sabato 8 ottobre 2022

[[ RECENSIONE ]] LE SORELLE LACROIX di Georges Simenon



Una famiglia in apparenza come tante, in cui sembra regnare l'armonia, la tranquillità; ecco, tutt'al più si potrebbe additare la vita famigliare dei Vernes-Lacroix come fin troppo comune, anzi, diciamo pure noiosa e insipida.
Ma il lettore è avvertito già nell'epigrafe dall'autore: «Ogni famiglia ha uno scheletro nell'armadio».
Sì, perché a ben guardare, tra le mura di quella grande casa a più piani a Bayeux, non si odono voci allegre e non si vedono uscire dalla porta persone con un sorriso felice: c'è molto silenzio, poche parole dette a voce bassa, accompagnate da sguardi carichi di diffidenza, di odio e vendetta, di rabbia covata e vecchia di anni.
Un'aria vischiosa, cupa ed irrespirabile si percepisce in quella silenziosa dimora; il lettore ne avverte tutta la pesantezza e sente come i personaggi che vi abitano ne siano contaminati, nel corpo e nell'anima.


LE SORELLE LACROIX 
di Georges Simenon


Adelphi
trad. F. e L. Di Lella
171 pp
«Fa’ che sia io a morire per prima!... O che moriamo tutti insieme, mia madre, mio padre, Jacques...».

A pronunciare, tra le lacrime, questa singolare invocazione alla Madonna è una ragazza di soli diciassette anni, Geneviève, mentre è in chiesa a pregare.
E sarà l'ultima volta che metterà il piede fuori di casa.
Non solo, ma dal momento in cui varcherà la soglia dell'abitazione - che condivide con la madre (Mathilde), la zia materna Poldine, il padre Emmanuel e il fratello Jacques - la sua salute, già cagionevole, diventerà sempre più debole, la sua esistenza inattiva e, similmente ad un cerino che va via via spegnendosi e la sua fiammella si fa sempre più piccola, anche il fisico della giovane ragazza si ammalerà, di giorno in giorno e progressivamente.
Le uniche mura che vedrà, nelle settimane successive, saranno quelle della propria spoglia cameretta.
Ne uscirà mai? 
Ma soprattutto, cos'ha che non va Geneviève? È malata? Se sì, di cosa?

La famiglia interpella più dottori e luminari, che però non capiscono quale sia il male che affligge il corpo di quest'adolescente che si sta "semplicemente" spegnendo da sola, in un letto, senza far nulla per aiutarsi, senza sentire il desiderio e il bisogno di mangiare o la forza per mettersi in piedi.
Geneviève non ha voglia di vivere.
È profondamente infelice; è stanca di guardarsi intorno "come un animale che fiuta un pericolo", di essere preda di una costante agitazione che le fa provare un dolore fisico. 
Se qualcuno le chiede il perché di tanta sofferenza, la ragazza non sa cosa dire.

"Chissà, forse soffriva in anticipo per qualcosa che non era ancora successo. O forse, come a volte aveva pensato, soffriva al posto di qualcun altro, per errore."

Per cercare di capire quale sia l'origine del malessere mentale e fisico di Geneviève, dobbiamo entrare con lei in casa sua e porci come osservatori attenti.
Solo osservando ogni dettaglio (ad es., gli sguardi che si scambiano i membri della famiglia, ogni impercettibile gesto), ponendoci all'ascolto di ogni bisbiglio, di ogni porta aperta o chiusa, di ogni passo sulle scale, possiamo cominciare a capire come siano le giornate tra quelle mura.

E così vedremo come dietro le esistenze monotone e placide di una famiglia "normale", non ci sia, in realtà, nulla di normale, di bello, di gioioso. Tutt'altro.

Mathilde - la madre di Geneviève e Jacques - è una donna triste, silenziosa, che guarda tutti da una prospettiva "storta": con la testa inclinata di lato, non guarda i famigliari bensì li spia, lanciando occhiatine furtive, con quelle sue labbra che cercano costantemente di ingannare l’altro con un pallido sorriso, nascondendo pensieri, emozioni, desideri, richieste.
Mathilde non è una madre affettuosa, si è data poco ai propri figli, i quali infatti non provano grossi slanci d'affetto per lei; Jacques, in particolare, prova un misto di indifferenza e disprezzo.
È una moglie stanca, priva di dolcezza, comprensione; lei col marito non dialoga, neanche litiga. Come potrebbe farlo? Ha giurato, in passato, di non parlargli mai più. Perché? La ragione c'è, certo, ed è la stessa che da anni crea tensioni, frizioni, rancori, ostilità. 

È proprio lui: lo scheletro nell'armadio.
Quel segreto antipatico e umiliante che unisce e al contempo divide le due sorelle Lacroix, Mathilde e Poldine, che si conoscono alla perfezione come solo due sorelle cresciute insieme, e mai separate, possono conoscersi.
Si odiano, non si sopportano, si parlano a monosillabi e quando la dose di parole aumenta è solo perché è Poldine a volerlo, a provocare, stuzzicare, ferire, con il suo tono tagliente, le sue battute acide e l'atteggiamento presuntuoso e prepotente.

Poldine l'odiosa e l'odiata; Poldine, l'effettiva padrona di casa, quella con cui vanno a parlare il fittavolo o il medico, colei che decide pure cosa si mangia e distribuisce zuppe nei piatti per tutti.
Poldine, che si è sposata ma è stata praticamente sempre nubile; suo marito è un'ombra debolissima e ormai invisibile che vive tranquilla per i fatti suoi in Svizzera, e intanto la moglie e la figlia, Sophie, sono vissute con Mathilde e famiglia.

Poldine, la sorella forte, decisa, tirannica, impicciona: vuol sapere tutto di tutti in casa, non sopporta di essere esclusa o ignorata; bisogna chiederle il permesso pure per alzarsi da tavola.
Insomma, non è propriamente la sorella, la cognata e la zia che tutti vorremmo.

E lei lo sa ma non fa nulla per farsi amare.
Perché, come sua sorella - più remissiva, che la detesta ma, allo stesso tempo, non potrebbe mai separarsi da lei, anzi ne è dipendente - anche lei cova sentimenti negativi e distruttivi, di vendetta, odio, pieni di risentimento.
E tutto questo marcio non può non venir fuori, in qualche modo..., magari con un deplorevole tentativo di avvelenamento da parte di uno di loro, degno di un giallo "alla Agatha Christie"...!

La figlia, Sophie, è il contrario di Geneviève: ben piazzata, rumorosa, sicura di sé, indipendente, irriverente, pratica.
E zoppa. E la zoppìa l'ha resa poco simpatica e molto livorosa verso colei che, in qualche modo, è legata all'evento che le ha procurato l'incidente alla gamba.

Emmanuel Vernes è il marito di Mathilde.
Fa il pittore e si chiude nel proprio atelier per ore ed ore; non ci tiene ad uscire da quella stanza - gabbia e rifugio insieme - e non siamo noi a dover biasimarlo per questo: chi avrebbe voglia di trovarsi in mezzo a quelle due sorelle che si odiano ma non riescono a star lontane, che sporcano di malignità tutto ciò su cui posano lo sguardo?
Mathilde non gli parla e lo guarda con disapprovazione o, nel migliore dei casi, con indifferenza.
Poldine altrettanto, ma talvolta gli rivolge la parola per rimproverarlo, trattarlo male, farlo sentire un essere inutile.
Ed è così che, effettivamente, l'uomo si sente in quella casa in cui tutti si spiano con la coda dell'occhio, dove non ci sono mai sorrisi né parole gentili, dove ogni parola o breve dialogo scorre sui binari del doppio senso e delle espressioni ambigue, dei toni di voce aspri, degli sguardi impietosi e sempre pregni di sottintesi e mancanza di fiducia.
Anche Emmanuel è molto infelice; l'unica persona che sembra amarlo è la povera Geneviève, che però dal basso del suo giaciglio non fa nulla per alleviare la solitudine del padre.

E poi c'è Jacques, il ribelle di casa. L'unico che sembra destarsi dal torpore di quell'atmosfera carica di parole non dette, di mormorii spiacevoli, intervallati da qualche violenta sceneggiata.
L'unico che si accorge che la loro non è una famiglia normale, ma una "gabbia di matti", un posto da cui scappare, che puzza di un deprimente e desolante squallore, dove l'unico colore è il grigio, cupo e triste.

Insomma, cari lettori, la famiglia Lacroix ha i suoi piccoli torbidi segreti; segreti che, però, a dire il vero, sono chiari come il sole che brilla nel cielo, eppure tutti fingono di non sapere, impegnati come sono a ripiegarsi su loro stessi, a chiudersi ciascuno nel proprio bozzolo.

"La verità è che voi, tu e tua sorella, avete bisogno di odio...".

C'è che rimpiazza un amore con un altro amore e chi rimpiazza un odio con un altro odio, e non riesce a vivere se non ha un'idea fissa, un'ossessione da alimentare e da rovesciare su qualcuno.

Il legame tra le due sorelle Lacroix - indiscusse protagoniste di questo breve romanzo -  è morboso, insano ed è alimentato e tenuto in vita dai continui sospetti e dall'odiarsi a vicenda,  dal sorridersi a mezza bocca, dall'osservare di nascosto, dal camminare in punta di piedi e dall'aprire le porte senza fare rumore, sbucando fuori all'improvviso per cogliere l'altra in flagrante...

