli appuntamenti speciali ha il carattere del soprannaturale, è qualcosa che il padrone di casa per primo giudica di valore inestimabile, metafisico, quasi divino.
Prodigioso.

Quando Nino viene introdotto per la prima vola al cospetto di quest'uomo che "si esprimeva nel più garbato dei modi e con un tono di voce dolcissimo, lezioso", il cui sguardo sembrava trapassarti l'anima e leggervi dentro con una sicurezza che non è di questo mondo, porta con sé tutto lo scetticismo e il raziocinio che lo caratterizzano, per natura e carattere.

Nino si rende conto di come sia Miriam che gli altri ospiti pendano letteralmente dalle labbra di Rol, di come siano ammaliati dalla sua figura carismatica, di quanto grande e cieca sia la loro fiducia in quell'uomo e nell'autenticità dei suoi "esperimenti" ultraterreni.

Ma Giacosa non ci casca: è convinto che sotto ci sia un grande imbroglio, celato dalle mani sapienti di un illusionista, bravo, per carità, ma che resta comunque un furfante cui piace incantare la gente più sensibile e credulona con i propri trucchetti, che riesce a scoprire particolari di ogni singola esistenza dei presenti con chissà quali mezzucci e spacciarli per abilità sovrumane, vicine al divino, al trascendente.

Ed è con questo atteggiamento diffidente, con l’occhio vigile a ogni dettaglio, che Nino inizia a partecipare con costanza alle serate di Rol, sempre facendo attenzione a non lasciarsi irretire e sedurre; la sua missione è scoprire e svelare il trucco che c'è dietro le dimostrazioni straordinarie che avvengono in quella casa.
E chissà che dalla frequentazione di questo personaggio unico ed enigmatico non possa nascere del materiale per la sceneggiatura che desidera da tempo scrivere e che potrebbe cambiare finalmente la sua vita!

Ciò che però non aveva messo in conto è che tra lui e Gustavo potesse crearsi un rapporto di complicità, una sintonia imprevista e preziosa, fatta di conversazioni serene e illuminanti per lei vie di una Torino gelida e impenetrabile, momenti in cui è lo stesso Rol ad aprire il proprio cuore al dubbioso Nino, raccontandogli la propria vita, il modo in cui ha scoperto di avere questo «dono» e la sensazione di tristezza e di costernazione nel rendersi conto di come tutta l'ammirazione e la venerazione che lo circondano siano fini a sé stesse e non frutto di una volontà genuina, da parte di chi lo segue, di capirlo davvero. 

Frequentando Gustavo Rol, imparando gradualmente a conoscerlo un po' di più, a sbirciare un pezzetto di quella personalità ingombrante e sfuggente, i dubbi di Nino verranno sciolti? 
L'ipotesi che l'altro sia un abile prestigiatore  verrà confermata o semplicemente Nino Giacosa potrà dire di aver conosciuto un essere assolutamente speciale, a metà tra l'umano e il divino, tra il terreno e il trascendente, capace di racchiudere in sé illusione e verità, magia e realtà, luce e ombra, vita e morte?

 

Attraverso "L'ultimo mago" ho avuto modo di avvicinarmi ad un personaggio realmente esistito di cui sinceramente, prima di leggere questo libro, non avevo mai sentito parlare.
Il velo si apre su Gustavo Rol e l'autrice sa come renderlo avvincente, misterioso, lasciandone emergere la complessità, i conflitti interiori, il suo essere - in un certo senso - padrone e schiavo di questi suoi doni "magici" inspiegabili scientificamente, e di portare il peso, dentro di sé, di tale dualità, che se lo rendeva una creatura degna di considerazione e plauso per un verso, per l'altro gli lasciava in bocca l'amara certezza di essere solo e incompreso, pur avendo attorno alla propria persone frotte di curiosi.

A prescindere dalle posizioni personali circa tutto ciò che appartiene alla dimensione magica, all'illusionismo e affini, Rol è senza dubbio una figura ricca di fascinazione, che finisce per instillare interrogativi e dubbi circa i suoi "poteri" e l'autenticità dei suoi "prodigi", a fronte delle testimonianze di chi lo ha conosciuto, ha avuto il privilegio di entrare in casa sua (ricordiamo personaggi noti come Fellini, l'avv. Agnelli ed altri) e di vederlo all'opera.

Interessante anche il co-protagonista, Nino Giacosa (che fa un po' da contraltare a Rol: razionale, "terreno" e dubbioso l'uno, pieno di meraviglia e metempirico l'altro), sempre in lotta con qualcosa e qualcuno, a partire da sé stesso; battaglie interiori che Rol vede con chiarezza, scrutando nel suo animo e lasciando Nino spiazzato, confuso, sorpreso.

Al punto da farlo sentire rammaricato al pensiero di non aver vissuto appieno, di essere stato troppo legato a ciò che vedeva, toccava o a ciò che gli mancava di materiale, tenendo lontana da sé la meraviglia, la capacità di stupirsi e di lasciarsi sedurre con serena fiducia dalla magia,

"...vorrei aver vissuto diversamente. Vorrei essermi lasciato andare alla meraviglia e all’incanto delle cose che non si possono spiegare, perché senza questo cosa resta, di una vita? Nient’altro che la realtà. E a chi basta, la realtà?"

