domenica 20 agosto 2023

♣️ RECENSIONE ♦️. IL RUMORE DEI TUOI PASSI di Valentina D'Urbano



All'interno della "Fortezza", Beatrice e Alfredo sono per tutti "i gemelli". 
I due non hanno in comune il sangue: a legarli nel profondo è un'amicizia ruvida, un affetto espresso a suon di schiaffi, morsi, grida e parolacce, che negli anni si trasforma in un sentimento diverso, più vicino all' amore. 
E un amore come il loro non può che essere sì selvaggio, pieno di graffi, sì, ma anche tenero e delicato, e dove l'inconfondibile rumore dei passi dell'altro è più forte di tutto.


IL RUMORE DEI TUOI PASSI
di Valentina D'Urbano



Longanesi ed 
318 pp

"io non ti lascio. Non ti preoccupare, Alfredo, non avere paura, io rimango qui con te. Dentro il buio."

Beatrice e Alfredo sono due adolescenti cresciuti insieme come fratelli pur non condividendo lo stesso sangue; il loro è un affetto fraterno che nel tempo ha assunto diverse sfumature, arricchendosi di nuove e forti sensazioni e desideri.

Quella tra Bea e Alfredo è un'amicizia feroce, ruvida, un legame viscerale, incrollabile, di quelli che poche volte nascono nella vita.

"Cercammo di smettere di essere uguali, ma non ci riuscimmo mai. Ci eravamo contaminati."

Alfredo entra (ufficiosamente) a far parte della famiglia di Bea quando è solo un bambino conciato male a causa delle continue botte che il padre - perennemente ubriaco - dispensa ai tre figli (orfani di madre). La mamma di Bea prende a cuore quello spaventapasseri di bambino singhiozzante e Alfredo diventa il terzo figlio per i genitori di Bea, e un fratello per lei e Francesco.

Un fratello con cui crescono e col quale condividono attenzioni, cibo, stanze, doccia, letto.

"Non ce l’ha mai avuto un nome preciso, questo posto. Per molti anni era stato solo il quartiere occupato, ma all’inizio degli anni Settanta qualcuno cominciò a chiamarlo la Fortezza. Quelli che venivano da fuori non potevano entrare. A pensarci bene, nemmeno noi potevamo uscirne. Eravamo gente poco raccomandabile, gente che nessuno voleva prendere a lavorare, i rifiuti della società."

Alla Fortezza (il quartiere dove vivono Bea e Alfredo) è un po' come trovarsi in uno spazio in cui regna una gran confusione, pur essendoci delle regole interne come in ogni grande o piccola comunità: si spaccia, si litiga, si beve, si rubacchia, si gioca a pallone, gli adolescenti hanno rapporti promiscui, la gente vive e sopravvive con mezzucci discutibili, ma su una cosa tutti sono d'accordo: la polizia è il nemico numero uno e non deve mettere piede nella Fortezza.

In questo clima selvaggio e crudo, i bambini crescono in fretta, avvolti da poche carezze e smancerie e da molti rimproveri e percosse.

Se alcuni, come Bea, hanno genitori più attenti, altri come Alfredo vivono lasciati a loro stessi.

I ragazzi imparano crescendo che il mondo è come una grande giungla, dove non c'è posto per sentimentalismi, dove devi dimostrare forza e carattere, tirare fuori le unghie e alzare la voce.

Nella Fortezza si cresce insieme affrontando le medesime problematiche e si è uniti da legami quasi fraterni; è come una grande famiglia dove tutti si conoscono e si affibbiano anche soprannomi.

Beatrice e Alfredo sono, ad esempio, "i gemelli": sempre insieme, stessa andatura nel camminare, stesse gestualità...; paiono davvero fratelli di sangue ma, col sopraggiungere dell'adolescenza, Bea realizza che i suoi occhi hanno cominciato a guardare Alfredo in modo differente: la sua vicinanza fisica, il suo tocco, il suono della sua voce le smuovono qualcosa nella pancia mai provato prima e questa consapevolezza la rende furiosa, aggressiva e quasi cattiva verso Alfredo, che lei spesso tratta male senza che lui lo meriti davvero.

I suoi sentimenti stanno mutando ma Alfredo sembra non vederlo: per lui Bea è sempre la stessa rompiballe con cui si tirano calci, schiaffi, sputi e parolacce.

E anche se gli amici li vedono come una coppia, Bea vede che Alfredo si guarda attorno e "fa lo scemo" con le altre.

Questo la manda in bestia perché lei vorrebbe essere l'unica per lui, come Alfredo lo è per lei.