Quale sia il segreto di questa famiglia, quali siano i comportamenti che ciascuno dei membri mette in atto per sopravvivere (o per sfuggire) in questo circo - popolato non da buffi pagliacci ma da maschere di Pierrot che comunicano tristezza -, li lascio scoprire a voi lettori, se avrete voglia di mettere il naso in una casa che - vi avviso - non ha un'atmosfera allegra, piuttosto è greve e soffocante.
Ed esercita per questo una fascinazione misteriosa e inevitabile sul lettore, che viene indotto a restare in quelle camere, a far su e giù da un piano all'altro, a origliare conversazioni, a guardare impotente chi si lascia scivolare tra le dita la voglia di vivere, a irritarsi tanto con i passivi quanto con i dispotici.

Simenon ha costruito una storia di per sé semplice, in cui non si può dire che accada chissà quale avvenimento sensazionale, dove i personaggi non sono attraenti, vincenti, gradevoli, come non lo è (volutamente) l'ambientazione (sempre la medesima in tutto il libro) e la sensazione di essere chiusi anche noi in un ambiente piccolo e irrespirabile è palpabile.

Ma ciò che mi affascina di questo autore è il suo essere un maestro raffinato e acuto quando si tratta di  scrutare nei rapporti umani, facendo emergere i lati oscuri e torbidi dell'essere umano, rendendo visibili malesseri interiori, lasciandoci respirare odio, cattiverie, animosità, ripicche, che noi riusciamo poi a vedere scritti negli occhi, nei toni di voce, nelle poche ma efficaci parole, nei silenzi carichi di livore e solitudine.

Questa è la storia di un dramma famigliare in cui a contare è l'universo emotivo dei personaggi, le loro sofferenze, gli inganni, l'ipocrisia, i dispetti commessi l'uno a danno dell'altro, che si trasformano in ragnatele pronte a legarli per sempre ma altresì a renderli immobili, senza vie d'uscita, avvolti inesorabilmente in una profonda infelicità, vittime di un clima malsano che ciascuno di essi ha contribuito a creare.



[CURIOSITÀ: cercavo una lettura breve e veloce, mi sono "imbattuta" nella recensione di questo libro sul blog di Aquila Reale.. e ho colto la palla al balzo ^_- ]


mercoledì 5 ottobre 2022

** GIORNATA MONDIALE DEGLI INSEGNANTI **

 

Il 5 ottobre è la GIORNATA MONDIALE DEGLI INSEGNANTI.




A differenza degli anni precedenti, (in questo periodo) non posso dire che questa sia una giornata che mi riguardi personalmente perché non sto attualmente esercitando la professione, ma ciò non toglie che io continui a sentirmi, nel cuore, ancora un po' maestra.

Ho pensato di contribuire alla "celebrazione" di questa figura assolutamente importante nella nostra società attraverso... tadaàààà!!... i LIBRI! 

Eccone alcuni in cui figurano insegnanti e, soprattutto, in cui essi sono, se non centrali e protagonisti, quanto meno personaggi dall'influenza non secondaria.


"Avete mai avuto davvero un maestro? Uno che vi vedeva come qualcosa di rozzo ma al tempo stesso prezioso, un gioiello che, con la saggezza, sarebbe potuto assurgere a fulgidi splendori. Se siete così fortunati da trovare insegnanti del genere sulla vostra strada, sarete sempre capaci di tornare da loro. A volte solo con la vostra mente." (M. Albom)



GLI INSEGNANTI CHE FANNO LA DIFFERENZA


SPEAK. Le parole non dette di Laurie Halse Anderson

Si racconta la storia di Melinda Sordino, un'adolescente appena 14enne che ha vissuto un'esperienza traumatica che, oltre a causarle tanto dolore, la rende un’emarginata.
Al liceo, infatti, tutti la evitano.
Melinda si isola e comincia ad avere difficoltà a parlare sia a scuola che a casa, rinchiudendosi nell’eremo dei suoi pensieri, dove le bugie e le ipocrisie della scuola, degli insegnanti e dei genitori sprofondano nel suo stesso silenzio e l’unico sollievo che le rimane è quello di non parlare.
C'è una sola persona che riesce ad infilarsi nel groviglio di quei pensieri e a scalfire il muro di silenzio: il bizzarro prof. di Educazione Artistica, che pretende che i suoi alunni, dai propri disegni ed opere, traggano fuori e mostrino la propria anima? 
Forse lui è più sensibile degli altri?
È un libro che affronta tematiche importanti, dal bullismo alla violenza fisica, ai conflitti con i genitori e con gli insegnanti, e invita anche gli adulti a riflettere sul proprio ruolo di educatore delle giovani generazioni, sulla necessità di affinare le proprie capacità di empatia, ascolto, comprensione, a maggior ragione quando da parte dei ragazzi di parole ne giungono troppo poche.


EPPURE CADIAMO FELICI di Enrico Galiano  

Anche Gioia - sebbene per altre ragioni - vive con fatica la propria adolescenza, non si sente capita se non da un adulto, che ha ha intuito come dietro l'apparente indifferenza della ragazza e quel volersene stare per conto proprio, ella celi un universo di domande, interrogativi, timori, speranze, perplessità che desidera condividere con qualcuno, un adulto maturo, possibilmente: è il professor Bove, docente di filosofia, che ogni giorno raggiunge Gioia e si dispone molto socraticamente ad ascoltare la sua domande, per provare a darle non tanto una risposta soddisfacente e univoca, quanto una "strada" per ragionare con la propria testa, per scavare dentro sè perchè spesso le risposte a tanti quesiti sono già lì, da qualche parte nella nostra testa, bisognava solo trovare il modo per farle emergere.
È l'insegnante che tutti vorremmo: saggio, ironico, incoraggiante, che rende la propria materia qualcosa di vivo, concreto per i propri studenti e li "costringe" a riflettere, valutare, autoesaminarsi, farsi domande.


I MIEI MARTEDI' COL PROFESSORE di Mitch Albom

Anche l'autore di questo libro breve ma denso di insegnamenti, ha avuto un prof indimenticabile, unico.
Mitch è solo in apparenza un uomo soddisfatto; in realtà, cova dentro di sè più di un vuoto, che - anche se non lo ammette neppure con se stesso - desidera colmare. E per farlo ha bisogno di qualcuno che lo aiuti.
Bisognoso di un maestro di vita, un mentore, un educatore che gli indichi la via per ritrovare sé stesso, ritorna con la memoria agli anni verdi della giovinezza e a quel docente universitario che insegnava sociologia e che ha amato e apprezzato, come uomo e come insegnante, per la sua profondità spirituale, per la sua umanità, per la capacità empatica nel rapportarsi agli altri, studenti compresi.
Quell'uomo è il professor Morrie Schwartz e, quando Mitch scopre che è molto malato, va a trovarlo ogni martedì: un appuntamento fisso con un uomo che saprà dargli ciò che cerca.


ALMARINA di Valeria Parrella

Elisabetta è un'insegnante che ogni giorno va in un carcere minorile e incontra le proprie alunne, giovani detenute tra cui c'è Almarina, e con lei instaura un legame speciale: due donne in divenire, che si trovano, si comprendono, e a dispetto dei cavilli burocratici, dei tanti interrogativi e della paura di sbagliare, si regalano reciprocamente la possibilità di essere un punto di partenza l'una per l'altra.
Elisabetta con Almarina sente di voler provare ad andare oltre il semplice affezionarsi agli alunni, di fare qualcosa di concreto per dare una possibilità a questa giovane che con la sua presenza ha dischiuso una luce nuova nel suo cuore.

  
BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE di Alessandro D'Avenia

Leo è un sedicenne come tanti, che ama stare con gli amici a divertirsi e giudica i professori "una specie protetta che speri si estingua definitivamente". 
Fino al giorno in in classe arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, che da subito sembra diverso dagli altri docenti: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno. 
Parallelamente, Leo  custodisce dentro di sé un sogno di nome Beatrice. 
Quando scopre che Beatrice è ammalata, il ragazzo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande...


UNA MISSIONE...  TANTI MODI PER VIVERLA



Beatrice è l'insegnante di questo romanzo storico: è alla ricerca di un’indipendenza economica e sociale; pur sapendo e volendo, in una certa misura, obbedire alle etichette e alle convenzioni sociali, in lei si nasconde uno spirito battagliero e femminista, soffocato dalle circostanze avverse e dalle persone che le sono vicine e che le impongono il ruolo di donnina nubile sottomessa, debole, sola, bisognosa di protezione, incapace di gestire da sé le proprie necessità.
Il lavoro come insegnante è un’àncora cui Beatrice vuole aggrapparsi per non dover dipendere da nessuno, uomo compreso, convinta com’è della propria libertà di donna non maritata.


STORIA DI UNA PROFESSORESSA di Vauro Senesi

La protagonista è Ester, una professoressa che crede fermamente nel suo lavoro, nel suo ruolo.
Fin da ragazza, da quando frequenta la parrocchia e aiuta don Carlo, un prete di borgata che legge ai ragazzi don Milani oltre che il Vangelo e cerca di strappare i figli degli ultimi al loro destino di esclusione.
È stato lui a creare il doposcuola in cui Ester ha compiuto i primi passi da insegnante e attraverso la vicenda appassionata e appassionante di questa donna, prima scolara e studentessa e poi professoressa, il lettore ripercorre oltre quarant’anni di scuola e di società italiana, dagli anni sessanta a oggi.


IL ROSSO E IL BLU di Mario Lodoli

Insegnante di professione, l'autore nel proprio libro affronta i molti «cuori ed errori» che sono disseminati nella scuola italiana, e di cui è testimone quotidiano, esprimendo così il proprio punto di vista sui tanti temi che entrano nel dibattito pubblico sull'educazione scolastica e i giovani di oggi: dal momento topico dell'esame di maturità alla piaga emergente del bullismo; dalla straniante e defatigante esperienza delle gite di classe al problema della droga, dall'angoscia degli studenti per il loro futuro alla sintonia magica che talvolta si crea con il loro professore.


GLI ANNI FULGENTI DI MISS BRODIE di Muriel Spark.

Bontà, Bellezza e Verità: sono i dogmi dell'insegnamento di Miss Jean Brodie. Siamo a Edimburgo, negli anni Trenta, Miss Brodie ammette, con candida alterigia, che la sua unica vocazione sono le allieve, e l'unica missione farle diventare "la crème de la crème". 
Tanto zelo può persino indurla a cercare di trasformare le più dotate in doppi di se stessa e a scegliere una di loro per vivere in sua vece un amore che ritiene improprio soddisfare di persona. 
Tortuose collusioni psicologiche, tentativi di plagio, una passione repressa e goduta per interposta persona, il rigore calvinista di una crisi di coscienza: il libro è un labirinto psicologico ed insieme un congegno narrativo perfetto.


QUESTA SCUOLA NON È UN ALBERGO di Pino Imperatore

Il protagonista di questo romanzo spensierato e simpatico è il diciottenne Angelo, la cui vita si snoda tra scuola e famiglia, ed è resa unica e bella dalla presenza dei propri cari, del pappagallo Cico, dei compagni di classe, con cui si appresta ad affrontare la maturità, e anche degli insegnanti, di cui l'autore di offre una galleria variegata, buffa, divertente che, a me che sono stata studentessa più di venti anni fa, ha instillato un pizzico di dolce nostalgia.

❤❤❤


Il mio è lontano dall'essere un elenco esaustivo, quindi se avete altri titoli interessanti a tema "insegnanti/maestri", mi farà assolutamente piacere leggere i vostri consigli!


martedì 4 ottobre 2022

Scarica gratis "Caldo, terrore a 42°" di Gianfranco Virardi

 

Buongiorno, cari lettori!

Volevo segnalarvi che mercoledì 5 ottobre fino alle ore 24.00 per 24 h sarà scaricabile gratuitamente da Amazon in formato Kindle, il nuovo romanzo thriller di Gianfranco Virardi: Caldo, terrore a 42°.

Ecco il link al download gratuito su Amazon



Sinossi 
174 pp



Torna il commissario Dilori, già protagonista del thriller Nickname, morte in rete. Anche questa storia è del tutto autonoma e leggerla senza conoscerlo, non altera minimamente la comprensione della narrazione. Ci sono cose orribili che avvengono inspiegabilmente, sono le azioni peggiori perché il loro immotivato accadere produce effetti devastanti anche per chi non ne resta direttamente vittima. 
L'estate romana, che sta per esplodere, sarà ricordata da tutti come la più orrenda stagione di terrore senza senso. 
Nell'orrore di solito non c'è ragione, ma può esserci una causa, una spiegazione, un movente. Nei fatti di sangue che leggerai, invece, non c'è un motivo apparente. 
Nessuno saprà mai perché sono stati commessi, tranne l'autore degli stessi crimini e tu che stai leggendo.
Un altro romanzo che ti cattura fino all’ultima pagina, ambientato tra le vie di Roma, dove il senso di giustizia diventa movente criminale e la vendetta si trasforma in insana follia, oltre il tempo, contro gli
innocenti.
Il traffico cittadino, l’afa che rende l’aria quasi irrespirabile, i vapori acri e catramosi dell’asfalto, la temperatura vicina ai quarantadue gradi, pochi pendolari arrostiti alle fermate del tram.
Eccezionale ondata di caldo da oltre una settimana. 
Una strage nelle viscere della città e subito dopo un triplice omicidio in superficie, in uno scenario macabro e inspiegabile. 
Cosa sta succedendo? Le indagini di un abile commissario e la voglia di scoop di un buffo giornalista locale riusciranno a fermare il colpevole?

domenica 2 ottobre 2022

✔ RECENSIONE ✔ 2030: APOCALYPSE WAR di Elisa Delpari



Se in 1944: THE REBELLION, Elisa Delpari ci aveva trasportati nel periodo della seconda guerra mondiale attraverso un incredibile viaggio nel tempo della protagonista (Elektra), quest'ultima, in 2030: APOCALYPSE WAR, vive nella New York del futuro (un futuro comunque non lontano rispetto al nostro) in cui il mondo è oggetto delle brame di potere di un tirannico imperatore giapponese che va assolutamente fermato; a farlo, saranno gruppi di resistenza armata, guidato proprio da Elektra.


Ed. Gruppo Albatros Il Filo
454 pp
Sono trascorsi più di dieci anni da quando Elektra ha vissuto l'esperienza più straordinaria della propria vita: dopo aver scoperto (in seguito a delle inspiegabili visioni) che la bisnonna Lisa era stata attiva sul fronte della resistenza partigiana durante la guerra, combattendo contro i nazisti, la ragazza aveva avuto modo di vivere - con l'aiuto di un ipnotista -  in quel drammatico periodo "incarnandosi" (anche se solo mentalmente) nei panni della bisnonna.

Attualmente vive nella Grande Mela, lavora in ospedale come medico chirurgo ed è sposata con Daniel, responsabile del reparto informatico nella Tec Enterprise, un'azienda che si occupa di creare  nuovi software per poi impiantarli nel “corpo” di robot.

Siamo nel 2030 e l'autrice immagina un prossimo futuro in cui, tra i tanti cambiamenti, si riscontra la massiccia diffusione di robot, costruiti con tanta precisione da poter sostituire senza problemi l'uomo in tantissimi ambiti; uno di questi - chiamato Zeus - lavora proprio in casa di Elektra come aiutante, pur essendo la donna molto scettica circa la presenza di questo essere robotico e non umano in famiglia.

Ogni tanto Elektra pensa con nostalgia a Bologna e alla bisnonna, a ciò che "insieme" hanno vissuto, ma un giorno succede qualcosa che le fa capire come ciò che l'è capitato in passato stia per ripresentarsi: le visioni, infatti,  ritornano, ma questa volta esse non rivelano episodi già accaduti, bensì che accadranno, che sia a breve o tra molto, Elektra ancora non può saperlo.

Fatto sta che, ovviamente, ne è turbata: cosa vogliono significare questi "sogni ad occhi aperti" che durano pochi minuti ma che le permettono di individuare specifici e chiari personaggi, volti, nomi, ambientazioni e azioni?

Le visioni (o meglio, premonizioni) sembrano appartenere a un futuro post-apocalittico, nel quale la protagonista scorge una New York distrutta da un evento devastante, e poiché esse aumentano d'intensità mostrando scenari di morte e distruzione, in cui si vede coinvolta in prima persona assieme ad altri ragazzi - e vede anche coinvolto, in una certa misura, anche Daniel e la Tec con i suoi robot -, Elektra comprende che un grave pericolo sta per travolgere l'intero pianeta.

In particolare, ad esser sempre più evidente è il Paese da cui sta per giungere il nemico: il Giappone, dove l'imperatore Wuang Lee è salito al potere con cattive intenzioni e con metodi di governo oltremodo discutibili, dittatoriali e violenti, volti a sottomettere la popolazione e a reprimere ogni accenno di rivolta e ribellione.
Ma come se non bastasse, quest'imperatore mira ad espandere il proprio potere ovunque nel mondo, per sottomettere anche altri popoli.

Elektra è sconvolta da queste premonizioni e dal fatto stesso di aver scoperto di possedere il dono di preveggenza, e sente inoltre l'urgenza di dover essere pronta nel momento in cui queste visioni si realizzeranno.
Perché non ci sono dubbi che avverranno, quindi bisogna stare attenti e prepararsi.

Anzitutto, ne parla con il marito, che le crede e si dimostra comprensivo e preoccupato al pensiero che lui stesso, seppur non volendo, sarà coinvolto nella costruzione di robot intelligenti e distruttivi, che verranno impiegati per agire contro i civili; Zeus, il robot di casa, pian piano dà segnali di essere una macchina diversa dalle altre, in grado di provare e riconoscere le emozioni, di mostrare empatia verso la sua "padrona" Elektra, che infatti apprende come lui sia speciale e come dietro quella corazza si nasconda un'anima sensibile (la ragione ci viene spiegate nel corso della narrazione).

Grazie al suo lavoro in ospedale, la donna ha modo di incontrare diversi ragazzi e ragazze che, nei giorni e settimane a venire, andranno a formare la squadra di combattenti di cui lei sarà a capo: Jack, Sara, Sakura ed altre persone, ciascuna con poteri straordinari (potere di guarigione, telepatia, teletrasporto, controllo degli elementi della natura...) che risulteranno molto utili, anzi necessari, per iniziare e portare avanti con successo la resistenza armata contro i giapponesi.

Di lì a poco, secondo quanto mostra la tv, il folle imperatore comincia la sua opera di occupazione militare dei Paesi vicini e non solo: giunge in Europa ed è pronto ad arrivare anche in America.
Va fermato, Elektra è pronta a scendere in campo e a guidare i suoi compagni di lotta perché il male non abbia il sopravvento, a scapito di miliardi di persone innocenti e inermi.

In particolare, dovrà vedersela con il generale dell’impero giapponese Yamamoto, a comando dell'esercito inviato per sottomettere gli abitanti attraverso metodi barbari e crudeli; quando arriva a New York, in poco tempo crea caos e paura, e riesce ad avere il totale controllo della metropoli. 

Ma Elektra, proprio grazie alle premonizioni, al costante sostegno del marito e all’aiuto dei suoi amici coraggiosi e pieni di talenti paranormali, formerà un team di ribelli decisi a combatterà l’invasore fino allo scontro finale, per riconquistare la libertà.


Il paranormal fantasy di Elisa Delpari passa dallo sfondo storico del romanzo precedente a quello futuristico/distopico di questo romanzo, che immagina un domani in realtà piuttosto vicino a noi, in cui i robot si sono affiancati agli esseri umani - soppiantandoli in alcuni ambiti professionali -, i grattacieli altissimi e moderni hanno sostituito completamente le case in pietra, niente schermi ma proiezioni olografiche..., insomma le conoscenze tecnico-informatiche sono andate avanti.

Come l'altro romanzo, anche questo ha il pregio di risultare di facile e immediata lettura, con una generosa presenza di dialoghi e di momenti avventurosi che creano ritmo e dinamicità.

A mio avviso, lo stile di scrittura ha mantenuto le stesse caratteristiche del precedente libro, in cui avevo sottolineato come - pur apprezzando lo sforzo nel voler contestualizzare le vicende in un periodo storico ben preciso - ci fosse però una certa "ingenuità" e un po' troppa leggerezza nel descrivere determinati aspetti (importanti) del nazismo; ecco questa cosa l'ho ravvisata anche in questo testo, in cui trovo ci sia troppa precipitazione nel voler fornire un sacco di elenchi, dettagli e informazioni per far capire al lettore il tipo di contesto in cui è collocata la storia, col rischio però di non dosare le informazioni superflue e di curare poco quelle che meriterebbero magari più attenzione.

Ho trovato la scrittura un po' ripetitiva tanto nella descrizione di alcune situazioni,quanto nell'uso di determinati verbi ed espressioni, il che rischia di appiattire la narrazione in sé, nonché i personaggi e le loro personalità, ciascuna delle quali dovrebbe emergere nel vivo dei dialoghi e delle azioni, più che negli aggettivi elencati dalla voce narrante (Elektra, nel nostro caso), cosa che potrebbe impedire al lettore di immedesimarsi in ciò che legge e far apparire tutto troppo distante.

inoltre, ci sono alcune imprecisioni legate all'uso della punteggiatura e altre di tipo linguistico (ad es. il pronome complemento "gli" viene impiegato per rivolgersi a personaggi femminili).

Nel complesso, il romanzo è piacevole, si lascia leggere, il materiale c'è e le idee pure, pur con qualche pecca (ovviamente è solo il mio parere, per cui è opinabile) e son certa che per il resto - come una maggiore attenzione e cura circa lo spessore psicologico dei personaggi (almeno i principali) o l'aspetto del linguaggio - c'è sempre modo e tempo per migliorare.

venerdì 30 settembre 2022

IL MIO SETTEMBRE 2022, TRA LETTURE E SERIE TV


Eccomi con il mio settembre!


  1. LA PSICOLOGA di B.A. Paris: thriller psicologico che si muove all'interno di un complesso residenziale in cui le amicizie celano segreti e quasi sicuramente un assassino (4/5);
  2. IL DUCA di M. Melchiorre: romanzo dallo stile classico, dal linguaggio colto, con un protagonista sfaccettato che scavando nel passato riuscirà a comprendere il proprio presente (5/5);
  3. STORIA PROIBITA DI UNA GEISHA di M. Iwasaki, R. Brown: autobiografia della geisha più ricercata e famosa del secolo scorso (3,5/5);
  4. IL CIELO È DEI VIOLENTI di F. O'Connor: romanzo americano in cui le miserie umane si scontrano con il fanatismo religioso (4/5);
  5. 2030: APOCALYPSE WAR di E. Delpari: paranormal fantasy ambientato in una New York futuristica minacciata da un imperatore giapponese che vuol seguire le impronte di Hitler (2/5).
  6. GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA di E. J. Howard: primo volume della saga famigliare I Cazalet, che ci permette di inquadrare personaggi e periodo storico (3,5/5);
  7. INGANNI di E. Gaudì: romance contemporaneo con una trama articolata e ricca di avventura e suspense (4/5).

Sicuramente il libro che sale sul podio è IL DUCA, per avermi sorpreso, nel senso che, pur avendo uno stile classico e un linguaggio raffinato e ricercato, mi ha coinvolta nelle vicende personali del protagonista e nella sua evoluzione umana.


CITAZIONE

«"Hokori o motsu", 'sorreggiti con il tuo orgoglio'. Vivi con dignità, quali che siano le circostanze». (Mineko Iwasaki)


❤☺❤☺


Sul fronte serie tv, sto continuando con i miei amatissimi amici, i Pearson di This is us; gli intrecci di vita e le dinamiche di questa famiglia sono una continua fonte di emozioni *___*


Sto proseguendo anche con la quinta stagione di THE HANDMAID'S TALE: un'incavolatissima June 
Osborne, oramai rifugiata in Canada, cerca di andare avanti con la propria vita di "sopravvissuta a Gilead", ma non è facile perché in corpo continua ad avere un fuoco di vendetta e rabbia che non accenna a placarsi; non le sono d'aiuto neppure le persone che ama - Luke, Moira, la piccola Nicole.
Il pensiero della primogenita, Hanna, che continua ad essere nelle mani di Gilead, la ossessiona, insieme all'odio per tutti quegli immondi esseri che tengono ancora schiave tante povere ragazze, stuprandole come e quando vogliono. 
A peggiorare il suo stato d'animo ci pensa lei, la nemica numero 1: Serena Waterford, che dopo aver ottenuto un funerale in pompa magna e in diretta tv per il proprio spietato maritino, torna in Canada e trova - con sommo sbigottimento di tutti, se stessa compresa - un sacco di gente (donne soprattutto, il che è grave) che la osanna manco fosse una madonna.
E se quella strega riuscisse a "portare" Gilead (con i suoi orridi "principi" pseudoreligiosi) in Canada?
La sola idea fa rabbrividire di disgusto June, il cui pensiero fisso è uccidere Serena.

Ho iniziato Defending Jacob, una miniserie tratta dal thriller IN DIFESA DI JACOB (trovate la recensione sul blog): il procuratore Andy Barber sta indagando su un terribile caso di omicidio, ai danni di un adolescente di soli 14 anni, accoltellato. Purtroppo, i sospetti circa l'assassino cadono su Jacob, l'unico figlio di Andy, ma ovviamente lui e sua moglie vogliono credere all'innocenza del figlio, se non fosse che ci sono dei dettagli che gettano dubbi nella loro mente... 

giovedì 29 settembre 2022

[ Anteprima libri ] FUTURI ARRIVI IN LIBRERIA

 


Cosa ci aspetta prossimamente in libreria?

Tra meno di un mese arriverà il nuovo bestseller di Jodi Picoult, «Vorrei che fossi qui», che presto sarà un film (Netflix): è un romanzo che fa riflettere su quanto le nostre priorità possano cambiare e su come anche le certezze più salde possano essere stravolte.


VORREI CHE FOSSI QUI
di Jodi Picoult


Fazi Ed.
USCITA
25 OTTOBRE 2022
Una vacanza da sogno che si trasforma in un incubo… ma a volte deve andare tutto storto perché vada tutto bene. 

La vita di Diana O’Toole è perfetta: si sposerà entro i trent’anni, avrà figli entro i trentacinque e si trasferirà nei sobborghi di New York, il tutto facendo carriera nello spietato mondo delle aste d’arte. 
Il suo fidanzato, Finn, specializzando in Chirurgia, le farà la proposta di matrimonio durante la loro fuga romantica alle Galápagos, pochi giorni prima del suo trentesimo compleanno. 
Giusto in tempo. Ma un virus che sembrava lontanissimo compare in città e, alla vigilia della loro partenza, Finn le dà una brutta la notizia: non può assentarsi dall’ospedale. E così, a malincuore, Diana parte da sola. Ben presto, però, si ritrova da sola in un luogo completamente isolato...


****


LA VITA IN TASCA
di Simona Sparaco



Ed. Solferino
256 pp
USCITA
25 OTTOBRE 2022
Mattia vive a Milano con la madre, divorziata. 
Non va bene a scuola e ha smesso di impegnarsi, anche perché è entrato in un brutto giro: Jonathan, uno dei suoi compagni meno raccomandabili, lo ha preso sotto la sua ala protettiva e Mattia non è più una vittima di bullismo ma in compenso rischia di perdersi.

Anche Malik vive con la madre, vedova, in Ghana. Lui a scuola ha tutti dieci e un talento per la matematica. Anche per questo è stato deciso che emigrerà dallo zio Zuri a Nizza: in Europa avrà un futuro migliore. 

Mattia e Malik, con i loro tredici anni diversamente problematici, hanno entrambi un viaggio da affrontare: per Malik è un pericoloso tragitto attraverso il deserto e poi per mare, accompagnato dai trafficanti di uomini. Per Mattia è un percorso incerto che deve portarlo a trovare un suo posto nel gruppo dei coetanei, una sua più precisa e vincente identità. 
Ai due ragazzi, con le loro ambizioni e paure, con le vittorie e le ribellioni della loro età, la vita ha riservato opportunità e sfide molto diverse. In una narrazione piena di tensione e pathos, questo romanzo segue in parallelo le loro storie e quelle delle loro madri. 
A molti chilometri di distanza, una serie di eventi imprevedibili li porterà verso una stessa notte, quella che deciderà il loro destino.