E anche il lettore, come Giacosa, finisce per chiedersi quanto sia capace di lasciare spazio, nella propria vita, all’imprevisto e all’inspiegabile, nella convinzione che "ci sono più cose tra cielo e terra di quante la scienza potrà mai spiegare e (...) che la vita non sia tutta qui, che quel che vediamo sia solo un’insignificante porzione di quel che ci circonda. Comprendere che una vita acquista senso solo se può contare su una certa dose di incanto, di prodigio. Di meraviglia".


Accattivante anche la cornice costituita dalla città di Torino, capitale della magia bianca e della magia nera, "città austera e oscura (...) con quell’aria d’altri tempi e i mostruosi volti in pietra che si affacciavano da sotto i cornicioni, i diavoli in bronzo a protezione dei portoni e i piccoli occhi a fessura che da terra spiavano in superficie.", con le sue leggende che la rendono "una sfinge fissa e muta come un segreto", eternamente immersa in un enigma di difficile comprensione.


Il mio parere sul romanzo della Diotallevi è positivo, sono felice di averlo letto e mi ha trasmesso una grande curiosità circa questo sensitivo, Gustavo Rol.




Alcune citazioni

"la notte sapeva essere lunga e tormentosa, ma era dell’alba che occorreva dubitare, poiché è nel primo chiarore che si abbassa la guardia, sollevati."

"...delle vite degli altri ci sfugge sempre l’essenziale."

"Non importa quanti anni passeranno, quante cose accadranno nel frattempo, quanti altri amori vivrà quella donna: certe cose ti restano dentro, non passano mai e non cessano mai di tormentarti. Alcuni giorni sono meglio di altri, ma non bisogna illudersi. Le tragedie che ci colpiscono si fanno eredità, un lascito che non vorremmo ma che ci appartiene nostro malgrado".

«Tutte le storie di amori infelici sono storie di fantasmi, non è così?»

sabato 25 maggio 2024

UN ANIMALE SELVAGGIO di Joël Dicker [ RECENSIONE ]



Mentre si avvicina, inesorabile, il giorno di una rapina di una gioielleria di Ginevra, le serene vite famigliari di due coppie vengono stritolate in un torbido ingranaggio di segreti e menzogne dal quale sarà difficile uscirne indenni.


UN ANIMALE SELVAGGIO
di Joël Dicker 


La Nave di Teseo
trad. M.Zemira Ciccimarra
448 pp
"gli animali selvaggi sono come gli uomini: li puoi ammansire, truccare, travestire, puoi lare doro amore e speranza, ma non puoi cambiare la loro natura".

Il 2 luglio 2022 due ladri hanno in progetto di rapinare una importante gioielleria di Ginevra e, benché questo evento sia il culmine verso cui convergono tutte le vicende e le dinamiche che sostengono la struttura narrativa del romanzo, ad essere poste sotto attenta analisi sono le vite (singole e di coppia) dei personaggi coinvolti.

Sophie e Arpad Braun sono sposati ormai da diversi anni (con figli) e la loro è la classica famiglia che potremmo definire "del Mulino Bianco": sono belli,  ricchi, due professionisti di successo eleganti e di classe, vivono in una grande villa (chiamata "la casa di vetro") e appaiono così felici da suscitare spesso l'invidia di chi li conosce e frequenta.

Ad esempio, l'invidia di Greg, che abita vicino alla casa di vetro.
Greg è un rispettabile ed encomiabile poliziotto sposato con Karine; i due conducono, assieme ai figli, una vita semplice, onesta e sobria, e anche la loro può essere definita una bella famiglia.

Certo, non dispongono delle medesime risorse economiche dei più agiati Braun (con cui saltuariamente trascorrono del tempo insieme), non sono altrettanto ammirati né si distinguono per eleganza e raffinatezza, però sono "moderatamente felici" e la loro vita di coppia procede abbastanza bene, tra alti e bassi.

O almeno, questo è ciò che pensa Karine.
Greg, invece, è insofferente e insoddisfatto, e soprattutto cela pensieri e voglie estreme che non sono dirette verso la propria moglie, bensì verso l'affascinante e sensuale Sophie; è lei che Greg sogna di baciare e possedere, è diventata la sua ossessione e non fa che osservarla di nascosto, spiandola per rubarle, seppur con gli occhi e da lontano, momenti di intimità, sia ella da sola in casa o col marito.
La sua attrazione fisica per la bella signora Braun non può non condizionare il rapporto con Karine, con cui Greg si fa giorno per giorno più freddo, distante, seccato e irritato, quasi ne mal sopportasse la vicinanza e avesse cominciato a vedere tutti i difetti estetici e caratteriali della moglie, che nel paragone con Sophie perde alla grande.
Per placare gli istinti sessuali che non può sfogare su e con l'oggetto del proprio desiderio, Greg si butta su una relazione extraconiugale, salvo poi rendersi conto che avere l'amante può essere impegnativo tanto quanto avere una moglie.

Ma il poliziotto non è l'unico spione appostato nei pressi della casa di vetro: qualcun altro, dalla propria auto, è da giorni interessato ad osservare ciò che accade in casa Braun.

Perché? È un ladro che sta organizzando una rapina alla villa? O è un uomo fissato con Sophie, tipo Greg?

Come è sua abitudine, anche in questo romanzo Dicker struttura la storia in un continuo alternarsi di presente e passato; la rapina fa da spartiacque, creando una sorta di prima e dopo, e tutto ciò che accade prima del fatidico 2 luglio, è assolutamente importante per capire chi sono i nostri personaggi, qual è la loro personalità, quali sono le aspettative, le speranze, i timori, i segreti, il passato.
I lati oscuri e i "peccati" mai confessati.

Il racconto del passato è, a sua volta (in quanto più complesso e ricco di fatti), stratificato in vari periodi, che possono arrivare anche a vent'anni prima, quando ad es. Sophie e Arpad si erano appena conosciuti.

Dicker ci lascia entrare gradualmente nelle vite di Arpad e di Sophie, così da permetterci di conoscere cosa l'uno e l'altra si sono sempre nascosti reciprocamente, cosa erano prima di unire le loro vite e quanto di quei giorni andati è rimasto in loro.

Arpad è uno stimato professionista che lavora in una banca eppure c'è una macchia nel suo passato, qualcosa che lo costrinse, quand'era più giovane, a scappare e a cercare di rifarsi una vita lì dove nessuno lo conosceva.
Come mai? Cosa può aver mai combinato?

Sophie è, però, la vera protagonista di questo thriller famigliare, colei alla quale si deve lo stesso titolo del libro: un animale selvaggio.

A vederla oggi, la donna è un connubio di fascino e forza, è non solo bella fisicamente, ma ha carisma da vendere; è una di quelle persone che, quando entra in una stanza affollata, attira gli sguardi di tutti perché è come se fosse costantemente circondata da una luce alla quale tutti vogliono avvicinarsi.

Sophie è un bravo avvocato e ama il suo Arpad e i loro splendidi bambini; eppure, c'è un fuoco che arde dentro di lei, qualcosa che pretende di trovare sfogo per farla sentire viva, e il tatuaggio della pantera che è sulla sua gamba rispecchia bene la sua personalità: Sophie non è fatta per restarsene nei salotti a chiacchierare di futilità, lei è sveglia, agile, scaltra e selvaggia come una pantera, e come una belva selvatica ha bisogno di muoversi al di là delle sbarre della prigione dorata in cui si è infilata col matrimonio.
Una prigione comoda, certo, una bolla di felicità e tranquillità, fatta di lavoro, casa, figli, marito, amici, cene... 
Un tipo di vita che, però, ha sempre reso Sophie insoddisfatta, ma mai avrebbe immaginato che una persona (importante) del passato sbucasse fuori dopo anni a turbare le placide acque del presente.

Questa persona è un uomo che conosce sia lei che Arpad; è tornato con uno scopo ben preciso, che potrebbe stravolgere le vite dei Braun.
Nel giorno del proprio 40° compleanno, Sophie riceve da quest'uomo un regalo che sconvolgerà la sua vita e che la porterà, con la mente, indietro di anni e anni prima, lontano da Ginevra e dalla villa elegante di oggi, in un passato in cui la pantera che è in lei era viva e attiva.

Attraverso un meccanismo narrativo in cui il passato, implacabile, insegue il presente e in cui la tensione sale con l'approssimarsi del giorno della rapina, il lettore punta la lente d'ingrandimento su Sophie e Arpad, impegnati a cercare di continuare a nascondersi i rispettivi segreti per non dover assistere al drammatico crollo della loro vita; ma la resa dei conti è sempre più vicina e la famosa rapina avrà il suo peso.

Dicker è bravo nel costruire storie ricche di intrecci e di suspense, in cui tutto tutto ciò che sembra lineare e ovvio si trasforma, in un susseguirsi di flashback e colpi di scena inaspettati, in qualcosa di intricato e imprevedibile; la caratterizzazione psicologica dei protagonisti è l'elemento principale, prima ancora dell'aspetto thriller in sé per sé; da Sophie ad Arpad a Greg, i personaggi sono delineati con profondità e sfumature, in special modo Sophie, che emerge quale figura complessa e affascinante, alle prese con un passato che tenta di nascondere ma che rischia di farsi sempre più ingombrante, perché specchio di desideri e istinti nascosti, che lei vorrebbe continuare a soffocare per il bene di tutti.

Attorno a lei ruotano personaggi tormentati e ambigui, che sia l'uomo del passato (conoscenza in comune con Arpad), il marito stesso (bugiardo anch'egli) o Greg, diviso tra l'essere un buon poliziotto e marito, e l'assecondare gli impulsi che gli si agitano dentro. Forse l'unico personaggio meno complicato e più "limpido" è Karine.

Un animale selvaggio è un thriller avvincente che spinge non a lambiccarsi il cervello su un mistero o un crimine o un caso da risolvere, quanto piuttosto a riflettere sulla natura umana, su quanto ambigue possono essere le relazioni interpersonali (nello specifico, quelle di coppia), sul potere (nefasto) dei segreti e sulla battaglia tra razionalità e istintività. 

Con un ritmo incalzante e una scrittura elegante, Dicker esplora sapientemente le zone d'ombra dell'animo umano, spesso in balia di desideri in contrasto tra loro, in costante tensione verso la ricerca della verità ma, al contempo, vittima di bugie costruite per proteggere chi/ciò che si ama.

Il libro l'ho ascoltato su Audible e mi è piaciuto moltissimo, la storia mi ha tenuta incollata dall'inizio alla fine.

Lo consiglio a chi ha già avuto modo di apprezzare Dicker, a chi desidera leggere un thriller non cruento ma più psicologico, incentrato sulle relazioni e sulla profondità della psiche umana.

giovedì 23 maggio 2024

MAGNIFICAT di Sonia Aggio [ RECENSIONE ]



Nilde e Norma sono due cugine rimaste orfane nel 1944, quando i loro genitori morirono sotto i bombardamenti; sono sempre state tutto l'uno per l'altra, cresciute come sorelle legate da un affetto tenace e solido, che però a un certo punto si incrina fino a spezzarsi, col rischio di trascinare l'una lontana dall'altra..., proprio come gli argini del Po si ruppero nel novembre 1951, travolgendo il territorio del Polesine.


MAGNIFICAT
di Sonia Aggio


Fazi Ed.
202 pp
L'alluvione del Polesine di cui si narra tra queste pagine è stata una delle calamità naturali più gravi in Italia; coinvolse le province di Rovigo, Ferrara e Mantova, causando centinaia di vittime e migliaia di sfollati.

È quindi il 1951 quando Nilde e Norma vivono tranquille in un piccolo casolare nella campagna del Polesine; a dispetto della loro diversità fisica e caratteriale, le due si vogliono un gran bene e sanno di poter contare sul sostegno reciproco.

Ma un giorno tutto cambia, all'improvviso, ed è Norma la responsabile.

Da un po' di giorni ha iniziato a comportarsi in modo strano, soprattutto da quando (a detta sua) è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, fatto di per sé non grave eppure, da allora, la ragazza adotta comportamenti strani, misteriosi: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non vuol parlare con la cugina, arrivando ad impedirle persino di avvicinarsi. 

Per carattere, già Nilde è timorosa e va in ansia per un nonnulla, figurarsi di fronte ai bizzarri e inspiegabili mutismi della cugina-sorella, alle sue risposte sgarbate, addirittura ai suoi gesti quasi violenti, aggressivi fisicamente: Nilde è confusa e spaventata, quasi ha paura di questa nuova versione di Norma, che a malapena le parla, che nulla le spiega dei propri malesseri, di ciò che la rende nervosa e scontrosa.

Che cosa le sta succedendo? 
Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo.

Cosa sta spingendo Norma ad allontanarsi da Nilde (in un modo fin troppo brusco, quasi con cattiveria) e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? 
Dev'essere per forza accaduto qualcosa e più Nilde insiste con domande, suppliche accorate sull'orlo delle lacrime, e più sembra che Norma si innervosisca e aumenti la distanza tra loro.
Una distanza riempita da silenzi e bugie.

Attorno al legame indissolubile che lega le due protagoniste si sviluppano altre dinamiche e rapporti, come quello tra Nilde e Domenico (un bravo ragazzo che le vuol bene e che entrerà a far parte della sua vita) e il disastro provocato dall'alluvione, che obbligherà la gente a cercare di scappare per non farsi travolgere dal fiume in piena. 

Ma ciò che più di tutto metterà a dura prova il rapporto tra le due cugine sarà una serie di misteriosi e inspiegabili incontri e "apparizioni" che coinvolgeranno proprio l'enigmatica Nilde.

La ragione per cui si sta allontanando bruscamente dall'amata cugina non è egoistica né capricciosa, anzi, è l'espressione di un amore sincero, coraggioso, disposto a sacrificarsi pur di preservare l'altra dal male. 
C'è qualcosa che va oltre il terreno, l'umano, il razionale e che sta tirando la pur forte Norma in un abisso oscuro, proprio come il Po travolge case e alberi e persone con le sue acque scure, che da "amiche" del territorio diventano "nemiche", portatrici di catastrofe, danni, morti, perdite.

Un'antica leggenda ritorna a circolare in quei giorni particolari, una voce insistente parla all'orecchio di Norma e ciò che sussurra la fa spaventare, rabbrividire, perché ha il sapore dell'ineluttabilità, lascia addosso il freddo della morte e la ragazza è pronta ad affrontare l'ignoto pur di non trascinare con sé la cara e ignara Nilde.
Piangerà e soffrirà senza di lei, ma preferisce che sia Nilde a piangere la sua Norma, e non il contrario.


"Magnificat" è un romanzo molto particolare, dalla trama quasi sfuggente, che richiede attenzione durante la lettura perché - almeno per me è stato così - la sensazione di "perdere qualche pezzo" lungo il tragitto è dietro l'angolo.
La natura si prende il suo spazio tra queste pagine, nel bene e nel male, in quanto portatrice di benedizioni e bellezza ma anche di calamità; si respira da subito un'aria di mistero che conferisce un che di gotico, una sensazione di evanescenza e di indefinito, di sospeso e irrisolto, anche quando poi - proseguendo fino alla fine - comprendiamo quegli aspetti che possono sembrare elusivi e poco chiari inizialmente.
Ma del resto mi sono fatta l'idea che siano proprio l'inafferrabilità e l'impenetrabilità a rendere interessante questo romanzo dai toni molto evocativi, e ciò è coerente con la presenza di elementi sovrannaturali, che attingono al complesso mondo delle credenze popolari, le quali mescolano spesso superstizioni e fede, razionale e irrazionale (o meglio, soprarazionale).

Concludo dicendo che ho avuto un rapporto strano con questo libro: all'inizio ho faticato ad entrare nella storia, mi sembrava di andare avanti brancolando nel buio, come se mi mancassero dei punti di riferimento, degli indizi o segnali chiari; poi ho messo da parte la razionalità e ho cercato di lasciarmi trascinare dall'autrice e dal suo modo di raccontare, accettando di entrare in un "piccolo mondo antico" sibillino e, per questo, affascinante.

Consigliato a chi ricerca un libro breve, diverso dal solito, in cui vengono affrontati argomenti come il legame tra sorelle, il peso delle tradizioni/credenze nei piccoli paesi, la forza dirompente dei fenomeni naturali, l'amore come àncora di salvezza e come sacrificio, l'andare incontro al proprio destino. 

mercoledì 22 maggio 2024

NOVITÀ IN LIBRERIA [ romanzi thriller e storici ]


Ed ecco alcune recenti  pubblicazioni mi "segno" qui sul blog perché mi interessano molto. Voi che ne pensate? Le trame vi incuriosiscono?



THRILLER

OVUNQUE TU SIA 
di Harlan Coben


Longanesi Ed.
368 pp
22 euro
Dal 21 maggio '24
Nella notte più brutta della sua vita, David si sveglia immerso in una scena sconcertante: suo figlio Matthew è stato assassinato. 
Fin dalle prime ore la polizia e la sua stessa famiglia sospettano che il responsabile del brutale omicidio sia proprio lui e anche se David sa che non è così, non ha modo di provarlo. 
Distrutto dal dolore e tormentato dal senso di colpa, assiste impotente allo sgretolarsi della propria linea difensiva e al naufragio del proprio matrimonio finendo per accettare la condanna all'ergastolo. 
Dopo cinque anni passati in totale isolamento, David riceve la visita della cognata, che gli mostra una foto recente scattata in un parco. Sullo sfondo, appena visibile, c'è un bambino. 
E quel bambino è Matthew. 
Possibile che suo figlio sia ancora vivo? 
A David non resta che fuggire dalla prigione in cui è rinchiuso per cercare a tutti i costi di scoprire cosa è davvero successo quella maledetta notte. 
Fino a quando David riuscirà a depistare gli agenti dell'FBI che lo braccano?  
Chi riuscirà a fermare un padre disposto a tutto pur di scoprire la verità su un figlio che credeva perso per sempre?




LA FAMIGLIA È  ANCORA QUI
di Lisa Jewell


Neri Pozza
trad. A. Biavasco,
V. Guani
384 pp
20 euro
Dal 21 maggio '24

2019. È mattina presto quando l’ispettore Samuel Owusu riceve una chiamata: sulle rive fangose del Tamigi è stato ritrovato un sacco nero contenente resti umani. 
Gli accertamenti della Scientifica portano a un vecchio caso che aveva visto coinvolti marito, moglie e un terzo uomo, trovati morti, allineati a terra come in un rituale, nella cucina della loro elegante casa di Chelsea, una bimba di pochi mesi, piangente, al piano di sopra, e i due figli adolescenti svaniti nel nulla. 
Un cold case fatto di indagini senza sbocco, profili di dna ignoti, ombre inquietanti di una setta. 

Anche Rachel Rimmer viene svegliata da una telefonata: suo marito Michael è stato trovato morto, aggredito con un’arma da taglio, nella cantina della sua villa di Antibes, in Francia. 
Alle domande della polizia francese circa il passato e le frequentazioni di Michael, Rachel non ha alcuna intenzione di rispondere sul suo passato, le sue frequentazioni. Domande a cui Rachel non ha alcuna intenzione di rispondere. 

Dopo essere fuggita da Londra trent’anni prima incalzata da un’orribile tragedia, ora Lucy Lamb può tornare lasciandosi alle spalle un’esistenza all’insegna della precarietà. 
Un’inaspettata eredità le consentirà finalmente di trovare una sistemazione più che decorosa per sé e i suoi due figli e di lasciare l’appartamento di suo fratello Henry, dove non sono i benvenuti. 
Anche perché Henry se n’è andato, in cerca di una persona del loro passato, quel passato che non possono dimenticare.