Non sono forse sempre stati appiccicati, tutto l'uno per l'altra? E allora perché lui non la vede come una ragazza con cui avere una storia ?

In realtà Alfredo, a modo suo, è geloso di Bea, e non sopporta che lei possa divertirsi senza di lui (tantomeno con un ragazzo) e lasciarlo solo.

Ma non saranno altre relazioni a mettersi tra loro bensì qualcosa di molto peggio e pericoloso: la droga.

Siamo negli anni Ottanta, il fenomeno droga è quanto mai diffuso, tanto più in un luogo già socialmente deviato e disfunzionale come la Fortezza.

Alfredo resta impigliato nelle glaciali e mortifere maglie della tossicodipendenza, che gli toglierà la luce dagli occhi, il vigore dal corpo e la voglia di vivere. Gli ruberà l'anima, rendendolo uno zombie.

Però Bea continua ad essere al suo fianco, nonostante la rabbia, la stanchezza, la sofferenza logorante che caratterizzano il prendersi cura di una persona la cui esistenza dipende dall'eroina.

Bea ama Alfredo e non riuscirebbe ad abbandonarlo neanche se lo volesse; piuttosto lo ammazza con le sue mani!!

Basterà il suo amore forte e sanguigno a salvarlo?

"Il rumore dei suoi passi" è un romanzo sull'amicizia, imperniato su un rapporto simbiotico che si esprime non attraverso carezze e dolci parole, ma con graffi, botte, offese, grida; é un affetto più che fraterno, è possessivo, quasi morboso, non conosce altro linguaggio se non quello animalesco e graffiante di chi è nato e cresciuto in mezzo alla strada, con poche o nessuna coccola e dolcezza, dove ognuno ha imparato a mordere e ferire per primo per non essere attaccato e sopraffatto.

Un'amicizia e un amore vissuti in modo famelico, totalizzante, dove ci si ama senza sussurrarsi "ti amo" ma aiutandosi e sostenendosi concretamente, sempre dopo aver vomitato una scarica di insulti e pugni.


L'autrice ha esordito con un romanzo dalle vicende forti e drammatiche, denso e intenso, brusco e autentico nei contenuti, nella tipologia di personaggi e nel linguaggio, dove ogni parola e gesto hanno la violenza di un pugno in faccia, dove la vita non fa sconti, le adolescenti abortiscono di nascosto da una mammana, un padre può tranquillamente ammazzare di botte i figli, dove i ragazzi incappano nel tunnel della droga e sono lasciati al loro destino, dove i servizi sociali difficilmente arrivano e così la polizia (se non per arrestare). Il contesto in cui si nasce e si annida dentro chi ci vive "come una malattia e che alla fine ci aveva rovinati."

È un romanzo molto bello, che scuote e commuove, ci si lega a Bea e Alfredo, le cui personalità sono molto ben delineate: lei così forte, testarda, prepotente e a volte crudele, lui più fragile, fondamentalmente buono e terrorizzato all'idea di essere lasciato solo dalla sua insopportabile Bea.

"una delle poche cose buone di Alfredo era proprio questa: sapeva amare incondizionatamente. Ma non aveva il mio carattere. Se nella nostra amicizia c’era un pilastro portante, quello ero io. Lui amava come un cane, con la stessa insensata fiducia, con lo stesso cieco trasporto."

I due protagonisti sono così diversi eppure indissolubilmente uniti nell' anima, e il loro rapporto riflette questo essere agli antipodi: vicinanza e voglia di scappare e allontanarsi dall'altro, ti picchio ma ti voglio anche abbracciare, ti amo e ti odio, tenerezza e rabbia.

"Eravamo insieme e allo stesso tempo eravamo lontani, come su due pianeti diversi. Io vedevo Alfredo svanire, farsi piccolo, perdere nitidezza. E non mi fidavo più di lui."

Non posso che consigliarvene la lettura, tanto più se siete alla ricerca di un libro ad alto coinvolgimento emotivo. 


ALCUNE CITAZIONI

"Certe volte ti dimentichi le cose che hai vissuto. Le lasci da parte perché ti sembrano infantili, prive di senso, e allora le abbandoni lì a farsi seppellire. Le rimuovi, fino a che non succede qualcosa che te le fa ricordare. E allora cambia anche la visione della realtà."

"Eravamo fatti così, tendevamo a nascondere le cose difficili, ci sforzavamo di non vederle, finché non ci capitavano sotto agli occhi, finché non diventavano così grosse e cattive da prenderci a calci in faccia. Solo a quel punto decidevamo di affrontarle, e spesso era già troppo tardi. Era un modo come un altro di difenderci."


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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