****

Esce a gennaio, ma io me lo segno per promemoria, il prossimo libro di Sacha Naspini, che ho moooolto apprezzato con OSSIGENO e I CARIOLANTI.


Come ha scritto l'autore su IG, è una storia di amore, riscatto e resistenza, che si ispira a fatti realmente accaduti: negli anni del secondo conflitto bellico, Grosseto fu l'unica diocesi in Europa a stipulare un contratto d'affitto regolare con un gerarca fascista per aprire un campo d'internamento; nel seminario vescovile furono rinchiusi, tra il 1943-'44, un centinaio di ebrei (italiani e no) destinato ad Auschwitz.


VILLA DEL SEMINARIO 
di Sacha Naspini



Ed. E/O
208 pp
17.50 euro
USCITA
 25 GENNAIO 2023
Maremma toscana, novembre ’43. 
Le Case è un borgo in cui la guerra assume il sapore dell'attesa, delle preghiere, della povertà. 
Dopo la diramazione della circolare che ordina l’arresto degli ebrei, il seminario estivo del vescovo diventa un campo di concentramento.
René è il ciabattino del paese, da tutti chiamato Settebello sin dalla tenera età, per aver perso tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni, è schivo, solitario, taciturno, niente famiglia, tranne Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più... 
Ma René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi, come di non fare in realtà nulla di che nella propria esistenza: casa e lavoro. E rigare dritto.
Anna ha un figlio, Edoardo, tutti lo credono al fronte. Un giorno viene catturato dalla Wehrmacht con un manipolo di partigiani e fucilato sul posto. 
La donna è fuori di sé dal dolore, adesso ha un solo scopo: continuare la rivoluzione e infatti una sera sparisce, lasciando a René un biglietto con poche istruzioni. 
Intanto si vocifera che un altro gruppo di ribelli è caduto in un’imboscata, che li hanno rinchiusi nella villa del vescovo. 
Tra i prigionieri pare che ci sia perfino una donna. 
Settebello non può più restare a guardare.

L'autore.
Sacha Naspini è nato a Grosseto nel 1976. È autore di numerosi racconti e romanzi, tra i quali ricordiamo L’ingrato (2006), I sassi (2007), Cento per cento (2009), Il gran diavolo (2014) e, per le nostre edizioni, Le Case del malcontento (2018 – Premio Città di Lugnano, Premio Città di Cave, finalista al Premio Città di Rieti; da questo romanzo è in fase di sviluppo una serie tv), Ossigeno (2019 – Premio Pinocchio Sherlock, Città di Collodi), I Cariolanti (2020), Nives (2020), La voce di Robert Wright (2021), Le nostre assenze (2022) e Villa del seminario (2023). È tradotto o in corso di traduzione in Inghilterra, Canada, Stati Uniti, Francia, Grecia, Corea del Sud, Cina, Croazia, Russia, Spagna, Germania ed Egitto. Scrive per il cinema.

martedì 27 settembre 2022

|| RECENSIONE || LA PSICOLOGA di B.A. Paris



Un complesso residenziale apparentemente sicuro, in cui le famiglie residenti vivono e interagiscono tra loro formando una piccola comunità di amici sempre disponibili l'un per l'altro.
In un posto così in tanti desidererebbero vivere, ma non sempre ciò che sembra incantevole e attraente dall'esterno poi lo è anche visto da dentro.
E tra le mura di quelle case belle, comode e tutte uguali, possono nascondersi molti segreti e pericoli.



LA PSICOLOGA
di B.A. Paris


Editrice Nord
trad. M.O. Crosio
384 pp
Alice e Leo stanno insieme non da molto ma sono già intenzionati ad andare a convivere a Londra; lei è pronta a lasciare l'amato cottage ad Harlestone (non a venderlo, quello no: è troppo affezionata a quel luogo, dove ha lasciato molti cari amici) e lui è disposto a restare a lavorare Birmingham, per poi raggiungerla nella loro nuova casa nel week end, così da stare insieme più tempo.

La casa su cui Leo ha messo gli occhi è all'interno di complesso residenziale chiamato "The Circle", chiuso da un cancello (il che è positivo in quanto lo rende più sicuro), al centro c’è una bella piazzetta con giardino e intorno le villette, tutte uguali per stile e dimensioni.

Alice è perplessa sulla scelta del fidanzato perché le sembra che quella villa sia troppo grande e, quindi, costosa, ma lui la rassicura: il prezzo è vantaggiosissimo e sarebbe da folli lasciarsela scappare!

E così i due prendono casa insieme e si trasferiscono, cercando pian piano di famigliarizzare con le altre persone del Circle.
A dirlo sembra semplice ma così non è: le coppie sono tutte affiatate tra loro e non tutte le donne paiono amichevoli, almeno non a una prima occhiata.
Ci sono Maria ed Eve che si dimostrano da subito carine e affabili, come anche i loro mariti (Tim e Will); poi ci sono Tamsin e il marito Connor, Cara e Paul, e la coppia più anziana, Lorna ed Edward.

Per cercare di stringere amicizia, Alice organizza un aperitivo a casa, invitando tutti i residenti; qualcuno vi andrà, qualcun altro no, ma a gettare un'ombra di sospetto e perplessità ci pensa un ospite non invitato: uno sconosciuto, infatti (che inizialmente Alice scambia per il marito di Maria) si imbuca alla festicciola, non dicendo il proprio nome ma dimostrando solo una strana curiosità per quel luogo, per poi svignarsela di soppiatto.
Di chi si tratta? Solo di un impiccione curioso che ha il vizio di infilarsi in feste private?

Leo cerca di tranquillizzare la fidanzata: la casa è sicurissima, dotata di videocitofono e codici per aprire il cancello ed entrare. Insomma, non c'è da aver paura e sicuramente quell'uomo sarà stato un intruso che aveva voglia di mangiare e bere gratis e a cui la povera Lorna ha aperto per sbaglio.

Fatto sta che di notte i due sentono rumori e, con essi, la sensazione che qualcuno si introduca in casa; vero è che, una volta accese le luci e fatto il giro della casa, appurano di essere soli e che di effrazioni non ce ne sono state.

Alice nota, però, che attorno alla loro nuova casa si aggira una strana atmosfera e le capita di sentire per caso Tamsin (che poi è l'unica a non aver accolto i nuovi arrivati a braccia aperte, anzi, guarda Alice con aria torva e poco amichevole) chiedere ad Eve con che coraggio Alice sia tanto tranquilla sapendo che in casa sua...

In casa sua... cosa?
Lo saprà presto e la notizia la sconvolgerà.

Infatti, una mattina si presenta a casa l'uomo che si era intrufolato al party in giardino: si chiama Thomas e dice di essere un investigatore privato. L'uomo le fa una rivelazione scioccante: la precedente proprietaria di quella villa, ora abitata da Alice e Leo, è stata uccisa due anni prima, nella camera da letto. Si chiamava Nina Maxwell ed era una psicologa.
Egli è lì per continuare a cercare informazioni utili al caso, che a quel tempo fu comunque "risolto": venne accusato di essere l'assassino il marito di Nina, Oliver, il quale però poi si suicidò, gesto che fece pensare a tutti (inquirenti e conoscenti) che in effetti fosse il colpevole e che si fosse tolto la vita per il grande senso di colpa.
Ma, dice Thomas, Helen (la sorella di Oliver) non è affatto convinta che suo fratello - da tutti, compresi gli inquilini del Circle, descritto come un uomo dolce e gentile, incapace di far del male a una mosca - abbia ucciso la moglie. E siccome è molto malata e non le resta tanto da vivere, Helen ha assoldato Thomas affinché prosegua privatamene le indagini e scopra chi ha realmente ammazzato la povera Nina in casa sua.

Alice è sconvolta nell'apprendere che in quella casa nuova di zecca e così accogliente si sia consumato un efferato omicidio; ad aumentare lo shock, e poi la rabbia, è un'ulteriore scoperta: suo marito Leo lo sapeva e gliel'ha nascosto! 
Come ha potuto nascondere un "dettaglio" tanto grave? 
Interrogato, lui si giustifica dicendo che lo ha fatto perché immaginava che lei non avrebbe probabilmente mai accettato di trasferirsi in quella villetta; e poi, Leo sa quanto il fatto che la vittima si chiamasse Nina avrebbe potuto risvegliare in lei dolorosi ricordi.
Sì, perché Alice aveva una sorella di nome Nina, deceduta in un tragico incidente stradale in cui persero la vita anche i genitori; Alice, infatti, non ha famigliari stretti viventi, è praticamente sola e da ormai più di vent'anni a contare per lei sono solo gli amici, tra cui Debbie e Ginny, e lo stesso Leo, al quale ha raccontato i propri tristi trascorsi. Il triplice trauma famigliare l'ha resa particolarmente sensibile (al limite, non di rado, dell'ossessione) verso chiunque si chiami Nina.

Alice è ferita, delusa, amareggiata e non intende sorvolare sulla scorrettezza del compagno, il quale capisce di doverla lasciare sola per farle elaborare la delusione e la rabbia.