STORICO

LA STANZA DEI SEGRETI
di Megan Campisi

Ed. Nord
trad. Toticchi
400 pp
19 euro
Dal 21 maggio '24
La guerra civile infuria e, per aggiudicarsi la vittoria, servono armi più potenti di cannoni e fucili. Servono informazioni. 
Assunta dalla leggendaria Pinkerton National Detective AgencyPer, Kate Warner è l'unica agente donna e lotta da anni per conquistarsi il rispetto dei colleghi, che la considerano troppo emotiva per le operazioni sul campo. 
Ma adesso, nell'agosto del 1861, è lo stesso Allan Pinkerton a sceglierla per una missione delicatissima. Nessun uomo infatti potrebbe far collaborare Rose O'Neal Greenhow, una vedova sudista che è stata trovata in possesso di un messaggio cifrato che, se decrittato, potrebbe porre termine a quella carneficina. 
Ricca, viziata e razzista, la donna rappresenta tutto ciò che Kate disprezza ma deve assolutamente riuscire a conquistarsi la sua fiducia, e per farlo imparerà a mettersi nei suoi panni, scoprendo così una persona forte e determinata, che combatte per ciò che ritiene giusto. 
Solo allora Kate si rende conto che una donna del genere – così diversa eppure così simile a lei – non può essere piegata. 
E che tutte e due sono pedine di un gioco dall'esito imprevedibile...




LA PALUDE DELLE STREGHE 
di Jarka Kubsova


Neri Pozza
trad. C. Ujka
320 pp
19 euro
Dal 14 maggio '24
Amburgo, oggi. Quando Britta Stoever si trasferisce con la famiglia a Ochsenwerder, quartiere periferico a sud della città, si ritrova a vivere nella solitudine, che la stringe in una morsa e fa eco a quella che sente nascere dentro di sé. 

Eppure, da ex geografa, Britta è abituata al silenzio del paesaggio in cui si celano le storie, e quando in una delle sue camminate si imbatte in un cartello che porta il nome di una donna, la sua curiosità si ridesta. 
Quella che incontra, tuttavia, è una storia di invidie, di pregiudizi, di persecuzione. E di fuoco. 

Amburgo, 1570. Abelke Bleken, unica figlia di un ricco fattore, gestisce i suoi possedimenti con saggezza. 
È bella, dicono alcuni. È arrogante, dicono altri: tutta quella terra è troppa per lei sola. 
E il giorno in cui, grazie all’attento ascolto della natura, Abelke prevede l’arrivo di una tremenda inondazione – che causerà danni incommensurabili – la voce che nel villaggio si diffonde su di lei è soltanto una: strega. 
Basta poco perché l’invidia e il desiderio rendano le accuse concrete, condannandola al processo, alla tortura, al rogo.

Ispirato a una vicenda reale.





sabato 18 maggio 2024

"Quando muore un amore. Storie di lutto e memoria" di Matteo Carlesi [ Segnalazione& Recensione ]



"Quando muore un amore. Storie di lutto e memoria" è una silloge del poeta toscano Matteo Carlesi (Controluna Edizioni, 13 euro, 102 pp.).

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Il volume comprende 46 poesie, suddivise in due parti - "In morte di A." e "In memoria di A" - più un intermezzo ("Miscellanea") e da subito comprendiamo come il cuore e il motore di questi versi sia principalmente l'Amore, accanto al quale si sviluppano altre tematiche di vita altrettanto fondamentali, come la malattia, la morte, il ricordo di chi non c'è più e, di conseguenza, la potenza della memoria,  in cui la consolazione è mescolata a una dolorosa nostalgia per ciò che di bello è stato vissuto accanto alla persona amata ma che adesso, purtroppo, è andato via con la sua dipartita.

Nelle poesie di Carlesi traspaiono il grande e sincero amore provato e vissuto con il suo compagno Andrea, che una terribile e inesorabile malattia ha strappato a questa vita; la sua assenza si sente in ogni momento, in ogni luogo, gesto e abitudine legati alla quotidianità e al tempo condiviso tra sorrisi e lacrime, tra gioie e difficoltà, scandisce l'oggi e disegna i giorni futuri.


Ma ora tacete le parole
tacete uccelli il vostro canto.
Fermate le campane.
Prosciugate le fontane.
Io solo resto
senza occhi, senza speranza,
senza vita, senza aria né acqua.
Il mio campo è seccato.
Il mio mondo è caduto.
Rotto.
Infranto.
Spezzato.
Il mio amore è morto.


A lenire il dolore per l'assenza c'è la consapevolezza di un sentimento inossidabile che la morte non può calpestare o annullare, rafforzato anzi dalla forza dei ricordi di ciò che è stato, memorie che - come dicevo più su - da una parte alleviano e confortano, dall'altra spesso si posano e pesano sul cuore, rendendo l'aria e i giorni irrespirabili, svuotati di senso e valore.

Perché l'esistenza ha valore nell'amore vissuto giorno per giorno, negli abbracci, nei sorrisi, nelle risate di chi si ama.
E quando questo viene a mancare a causa della morte, continuare a vivere può trasformarsi in una lotta giornaliera per non soccombere alla sofferenza; l'accettazione della perdita dell’amato è un viaggio in cui la solitudine, le lacrime, lo smarrimento, il rumore sordo del vuoto dentro casa... sono i compagni più tristemente fedeli.

Ma se lo struggimento e il dolore più cupo proseguissero senza mai attenuarsi, vivere diverrebbe un inferno per chi resta, ed è così che nel passaggio dalla prima alla seconda parte della raccolta cominciano a interporsi altre consapevolezze, altre emozioni: il dolore non può essere scacciato del tutto perché l'assenza resta, ma forse i ricordi belli possono aiutare a lasciare viva l'immagine del volto amato, a ripensare con tenerezza e commozione al vissuto condiviso, che dalla mente e dal cuore non se ne andranno mai ma continueranno ad essere alimentati dall'amore:

"...in questo mio tempo
mi spetta la tua assenza,
ma nel mio cuore lo sai
resta una sola parola:
Amore."

Lungi dall'essere cupe o disperate, le poesie di Matteo Carlesi trasmettono una grande forza, anche nell'espressione del dolore; perdere l'amato e sapere che al mattino non lo vedremo più accanto a noi è qualcosa di emotivamente devastante (cui si aggiunge, in questo caso, anche il travaglio della malattia nei mesi precedenti la morte) e inevitabilmente l'autore non attenua ciò che prova a livello di angoscia, di senso di vuoto, perché la mancanza è "ingombrante", riempie ogni spazio, ogni attimo, e fingere che non si soffra non aiuta, al contrario.
La luce ci sembra tanto più luminosa quando si è attraversato il buio più nero, e questa luce la percepiamo, la vediamo leggendo queste bellissime poesie: è la luce della speranza di riuscire comunque a vivere con dignità e la giusta serenità in nome di un Amore che non passa, che sopravvive all'assenza fisica dell'altro, il quale continua ad esistere nel cuore di chi l'ha amato e quest'ultimo non può che dare valore al suo ricordo continuando a vivere, a resistere giorno per giorno.

"Là, davanti alla tua foto ho sorriso,
un sorriso appena accennato,
e tu mi hai risposto,
hai risposto nel mio cuore."


Una silloge che si legge d'un fiato grazie ad una scrittura immediata, semplice ma emotivamente ricca e piena, poesie che commuovono per i forti e genuini sentimenti che le attraversano e che arrivano con potenza ai cuori dei lettori, tanti dei quali sicuramente possono ritrovarsi - in virtù di esperienze simili - nel vissuto dell'autore, che ha scritto una raccolta che ritengo, nel mio piccolo, davvero meritevole di attenzione.

Consigliata a quanti amano la poesia perché le riconoscono il suo "potere" straordinario di esprimere, in modo unico, vissuti, emozioni, speranze, ricordi dolorosi e belli, e di concedersi, attraverso questo viaggio dentro sé stessi, il dono di guarire, di gettare un po' di balsamo sulle ferite e di continuare a trovare, di giorno in giorno, il senso della propria esistenza nonostante delle importanti assenze.

mercoledì 15 maggio 2024

LIA di Maria Cristina Russo [ RECENSIONE ]



Questa è la storia di una donna che per trent'anni è stata prigioniera di un matrimonio infelice con un marito violento; una donna vittima di soprusi e umiliazioni fisiche, sessuali, psicologiche, ormai rassegnata a quell'esistenza priva di gioia e amore accanto al suo aguzzino.
Ma un giorno accade qualcosa che le dona, inaspettatamente, la speranza di poter essere felice.


LIA
di Maria Cristina Russo

IVVI Ed.
176 pp
19,90 euro
Febbraio 2024
Poco più che cinquantenne, Lia è ancora una bella donna, con un bel corpo, un bel viso..., ma è lei la prima ad averlo dimenticato.

Sposata con Carlo da trent'anni, non sa cosa voglia dire godere di una relazione di coppia sana, basata su amore, fiducia, stima, complicità, rispetto; al contrario, tra lei e il coniuge c'è un legame tossico, dove lui è colui che comanda, decide, domina sulla moglie, e quest'ultima è totalmente sottomessa alle decisioni, ai capricci e agli scatti d'ira di quello che ormai è divenuto il suo "carceriere".

Sì, perché un matrimonio così altro non è che una prigione infernale, contrassegnata da ogni genere di violenza fisica e psicologica, completamente priva di gesti di tenerezza, di affetto, di calore.

Sarebbe facile giudicarla e chiedersi: "Ma se viene maltrattata, picchiata, abusata, perché Lia non se ne va? Perché non lascia Carlo, questo marito crudele e sadico, che gode nell'infliggere sofferenze alla moglie inerme e silenziosa?".

Ma Lia non va giudicata; Lia va capita, ascoltata, aiutata, e fatta eccezione per l'amica di sempre (Vera) e il fratello Paolo, non ha chissà chi a supportarla, a cominciare dalla madre, che non le è mai stata né di aiuto né di conforto, anzi.

Eppure, una sera, accade qualcosa che cambierà radicalmente l'esistenza della donna.

Sembra una serata come le altre (trascorsa in casa a pulire, preparare la cena, facendo attenzione a non commettere neanche il minimo errore, pena l'ira furibonda di Carlo, che comincerebbe a sfogare ogni frustrazione sulla moglie), ma non è così perchè Carlo sta tardando dal lavoro, cosa che non capita praticamente mai.
Alla porta si presenta un ispettore di polizia, Giuseppe Cafiero, accompagnato da un poliziotto in divisa, che le comunica che il marito è stato ucciso. 

