Margaret Atwood ha immaginato un tipo di società che definire inquietante è dire poco: cosa resta alla Persona quando le vengono sottratti i diritti e le libertà fondamentali, quando è considerata e trattata come un mero contenitore e non ha alcun potere sulla propria vita?
IL RACCONTO DELL'ANCELLA
di Margaret Atwood
Ponte alle grazie 311 pp |
Siamo negli States, non ci vien detto l'anno ma è di certo in un tempo futuro; a raccontarci la storia è lei, l'ancella, Difred, e i suoi occhi inevitabilmente diventano i nostri, e con occhi prima perplessi e poi via via sempre più inquieti ci addentriamo in questo "nuovo mondo", in questa società contrassegnata da totalitarismo e maschilismo allo stato puro.
In seguito a radiazioni atomiche, il numero di donne fertili si è ridotto drasticamente, e per non rischiare l'estinzione, gli Stati Uniti hanno creato un governo particolare...: la Repubblica di Galaad, in cui il controllo del corpo femminile sta alla base di tutto.
Un gruppo di donne in età fertile, le Ancelle, dopo aver vissuto un periodo di addestramento nel Centro Rosso, sono state smistate presso varie famiglie appartenenti al ceto dominante; il loro compito è... farsi inseminare.
Eh già, queste ancelle dimorano temporaneamente in casa di questi uomini importanti e mettono il loro corpo al servizio della nazione, accettando (non che abbiano scelta, in realtà) avere rapporti fisici con essi, con la speranza di restare incinte.
La protagonista e voce narrante è una di queste povere ragazze strappate alla propria vita, alla propria vera famiglia e, nel caso di Difred, al proprio compagno Luke e alla loro figlioletta, per andare in casa del "Comandante" e della sua algida consorte, Serena Joy.
"Il mio nome non è Difred. Ho un altro nome, che adesso nessuno usa perchè è proibito. Mi dico che è importante, un nome e come un numero di telefono, utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno. E' un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante. La notte sono sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio".
Il suo nome vero non è Difred; ma non conta più la sua vecchia identità, perchè ormai lei è semplicemente l'ancella che appartiene al Comandante Fred, al quale deve garantire una discendenza.
Se entro un certo tempo questo non dovesse accadere, il suo destino diventerebbe decisamente spiacevole, e chissà che ne sarebbe di lei...
Il racconto di Difred è un crescendo di piccoli preziosi dettagli che vanno a incasellarsi al posto giusto per darci, man mano, un quadro della situazione chiaro, che non può che farci rabbrividire: ve la immaginate una società di questo tipo, con militari a ogni angolo, suddivisa rigidamente in "caste" che schierano da una parte "coloro che contano" e dall'altra i reietti, coloro che non hanno alcuna prospettiva di vivere felicemente perchè il loro destino è stato deciso a tavolino dai "piani alti"? una società in cui non possono esistere dissidenti?
Una società tetra, cupa, triste, in cui le donne non hanno alcuna libertà di pensiero, parola, azione..., ma sono totalmente soggette all'autorità maschile.
Tra esse, solo le Mogli se la passano apparentemente meglio, in quanto consorti di uomini di potere e padrone in casa propria; padrone di comandare alle Marte (le domestiche, esseri invisibili, da cui ci aspetta solo che cucinino e puliscano, per il resto a loro non è data alcuna importanza), di intessere pseudo amicizie con le altre Mogli, e soprattutto di trattare quelle svergognate legalizzate delle Ancelle come più le aggrada, che sia con ostentata freddezza e indifferenza o con malignità e sgarbatezza.
In fondo, non dev'essere facile neppure per loro accettare con finta condiscendenza il dato di fatto che anzitutto non possono procreare, ma che poi debbano assistere un paio di volte al mese ai tentativi di copulazione dei consorti con l'ancella di turno...
Difred ci racconta la sua vita in casa del Comandante, l'ambiguo legame che si instaura con lui - che coinvolge la ragazza in qualcosa di proibito -, i tentativi di introdurre un che di umano in quella casa glaciale senza però riuscirci più di tanto perchè ognuno sa di non poter uscire fuori dai propri compiti, pena torture, punizioni varie o la morte.
La sola presenza che le donerà momenti di conforto è quella di Nick, l'autista del Comandante; con l'uomo, infatti, nascerà un sentimento che però non sembra avere alcuna speranza di essere vissuto appieno e apertamente.
Ancora, Difred ci descrive con lucidità e una pacatezza impressionante tutto ciò che la circonda, che siano persone, strade, edifici, giardini; dopotutto, se non le è permesso parlare per dire ciò che vuole quando vuole, almeno il pensiero nessuno può toglierglielo, e così l'ancella viaggia con la mente, a quando era ancora una donna libera che lavorava, innamorata del proprio compagno, mamma della propria bimba adorata (li rivedrà mai? potrà unirsi a loro? Luke sarà riuscito a salvarsi? La sua bimba è in un posto sicuro?), che usciva, rideva e scherzava con l'amica Moira (che ritroverà prima al Centro Rosso e poi in un altro, squallido luogo...) o che battibeccava con la madre, femminista convinta.
Non solo, ma la narratrice non si limita a descrivere: ella commenta, con sarcasmo, cinismo, pietà, paura... ciò che succede, le mostruose ingiustizie cui assiste o quelle di cui le giunge voce, e per non impazzire si aggrappa a qualsiasi cosa, che sia la bellezza dei fiori (è incredibile come la natura continui ad essere colorata, profumata, viva... in mezzo a tanto grigiore) o una qualche fatua speranza che qualcosa o qualcuno... venga a salvarla.
E intanto un pensiero la sostiene: non permettere che i bastardi ti schiaccino (nolite te bastardes carborundorum).
Difred/June ci ricorda che non c'è stato repressivo che riesca a schiacciare del tutto e definitivamente i desideri delle persone, la voglia di ribellarsi a ciò che è sbagliato; si può insegnare, con la violenza o il plagio, a ubbidire senza fiatare a certi riti, modi di vestirsi, di umiliarsi e sottomettersi, di parlare..., ma se dentro di sè si riesce a restare lucidi, razionali, a resistere, forse c'è ancora la speranza che qualcosa possa cambiare.
Questo romanzo distopico, un bestseller scritto nel 1985, diventato un film negli anni '90 e una ben fatta serie tv recentemente, fa riflettere, e non poco, perchè ciò che presenta, pur avendo tratti che noi, ad oggi, possiamo ritenere assurdi..., non ha in realtà nulla di irrealizzabile.
E' questo che spaventa: l'idea che questo tipo di società (o per lo meno alcune sue caratteristiche) siano attuabili, verificabili, tecnicamente possibili. E se accadesse..., cosa faremmo, come ci comporteremmo?
La storia di Difred e il suo resoconto di cosa succede sotto la Repubblica di Galaad è qualcosa che la stessa è riuscita a "tramandare", a lasciare ai posteri; ciò che non sappiamo è cosa ne è stato di lei, se sia riuscita o meno a trovare una via di uscita dall'inferno in cui era finita.
Però la Atwood ha ben pensato di avere pietà di noi curiosoni e ha annunciato la pubblicazione c.a. di The Testaments, il seguito di The Handmaid's Tale, ambientato 15 anni dopo la scena finale nel romanzo originale, e che vedrà tre personaggi femminili in qualità di narratrici; la scrittrice non ha ancora specificato se qualcuno di esse sarà già nota ai personaggi del romanzo originale.
Ovviamente sono ben lieta e oltremodo curiosa di conoscere questo sequel, ma intanto spero che la terza stagione della serie arrivi prima.
Come già ho avuto modo di dire nel post relativo alla recensione della serie "The Handmaid's Tale", quest'ultima mi è piaciuta davvero tanto e non posso nascondere che leggevo avendo in mente facce, voci, ghigni, sguardi, abiti, case, il che mi ha aiutata a rendere la lettura più viva.
C'è da dire anche il ritmo del libro è meno vivace di quanto me lo aspettassi; è uno di quei casi in cui la serie tv è
Non voglio darvi l'impressione di non aver apprezzato il libro, eh, tutt'altro: è una lettura che merita di essere affrontata perchè offre numerosi spunti di riflessione su tematiche sempre attuali (dal ruolo della donna al fanatismo religioso) e ha saputo trasmettermi il senso di impotenza, di claustrofobia, di rabbia o rassegnazione, il bisogno di non perdere la testa a fronte dell'incubo in cui ci si trova, la solitudine, l'angoscia..., insomma tutti gli stati d'animo e i pensieri provati dalla protagonista, la cui impronta emotiva è conforme alla materia narrativa in oggetto, che è tutto fuorchè leggera.
Bel romanzo, era una lacuna che desideravo colmare e sono felice di averlo fatto.