Come vi avevo anticipato ieri, ecco un'altra recensione.
Questa volta si tratta non di una storia d'amore ma della storia di un ragazzo nato e cresciuto in una realtà difficile.
Il titolo è composto da una sola parola ed è di certo molto significativo: cazzimma, un termine napoletano che fa riferimento all'atteggiamento di chi cerca di prevaricare sugli altri con ogni mezzo per il proprio egoistico tornaconto, anche se questo vuol dire danneggiarli; "tene 'a cazzimma" quella persona che non solo è maligna ma prende piacere nell'essere cattiva e far del male.
CAZZIMMA
di Stefano Crupi
Ed. Mondadori |
La sua giovane vita sembra già organizzata e segnata dalla delinquenza; con il suo scooter, il ragazzo va in giro per le strade della città campana facendo “consegne” poco pulite, un modo veloce per far soldi, con poco sudore ma di certo con molto rischio.
Suo compare negli affari è l’amico di sempre, Tommaso detto Profumo, e insieme hanno messo su una sorta di giro di consegne di droga in proprio.
Attorno a loro ruotano altri personaggi, altri ragazzi di strada, duri, cinici, violenti, come Salvatore detto Hamsik, al quale è dedicato un capitolo, raccontato come uno sfogo veloce, violento, che ci fa conoscere qualcosa di questo ragazzaccio infuriato con la vita, senz’altro bravo con un pallone tra i piedi ma che non riesce a sfondare a causa del suo caratteraccio.
Le giornate di Sisto vanno avanti così, tra lavoretti di questo tipo, uscite con gli amici per rimorchiare e sballarsi con alcool e qualche droga, finchè un giorno qualcuno di potente non decide che è arrivato per lui il momento di darsi una calmata.
Si tratta del temutissimo boss Cavallaro, che ha la mani in pasta su molte cose a Napoli e che quindi mette regole e divieti dove e come vuole, pretendendo obbedienza da tutti gli affiliati.
Zio Antonio compreso.
Antonio è un uomo intelligente, che sa il fatto suo, che si è sempre fatto rispettare da amici e conoscenti; gli basta uno sguardo e una minaccia verbale per assicurarsi fedeltà e silenzio da negozianti e imprenditori vittime del pizzo, ed è un tipo che si è fatto le ossa sulla strada, da solo, e sa quanto sia difficile restare in piedi e non farsi fregare.
“…restiamo sempre ragazzi di strada, per tutta la vita. Che la strada ti entri dentro è un male, certo, ma è un male necessario, dal quale nessuno può esimersi, come un rito di iniziazione che si rinnova ogni giorno.”
È un uomo di strada, e lui sa che anche suo nipote lo è, e che deve sempre tenere ben presente da dove viene e cosa ci si aspetta da lui.
Sisto è ancora così giovane, indisciplinato, pensa di poter fare ciò che vuole, si sente un dio sul suo scooter, immortale, invincibile, ma lo zio è intenzionato a insegnargli come vivere e sopravvivere in mezzo agli squali.
“ Se vuoi imparare a campare, ti devi fare furbo, dice, devi essere cattivo. Funziona così, è così in tutto il mondo: devi tenere cazzimma, ma tenerne assai.”.
Nonostante Antonio sia severo e molto rigido con il nipote, gli vuole bene, perché è figlio del fratello e vede in lui “della stoffa”, delle buone caratteristiche per farsi avanti nel loro mondo; ma perché questo avvenga, il giovanotto deve abbassare la testa al momento opportuno e fare l’uomo tosto e sicuro di sé quando ce n’è bisogno.
Adesso che Cavallaro si è messo in testa di fargliela pagare a quei due mocciosi di Profumo e Sisto, che si son messi in affari nei suoi quartieri senza il suo consenso, zio Antonio sa che non può perdere tempo e che deve proteggere il nipote, costi quel che costi.
Ma prima che arrivi per Sisto il momento opportuno per dare una virata alla propria esistenza, il ragazzo dovrà passare per una prova difficilissima, che sarà solo il primo passo perché dentro di lui scatti qualcosa che lo spingerà a interrogarsi su come sta vivendo, su cosa sta diventando.
Il trasferimento forzato a Prato, il lavoro in fabbrica e soprattutto l’incontro con una ragazza onesta e sincera, che gli si affeziona, insieme ad altre drammatiche vicende, faranno sì che nella sua coscienza cominci a smuoversi qualcosa: un sentimento che fino ad allora non aveva ancora preso radice.
La speranza concreta di poter cambiare, il desiderio di non sentirsi costantemente in pericolo, di non dover fare cose orribili che poi gli pesano sulla coscienza.
Sisto è solo un ragazzo, non è cresciuto circondato da uomini santi e irreprensibili che lo guidassero verso il bene, ma questo non gli toglie la responsabilità individuale di decidere cosa fare della propria vita, che direzione darle.
Il senso di colpa per aver commesso qualcosa di atroce e lo spiraglio di un amore puro e sincero potranno essere gli stimoli necessari per il suo riscatto da un tipo di vita che sembra già decisa, unicamente in virtù del fatto che è nato e cresciuto in un certo tipo di famiglia, con certi “amici”, respirando aria di camorra sin da ragazzino?
Cazzimma è la storia di un ragazzo di quartiere che deve fare i conti con la realtà di una città che non fa sconti a nessuno, che sembra regalarti guadagni facili e veloci, uno pseudo rispetto da parte di chi è costretto ad obbedirti per non vedersele brutta, ma che in realtà è altrettanto pronta a toglierti tutto alla prima occasione.
Tutto dipende se hai qualcuno che ti copre le spalle, che ti protegge, ma in certe realtà il santo in paradiso può non bastare.
Zio Antonio vorrebbe a modo suo e con i suoi mezzi essere l’angelo custode per quel nipote istintivo e inesperto che, lui sente, potrebbe non essere per forza destinato (condannato?) alla sua stessa vita, sempre in pericolo, sempre sul chi va là, attento a riconoscere di chi ti puoi fidare e di chi devi diffidare.
La narrazione si focalizza su zio e nipote e segue i rispettivi punti di vista, passando dalla terza alla prima persona, così da darci tanto un quadro esterno della realtà in cui sono immersi, quanto uno interno, condividendo col lettore pensieri, dubbi, paure, convinzioni, speranze, progetti.
Essendo storia di gente di strada – e di strade malfamate, dove le questioni si risolvono a suon di botte e colpi di pistola – Cazzimma procede con un linguaggio consono all’ambiente, immediato, colorito quando è il caso, ma anche preciso nel fornirci uno spaccato realistico di quella parte di società che purtroppo non esiste solo nelle serie tv e nei film di questo genere (credo sia inevitabile leggere queste pagine e pensare, ad es., a Gomorra) per intrattenere gli spettatori, ma per tanti giovani è pane quotidiano.
I giovani di Cazzimma sono dei ragazzi che giocano a fare i grandi, i duri, e che prestissimo assumono atteggiamenti, linguaggio, pose, condotte da delinquenti, da mafiosetti pronti a menare, ma a quanti di loro viene data la possibilità di decidere se cambiar vita?
Accanto a loro, ci sono degli adulti (tutti con soprannomi che dicono qualcosa del loro passato e del loro modo di essere, per il quale sono noti ai più) che di certo non si presentano come degli esempi di vita da prendere a modello, ma che, vuoi o non vuoi, sono dei punti di riferimento per le giovani leve.
C’è per loro la possibilità di riscatto?
Senza moralismo, senza elargire giudizi di alcun genere sui suoi protagonisti, senza scendere nel banale e nella retorica, Crupi ci racconta la storia di un ragazzo della Napoli “cattiva”, non presentandocelo come un eroe ma neppure come un mostro, ma “semplicemente” come un giovane, cui spetta la decisione più importante della propria vita, dalla quale può dipendere il proprio futuro.
Sicuramente un esordio interessante, si legge con molta scorrevolezza, i dialoghi ci sono e il fatto che non siano delimitati da virgolette ma inseriti nel pieno della narrazione contribuisce a dare al ritmo un che di concitato, quasi obbligando il lettore a vivere la stessa ansia e tensione dei protagonisti; forse solo il finale perde un po’ di forza e tensione, come se si risolvesse tutto con poco e fin troppo facilmente, ma nel complesso direi che mi è proprio piaciuto, e se anche voi leggete con interesse questo tipo di storie di vita e di malavita, non posso che consigliarvi la lettura di Cazzimma.
16. Un libro di un giovane autore italiano, magari proprio quello di esordio |
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz