Un noto proverbio dice "Chi si accontenta, gode!", e lo ripete anche Luciano Ligabue in una sua famosa canzone ("Certe notti").
Non tutti condividono questo pensiero: se accontentarsi significa non osare, non rischiare mai, non mettersi in gioco ma restare ed arenarsi lì dove si è senza andare avanti con nuove conquiste, nuove realizzazione di sè e dei propri sogni... beh effettivamente non è proprio il massimo da augurare a se stessi o a chi amiamo.
Ma se la capacità di accontentarsi di ciò che si ha significa avere un atteggiamento sereno, di chi non si lamenta sempre di ciò che gli manca, disprezzando o non considerando ciò che invece possiede, allora credo che stiamo parlando di una bella virtù, che tutti gli uomini dovrebbero imparare ad avere.
Serenità è quella di chi, pur soffrendo delle cose che mancano, non smette di godere delle cose che ha.
E' una frase che mi ha colpita e mi ha fatto pensare proprio all'errore che molto spesso ho fatto (e che forse commetterò ancora...): non apprezzare a sufficienza le cose belle che ho e che Dio mi ha donato per concentrarmi magari su ciò che mi piacerebbe avere ma che, allo stato attuale, non ho (non parlo necessariamente di cose materiali).
La Parola di Dio ci insegna ad avere un atteggiamento di riconoscenza verso i doni che il Signore fa alle proprie creature e, tanto più, ai Suoi figli.
Non solo, ma ci esorta esplicitamente ad accontentarci di ciò che abbiamo, evitando atteggiamenti e parole "lamentose", di malcontento, come se il nostro Pastore non fosse in grado di prendersi cura di noi e di sopperire ai nostri bisogni.
Nel Vangelo di Matteo (cap. 6, vers. 33), Gesù dice quali devono essere le nostre priorità: il Regno e la giustizia di Dio!
Tutti il resto - che concerne i nostri bisogni primari - Dio non solo li conosce ... ma provvede in maniera puntuale e abbondante...!
L'apostolo Paolo è un esempio in tal senso: "ho imparato ad esser contento nello stato in cui mi trovo. Io so essere abbassato e so anche abbondare; in tutto e per tutto sono stato ammaestrato ad esser saziato e ad aver fame; ad esser nell’abbondanza e ad esser nella penuria. Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica" (Fil 4).
Non si tratta di non renderci conto oggettivamente che magari qualcosa alla nostra vita - che la renda più "agiata" e tranquilla, con meno pensieri e preoccupazioni (oggi come oggi è difficile, per tanti, arrivare a fine mese...: vogliamo negare che qualche soldino in più par pagare tutte le bollette e farci scappare anche qualcosa per noi, di piacevole... non faccia comodo?) - ci vorrebbe; è importante ed è legittimo essere rivolti al miglioramento di noi stessi e della nostra condizione di vita, ma credo che il cristiano debba in ogni circostanza e anche nelle ristrettezze, saper ringraziare sempre e comunque il proprio Signore per tutto ciò di cui dispone, sapendo che nulla di ciò che abbiamo è un diritto o è scontato, ma è un dono che viene dal cielo.
La vera ricchezza è Gesù stesso ad indicarcela: "fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano. Perché dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore." (Mat 6: 20,21).
E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. (Colossesi 3:15)
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz