Questo week end ho letto il terzo dei primi tre libri della collana Lettere d'amore:
UN VIAGGIO CHIAMATO AMORE. Lettere 1916-1918
di Sibilla Aleramo, Dino Campana
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Un amore tormentato, quello tra il poeta Dino Campana e la scrittrice Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio), autrice di "Una donna".
Lui, un uomo difficile, dall'animo inquieto, dalla mente turbata per la presenza di problemi di natura psicologica, che influiranno tantissimo non solo sulla sua vita ma anche su quella della donna amata e sul suo legame con lei.
Dino Campana, da lei amato prima nelle pagine dei ''Canti Orfici'' e poi nella realtà degli incontri, è una personalità complessa e riesce a far leva sul senso di devozione e sulla passione amorosa della propria amante, così da impietosirla, ricattarla, giocare con la sua gelosia e tentare disperatamente (ed egoisticamente?) di tenerla stretta a sè.
E la nostra scrittrice - che pure nelle proprie vicende esistenziali ha mostrato un carattere ed una personalità forti, decisi (tanto da separarsi col marito e da abbandonarlo, lasciando con lui anche il figlio), un'anticonformista, una donna coraggiosa che rivendica i diritti delle donne - non di rado cede davanti all'amore forte e totale per quet'uomo, struggendosi per lui..
"Sei tu che mi squassi così?Che cosa m'hai messo nelle vene?Oh ti voglio, non ti lascerò ad altri, non sarò d'altri, per la mia vita ti voglio e per la mia morte. Dimmi che mi manca così il respiro perchè mi chiami...perchè mi vuoi"
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Ma l'amore, per quanto forte e sincero, a volte può non bastare a guarire una mente già rivolta alla follia, così lei sfugge, volgendo il proprio tormento e la propria inquietudine in letteratura, facendo della scrittura delle lettere e dei suoi romanzi una barriera tra sé e questo sentimento troppo forte e totalizzante, che la divora.
E Dino?
Lui la manda via, poi la insegue, sa come ritrovarla, chiede perdono come può..., mette in mezzo gli amici come complici del suo pentimento, ma è troppo tardi, anche perché su di lui incombe l'ombra scura del manicomio.
Sibilla, che conosce Dino nel 1916, decide di stargli vicino e di amarlo forse pur conoscendo la nevrastenia di lui, i suoi squilibri, la sua frenesia nel viaggiare (che non riuscivano ad allontanarlo dalle sue allucinazioni e dai suoi fantasmi, ma hanno di certo dato forma alla sua cultura alla sua poesia), il suo modo di essere "particolare", che lo rende poco amabile e anche poco gradito tra i letterati del tempo (salvo qualche eccezione).
Dalle lettere traspare questo rapporto profondo - fatto di tenerezze e parole d'amore, come anche di rimproveri e amarezza, di "scambi culturali" - che però è destinato ad inabissarsi, lasciando Campana nella propria solitudine...
"mi lasci..., Non ho più lagrime. Perchè togliermi anche l'illusione che una volta tu mi abbia amato è l'ultimo male che mi puoi fare."
e tristemente consapevole dei propri errori e dei limiti che caratterizzano questo loro "viaggio chiamato amore".
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz