Recensione di uno degli ultimi racconti in digitale letti e di cui vi ho parlato.
IL GRATTACIELO
di Francesco Capasso
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Trovarsi in un grattacielo e perdersi tra i suoi piani.
Seguire l’impulso di salire sempre più su, anche se si sta cercando la via di ritorno.
Intraprendere un viaggio in verticale tra personaggi surreali: l’uomo uccello, il collega della morte e tanti altri, mentre il mondo caotico della città si allontana, è sempre più in basso, e noi sempre più immersi nel cielo, che è lo specchio del mare della nostra coscienza.
il mio pensiero |
Il grattacielo è un racconto piuttosto breve ma originale.
Il protagonista è un giovane uomo, Gabriel, che essendosi beccato una multa, per pagarla deve recarsi in un edificio imponente e che, a prima vista, mette un po' di timore, proprio per la sua altezza: un grattacielo.
L'uomo entra timidamente in questo luogo, che gli appare subito particolare; anzitutto, non ci sono molte persone e la prima, cui chiede informazioni per il pagamento della multa, gli risponde sgarbatamente e senza fornirgli alcun aiuto.
Il ragazzo comincia allora a salire le scale che conducono ai diversi piani del grattacielo; sale, sale ma non trova l'ufficio che cerca e, cosa più spaventosa, quando - stanco e irritato - vorrebbe scendere e tornarsene a casa, ecco che... le scale dei piani inferiori non ci sono più...! Scomparse....!
L'unica cosa che gli resta è continuare a salire, sperando di incontrare qualcuno.
E qualcuno incontra, in realtà, ma ogni soggetto in cui si imbatterà avrà un che di molto bizzarro, ed ognuno, soprattutto, gli racconterà la propria storia, che non è solo singolare e particolare, ma più che altro assurda, surreale.
E così sentirà la storia dell'uomo uccello, dell'uomo paralitico che s'è ridotto in quello stato per aver fatto qualcosa di disgustoso a se stesso...; c'è la dolce quindicenne costretta dai genitori ad abortire per essere rimasta incinta pur essendo inviolata...; c'è l'uomo disoccupato e disperato al quale, non potendo pagare le ultime rate del mutuo, il direttore della banca chiede di sacrificare praticamente se stesso...
Ed altri stranissimi personaggi costelleranno la salita del povero protagonista, che salirà oltre il 90° piano, arrabbiato, frustrato, inorridito dalle storie udite e ancor più disperato al pensiero che quel grattacielo è diventato per lui una trappola, una gabbia, per uscire dalla quale non sembra esserci una soluzione....
Tra rimpianti per la realtà quotidiana che s'è appena lasciata alle spalle e lo smarrimento per un presente incomprensibile, si giunge all'incontro più inquietante di tutti...
Leggendo questo breve racconto, non ho potuto fare a meno di provare una sorta di claustrofobia, al pensiero di restare chiusa in un grattacielo altissimo, nel quale l'unica cosa che ti resta è salire di piano in piano; a ciò si aggiunge la sensazione di impotenza provata davanti a storie bizzarre e, in un certo senso, disperate.
Cosa succede quando ci si allontana dalla realtà di ogni giorno per immergersene in una sconosciuta, diversa da quella cui siamo abituati e che, forse, non sempre apprezziamo e dalla quale vorremmo scappare, una realtà in cui ci si può sentire soli ... o magari liberi, continuamente alla ricerca di qualcosa di alto, infinito, cui non sempre riusciamo a dare un nome e che, forse, è solo... noi stessi.
Tutto è più intero quando si osserva da un punto alto; le cose sono più piccole ma sono al completo,mentre quando le vedi da vicino e sullo stesso piano, avvolte ne guardi solo una parte e spesso non ne comprendi la forma. Perciò ti lasci prendere da quella folle sensazione d’incompleto e vaghi nella straziante ricerca di una cosa che alla fine hai già da tempo stretta nelle mani, e spesso finisci addirittura per perderla.
Si legge velocemente, non solo per la brevità, ma anche perchè è scritto con scorrevolezza e con un linguaggio preciso ed essenziale.
Consigliandovi di leggerlo, colgo l'occasione di ringraziare l'Autore per la copia in digitale inviatami.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz