mercoledì 29 maggio 2024

L'ULTIMO MAGO di Francesca Diotallevi [ RECENSIONE ]




Sullo sfondo suggestivo di una Torino oscura e misteriosa degli anni Sessanta, Francesca Diotallevi ci restituisce il ritratto di un uomo la cui vita è stata ammantata anch'essa di mistero: Gustavo Adolfo Rol, "...traghettatore di anime (...) Visibile e invisibile, possibile e impossibile." 


L'ULTIMO MAGO 
di Francesca Diotallevi


Ed. Neri Pozza
240 pp
18 euro
 Nino Giacosa è un uomo che superato i quaranta e la cui esistenza è un continuo susseguirsi di fallimenti e solitudine.

"La sua vita era tutta lì, grigia come il cielo che lo sovrastava. Un’esistenza trascorsa a scacciare, senza successo, i demoni che lo assediavano."

Nino è un uomo spezzato dentro e da sempre in fuga: fugge dagli uomini cui deve dei soldi, fugge dalla sua passione per il gioco d'azzardo, fugge dai ricordi dolorosi e sempre vivi della prigionia ad El Alamein (combatté nella seconda guerra mondiale e fu fatto prigioniero dagli inglesi), e fugge dai fantasmi del passato, in particolare da Miriam, la donna che ha amato. 

In realtà, c'è qualcun altro da cui sta fuggendo: sé stesso. 
Da quel sé stesso che da una parte è tentato di lasciarsi andare a una vita allo sbando, priva di scopi e ambizioni, in balia di alcol e gioco, e dal'altra è solleticata dal desiderio di poter essere qualcuno, di lasciare un segno del proprio passaggio sulla terra e di farlo attraverso un libro.

Nino ha lavorato nel mondo del cinema in ruoli senza troppe pretese, ma ciò che sogna è scrivere una sceneggiatura.

E dopo tanti sogni infranti ecco che il desiderio di scrivere una storia diventa uno scopo che potrebbe riempire il vuoto della sua intera esistenza.

Ma trovare un soggetto interessante è un'impresa tutt'altro che semplice, sopratutto se vivi nel timore che i tuoi creditori ti trovino e te le suonino per bene, se le tasche sono perennemente quasi del tutto vuote e se l'unica pensione che puoi permetterti è un buco squallido presso una signora nervosa e seccante che non fa che urlare e guardarti con aperto biasimo.

Un giorno, però, qualcosa comincia a cambiare, portando un diversivo nella grigia e triste vita di Nino.
Anzitutto, rincontra - dopo una ventina d'anni - i due amici d'infanzia Giorgio e Miriam.
Certo, sono passati davvero troppi anni perché la vecchia e solida amicizia degli anni verdi sia ancora quella d'un tempo; sì, perché c'è stato un periodo in cui i tre sono stati inseparabili, ma la guerra li ha allontanati e ha scombinato tutto.
E mentre Giorgio ha sposato Miriam, Nino ha tagliato i ponti con loro dopo essere tornato dalla prigionia in Egitto, preferendo un'amara solitudine alla frequentazione del buon Giorgio e della bella Miriam, di cui è da sempre innamorato (ed era convinto che anche lei lo amasse..., salvo poi sposare l'altro).

Nino, quindi, riapre timidamente i rapporti con i due vecchi amici, e se con Giorgio c'è una cortese distanza, tra lui e Miriam c'è un vero e proprio muro di freddezza e diffidenza.
Miriam guarda Nino con astio, con disapprovazione per ciò che è diventato (un nullafacente che alza spesso il gomito, povero e con la deleteria fissa per le carte da gioco) ma nel fondo di quegli occhi espressivi e profondi, l'uomo vi legge anche altro.

E parte di questo altro egli lo tocca e sperimenta personalmente attraverso un invito apparentemente innocuo ma che si rivelerà importante e unico: Miriam lascia che una sera Nino vada con lei a casa di un uomo particolare, sensazionale, che corrisponde al nome di Gustavo Rol.

Chi è Gustavo Rol?
Se lo chiede Nino e, con lui, anche il lettore, e insieme scoprono pian piano, pagina dopo pagina, incontro dopo incontro, qualche frammento della variopinta ed eclettica personalità di questa persona non comune, che qualcuno chiama illusionista, qualcun altro mago o prestigiatore, altri anche medium.

Rol rifiuta con forza etichette di questo genere e l'unica cosa che chiede alle persone - che egli stesso ammette in casa propria, durante le serate speciali che organizza - è che esse assistano (e partecipino) ai suoi "esperimenti" senza pregiudizi di sorta ma con un atteggiamento di sincero stupore davanti a ciò che vedranno, anche qualora non capiscano appieno gli eventi a cui assistono.

E allora cosa accade tra le mura della bella casa di Gustavo Rol, in via Silvio Pellico, a Torino? Cosa vedono e cosa sentono i pochi eletti ammessi alle serate?
Sono spettatori di giochi e numeri di magia? Di sedute spiritiche? 

Di certo, Rol sa creare un'atmosfera di suspense, carica di una tensione palpabile che fa trattenere il respiro, sbarrare gli occhi e gelare il sangue perché quello che avviene in quegli appuntamenti speciali ha il carattere del soprannaturale, è qualcosa che il padrone di casa per primo giudica di valore inestimabile, metafisico, quasi divino.
Prodigioso.

Quando Nino viene introdotto per la prima vola al cospetto di quest'uomo che "si esprimeva nel più garbato dei modi e con un tono di voce dolcissimo, lezioso", il cui sguardo sembrava trapassarti l'anima e leggervi dentro con una sicurezza che non è di questo mondo, porta con sé tutto lo scetticismo e il raziocinio che lo caratterizzano, per natura e carattere.

Nino si rende conto di come sia Miriam che gli altri ospiti pendano letteralmente dalle labbra di Rol, di come siano ammaliati dalla sua figura carismatica, di quanto grande e cieca sia la loro fiducia in quell'uomo e nell'autenticità dei suoi "esperimenti" ultraterreni.

Ma Giacosa non ci casca: è convinto che sotto ci sia un grande imbroglio, celato dalle mani sapienti di un illusionista, bravo, per carità, ma che resta comunque un furfante cui piace incantare la gente più sensibile e credulona con i propri trucchetti, che riesce a scoprire particolari di ogni singola esistenza dei presenti con chissà quali mezzucci e spacciarli per abilità sovrumane, vicine al divino, al trascendente.

Ed è con questo atteggiamento diffidente, con l’occhio vigile a ogni dettaglio, che Nino inizia a partecipare con costanza alle serate di Rol, sempre facendo attenzione a non lasciarsi irretire e sedurre; la sua missione è scoprire e svelare il trucco che c'è dietro le dimostrazioni straordinarie che avvengono in quella casa.
E chissà che dalla frequentazione di questo personaggio unico ed enigmatico non possa nascere del materiale per la sceneggiatura che desidera da tempo scrivere e che potrebbe cambiare finalmente la sua vita!

Ciò che però non aveva messo in conto è che tra lui e Gustavo potesse crearsi un rapporto di complicità, una sintonia imprevista e preziosa, fatta di conversazioni serene e illuminanti per lei vie di una Torino gelida e impenetrabile, momenti in cui è lo stesso Rol ad aprire il proprio cuore al dubbioso Nino, raccontandogli la propria vita, il modo in cui ha scoperto di avere questo «dono» e la sensazione di tristezza e di costernazione nel rendersi conto di come tutta l'ammirazione e la venerazione che lo circondano siano fini a sé stesse e non frutto di una volontà genuina, da parte di chi lo segue, di capirlo davvero. 

Frequentando Gustavo Rol, imparando gradualmente a conoscerlo un po' di più, a sbirciare un pezzetto di quella personalità ingombrante e sfuggente, i dubbi di Nino verranno sciolti? 
L'ipotesi che l'altro sia un abile prestigiatore  verrà confermata o semplicemente Nino Giacosa potrà dire di aver conosciuto un essere assolutamente speciale, a metà tra l'umano e il divino, tra il terreno e il trascendente, capace di racchiudere in sé illusione e verità, magia e realtà, luce e ombra, vita e morte?

 

Attraverso "L'ultimo mago" ho avuto modo di avvicinarmi ad un personaggio realmente esistito di cui sinceramente, prima di leggere questo libro, non avevo mai sentito parlare.
Il velo si apre su Gustavo Rol e l'autrice sa come renderlo avvincente, misterioso, lasciandone emergere la complessità, i conflitti interiori, il suo essere - in un certo senso - padrone e schiavo di questi suoi doni "magici" inspiegabili scientificamente, e di portare il peso, dentro di sé, di tale dualità, che se lo rendeva una creatura degna di considerazione e plauso per un verso, per l'altro gli lasciava in bocca l'amara certezza di essere solo e incompreso, pur avendo attorno alla propria persone frotte di curiosi.

