Come si racconta di aver subito uno stupro?
E per raccontarlo a chi, poi?
La protagonista di questo romanzo trova il modo di parlarne attraverso una lettera che forse il destinatario non leggerà mai: lui è suo fratello ed è assente da anni dalla sua vita, ma è proprio a lui che Valentina sente il bisogno di palesare l'uragano di pensieri ed emozioni che le si agita dentro dal giorno in cui il suo corpo e la sua anima sono stati violati.
X di Valentina Mira
Fandango Libri 176 pp |
Adesso è arrivato il momento di dire ciò che sente, pensa, ciò che l'ha fatta soffrire.
X è una lunga lettera scritta per Fabio, il suo fratellino.
Con Fabio non hanno relazioni da anni, né lei né i genitori; il ragazzo, infatti, ha preso una strada lontana dalla famiglia per unirsi ad amicizie legate agli ambienti neofascisti.
Di recente suo fratello, in realtà, s'è fatto vivo ma nel peggiore dei modi: è entrato in casa dei suoi e ha commesso un atto tanto stupido quanto aggressivo, una sorta di "dispetto" a quei genitori con cui non ha più rapporti.
Ed è a questo fratello che Valentina scrive per raccontargli con dovizia di particolari la sua vita di oggi, i sacrifici fatti per arrivare ad essere ciò che è - una giornalista - e soprattutto tutto quello che non ha avuto la forza di dirgli in passato.
C'è un momento specifico del passato che ha segnato un punto di rottura per lei perché è legato ad un evento terribile avvenuto una sera d'estate del 2010 - l’anno della sua maturità -, in occasione di una festa piena di musica e alcol; un evento che determinerà da quel momento in poi un prima e un dopo nella sua vita.
A quella festa Valentina si lascia andare a baci ed effusioni con un ragazzo che è amico suo e del fratello: G., un ottimo studente della scuola cattolica.
Ma quella sera il bravo ragazzo diventa uno stupratore; l'amico simpatico si trasforma in un mostro che non ha la faccia né da mostro né da stupratore, e che vive in un quartiere normale di un paese normale.
Ma quella sera il bravo ragazzo diventa uno stupratore; l'amico simpatico si trasforma in un mostro che non ha la faccia né da mostro né da stupratore, e che vive in un quartiere normale di un paese normale.
A quel ragazzo Valentina quella sera dice NO, e non una volta soltanto; sì, è vero, aveva bevuto un po' ma lei ricorda tutto e sa che non era ubriaca; sa benissimo di aver respinto G. con fermezza.
Ma lui le fa violenza sessuale, con tanto di lividi e sangue sulle lenzuola.
Valentina non denuncia e, anche se proverà a farlo e a "minacciare" lui di farlo, non lo farà.
Esattamente come il novanta per cento delle donne che subiscono violenza, quel danno resta taciuto per anni.
Sua madre nota che, nei giorni successivi a quella maledetta sera, la figlia è strana, distante, triste, ma a lei, cattolica fervente e convinta, che ritiene il sesso un argomento tabù, Valentina non riuscirà a confidare lo stupro subito.
C'è una persona con cui si sfoga: Fabio.
Ma Fabio sceglie - con doloroso stupore da parte di Valentina - di credere al'amico, non crede alla sorella, anzi, si allontana da lei e rimane amico di G., lo stupratore.
Dieci anni dopo, Valentina si sente più forte, tanto da decidere di riprendersi la propria storia spezzando quelle maledette catene fatte di paura, vergogna, omertà, consapevole che se c'è qualcuno che deve vergognarsi non è lei, non sono le donne violentate, ma è il "suo" violentatore, sono i violentatori delle tante donne che hanno la sfortuna di incontrarli.
Valentina Mira dà il proprio nome alla protagonista (e voce narrante), le dà un'identità precisa perché le vittime di stupro non sono delle donne anonime, senza un volto, un vissuto...: sono persone, che hanno subito una violenza carnale e che, oltre e dopo questa, si sentono ancora violentate da una società e da un modo di pensare che attacca e stigmatizza chi invece va difeso, protetto, creduto, aiutato a denunciare.