Restando sola in quella casa, Alice ha modo di viverla fino in fondo, di accorgersi se qualcosa è stato spostato, di sentire gli strani e indefinibili rumori, stando sempre all'erta di notte, quando i suoi movimentati sogni vengono interrotti dalla vigile sensazione che qualcuno sia lì accanto al suo letto

È una sensazione? Una suggestione dettata ora dalla paura, ora dal desiderio inespresso che lo spirito della defunta Nina (la cui immagine talvolta si sovrappone a quello della sorella) sia ancora lì, come a chiederle di scoprire la verità?
E se fosse invece tutto vero, se realmente qualcuno (che, quindi, ha le chiavi) si intrufolasse in casa, sapendo come muoversi senza far rumore e lasciando pochi e quasi invisibili indizi? In tal caso, chi potrebbe essere: Leo? Uno dei vicini? Se sì, chi?
Ma soprattutto, è l'assassino a tornare sul luogo del delitto? Con quali intenzioni?

Alice è intenzionata a cercare le risposte a ogni domanda e, nonostante la paura, resta in quella casa e intanto fa domande in giro per il Circle, pungolata da Thomas e con lui si confida periodicamente, aggiornandolo qualora scopra informazioni utili.

Come è facile immaginare, non tutti nel residence hanno piacere a parlare di Nina; Eve è quella che chiacchiera di più, mentre Tamsin è la più reticente, forse perché lei e Nina erano molto in confidenza e la sua morte violenta e improvvisa l'ha sconvolta di più rispetto agli altri.

Con suo grande sconcerto, Alice si accorge che questi vicini così amabili sono altresì capaci di chiudersi in un silenzio ostinato e sospetto; non solo, ma si rende conto che c'è chi le dice piccole bugie, chi si apparta per parlare di lei in segreto, chi la spia con insistenza da dietro la finestra, chi le dice apertamente di farsi gli affari suoi e di smettere di far domande in giro perché rischia di farsi dei nemici tra loro.

Insomma, qualcosa di oscuro è nascosto tra le pieghe di quella comunità apparentemente perfetta e frugare nei segreti degli altri potrebbe rivelarsi davvero pericoloso...

Una cosa emerge con sempre più chiarezza: il povero Oliver è quasi sicuramente innocente, eppure i vicini del Circle si sono rassegnati a credere che sia stato lui a uccidere Nina.
E Nina, dal canto suo, era una donna dai tanti impegni, generosa, pronta a rendersi disponibile a fare favori a tutti..., forse anche troppo.
E se all'interno del Circle si nascondesse un probabile amante ferito e fosse lui la mano assassina?

I dubbi sono tanti e più ne parla con Eve, Tamsin e gli altri, e più aumentano, e con essi la sensazione di essere osservata ed esposta alla possibilità di essere aggredita.

La narrazione (in prima persona) del presente è alternata da brevi flashback, in cui assistiamo a delle sedute psicoterapeutiche in cui le pazienti (tutte donne) espongono i loro problemi coniugali al/alla psicologo/a.

È un thriller che ho letto davvero tutto d'un fiato perché la penna dell'autrice scorre molto molto fluida, agile nello stile e nel ritmo, e quest'ultimo è modulato in base ai momenti di maggiore o minore tensione; mi è piaciuto il contesto del complesso residenziale bello e tranquillo perchè incarna un tipo di abitazione che ha tutte le caratteristiche per essere allettante ma poi, ovviamente, all'interno delle case dei residenti può nascondersi qualcosa di sinistro, di poco limpido.
L'autrice sa come gettare sospetti su diversi personaggi, facendoceli vedere con gli occhi della protagonista, la quale, man mano che apprende particolari inquietanti sulla vita di Nina e sui suoi rapporti con gli amici del Circle, sospetta ora dell'uno ora dell'altro, in quanto più di uno di essi potrebbe aver avuto delle ragioni per compiere un omicidio.
Lo stesso Leo finisce, con gran dolore e paura da parte di Alice, nella rosa dei sospettati...!

Chi ha ucciso Nina e perché?
La risposta non è scontata e per dare un nome e un volto all'assassino non vi tocca che varcare il cancello del Circle, entrare nelle case tutte uguali dei residenti sorridenti e chiacchieroni, e stare attenti ai dettagli, alle parole, agli atteggiamenti, alle motivazioni alla base delle loro azioni.
E badate bene: la verità non può che nascondersi tra loro, è là, in una di quelle villette; ciò vuol dire che qualcuno sta mentendo, coprendo, e probabilmente ha pure raccontato fandonie alla polizia.

Un thriller davvero piacevolissimo, con diversi colpi di scena, con la giusta dose di suspense, che nei momenti clou fa salire la tensione emotiva, fa trattenere il fiato e ci spinge a proseguire nella lettura per sciogliere ogni nodo e - è proprio il caso di dirlo - "chiudere il cerchio".

Consigliato; per quanto mi riguarda è un libro che cattura e si lascia gustare dal primo all'ultimo capitolo; mi è stato consigliato di leggere anche LA COPPIA PERFETTA, della stessa autrice, e credo che non passerà molto prima che segua il suggerimento.

sabato 24 settembre 2022

** RECENSIONE ** IL DUCA di Matteo Melchiorre



Lontano dal caos della città, confinato in una grande e vecchia villa di famiglia, situata in una zona di montagna in cui la vita e lo stesso scorrere del tempo sono scanditi dai ritmi della natura e del bosco, un giovane uomo - ultimo erede di un antico e nobile casato ormai decaduto - cerca di dare un senso al proprio presente attraverso il passato: un passato di famiglia popolato dalle storie dei propri avi, con le loro virtù e le loro malefatte; giorni andati via per sempre di cui egli sente ancora forte il sussurro (e il peso?), ma la vita lo metterà dinanzi alla scelta se ascoltare e far continuare a vivere quelle voci del passato o se metterle a tacere e sentirsi finalmente l'unico padrone del proprio presente e del proprio futuro.



IL DUCA
di Matteo Melchiorre


Ed. Einaudi
464 pp
Lo chiamano scherzosamente "il Duca", ma lui lo sa che è più una presa in giro che una dimostrazione di rispetto per l'appartenenza a una dinastia, i Cimamonte, che ha, ovviamente, perduto ogni privilegio nobiliare.

Riservato e solitario, il Duca (protagonista di questo romanzo) ha deciso di ritirarsi a vita privata nella villa da sempre appartenuta alla sua famiglia e prendere possesso della propria eredità, anche se questo significa abitare in un posto isolato qual è Vallorgàna, un piccolo paese circondato da fitti boschi e dalla "severa e impervia" Montagna, nonché scarsamente popolato, in cui le esistenze dei singoli e delle famiglie scorrono a ritmi sempre uguali, seguendo le stagioni e i lavori da fare nelle proprie terre e nei boschi.

Non è semplice integrarsi in quella comunità di montanari un po' chiusi, diffidenti, restii ad accogliere a braccia e cuore aperti il forestiero, lo straniero, colui che viene da fuori e che non appartiene a quel luogo.
Certo, nel caso del Duca, la sua famiglia appartiene a Vallorgàna, le sue radici affondano lì, in quei boschi, in quella terra umida e selvaggia.
Ma se il Duca dovesse farsi accettare dai paesani in quanto discendente dei Cimamonte, sarebbe meglio deporre ogni speranza!
I Cimamonte non sono mai stati molto amati in Montagna.

Stando da solo nella grande villa (con la sola compagnia dell'anziana Dina, che ha servito in quella casa e che attualmente va a far visita al giovane per aiutarlo in qualche incombenza domestica, come la cucina), il Duca impegna il tempo nei lavori lavori manuali e nello scavare tra le vecchie carte di bis-bisnonni: ad attirare ogni sua attenzione è un antichissimo libro di famiglia, la Chronica Cimamontium e apprendere quante più informazioni sugli avi diventa non solo una delle sue più gradevoli occupazioni, ma anche il crocevia dei suoi pensieri
La lettura di queste scartoffie impolverate e ingiallite, scritte con una grafia praticamente illeggibile, fa sì che egli si interroghi lungamente intorno al senso che può avere, ai suoi giorni, discendere da un casato come quello dei Cimamonte: "antico, potente, ricco, ma che soprattutto costruì la propria fortuna su di un sistema sociale della cui ingiustizia non c’è oggigiorno motivo di dubitare. Nella boiserie si custodiva un mondo che i miei avi tenevano in pugno. Distese di terreni. Torme di fittavoli. Schiere di braccianti. Servitori e fantesche. Disuguaglianze giuridicamente sancite. Scuderie di cavalli. Titoli di rispetto. Codici di comportamento. Tutto un mondo, in breve, nel quale non si discuteva il fatto che i Cimamonte fossero i Cimamonte."

Insomma, il giovane ha tutte le ragioni per credere che i suoi parenti, di cui ormai non restano più neanche le ossa, abbiano signoreggiato e dominato a Vallorgàna e che di essi la gente di quei luoghi non abbia un ricordo poi così nobile, ma che, al contrario, di questa ricca famiglia si ricordino l'arroganza, l'egoismo, la boria, la brama di essere i signori di tutto e su tutti.

Non che al Duca interessi portare avanti l'onore e gli sfarzi del proprio casato, ci mancherebbe, e fino a quando ci si limita a saluti cortesi ma distanti, va già piuttosto bene.

Egli è, anzi, quasi in imbarazzo al pensiero che i suoi avi si siano spesso comportati in modo ingiusto e "sapersi figli di questa stessa ingiustizia e vederla descritta, con verissimo inchiostro, in migliaia di carte" non è facile per lui e comunque non lo induce a compiacersi della condotta degli antenati, alcuni dei quali sono stati davvero dei pessimi individui.

I problemi, in quella landa fuori dal tempo in cui la quiete fa da padrone, iniziano quando un uomo del posto (forse l'unico con cui scambia quattro chiacchiere), Nelso Tabiona, bussa alla sua porta per parlargli di un affare urgente.

Nei boschi della Val Fonda qualcuno ha cominciato a tagliare alberi per prendersi la legna, e questi alberi fanno parte della tenuta dei Cimamonte.
Chi è che sta rubando quintali di legname al Duca?
E va bene che lui per primo non ha ancora una precisissima idea di quanto grande sia l'area boschiva di sua proprietà (in effetti non se n'è mai interessato tantissimo, giusto il necessario), ma da qui a chiudere entrambi gli occhi su ben seicento quintali di legna... assolutamente no! È troppo pure per uno tranquillo e pacifico come lui!

Le parole di Nelso - che da una parte lo avverte perché non si faccia fregare, dall'altra gli raccomanda di non litigare, di non fare storie ma di parlare con calma con chi di dovere - risvegliano nel Duca una smania di possesso fino a quel momento sopita: è il sangue focoso dei Cimamonte che prende a ribollire, pronto a far sentire la propria voce e ad alzarla, se necessario. 

"Non si creda che un Cimamonte si lasci abbindolare. Non si supponga che un Cimamonte subisca e taccia."

Il Duca è intenzionato a difendere la propria persona e i propri beni dalla prepotenza, dalla maleducazione, dagli affronti e dalle ruberie di gente che crede di potergli soffiare da sotto il naso ciò che gli appartiene da tempo immemore.
Presto scopre il nome di colui che ha commissionato il disboscamento che ha coinvolto una notevole quantità di alberi dei Cimamonte: Mario Fastrèda.

Questo signore, ormai più che ottantenne, crede di poter comandare su tutta Vallorgàna, di essere il padrone di tutto, di poter tenere sotto scacco la gente - che lo rispetta ossequiosa e al limite della venerazione -, di poter prendere decisioni a nome di tutti i compaesani e si aspetta che nessuno mai lo contrasti.
Bene, ha fatto male i suoi conti: dal momento in cui si è permesso, con la sua sfrontatezza e insolenza, di oltrepassare i confini delle proprie terre per entrare in quelle del Duca, è come se gli avesse dichiarato guerra.
Anche perché, quando il giovane gli fa notare "l'errore", Fastrèda, con la boria e la sicumera che evidentemente gli son proprie, non solo non ammette di aver sbagliato, ma minaccia il Duca di non mettergli i bastoni tra le ruote, di non alzare la voce in alcun modo perché altrimenti gliela farà pagare: se vuole la guerra, guerra avrà. E finalmente questi Cimamonte, che hanno solo portato dolori e sfruttato la povera gente della Montagna, avranno la lezione che si meritano!

Ha inizio così, da parte del Duca, la decisione di non cedere neanche un ramo a quel Fastrèda, di cui non ha certamente paura e che si merita che qualcuno lo metta al posto suo: c'è da chiamare ingegneri e avvocati? Sarà fatto, gli costasse anche una fortuna!

E mentre Nelso scuote il capo amareggiato, disapprovando l'atteggiamento guerrafondaio del Duca, i paesani lo guardano con sempre maggiore diffidenza, mista ad astio, perché questo nobile decaduto si è convinto di essere chissà chi; le cose peggiorano di giorno in giorno e il Duca si trasforma, agli occhi di quella gente semplice, da straniero a vero e proprio nemico, la cui presenza non può che portare sfortuna a Vallorgàna.

"La calunnia è un venticello, una auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente,
Incomincia, incomincia a sussurrar..."
: cosa c'è di più efficace del seminare calunnie e maldicenze su quel Duca arrogante, distruggendone la rispettabilità e la reputazione?
Questo è ciò che comincia a fare quel furbone di Fastrèda, determinato a mettere il rivale alle strette, affinché si senta sempre meno accettato dalla comunità di Vallorgàna e, magari!, si decida a lasciarla.

Ma anche il Duca è determinato a non farsi schiacciare i piedi e si impunta perché anche un centimetro delle proprie terre venga rispettato e riconosciuto come suo; certo, un po' si sente frastornato all'idea di mettersi contro una delle figure di spicco del paese e mai avrebbe immaginato di incontrare la discordia in un luogo dove la vita dovrebbe scorrere pacifica e silenziosa come un fiume..., ma tant'è.

Quello, dunque, che era parso a lui (e probabilmente appariva ad un occhio esterno) un luogo magico che ha preservato la propria selvatica e genuina bellezza, dove si può apprezzare la natura con i suoi meravigliosi suoni e silenzi, altro non è che un posto come tanti, dove si deve fare i conti con la rabbia, l'invidia, le ostilità, la malafede, la prepotenza.

Ed è così che la quotidianità del Duca, da sonnacchiosa, noiosa e ripetitiva, assume caratteri decisamente più vivaci; a causa delle calunnie del nemico, la discordia si insinua sempre più, infettando e viziando ogni cosa.

"Quando la discordia germoglia, infatti, qualsiasi ordinaria sciocchezza mette in allerta. Si fiutano insidie in ogni parola. Provocazioni in ogni gesto. Doppiezza in ogni sguardo. E affronti. Tranelli. Trappole. Si finisce col vivere, insomma, come uccelli prigionieri dentro a un roccolo."


Prigioniero. Ecco come si vede, giorno dopo giorno, discussione dopo discussione, il Duca: in prigione, non libero.

"Stavo lasciando che il mondo in cui vivevo mi abitasse. Stavo diventando il mondo che vivevo. Non ero piú io che vivevo in quel mondo, ma quel mondo che viveva in me. Il bosco. Nelso. La Chronica. Fastréda. Il confine. I picchetti rossi e i picchetti gialli. Il lupo. Gli sgarri e i controsgarri. La villa. I miei avi. Vallorgàna. Mi dissi perciò che dovevo quanto prima riprendere in considerazione me stesso e non correre a perdifiato dietro a vicende e questioni delle quali non avevo in realtà la minima esperienza."

Come se gli attriti con Fastrèda non fossero sufficienti a innervosirlo e occupargli ogni pensiero, ad essi si aggiunge il legame che nasce, pian piano e inaspettatamente, con una giovane donna dai capelli neri e dall'aria risoluta e battagliera: Maria.

La donna costituisce una tentazione per il Duca e non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la ragazza è, nientemeno!, che la nipote di Fastrèda.

Si innesca dunque un rapporto di odi et amo, in cui il Duca cerca in tutti i modi di resistere alle sensazioni che gli suscita la bella Maria, che a sua volta si sente attratta da quell'uomo così singolare e non semplice da capire, in cui risiedono mille contraddizioni e una sorta di affascinante disarmonia che, lungi dall'essere un difetto e una debolezza, si rivela un pregio e una forza.

 

«Tu vivi (...) come in una bolla, in un luogo e in una condizione che si stenta a credere possano esistere. Vivi mezzo nel passato e mezzo in un presente che con il presente ha pochissimo a che fare.


Cosa ne sarà del Duca, del suo orgoglio e delle mille domande, di quella villa un tempo dimora di nobili e che ora rischia di cadergli addosso rovinosamente, di quel bosco che avanza silenzioso e minaccioso verso le case, delle discussioni con quell'odioso di Fastrèda (con cui ha in comune più di quanto creda), della testarda voglia di aver la meglio su di lui, del rapporto con Maria e di ciò che esso potrebbe diventare, se solo entrambi lo volessero?


"Il Duca" è un romanzo che mi ha catturata dal primo istante, permettendomi di appassionarmi subito alle vicende del protagonista, strettamente legate al contesto in cui è collocato, a questa località di montagna in cui le lancette dell'orologio sembrano muoversi più lentamente che altrove, e in cui il passato, le azioni belle e brutte di chi c'è stato prima ancora riecheggiano ed influenzano il presente di chi - come il Duca - si pone con insistenza quasi morbosa all'ascolto di quelle voci antiche.

Mi è piaciuta l'ambientazione: la montagna e il bosco fitto - con i suoi odori forti e tipici, i suoi rumori e suoni, la sua vegetazione e la sua fauna - e il paese, che da un passato florido e movimentato è giunto ad un presente scarno, statico, fatto di poche case e poca gente.

Ho apprezzato e sono rimasta affascinata dal linguaggio, scorrevolissimo e oltremodo piacevole nel suo essere classico, "d'altri tempi", ricercato, elegante, nonché specifico e dettagliato quando si tratta di spiegare e descrivere i luoghi, gli elementi che caratterizzano i boschi, la vita in montagna, gli attrezzi e le attività tipiche di chi ci vive e ci lavora; una narrazione attenta, curatissima, un uso sapiente delle parole (compresi vocaboli di uso non comune), una scrittura accattivante, colta, che non stanca mai, anzi, rende tutto così reale, immersivo, coinvolgente, capace di far percepire al lettore tutta la tensione vissuta anche dal protagonista, in base a ciò che sta vivendo, conoscendo, scoprendo e provando.

Il Duca è un uomo dalla personalità sfaccettata, complessa, che vive quotidianamente dentro di sé il combattimento tra la ragione e l'istinto.

L'istinto gli suggerisce di non farsi pestare i piedi, di tener testa al rivale, di zittire la bocca di chi lo ritiene uno che con la montagna non ha nulla da spartire, mentre la testa di dice che tutto quel marasma di sentimenti negativi, quel suo attaccamento alla villa, alla storia del proprio casato... a cosa lo condurranno?

Nel corso della narrazione, vediamo il Duca maturare, riflettere, valutare, scavare come un archeologo, prima dentro casa, tra le carte dell'archivio e tra gli oggetti degli avi, tra le loro storie e le loro colpe, e poi dentro se stesso.
Mi è piaciuta molto la sua maturazione, quel suo interrogarsi su cosa lo stia aspettando qualora egli resti ancorato a quella villa e a ciò che essa può rappresentare: un guscio ormai vuoto, freddo, sterile, una prigione nuda in cui seppellirsi e rannicchiarsi in attesa di un domani senza grosse novità o, al contrario, un posto da cui ripartire, ricominciare, ormai liberato dalle invisibili catene di ciò che è stato e non è più.

Il mio parere è assolutamente positivo, è un romanzo che mi ha impressionata favorevolmente, per storia e stile. 
Ve lo consiglio!


"Io non penso che tutto quanto ci accada debba essere per forza raro, speciale o prezioso. Molto spesso, o forse il più delle volte, viviamo le cose di tutti. Voglio dire che le nostre esperienze, e soprattutto quelle che si svolgono dentro di noi, 
ci sembrano magari inedite, straordinarie, uniche. Invece non sono che tritume mille volte accaduto e mille volte raccontato."

giovedì 22 settembre 2022

|| RECENSIONE || STORIA PROIBITA DI UNA GEISHA di Mineko Iwasaki, Rande Brown

 

La storia di una delle geishe più famose raccontata dalla sua stessa voce, autentica e sincera, che ci trasporta in una società e in una cultura distanti da noi ma di cui avvertiamo il fascino irresistibile.


STORIA PROIBITA DI UNA GEISHA
di Mineko Iwasaki, Rande Brown



Ed. Newton Compton
trad. A.Mulas
318 pp

Masako Tanaka è solo una bambina di cinque anni quando la sua vita prende un corso particolare, tanto faticoso quanto affascinante.
È una figlia amata dai suoi genitori, che stravedono per lei e mai si sognerebbero di lasciarla andare lontana dalla famiglia.
Ma è ciò che accadrà, loro malgrado. 
I figli sono tanti e non è semplice mantenerli e tirarli su tutti e bene, così alcune delle figlie femmine più grandi vengono mandate a studiare per diventare delle geiko ("donna d'arte") presso la casa per geishe, nel quartiere di Gion Kobu di Kyoto.
Per una serie di circostanze, l'anziana Madame Oima (direttrice della casa per geishe) si ritrova a "corteggiare" i genitori della piccola Masako, insistendo perché lascino che la piccola intraprenda il cammino per diventare anch'ella una geisha: è così bellina, sveglia, anche se un po' schiva e solitaria, ma sicuramente ha tutte le caratteristiche per diventare una magnifica danzatrice, Madame ne è convinta.
E poi per lei gli anni passano e deve assolutamente trovare una futura geiko che erediti la okiya, la casa per geishe che dirige con successo.

Inizialmente la piccola non accetta l'idea di lasciare mamma e papà per andare a vivere da questa signora anziana, che pure è tanto gentile e affabile; quando la vede arrivare, va a nascondersi nell'armadio, impaurita.
Ma è solo questione di tempo e la bimba, a furia di frequentare la casa per geishe, finisce per sentirsi a proprio agio in quel mondo, fatto sì di infinite regole, orari, studio, disciplina..., ma anche di balli meravigliosi, raffinati ed eleganti. 
Mineko ieri e oggi

E poiché a lei piace tanto ballare ed è portata, non può che accettare la proposta di "zietta Oima" e restare a vivere nell'okiya, lasciando (con gran dolore) la casa paterna.
Viene quindi adottata e diventa Mineko Iwasaki.

Inizia per lei una lunga e impegnativa formazione, fatta di quotidiane ed estenuanti lezioni per apprendere antichi passi di danza, per imparare a suonare gli strumenti della tradizione e per acquisire tutti i segreti di quel cerimoniale rigido e severo che rende le geishe maestre di etichetta, eleganza e cultura.
Il suo caratterino determinato, testardo e schietto, viene fuori da subito e questo fa sì che spesso venga ripresa dagli insegnanti, che però vedono in lei molto potenziale.
Ed infatti la bambina cresce impegnandosi tantissimo nello studio, non si concede distrazioni, dedica ore alla danza e alle altre discipline essenziali per divenire la migliore danzatrice del Giappone.

E ci riesce: Mineko Iwasaki diventa infatti la geisha più brava, ricercata e corteggiata di tutto il Paese.

Le sue qualità, la caparbietà, l'impegno costante, la serietà nell'affrontare ogni compito ed esibizione, il suo essere forte e fiera, faranno sì che si immerga completamente in quel mondo in cui si respira arte, compostezza, austerità; un microcosmo tutto al femminile in cui le donne - giovani e meno giovani - sono tenute a interagire rispettando ruoli e responsabilità, aiutandosi a vicenda, cercando di allacciare amicizie, complicità, ma questo non toglie che - come in tutti gli ambienti professionali e in cui si condivide una quotidianità - nascano anche attriti, litigi, invidie e dispetti.

Per diventare una geisha ci sono degli step, ognuno dei quali è caratterizzato dalle proprie specificità circa kimono, acconciature, trucchi, tipi di danze da imparare, cerimonie e riti cui partecipare, compiti più o meno "umili" o importanti, insomma è un universo complicatissimo e ricco di tanti dettagli, tradizioni, parole, gesti, rituali, abiti ecc.

Io ne ero a digiuno e devo dire che è stato interessante entrare nella vita della protagonista e leggere non soltanto la sua personale esperienza di artista e danzatrice, che l'ha coinvolta dai cinque ai ventinove anni (il debutto come danzatrice maiko avvenne a quindici anni), ma proprio tutto ciò che contrassegna quest'antica tradizione, che è molto articolata e mossa da tante regole.

Diventare una geiko non richiede solo l'apprendimento di passi di danza o di gesti per la cerimonia del té, ma anche una vocazione di tipo "morale", nel senso che è un percorso anche interiore, di crescita personale; una donna che aspira a diventare geisha ("artista") deve lavorare molto su sé stessa, sul proprio carattere, sugli istinti e i desideri personali per modellarli su quelli propri del ruolo della geisha, che oltre a intrattenere con i balli tipici della tradizione giapponese, deve anche saper fare conversazione, giochi e quant'altro serva per far star bene i clienti, la cui privacy dev'essere sempre garantita e difesa.
Mineko e Charles

Questi ultimi sono generalmente uomini, ma in realtà può trattarsi anche di coppie (marito e moglie) e, seppur meno frequentemente, di famiglie.
Si tratta per lo più di persone altolocate, benestanti, dagli imprenditori ai politici, agli uomini d'affari; la nostra bella e talentuosa Mineko ha avuto l'opportunità di incontrare personalità politiche importanti, come Kissinger, principe Carlo (oggi re Carlo III) e la stessa regina Elisabetta.

Se vi chiedete se tra geishe e clienti si instaurassero relazioni "intime", la risposta è semplice: la geisha
non è una prostituta, ma un'artista, una danzatrice tenuta a seguire rigidi protocolli; non viene pagata per assecondare le "voglie particolari" dei clienti, il che però non esclude né che un cliente possa provarci né  che possa sinceramente "affezionarsi" in modo particolare ad una geisha, che richieda sempre lei e che tra i due, prima o poi, nasca una relazione sentimentale, e magari si arrivi anche al matrimonio.
Solitamente, se ci si sposa, è difficile che si prosegua la carriera da geisha, ed è ciò che succede a Mineko.

Ella ha avuto una relazione importante con un attore famoso in quegli anni (anni '60-'70), che però era sposato e - come spesso accade - prometteva di lasciare la moglie ma erano solo chiacchiere; più tardi, la giovane donna incontra un uomo che diventa suo marito e la relazione con lui coinciderà anche con la decisione di abbandonare la propria sfolgorante carriera di geisha di successo per vivere - finalmente! - come una "semplice" donna, forse non più famosa e super corteggiata ed impegnata... ma libera.

Seguiamo di anno in anno Mineko e il suo percorso umano e artistico, la vediamo crescere, smussare lati spigolosi del proprio carattere, ingoiare rospi, trattenere le lacrime, ne ammiriamo la forza di volontà, i sacrifici, la bravura e, non ultimo, il suo provare a cambiare qualcosa di quel mondo chiuso e severo, provare a "svecchiarlo" per preservarlo, per evitarne, o anche solo rimandarne, la fine.
Purtroppo i suoi sforzi non otterranno risultati e Mineko uscirà da quella realtà comunque tanto amata.

È un'autobiografia molto dettagliata, che immerge il lettore in questa cultura millenaria, nelle
tradizioni giapponesi legate alla figura della geisha dandogli un sacco di informazioni, chiarendo i significati delle parole, le innumerevoli regole di comportamento, i vari ruoli e gerarchie all'interno dell'okiya, le fasi del percorso di studi per avanzare nella carriera, insomma non gli viene nascosto nulla, anzi, la protagonista/narratrice racconta tutto con calma, meticolosità, senza essere pedante, anzi con eleganza, ironia e leggerezza, raccontando la sua vera storia, in risposta a quella narrata - non proprio fedelmente - da Arthur Golden in "Memorie di una geisha".

Lettura adatta a chi ama la cultura giapponese e vuol saperne di più (e meglio) sulla figura affascinante ed esotica della geisha attraverso la storia di Mineko Iwasaki.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...