A prescindere dalle posizioni personali circa tutto ciò che appartiene alla dimensione magica, all'illusionismo e affini, Rol è senza dubbio una figura ricca di fascinazione, che finisce per instillare interrogativi e dubbi circa i suoi "poteri" e l'autenticità dei suoi "prodigi", a fronte delle testimonianze di chi lo ha conosciuto, ha avuto il privilegio di entrare in casa sua (ricordiamo personaggi noti come Fellini, l'avv. Agnelli ed altri) e di vederlo all'opera.

Interessante anche il co-protagonista, Nino Giacosa (che fa un po' da contraltare a Rol: razionale, "terreno" e dubbioso l'uno, pieno di meraviglia e metempirico l'altro), sempre in lotta con qualcosa e qualcuno, a partire da sé stesso; battaglie interiori che Rol vede con chiarezza, scrutando nel suo animo e lasciando Nino spiazzato, confuso, sorpreso.

Al punto da farlo sentire rammaricato al pensiero di non aver vissuto appieno, di essere stato troppo legato a ciò che vedeva, toccava o a ciò che gli mancava di materiale, tenendo lontana da sé la meraviglia, la capacità di stupirsi e di lasciarsi sedurre con serena fiducia dalla magia,

"...vorrei aver vissuto diversamente. Vorrei essermi lasciato andare alla meraviglia e all’incanto delle cose che non si possono spiegare, perché senza questo cosa resta, di una vita? Nient’altro che la realtà. E a chi basta, la realtà?"

E anche il lettore, come Giacosa, finisce per chiedersi quanto sia capace di lasciare spazio, nella propria vita, all’imprevisto e all’inspiegabile, nella convinzione che "ci sono più cose tra cielo e terra di quante la scienza potrà mai spiegare e (...) che la vita non sia tutta qui, che quel che vediamo sia solo un’insignificante porzione di quel che ci circonda. Comprendere che una vita acquista senso solo se può contare su una certa dose di incanto, di prodigio. Di meraviglia".


Accattivante anche la cornice costituita dalla città di Torino, capitale della magia bianca e della magia nera, "città austera e oscura (...) con quell’aria d’altri tempi e i mostruosi volti in pietra che si affacciavano da sotto i cornicioni, i diavoli in bronzo a protezione dei portoni e i piccoli occhi a fessura che da terra spiavano in superficie.", con le sue leggende che la rendono "una sfinge fissa e muta come un segreto", eternamente immersa in un enigma di difficile comprensione.


Il mio parere sul romanzo della Diotallevi è positivo, sono felice di averlo letto e mi ha trasmesso una grande curiosità circa questo sensitivo, Gustavo Rol.




Alcune citazioni

"la notte sapeva essere lunga e tormentosa, ma era dell’alba che occorreva dubitare, poiché è nel primo chiarore che si abbassa la guardia, sollevati."

"...delle vite degli altri ci sfugge sempre l’essenziale."

"Non importa quanti anni passeranno, quante cose accadranno nel frattempo, quanti altri amori vivrà quella donna: certe cose ti restano dentro, non passano mai e non cessano mai di tormentarti. Alcuni giorni sono meglio di altri, ma non bisogna illudersi. Le tragedie che ci colpiscono si fanno eredità, un lascito che non vorremmo ma che ci appartiene nostro malgrado".

«Tutte le storie di amori infelici sono storie di fantasmi, non è così?»

4 commenti:

  1. Ciao Angela, questo libro mi sembra interessante perché la scienza, a volte, non riesce a spiegare tutto. Mi piace scoprire la parte più nascosta delle persone e tu hai saputo interpretare alla grande questo labirinto di maschere che potrebbe contenere un po' di magia. Un caro saluto :)

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    1. Sì, non sono pochi i fenomeni che sfuggono alle verifiche scientifiche!
      La magia è una dimensione affascinante, a prescindere dal fatto che si creda o meno alla sua esistenza

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  2. Ciao Angela, è la seconda recensione che leggo di questo libro. L'altra blogger ha criticato Miriam e Nino, li ha considerati i punti deboli della storia.
    Un abbraccio 😘

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    1. Sicuramente il fulcro è costituito da Gustavo Rol 😉
      Un abbraccio a te 😚

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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