Non è stato facile continuare la propria vita dopo quella notte; la sofferenza di aver subito uno stupro, tutta la valanga di emozioni contrastanti ad esso collegate, l'allontanamento dell'amato fratello (il loro è sempre stato un legame fortissimo) e le sue scelte di vita discutibili, e poi la precarietà del lavoro anche dopo la laurea, le umiliazioni affrontate per cercare di non perdere quel po' che s'era costruita negli anni, la solitudine, la paura di non farcela, di dover continuare a consegnare pizze per sempre abbandonando il sogno di fare la giornalista...: Valentina infila tutto in questa lettera decisiva e definitiva, la prima e forse l'ultima e l'unica che scriverà mai a qualcuno vomitando in essa tutto.
Scrivere diventa una necessità per sopravvivere, per aggrapparsi a qualcosa, per denunciare come la violenza non sia solo quella di dieci anni prima con G., ma sia all'interno dei più differenti contesti e si esprima in diversi modi.
Si può essere violati anche per altre vie, che non contemplano necessariamente un bruto col ghigno che ti prende in un angolo buio e ti strappa gli slip: la violenza può risiedere anche in un datore di lavoro che, con voce melliflua e sorriso sornione, ti fa capire che se vuoi mantenere un posto di lavoro..., hai capito, sì?
Ma sul corpo ferito di Valentina ormai c'è una indelebile X che vuol dire NO, e il no è no, senza se e senza ma.
Il romanzo (autobiografico) di Valentina Mira è spiazzante perché schietto, diretto, feroce; la voce della protagonista è potente, è un grido di dolore e di rabbia, in cui c'è tutto il bisogno e il diritto di urlare che non è lei quella sbagliata, che no, non se l'è cercata quella sera, che una donna stuprata non deve sentirsi mettere in dubbio ciò che racconta e, anzi, va aiutata a sapere cosa deve fare per poter denunciare il suo stupratore
Ho ascoltato questo libro su Audible e mi ha colpito tanto, l'ho trovato disarmante nel suo essere onesto, lucido, e il modo di narrare dell'autrice mi ha smosso molte emozioni, dalla commozione alla rabbia, dall'empatia all'indignazione.
È un libro potente, come vi dicevo, che dà voce con vigore e franchezza alle donne che hanno vissuto, loro malgrado, un'esperienza drammatica come la violenza sessuale, e induce a mettersi al loro fianco non certo per giudicarle ma per unirsi alla denuncia di quello che poi è tutto un sistema, un modo di pensare intriso di misoginia; i concetti di vergogna, pudore, colpa, responsabilità vanno ribaltati, devono "passare" dalla vittima al violentatore, e la stessa vittima ha diritto (ma anche il dovere verso sé stessa) di non vedersi per sempre in questa "veste" - come la vittima di una violenza -, quanto piuttosto di dare spazio a un atteggiamento di resistenza, individuale e collettiva, una resistenza che implica la rivendicazione del proprio diritto di esistere.
Dolorosamente bello. Consigliato!!
Libro dal tema duro ma, purtroppo, attualissimo. La vittima non deve mai nascondersi, non è colpa sua se al mondo ci sono mostri che non accettano un NO come risposta o pensano che NO voglia dire SI. Semplice a dirsi ma difficile a farsi. Parlarne è fondamentale così come sarebbe importante diffondere la cultura del rispetto. Complimenti per come hai realizzato questa recensione. Sensibilità e partecipazione sono palpabili in ogni parola e condivido la necessità di un cambiamento a partire da ognuno di noi. Un abbraccio.
RispondiEliminaNon se ne parlerà mai abbastanza e soprattutto resta urgente educare i ragazzi sin da piccoli a una cultura del rispetto.
EliminaUn abbraccio a te
Ciao Angela, grazie di aver recensito questo libro che personalmente non conoscevo.
RispondiEliminaÈ una storia che dovrebbero leggere tutti, soprattutto gli uomini per comprendere le sofferenze fisiche e psicologiche che provocano reati del genere.
Un saluto 😘
Non posso che condividere 💓
EliminaUn caro saluto a te