Carlo ucciso? E da chi? Perché?

Sarebbero domande normali da porsi, ma in realtà Lia non se ne preoccupa: Carlo non c'è più, qualcuno - anche se non si sa ancora chi - ha spezzato le catene della sua terribile e dolorosa prigionia e questo è, per la vedova, l'unico pensiero meritevole di attenzione.

Certo, un attimo di smarrimento c'è, ma la consapevolezza di essere finalmente libera a 52 anni le riempie il cuore di un sollievo, di una serena euforia... che mai aveva provato fino a quel momento.

Vivere.
Cominciare a vivere adesso che è una donna matura, non più una ragazza: è forse tardi per lei?
No, non è troppo tardi per prendere in mano la propria esistenza, anzi, può farlo con la certezza che non ci sarà più la presenza malvagia di quel marito-padrone che godeva nel farle del male.

E noi lettori percepiamo questa leggerezza che inonda il cuore di Lia, partecipiamo alla sensazione di liberazione e pace che la travolge e che la spinge a rivoluzionare da subito il modo di vestire, di acconciarsi, la casa, i rapporti con le persone, soprattutto con gli uomini: basta, non c'è più nessuno a condizionarla, a schiaffeggiarla per ogni presunto suo sbaglio, a dirle come deve vestire, se e quando può parlare, uscire, alzarsi o sedersi.

La sua esistenza comincia lentamente una nuova fase in cui rinascita è la parola d'ordine. 

Lia comincia a conoscere persone nuove, a partire dal suo affascinante vicino di casa di origini inglese: John Westmoreland, un professore universitario affascinante, elegante, socievole, con il quale stringe un' amicizia speciale.

E poi c'è lui, l'ispettore Cafiero, l'uomo che sta seguendo le indagini dell'assassinio di Carlo.

Tra Giuseppe e Lia scatta un'intesa particolare sin dai primi momenti; entrambi si sentono imbarazzati e intimiditi ma, poiché le occasioni per vedersi e parlare non mancano, ogni volta hanno modo per capire e appurare se l'uno condivide le stesse belle e travolgenti sensazioni che prova anche l'altra.

E quando si accertano che un filo di passione e complicità li unisce, la voglia di vivere nella libertà un sentimento acerbo e appena nato, eppure già così forte, diviene incontenibile.

Intanto, però, l'assassino ha cominciato a tessere la sua tela e a noi lettori viene concessa una prospettiva narrativa più ampia, per cui intuiamo la sua identità, lo vediamo agire col favore delle tenebre e architettare ulteriori crimini per non farsi scoprire.

Non solo, ma quest' assassino è ancora l'ennesimo uomo convinto di poter decidere del destino di una donna, di avere il diritto di accampare pretese su di lei e di essere geloso e possessivo.

Lia è stata liberata da una relazione malata da qualcuno di cui non conosce il volto né il nome; il suo unico e legittimo desiderio è quello di essere felice, indipendente, di amare (ed essere amata da) un uomo che la rispetti, che non voglia dominarla ma starle accanto, che l'apprezzi, la stimi, la supporti, che non la riempia di pugni e calci ma di carezze e baci.

Ne ha tutti i diritti e cercherà di mettere sé stessa al primo posto, di non permettere più a nessuno di trattarla come un oggetto senza valore, di umiliarla, possederla contro la sua volontà, di farla sentire meno di niente.

Lia sogna ciò che ogni persona ha diritto a sognare e ad avere nella propria vita.
Ce la farà ad essere felice?

"Lia" è un romanzo drammatico che tratta la tematica della violenza di genere, delle relazioni tossiche, e lo fa con realismo, con un linguaggio semplice, immediato, con molti dialoghi e altrettanti passaggi più riflessivi in cui abbiamo modo di approfondire le psicologie dei personaggi coinvolti.
Non possiamo non empatizzare con la protagonista, "facciamo il tifo" per lei, desideriamo che sia finalmente l'unica padrona di sé stessa, che non ceda più a un amore (che amore non è!) deviato, egoistico, violento, abusante.
Lia si merita un uomo come Cafiero: onesto, dolce, rispettoso; si merita un'amica come Vera, sempre disponibile e pronta a darle il suo aiuto.

Ma, come dicevo, questo libro è realistico e non pensate che sia scontata la favola, l'happy ending.
Ci auguriamo che per ogni donna che riesce a fuggire da un uomo che non l'ama e che la maltratta, ci sia una concreta possibilità di rinascere dalle ceneri di un rapporto che non ha dato altro che lacrime.
E fino alla fine vorremmo questo anche per Lia.

Un romanzo che scorre pagina dopo pagina, grazie alla scrittura fluida, alla storia così attuale, aderente alla realtà, alla capacità dell'autrice di coinvolgere emotivamente il lettore nelle vicende della protagonista.

Consigliato a quanti cercano una storia che rispecchi tematiche purtroppo tristemente attuali, come la violenza sulle donne.
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