Un passaggio del libro "Io non mi chiamo Miriam", che mi ha fatto pensare ad una nota poesia...
"Al di là del filo spinato c'era qualcosa che avrebbe potuto essere un prato, se non fosse stato così intriso d'acqua, e dietro c'era un muro grigio. Sì, in effetti, sembrava quasi un vero prato con solo qualche pozza qui e là e qualche chiazza di terra nuda, ma per il resto grandi alberi con rami grigi e zolle di erba verde. E fiori. Fiorellini gialli. Una farfalla si sollevò da un fiore e si avvicinò ignara alla recinzione dietro la baracca. Miriam trattenne il fiato. Sarebbe morta? No. Non voleva davvero che la farfallina morisse. Per un paio di secondi, quando si avvicinò al filo spinato, sembrò che dovesse accadere il peggio, ma poi, a una ventina di centimetri dalla corrente, frenò e riprese a svolazzare sul verde fino ad atterrare su un fiore distante, fermandosi lì per un po'. Infine si alzò in volo e sparì al di là del muro.Era salva."
LA FARFALLA
L’ultima, proprio l’ultima,
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di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
(Pavel Friedman, Praga 1921 – Auschwitz 1944)
In effetti sono simili :) e l'estratto del libro è davvero bellissimo...
RispondiEliminagià, esprimono entrambe il dramma della privata libertà... :/
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