lunedì 26 settembre 2016

Recensione film: FUOCOAMMARE di Gianfranco Rosi



E' di oggi la notizia secondo cui il documentario di Gianfranco Rosi, FUOCOAMMARE, è stato scelto, tra la rosa dei "magnifici sette", per rappresentarci agli Oscar 2017 (miglior film straniero).
Non ci resta che incrociare le dita!

Il 3 ottobre il film verrà dato su Rai Uno in prima serata ma io mi ero ripromessa di vedere i sette film e così mi sono data allo streaming.

Se, come me, l'avete già visto, mi farà piacere sapere cosa ne pensate e se siete d'accordo con questa scelta in vista degli Oscar  ;)

FUOCOAMMARE


2016
Il documentario ha vinto l'Orso d'oro per il miglior film al Festival di Berlino e ha per oggetto l'isola di Lampedusa e gli sbarchi di migranti che da anni la interessano.
Il regista stesso ha trascorso un anno nell'isola per guardare e vivere da vicino la realtà degli sbarchi.
Uno dei personaggi del film è Pietro Bartólo, il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa e che da anni compie la prima visita ad ogni migrante che sbarca sull'isola.

Cast: Pietro Bartolo, Samuele Caruana, Maria Costa, Mattias Cucina.
Gli attori interpretano loro stessi.

Fuocoammare è un docu-film su Lampedusa, l’isola che negli ultimi anni è diventata terra di approdo e rifugio per tanti migranti, ma anche spettatrice di naufragi e morti.

La prospettiva da cui guardiamo a quest'isola è, in un certo senso, doppia: da una parte c'è il dodicenne Samuele, con la sua vita di tutti i giorni, dall'altra c'è il dottor Bartolo, con il suo lavoro di medico che accoglie e visita i profughi.

Samuele è un ragazzino vivace, non "spiccica" una parola in italiano ma si esprime essenzialmente solo in siciliano strettissimo; ama giocare con la fionda, andare a caccia (non per mare) e, pur essendo un ragazzetto, ha modi di fare da grandicello, come quando va a farsi fare una visita dal dottore dl poliambulatorio e gli pone domande come se fosse un adulto, o comunque un ragazzino cresciuto in fretta.

E poi c’è il dottore impegnato a fare le visite a fiumane di immigrati; la sua testimonianza, a proposito dei tanti cadaveri di donne e bambini, ai quali non ci si abitua mai, è sicuramente un momento toccante, forse quello che maggiormente esprime il dramma che riguarda tanto singoli quanto gruppi di individui e che non può e non deve lasciare indifferenti.

Le scene che riprendono i momenti di vita isolana di Samuele si intervallano a quelle in cui vediamo i guardia costiere e il personale medico impegnati in prima linea nell’accoglienza di centinaia/migliaia di profughi sui barconi, su tanti dei quali - con i loro volti disperati o stanchi, le loro lacrime o i mezzi sorrisi smarriti, le loro voci, le loro preghiere... - la telecamera si sofferma, forse per per ricordare allo spettatore che non si tratta semplicemente di persone anonime e senza casa, ma di uomini, donne, bambini reali, che hanno attraversato il mare spinti da esigenze altrettanto reali, da disperazione e speranza, e che siamo chiamati ad accogliere.

Proprio come ha fatto e sta facendo (con tutti i pro e i contro legati al fenomento dell'immigrazione, i disagi che ne derivano per i lampedusani...) Lampedusa, quest'isola di pescatori, abituati a raccogliere ed accogliere tutto ciò che viene dal mare.

Personalmente non amo particolarmente i documentari, a prescindere dal soggetto, ma questo non è un documentario nel senso puro del termine, non c'è neanche una voce narrante a spiegare le immagini che ci scorrono dinanzi; è più un lungometraggio che, e per la tematica e per il modo di raccontarla, ho apprezzato, in particolare per la “misura”, l’equilibrio con cui il regista ha deciso di parlarci di Lampedusa e degli arrivi dei profughi, senza voler giocare troppo sul sentimentalismo e sul dramma umano, giusto per commuovere, col rischio di essere forzato e stucchevole.

Anche perchè le sole immagini di barche in mare e persone che vengono aiutate a scendere da esse e soccorse, bastano a rendere l'idea del dramma che si consuma in quei momenti, su quelle coste.

E' quindi un ritratto senza dubbio realistico, autentico, toccante (del resto, tutto ciò che ha a che fare con le sofferenze dei nostri simili non può non coinvolgerci emotivamente), che affianca il ritratto naturale, "preso da vicino", senza filtri, della semplice quotidianità degli abitanti di quest'isola (grazie a Samuele e alle persone attorno a lui), a quello più triste e molto umano di chi ogni giorno è coinvolto nell'accoglienza di gente in fuga dalla propria terra, e questo arriva a noi fondamentalmente attraverso immagini e silenzi, più che attraverso dialoghi.
Forse perchè di parole se ne sono spese e se ne spendono pure troppe, quando invece davanti a certe tragedie c'è più da agire che da parlare...


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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