Due anni fa, esattamente in questo giorno, ci lasciava uno scrittore (oltre che regista, sceneggiatore, poeta, attivista politico e giornalista) molto amato da adulti e bambini: Luis Sepúlveda.
- Nato ad Ovalle, nel nord del Cile, il 4 ottobre 1949, cresce in una famiglia di matrice anarchica. Suo nonno, Gerardo Sepúlveda Tapia - conosciuto anche con il nome di battaglia "Ricardo Blanco"- era un anarchico andaluso che fuggì in America del Sud per evitare la condanna a morte che pendeva sulla sua testa.
, - Trascorre l'infanzia nel quartiere proletario di Valparaiso, con il nonno paterno e uno zio, che gli trasmettono l'amore per i romanzi di avventura (Salgari, Conrad, Melville). La vocazione letteraria si manifesta presto e lo spinge a scrivere racconti e poesie per il giornalino d'istituto.
- Ha soltanto 15 anni quando aderisce alla Gioventù comunista.
- A 17 anni inizia a lavorare come redattore del quotidiano Clarìn e poi in radio. Nel 1969 vince il Premio Casa de las Americas per il suo primo libro di racconti, "Crònicas de Pedro Nadie".
- All’inizio degli Anni 70 milita nell’Esercito di Liberazione Nazionale in Bolivia.
- Torna in Cile e si iscrive al Partito Socialista, divenendo membro della guardia personale dell'allora presidente Salvador Allende.
- Intanto, conseguito il diploma di regista teatrale, continua a scrivere racconti e lavora ad allestimenti teatrali e alla radio.
- In quanto fervente oppositore del regime di Augusto Pinochet, viene arrestato e torturato; trascorre sette mesi rinchiuso in una cella minuscola in cui era impossibile stare sdraiati o in piedi; viene rilasciato (in regime però di arresti domiciliari) in seguito alle pressioni esercitate da Amnesty International.
- Ricomincia a fare teatro, sempre ispirato dalle proprie convinzioni politiche, cosa che gli costa un secondo arresto, ma anche in questo caso - grazie ad un'altra campagna a suo favore da parte dell'ong -, la condanna (28 anni di reclusione) è modificata in otto anni di esilio.
- Nel 1977 lascia il Cile per andare in Svezia (il governo gli aveva concesso asilo politico) per insegnare letteratura spagnola ma, al primo scalo a Buenos Aires, fugge e viaggia per l'America Latina fondando compagnie teatrali in Ecuador, Perù e Colombia.
- In Ecuador lavora come giornalista in un progetto sponsorizzato dall'UNESCO e vive per un anno con gli indigeni Shuar in Amazzonia; in Nicaragua combatte con i sandinisti nicaraguensi, che hanno poi rovesciato la dittatura allora in vigore.
- Nel 1982 aderisce a Greenpeace quale membro dell'equipaggio su una delle navi dell’ong.
- Ottenuto l'asilo politico in Germania, vive ad Amburgo per dieci anni, prima di trasferirsi in Francia.
- Dal 1996 si trasferisce in Spagna, nelle Asturie con la moglie Carmen Yáñez, una poetessa che era stata torturata sotto Pinochet.
- Nel febbraio 2020 contrae l'infezione da Covid-19 e muore nell'ospedale di Oviedo il 16 aprile 2020, a 71 anni.
Luis e Carmen |
Inevitabilmente, molti dei suoi libri hanno tratto ispirazione dalla sua vita avventurosa e molto movimentata, a cominciare dal suo primo romanzo, "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore" (pubblicato in Italia nel 1993), in cui il protagonista (il vecchio Antonio José Bolívar) vive ai margini della foresta amazzonica ecuadoriana ed ha vissuto dentro la grande foresta, insieme agli indios shuar, come è successo a lui.
"Il mondo alla fine del mondo” (1994) si ispira agli anni trascorsi sulla nave di Greenpeace; il diario di viaggio “Patagonia express. Appunti dal sud del mondo” e la raccolta di racconti “La frontiera scomparsa” nascono dal ricordo della sua fuga, quando attraversò l'America del Sud.
Ha scritto molti libri (anche) per bambini, tra cui il celeberrimo "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" (una gabbiana morente affida il proprio uovo al gatto di porto Zorba, che se ne prende cura e il pulcino diverrà una gabbianella a cui insegnerà a volare), "Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà" (ambientata tra i nativi americani, più precisamente nella tribù dei Mapuche), "Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa", in cui è centrale il tema della salvaguardia dell'ambiente.
Il suo ultimo romanzo pubblicato in Italia è “La fine della storia”, dove non mancano ancora riferimento autobiografici: il protagonista (Juan Belmonte), infatti, è un uomo che ha combattuto al fianco di Salvador Allende e ora vive tranquillo in una casa sul mare nell’estremo sud del Cile, insieme alla sua compagna Verónica, che non si è mai completamente ripresa dopo le torture subite all’epoca della dittatura. Il passato torna a fargli visita quando i servizi segreti russi, che lo conoscono in quanto esperto di guerra, hanno bisogno di lui. Sul fronte opposto c’è un gruppo di nostalgici di stirpe cosacca deciso a liberare dal carcere Miguel Krassnoff, ufficiale dell’esercito cileno durante la dittatura militare e, al momento, in carcere con l'accusa di aver perpetrato crimini contro l’umanità.
E Belmonte ha un ottimo motivo per odiare «il cosacco», un motivo strettamente personale...
"La felicità è un diritto umano. Allo stesso modo in cui ho combattuto, più che per l'idea di libertà, per non dimenticare che sono un uomo libero: quando difendo il diritto alla felicità, lo faccio per non dimenticare che io sono stato e sono immensamente felice”.
Fonti consultate:
https://www.sapere.it/
https://www.comune.lecco.it/
https://www.theguardian.com/
https://www.sapere.it/
https://www.comune.lecco.it/
https://www.theguardian.com/
Una perdita grave ed un vuoto incolmabile che soprattutto in questo periodo che stiamo vivendo si sente particolarmente
RispondiEliminaVerissimo, ogni notizia di morte turba sempre, ma tra pandemia e guerra probabilmente siamo diventati più sensibili...
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